Cass. civ., sez. V 28-06-2006, n. 14955 TRIBUTI – CONDONO FISCALE – DETRAZIONI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Adriano B. ha impugnato la cartella di pagamento con cui l’Ufficio delle imposte dirette di Bergamo ha riliquidato gli imponibili per gli anni dal 1985 al 1990, in base alla sanatoria richiesta dal contribuente al sensi dell’art. 32 della l. 413/1991, che richiedeva l’aumento di almeno lire 500.000 riguardo all’imponibile di ciascun anno.

L’opposizione è basata sul fatto che il professionista cui era stato dato incarico di redigere l’istanza di sanatoria aveva indicato per errore quali imponibili da maggiorare i redditi complessivi, non depurati degli oneri deducibili, come ricavabili dalle dichiarazioni dei redditi del B., prodotte unitamente al ricorso. La Commissione Tributaria Provinciale ha ritenuto "impossibile" esprimere un giudizio circa l’errore materiale addotto dal contribuente, affermando che tuttavia il B. aveva sicuramente ottenuto un beneficio, avendo potuto usufruire di una maggior franchigia ai fini dell’accertamento.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia nel rigettare, con sentenza 25 gennaio 2001, l’appello del contribuente che aveva tra l’altro prodotto la dichiarazione del commercialista in ordine al medesimo errore sistematicamente commesso riguardo alle dichiarazioni integrative semplici di altri clienti, alcune delle quali definite con accoglimento dei relativi ricorsi, ha confermato la sentenza di primo grado, riproducendone alla lettera la motivazione.

Adriano B. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro articolati motivi, illustrati da memoria. L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo di ricorso, adducendo vizio di motivazione, nonché violazione degli artt. 36, comma 2, del d.lgs. 546/1992, 113 c.p.c. e 111 Cost., censura la sentenza impugnata per omessa motivazione in ordine alla impossibilità di esprimere un giudizio sull’errore materiale non potendosi considerare motivazione relativa ai motivi di appello la mera illazione del maggior beneficio che il contribuente avrebbe comunque ottenuto, essendo tra l’altro illogico che lo stesso avesse versato una somma calcolata sugli imponibili effettivi (lire 1.115.000, oltre interessi di rateizzazione), dichiarando invece, in sede integrativa, un consistente maggior reddito (lire 28.634.000), esponendosi a pagare, oltre al maggior tributo, sopratasse ed interessi per oltre 48 milioni.

Col secondo motivo, adducendo violazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata, il contribuente censura la sentenza impugnata per non avere il giudice d’appello considerato, ed interpretato nel loro complesso, i dati della dichiarazione integrativa, tenendo conto degli importi esposti come redditi complessivi e come redditi imponibili.

Da un tale esame, infatti, si sarebbe potuto comprendere la effettiva volontà del dichiarante, che aveva versato in autoliquidazione l’importo relativo ai redditi imponibili (oltre ad interessi per rateizzazione) maggiorati ciascuno di lire 500.000 (colonna 12), dati non corrispondenti, proprio a causa dell’errore denunciato, ai dati esposti (con riferimento ai redditi complessivi) nella colonna 9. La Commissione Regionale, omettendo di individuare la effettiva volontà del dichiarante, non ha dato conto di aver effettivamente esaminato e considerato i documenti prodotti dal contribuente, da cui risultava che l’importo versato in autoliquidazione non era casuale, ma calcolato in base agli imponibili effettivi.

Col terzo motivo, adducendo omessa pronuncia sui motivi d’appello, violazione dell’art. 112 c.p.c. oltre ad omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, il contribuente lamenta la mancata pronuncia della Commissione Regionale in ordine agli ulteriori documenti prodotti in grado d’appello a riprova della riconoscibilità dell’errore materiale.

Col quarto motivo, infine, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. per non avere la Commissione Regionale valutato i documenti depositati in sede d’appello, nell’ambito della valutazione complessiva delle prove.

Il ricorso è complessivamente fondato, nei limiti che saranno appresso precisati.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di condono fiscale (Cass., 3410/1997; 7172/2002), in presenza di errori materiali riconoscibili, tali per cui sia possibile ricostruire con sicurezza l’effettivo contenuto della dichiarazione integrativa, solo apparentemente difforme nel testo redatto, la medesima dichiarazione è da considerarsi valida e produttiva di effetti in conformità a tale suo effettivo contenuto, che deve essere dunque vagliato e valutato dal giudice. Pertanto la circostanza che il contribuente abbia compilato per errore – circostanza non insolita – una colonna diversa da quella occorrente per la definizione automatica dell’imposta, non impedisce il prodursi della definizione automatica, nel senso richiesto dal contribuente, ogniqualvolta quell’errore appaia manifesto e riconoscibile. La riconoscibilità dell’errore materiale deve essere valutata dal giudice di merito, in base ad indagini di fatto le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se adeguatamente motivate.

Nella specie la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla riconoscibilità dell’errore dedotto dal contribuente appare assolutamente inappagante sul piano logico e su quello giuridico, sia perché non dà conto delle ragioni che avrebbero portato il B. (nei cui confronti non vi erano in atto accertamenti) a richiedere una sanatoria, esponendosi con la dichiarazione integrativa ad un esborso irragionevole rispetto alla richiesta, sia perché non spiega i motivi della "impossibilità" di riscontrare l’eventuale errore, ponendo a raffronto i calcoli relativi alla colonna nove e alla dodici della dichiarazione integrativa, palesemente non coincidenti, sia infine perché riproduce alla lettera le frasi contenute nella sentenza di primo grado, così mostrando di non aver compiuto alcun esame delle ulteriori argomentazioni e documentazioni dedotte nei motivi d’appello.

Quanto alla riconoscibilità dell’errore, questa doveva necessariamente emergere dal raffronto fra le dichiarazioni integrative e quelle originarie; raffronto che l’Ufficio era tenuto a compiere al fine di valutare, secondo il dettato dell’art. 57, comma 1, della l. 413/1991, "quali effetti il contribuente (avesse) inteso conseguire" con le dichiarazioni integrative, effettuate, tra l’altro, senza che vi fosse stata alcuna precedente attività accertativa dell’Ufficio.

Spetterà dunque al giudice di rinvio procedere ad un esame dei dati processuali argomentando adeguatamente in ordine alla sussistenza o meno dell’errore denunciato.

Accolto pertanto il ricorso per quanto di ragione, e cassata di conseguenza la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata ad altra Sezione della Commissione Tributaria regionale della Lombardia, che liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata in ordine alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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