Cass. pen., sez. III 29-10-2007 (02-10-2007), n. 39879 (ord.) Nella parte disponente la inappellabilità da parte dell’imputato delle sentenze di assoluzione per vizio totale di mente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

OSSERVA IN FATTO
Con decreto del 17/06/2004, il gup del Tribunale di Cagliari disponeva il rinvio a giudizio nei confronti di M.D. per rispondere reati di cui agli artt. 81, 609 bis c.p., ed all’art. 609 ter c.p., u.c., in danno delle figlie M.F. (nata il (OMISSIS)) e Me.Fe., nata il (OMISSIS) (capo a della rubrica); all’art. 609 quinquies c.p., in danno dei figli M. F., Me.Fe., M.R. (capo b); all’art. 572 c.p., in danno della moglie V.A., nonché dei figli M. F., Me.Fe. e M.R. (capo e); all’art. 337 c.p. (capo d), fatti commessi in periodi distinti dal (OMISSIS) sino al (OMISSIS) (capo d).
Il Tribunale di Cagliari con sentenza emessa il 23/06/06, visto l’art. 88 c.p. e l’art. 530 c.p.p. assolveva M.D. dai reati ascrittigli perché trattasi di persona non imputabile per vizio totale di merito.
Visto l’art. 222 c.p.p. e l’art. 530 c.p.p., comma 4, applicava nei confronti di M.D. la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per la durata di anni due.
M.D. proponeva appello avverso la citata sentenza limitatamente ai reati di cui ai citati capi a) e b) della rubrica.
La difesa del M.D. nei motivi di appello sosteneva, in via preliminare ed in riferimento alla modifica dell’art. 593 c.p.p., a seguito della L. n. 46 del 2006, i seguenti assunti:
1. che l’art. 593 c.p., comma 1, raggruppava sotto la "denominazione di sentenza di condanna" tutte le statuizioni giudiziali che avessero come conseguenza l’adozione di strumenti privativi della libertà, per cui era ammissibile proporre appello senza alcun limite e secondo il disposto dell’art. 579 c.p.p. ed eventualmente l’art. 680 c.p.p.;
2. che, in ipotesi subordinata ed alternativa a quella prospettata sopra, si era in presenza di un disposto costituzionalmente illegittimo che entrava in totale collisione con gli artt. 3, 13, 24, comma 2 della Carta Costituzionale, con conseguente ed immediata eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 593 c.p.p..
La Corte di Appello di Cagliari, con ordinanza in data 15/01/07, dichiarava inammissibile l’Appello proposto da M.D. ed ordinava trasmettersi gli atti al Tribunale di Cagliari per quanto di competenza in ordine alla misura di sicurezza. La Corte di Appello nella sua sintetica motivazione esponeva:
a) che, per quanto riguardava il gravame relativo alla sussistenza della penale responsabilità dell’imputato in ordine ai capi a) e b) della rubrica, l’appello era inammissibile alla luce del disposto di cui alla L. n. 46 del 2006, art. 1 (che aveva modificato l’art. 593 c.p.p.), che consentiva all’imputato di proporre appello in linea generale solo contro la sentenza di condanna. La citata L. n. 46 del 2006, art. 10, prevedeva che detta normativa si applicasse anche ai procedimenti in corso;
b) che, viceversa, per quanto atteneva alle doglianze che concernevano la specie e la durata della misura di sicurezza, competente a giudicare l’Appello era il Tribunale di Sorveglianza al quale gli atti dovevano essere trasmessi ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5.
La Corte di Appello di Cagliari nulla osservava ed argomentava sulla sollevata questione di costituzionalità dell’art. 593 c.p.p..
La difesa di M.D. proponeva ricorso per Cassazione avverso la citata ordinanza del 15/01/2007 deducendo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c).
Il M., nei motivi del ricorso, riproponeva sostanzialmente, con ulteriori argomentazioni, gli assunti difensivi già sostenuti in sede di appello, ed ossia:
a. l’ammissibilità dell’appello;
b. in via subordinata ed alternativa, l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 593 c.p.p., come modificato dalla L. n. 46 del 2006, in relazione agli artt. 3, 13, 24, comma 2 Carta Costituzionale.
Il PG della Cassazione, con requisitoria scritta in data 24/04/07, chiedeva che la Corte di Cassazione dichiarasse rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 593 c.p.p., comma 1, sollevata dalla difesa.
RILEVA IN DIRITTO
La dedotta questione di costituzionalità dell’art. 593 c.p.p., comma 1, come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 1, è rilevante e non manifestamente infondata nei termini di cui in motivazione.
[1] E’ rilevante per le ragioni che seguono.
L’art. 593 c.p.p., comma 1, come modificato dalla L. n. 46 del 2006, art. 1, prevede in via generale che il Pubblico Ministero e l’imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.
La citata L. n. 46 del 2006, art. 10, prevede che la normativa in esame si applichi anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima, come nella fattispecie de qua.
Non vi è dubbio pertanto che la nuova disciplina legislativa, di cui all’attuale 593 c.p.p., si applica alla sentenza del Tribunale di Cagliari in data 23/06/06, con la quale M.D. è stato assolto dai reati ascrittigli perché trattasi di persona non imputabile per vizio totale di mente. La sentenza di cui sopra – tenuto conto del dettato esplicito espresso nel primo comma dell’art. 593 c.p.p. – rientra certamente nel novero delle sentenze di assoluzione, per cui non è consentito sostenere ed affermare – diversamente da quanto argomentato dalla difesa del M. – che sostanzialmente, nell’ipotesi di assoluzione per vizio totale di mente (art. 88 c.p.), trattasi di sentenza di condanna.
Il peculiare contenuto della sentenza ex art. 88 c.p., ed ex art. 530 c.p.p. – che, da un lato si fonda sull’accertamento della responsabilità dell’imputato in ordine ai fatti – reato contestatigli; dall’altro, consente anche l’applicazione di misure di sicurezza limitative della libertà personale – assume rilevanza giuridica ai fini della sollevata questione di costituzionalità della norma de qua, come si esporrà nel prosieguo, ma non è idoneo, sotto il profilo giuridico – processuale a mutare la natura e specie della sentenza in esame, sì da trasformare la stessa da pronuncia di assoluzione in pronuncia di condanna.
Ancora, nella fattispecie non si applica la previsione legislativa di cui all’art 593 c.p.p., comma 2, che consente di appellare le sentenze di proscioglimento nell’ipotesi di cui all’art. 603 c.p., comma 2 se la nuova prova è decisiva.
Nei motivi di appello, invero, la difesa del M. non ha chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per assumere prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di 1^ grado. La difesa, invece, con articolate argomentazioni, in via principale assumeva che il quadro probatorio acquisito al processo e posto a base dell’accusa, come recepito nella sentenza di 1^ grado, non era idoneo a suffragare una affermazione di responsabilità del M. in ordine ai fatti ed ai reati di cui ai capi a) e b) della rubrica.
Parimenti non soccorre – ai fini della non rilevanza della sollevata questione di costituzionalità – la norma di cui all’art. 680 c.p., comma 2, la quale prevede che il Tribunale di Sorveglianza – fuori dei casi previsti dall’art. 579 c.p.p., comma 1, – giudica anche sulle impugnazioni di condanna o di proscioglimento, concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza.
Detta norma, invero, si applica unicamente nell’ipotesi in cui viene proposta impugnazione contro le sole disposizioni della sentenza che riguarda le misure di sicurezza, come si ricava in modo certo dall’esame dell’art. 579 c.p.p., commi 1 e 2, e dell’art. 680 c.p.p., comma 2 (Giurisprudenza consolidata: Cass. Sez. 1^ Sent. n. 6371 del 17/02/06 rv 233443; Cass. Sez 6^ Sent. n. 26096 del 09/06/04 rv 229645; Cass. Sez. 1^ Sent. n. 3450 del 05/04/96 rv 204334; Cass. Sez. 1^ Sent. n. 4492 del 21/12/93 rv 195907).
Nella fattispecie, invece, la difesa del M., con i motivi di appello, ha esplicitamente impugnato anche il capo della sentenza di 1^ grado, attinente alla statuizione di proscioglimento, ex art. 88 c.p., in relazione ai reati di cui ai capi a), b) della rubrica.
2) La questione di costituzionalità, sollevata dalla difesa e dal PG della Cassazione nella requisitoria scritta del 24/04/07, non è manifestamente infondata. In primo luogo si osserva che la sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530 c.p.p. e dell’art. 88 c.p., si fonda sull’accertamento della responsabilità, soggettiva ed oggettiva, dell’imputato in ordine ai fatti ed ai reati contestatigli.
L’imputato viene assolto unicamente perchè riconosciuto non punibile perchè affetto da vizio totale di mente al momento della commissione dei fatti. Ancora, la citata sentenza di assoluzione, ex art. 88 c.p., consente l’applicazione delle misure di sicurezza, tra cui il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, come nella specie.
Trattasi di misura invasiva e limitativa della libertà personale dell’imputato.
Questi, pertanto, è portatore di un interesse giuridico rilevante e protetto, ex art. 24 Cost., comma 2, affinchè gli sia consentito di proporre appello con doglianze di merito avverso la pronuncia di assoluzione, fondata però sull’accertamento della responsabilità dell’imputato medesimo.
La preclusione dell’appello da parte dell’imputato, nell’ipotesi in esame costituisce una evidente menomazione del diritto di difesa – con conseguente contrasto con l’art. 24 Cost., comma 2, – non compensata dall’ampliamento dei motivi del ricorso per Cassazione operata dalla L. n. 46 del 2006, art. 8, poichè tale rimedio non coinvolge comunque la pienezza del riesame del merito, consentito dall’appello (vedi sul punto Sent. Corte Costituzionale n. 320 del 20/07/07, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 2, in relazione all’art. 443 c.p.p., comma 1, nella parte in cui escludeva che il PM potesse appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di rito abbreviato).
Ancora, la preclusione dell’appello da parte dell’imputato, nell’ipotesi di assoluzione ai sensi dell’art. 88 c.p., determina una evidente e radicale asimmetria dei poteri fra imputato e parte pubblica, posto che – a seguito delle pronunce di illegittimità costituzionale della L. n. 46 del 2006, artt. 1 e 2, di cui alle sentenze della Corte Costituzionale nn. 26 e 320 del 2007 – è consentito al PM, diversamente da quanto previsto tuttora per l’imputato, di proporre appello in via generale contro le sentenze di proscioglimento, pronunciate sia nel giudizio ordinario, sia a seguito di rito abbreviato.
Va, peraltro, aggiunto che sussiste anche una intrinseca incoerenza della disciplina dell’impugnazione dell’imputato. Questi, invero – a seguito della modifica normativa de qua – resta privo del potere di appellare le sentenze dì proscioglimento ex art. 88 c.p.; mentre mantiene il potere di appellare, fra le altre, anche le sentenze di condanna alla sola pena della multa; pronunce che certamente determinano effetti giuridici meno pregiudizievoli rispetto alla sentenza di proscioglimento ex art. 88 c.p. (vedi sul profilo de quo citata Sent. Nn. 26, 320/07 Corte Costituzionale). In conclusione ed alla luce delle considerazioni finora svolte, resta il ragionevole dubbio che la disciplina di cui all’art. 593 c.p.p., comma 1, come modificato dalla L. n. 46 del 2006, art. 1 – nella parte in cui preclude l’appello dell’imputato avverso la sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 88 c.p. – costituisca violazione sia del diritto di difesa, sia del principio di parità delle parti, non sorretta da adeguata ratio giustificativa, ponendosi così (la norma censurata) in contrasto con l’art. 24 Cost., comma 2, e con l’art. 111 Cost., comma 2.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all’art. 24 Cost., comma 2, e all’art6. 111 Cost., comma 2, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 593 c.p.p., comma 1, come modificato dalla L. n. 46 del 2006, art. 1, nella parte in cui esclude che l’imputato possa appellare contro le sentenze di proscioglimento ex art. 88 c.p. (vizio totale di mente).
Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Dispone, ai sensi della L. 11 marzo 2005, n. 87, art. 23, comma 4, che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al ricorrente M.D. ed al PG della Cassazione, nonchè al Presidente del Consiglio dei Ministri; sia comunicata, altresì ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

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