Cass. pen., sez. VI 26-10-2007 (24-10-2007), n. 39772 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Reati che danno luogo a consegna indipendentemente dalla doppia incriminazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna, a seguito di Mandato di arresto europeo (MAE) emesso in data 16 gennaio 2007 dal Tribunale di Bacau, disponeva la consegna all’autorità giudiziaria rumena di B.G.C., cittadino rumeno, in relazione alla condanna alla pena di anni due di reclusione per il reato di furto aggravato, commesso il (OMISSIS), punito dall’art. 211 c.p. rumeno, inflitta con sentenza emessa dal Tribunale di Bacau in data 15 settembre 2 005, divenuta irrevocabile a seguito della decisione della Corte di Cassazione di Romania in data 11 aprile 2006.
Ricorre personalmente per Cassazione il B., che denuncia con un unico motivo la inosservanza della legge penale, rilevando, in primo luogo, che non era stato rispettato il principio di specialità, posto che nell’ordine di esecuzione si faceva riferimento al reato di furto aggravato mentre la sentenza di condanna emessa dall’autorità giudiziaria rumena era relativa al reato di rapina.
In secondo luogo, risultava violato il principio di sussidiarietà, richiamato dalla L. n. 69 del 2005, art. 24, secondo cui se la persona da consegnare è sottoposta a procedimento penale in Italia, la Corte di appello deve disporre il rinvio della consegna: nella specie il ricorrente era sottoposto a procedimento penale in Italia, pendente presso il Tribunale di Parma (R.G.N.R. 3950/06), in relazione ai reati di cui all’art. 495 c.p. e art. 186 C.d.S., comma 2.
DIRITTO
Il ricorso appare manifestamente infondato.
Non vi è alcuna sostanziale discordanza tra il MAE, la sentenza definitiva condanna e l’ordine di esecuzione, che si riferiscono allo stesso fatto-reato, qualificabile come rapina, come è pacificamente desumibile dalla descrizione del fatto riportata sia nel MAE sia nei documenti allegati, e in primis, nella sentenza di condanna.
La circostanza che nel campo del modulo MAE sia barrata la casella "furto organizzato o armato" non è indicativa di una specifica qualificazione giuridica del fatto, atteso che la elencazione fatta in tale modulo attiene non tanto a singole ipotesi criminose ma piuttosto a categorie di reati, secondo una tecnica descrittiva che tiene conto della necessità di rendere comprensibile l’oggetto del procedimento penale nei rapporti tra ordinamenti di diversi paesi dell’Unione europea.
Per di più la qualificazione nominalistica data dall’ordinamento rumeno al fatto è irrilevante, una volta che questo sia riconducibile secondo l’ordinamento italiano a una precisa fattispecie di reato, che nella specie, come detto, è quella di rapina, e che ben può essere in altri ordinamenti denominata diversamente.
Quanto alla seconda doglianza, va osservato che la facoltà riconosciuta alla Corte di appello di rinviare la consegna della persona cui si riferisce il MAE in relazione alla pendenza in Italia di un procedimento penale a suo carico implica una valutazione di opportunità che deve necessariamente tenere conto dello stato del procedimento e della gravità dei fatti contestati. Nel caso di specie, stando alla documentazione esibita dalla difesa, a carico del B. risulta esistere solo una iscrizione nel registro delle notizie di reato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma per fatti connessi alla circolazione stradale (art. 186 C.d.S., comma 2, e art. 496 c.p.). Si tratta dunque non solo di un procedimento penale che non risulta avere avuto alcuno sbocco processuale e del quale non possono prevedersi i tempi di definizione, ma per di più riguardante fatti-reato di marginale gravità.
Legittimamente è stato pertanto ritenuto dalla Corte di appello di non esercitare la facoltà prevista dalla citata norma.
Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione della causa di inammissibilità, si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 (mille).
Quanto alla prima statuizione, va precisato che la previsione secondo cui le spese sostenute nel territorio nazionale per l’esecuzione di un mandato di arresto europeo sono a carico dello Stato italiano (L. n. 69 del 2005, art. 37) non riguarda il regime delle impugnazioni, retto, per ciò che concerne il ricorso per Cassazione, dall’art. 616 c.p.p..
La Cancelleria provvederà alla comunicazione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.
Riserva il deposito della decisione.

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