Cass. pen., sez. VI 31-10-2007 (09-10-2007), n. 40395 Appello del P.M. – Sopravvenuta perdita di efficacia di una prescrizione inerente ad una misura cautelare

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IN FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 27 luglio 2007 il Tribunale del riesame di Genova dichiarava inammissibile l’appello proposto dal P.M. presso il Tribunale di Savona avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Savona che il 29 giugno 2007 aveva autorizzato B.S., sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di (OMISSIS) in quanto indagato per il reato previsto dagli artt. 81 e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a) (detenzione di gr. 16 di cocaina per uso non personale), commesso in (OMISSIS), a recarsi presso il cantiere della Ferroleghe Impianti s.r.l. (Fincantieri s.p.a.) in (OMISSIS) dal lunedì al venerdì dalle ore 6 alle ore 21.
Avverso la predetta ordinanza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona ha proposto ricorso per Cassazione, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
– La decisione del Tribunale – il quale ha rigettato l’appello assumendo la non impugnabilità del provvedimento in quanto non ha determinato alcuna attenuazione cautelare perchè non ha aumentato la possibilità di movimento dell’indagato, risolvendosi in una modifica delle modalità di esecuzione della misura, tale da non incidersi sullo status libertatis – è errata perchè le ordinanze in materia di misure cautelari personali devono intendersi nella loro complessità, comprese le prescrizioni e le modalità di esecuzione, che incidono sulla sfera di libertà dell’indagato. L’impugnazione è inammissibile.
In materia di impugnazione è regola generale, posta dall’art. 568 c.p.p., comma 4, che per impugnare un provvedimento è necessario avervi interesse.
L’interesse a impugnare dev’essere concreto, cioè preordinato a rimuovere un effettivo pregiudizio connesso con il provvedimento impugnato e deve quindi permanere per tutta la durata del relativo giudizio, dalla proposizione dell’atto introduttivo fino alla decisione, sicchè il venir meno di questo requisito nel corso della procedura determina l’inammissibilità sopravvenuta dell’impugnazione.
Non è quindi fondata la tesi che sostiene l’irrilevanza della sopravvenuta carenza di interesse all’appello relativo all’adozione di una misura cautelare sul presupposto che il giudice dell’impugnazione dovrebbe decidere in relazione al momento storico relativo all’adozione della misura stessa, non essendo ipotizzabile che il giudice di appello debba applicare la misura cautelare anche quando nel corso del procedimento siano venute meno le condizioni obiettive su cui essa sarebbe destinata ad incidere (cfr. Cass., Sez. 6, 21 aprile 2006 n. 24637, ric. Casu).
Pertanto l’appello, di per sè ammissibile, del Pubblico Ministero, volto a far valere l’illegittimità dell’autorizzazione all’indagato soggetto all’obbligo di dimora (art. 283 c.p.p.) del permesso di recarsi in un comune diverso da quello di dimora abituale per esercitarvi un’attività lavorativa, diviene inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse a impugnare allorchè l’occasione di lavoro per l’indagato perde di attualità.
Questo è quanto si è verificato nel caso di specie, giacchè il datore di lavoro, l’impresa Ferroleghe Impianti, per motivi aziendali non aveva più necessità di destinare il B., suo dipendente, al cantiere di (OMISSIS), per cui in seguito a queste ragioni sopravvenute era venuto meno il presupposto di fatto dell’appello e, quindi, l’interesse a proporre il mezzo d’impugnazione. Pertanto il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

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