Corte Costituzionale, Sentenza n. 367 del 2006, in tema di previdenza sociale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

Con ordinanza n. 71 del 3 novembre 2005 il Tribunale di Padova ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2-novies del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali e assistenziali) – come modificato dall’art. 2, terzo comma, del decreto-legge 1° ottobre 1982, n. 694, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 881 (Proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali fino al 30 novembre 1982 e misure di contenimento del disavanzo del settore previdenziale) – e dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), nella parte in cui non prevedono la facoltà di riscattare i periodi corrispondenti alla durata degli studi presso l’Accademia di belle arti per gli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, quando il corso di studi sia propedeutico e funzionale allo svolgimento dell’attività lavorativa da parte dell’interessato, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Sottolinea il Tribunale remittente che la domanda ha ad oggetto il riconoscimento del diritto del ricorrente, iscritto al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, di ottenere il riscatto del corso di studi per il conseguimento di uno dei diplomi rilasciati dall’Accademia di belle arti, strumentale all’esercizio dell’attività lavorativa di restauratore.

Richiama, in proposito, le pronunce della Corte costituzionale con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 13, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) e dell’art. 2 del d. lgs. n. 184 del 1997, «nella parte in cui non consentivano il riscatto del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato corrispondenti alla durata legale del corso di studi per il conseguimento di uno dei diplomi dell’Accademia di belle arti, nei casi in cui il possesso dei diplomi fosse richiesto per lo svolgimento di determinate funzioni» (sentenze n. 52 del 2000 e n. 535 del 1990).

Il Tribunale di Padova richiama, altresì, le ragioni poste a fondamento delle decisioni della Corte volte, da un lato, a garantire la preparazione professionale dei dipendenti, al fine di incentivare il personale idoneo per formazione e cultura alla realizzazione delle finalità di buon andamento della pubblica amministrazione stabilite dall’art. 97 Cost. e, dall’altro, a valorizzare la finalità di promozione dello studio e dell’accrescimento del livello professionale, donde la progressiva estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 2-novies del decreto-legge n. 30 del 1974, convertito dalla legge n. 114 del 1974 (sentenze n. 208 del 1995, n. 275 del 1993 e n. 27 del 1992).

Ad avviso del Tribunale remittente, le disposizioni impugnate violano l’art. 3 Cost. poiché disciplinano in maniera diversa situazioni professionali analoghe.

Sotto il profilo della rilevanza, infine, il Tribunale osserva che l’accoglimento della questione di costituzionalità comporterebbe l’accoglimento della domanda proposta nel giudizio principale.
Considerato in diritto

1. – Il Tribunale di Padova dubita, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 2-novies del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali e assistenziali) – come modificato dall’art. 2, terzo comma, del decreto-legge 1° ottobre 1982, n. 694, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 881 (Proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali fino al 30 novembre 1982 e misure di contenimento del disavanzo del settore previdenziale) – e dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), nella parte in cui non prevedono la facoltà di riscattare i periodi corrispondenti alla durata degli studi presso l’Accademia di belle arti per gli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, quando il corso di studi sia propedeutico e funzionale allo svolgimento dell’attività lavorativa da parte dell’interessato.

2. – La questione non è fondata.

Le norme denunciate riconoscono il diritto di riscatto del corso legale di laurea a tutti i lavoratori privati iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle gestioni speciali del Fondo per i lavoratori autonomi. Inoltre, prevedono la riscattabilità dei titoli universitari (diploma universitario, diploma di laurea, diploma di specializzazione e dottorato di ricerca) individuati dall’articolo 1 della legge 19 dicembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari). In base a tali norme, la sussistenza del menzionato diritto del lavoratore privato dipende unicamente dalla circostanza che la legge consideri il titolo di studio come riscattabile presso l’INPS. Inoltre, per i dipendenti privati il titolo di studio non è necessario per l’immissione in servizio o la progressione in carriera (sentenza n. 112 del 1996).

2.1. – Diversa la posizione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Per questi, gli articoli 7 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie dello Stato) e 13 del decreto Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del Testo Unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), prevedono, come «condizione necessaria» per il riscatto, la strumentalità dei titoli riscattabili rispetto all’immissione in servizio o alla progressione in carriera. Tale strumentalità, come ha riconosciuto la Corte, è preordinata a garantire che la preparazione professionale riceva «ogni migliore considerazione ai fini di quiescenza» (sentenza n. 52 del 2000), sia allo scopo di immettere nelle carriere direttive personale idoneo per preparazione e cultura, in armonia con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, sia al fine di evitare la penalizzazione dei lavoratori che abbiano dovuto ritardare l’accesso alla carriera onde acquisire il titolo necessario per essere ammessi all’impiego (sentenze n. 112 del 1996 e n. 128 del 1981 ).

Alla luce di questi principi, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso art. 2-novies, oggetto della presente censura, e di altre norme che non consentivano la riscattabilità del periodo corrispondente alla durata dei corsi di studio per il conseguimento di diplomi riguardanti numerose categorie professionali, anche rispetto a uno dei diplomi rilasciati dall’Accademia di belle arti (sentenze n. 52 del 2000 e n. 535 del 1990). È stato così esteso l’istituto del riscatto ai diplomi post-secondari, alla duplice condizione che i corsi di studio abbiano natura universitaria, pur se di durata inferiore a quella di un corso di laurea, e che gli stessi siano richiesti quale requisito necessario per l’immissione o per la progressione in carriera.

3. – Il nesso di strumentalità tra titolo di studio e attività lavorativa è essenziale al lavoro pubblico per il quale rileva l’art. 97 Cost., mentre è estraneo al lavoro privato. Non sussiste, dunque, quella omogeneità di situazioni che renderebbe ingiustificata la diversa regolamentazione adottata in ordine alle condizioni che legittimano il diritto di riscatto nel settore pubblico rispetto a quello privato (sentenze n. 113 del 2001 e n. 112 del 1996).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2-novies del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali e assistenziali) – come modificato dall’art. 2, terzo comma, del decreto-legge 1° ottobre 1982, n. 694, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 881 (Proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali fino al 30 novembre 1982 e misure di contenimento del disavanzo del settore previdenziale) – e dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), sollevata, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale di Padova, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2006.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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