Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza 4 Novembre 2010, n. 22480 Prestazioni professionali Indennizzo per ingiustificato arricchimento fuori dal giudizio di opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Considerato

che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti;
che il solo avvocato di parte contro-ricorrente ha presentato memoria;
che la relazione sopra riportata è condivisa dal Collegio, mentre non possono condividersi le considerazioni svolte nella memoria dal controricorrente, il quale ritiene non sia consentito superare un orientamento assunto dalle Sezioni Unite di questa Corte, se non reinvestendo previamente le medesime della questione, ed osserva che la sua reconventio reconventionis era conseguenza dall’eccezione oppostagli dal Comune e, dunque, pienamente legittima ai sensi del comma quarto dell’art. 183 c.p.c. nel testo all’epoca vigente;
che infatti:
a) nella specie non ricorre l’ipotesi di cui al comma terzo dell’art. 374 c.p.c., come sostituito dall’art. 8 d.lgs. 2 febbraio 2006, 40, perché le Sezioni Unite non avevano affermato il principio di diritto, invocato dal ricorrente, nell’esercizio della loro specifica funzione di cui al secondo comma dell’art. 374, cit. (composizione dei contrasti di giurisprudenza e decisione delle questioni di massima di particolare importanza) e inoltre si tratta, come si è visto, di orientamento già da lungo tempo superato dalla successiva giurisprudenza di questa Corte;
b) la deduzione – cui fa riferimento il ricorrente – da parte del Comune dell’inidoneità della semplice delibera di Giunta a far sorgere il credito del professionista per il corrispettivo di prestazioni professionali, non è un’eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, consistendo nella semplice negazione di requisiti dei fatti costitutivi del diritto vantato dall’attore, ed era dunque inidonea a giustificare l’introduzione di una nuova domanda da parte dell’attore stesso (cfr. Cass. 12545/2004);
che, pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata, che ha confermato l’accoglimento della domanda subordinata di indennizzo per ingiustificato arricchimento, va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, terzo comma ult. parte, c.p.c., perché detta domanda “non poteva essere proposta” (restano ovviamente ferme le statuizioni di revoca del decreto ingiuntivo e di rigetto della domanda principale di adempimento contrattuale, già assunte dal giudice di primo grado e passate in giudicato in difetto di gravame);
che le spese dell’intero giudizio, sia di merito che di legittimità liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio, in relazione alla censura accolta, la sentenza impugnata e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in euro 100,00 per esborsi, 800,00 per diritti e 1.200,00 per onorari, quanto al giudizio di primo grado, euro 100,00 per esborsi, 1.000,00 per diritti e 1.500,00 per onorari, quanto al giudizio di appello, ed euro 200,00 per esborsi e 1.500,00 per onorari, quanto al giudizio di legittimità oltre spese generali ed accessori di legge.

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