Cass. civ., sez. Unite 01-06-2006, n. 13024 GIURISDIZIONE CIVILE – STATI ESTERI ED ENTI EXTRATERRITORIALI – Funzionari della F.A.O. – Immunità giurisdizionale – Principi applicabili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con due ricorsi ex art. 633 c.p.c. al pretore di Roma i coniugi M.M. e G.M.S., che avevano concesso in locazione a J.E.H., cittadino straniero residente in Italia, la villa di loro proprietà in ?, reclamavano dal conduttore la corresponsione di canoni scaduti, che il pretore ingiungeva di pagare.

Avverso i due decreti, di cui contrastava la ritualità della notificazione, proponeva opposizione J.E.H., il quale, contestando anche il diritto dei locatori di procedere alla esecuzione forzata intanto avviata in suo danno in virtù dei decreti opposti, deduceva la carenza della giurisdizione del giudice italiano per l’assunta sua qualità di funzionario in Italia della F.A.O. (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).

Il tribunale dichiarava inammissibile le opposizioni e la sentenza era confermata dalla Corte d’appello con la sentenza pubblicata il 20 dicembre 2001, la quale, sulla questione di giurisdizione, rilevava che l’appellante J.E.H. aveva prodotto certificazione da cui non risultava la sua qualità di funzionario, accreditato presso lo Stato italiano, dell’organismo internazionale.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso principale J. E.H., il quale ha affidato l’impugnazione a cinque motivi.

Hanno resistito con controricorso M.M. e G.M. S., che hanno proposto ricorso incidentale condizionato basato su tre motivi.

Il ricorrente principale ha presentato memoria.

La causa è stata rimessa a queste Sezioni Unite per la definizione della questione di giurisdizione.

Motivi della decisione

I ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti (art. 335 c.p.c.).

Con il primo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’Accordo di sede con l’Italia concluso a Washington il 31 ottobre 1950 e delle norma di cui all’art. 633 c.p.c.- il ricorrente principale denuncia che non doveva essere affermata la giurisdizione del giudice italiano in ordine alla controversia in oggetto, poichè, essendo egli funzionario della F.A.O. in Italia, sussisterebbe a suo favore, sia per gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni che per gli atti compiuti quale soggetto privato, il privilegio dell’immunità diplomatica riconosciutogli in base al predetto Accordo.

Il motivo non può essere accolto, dovendosi, a conferma sul punto della impugnata sentenza, dichiarare la giurisdizione del giudice italiano nella controversia in oggetto, relativa ad un rapporto di locazione ad uso di abitazione stipulato da un cittadino straniero, che a suo favore invoca la disciplina dell’immunità diplomatica riconosciuta al funzionario della F.A.O. in virtù della disposizione 27 dell’Accordo fra l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ed il Governo della Repubblica italiana, riguardante la sede centrale della F.A.O., concluso a Washington il 31 ottobre 1950 e recepito dallo Stato italiano con L. 9 gennaio 1951, n. 11.

La Corte territoriale ha negato al ricorrente l’immunità della giurisdizione italiana nella considerazione che, sulla scorta della prodotta certificazione rilasciata dalla F.A.O., J.E.H. non aveva dato la prova dell’incarico che rivestiva presso la sede di Roma dell’Organizzazione munita di personalità giuridica di diritto internazionale, sicchè, non risultando la sua qualifica di funzionario della F.A.O., lo stesso non poteva ritenersi accreditato presso lo Stato italiano.

Alla suddetta conclusione il giudice del merito è pervenuto implicitamente ritenendo applicabile anche al contratto di locazione della casa di abitazione del funzionario F.A.O. i privilegi e le immunità che la disposizione della sezione 28 dell’Accordo di Washington del 31 ottobre 1950 accorda (oltre che ai soggetti al vertice dell’Organizzazione, per effetto della loro equiparazione ai membri del corpo diplomatico) anche ai "funzionari di concetto della F.A.O., il cui numero totale sarà concordato tra il Direttore Generale ed il Governo".

In realtà, prima ancora di stabilire se J.E.H. fosse o meno funzionario F.A.O. avente diritto alle previste immunità, il giudice del merito avrebbe dovuto esaminare se, in virtù del predetto Accordo, non si versasse piuttosto in tema di rapporto privatistico e nell’ambito di una attività – non connessa con i poteri di supremazia dell’Ente di diritto internazionale e con i suoi fini istituzionali – non sottratta alla giurisdizione dello Stato italiano.

Infatti, la disposizione della sezione 29 dell’Accordo di Washington del 31 ottobre 1950 stabilisce, alla lettera (a), che "i privilegi e le immunità, accordate in base alle disposizioni del presente articolo, sono conferiti nell’interesse della F.A.O. e non a vantaggio personale degli interessati".

La ratio della prevista immunità, che è da ravvisare nell’esigenza che lo Stato Italiano non interferisca sulle finalità che la F.A.O. istituzionalmente persegue, esclude la fondatezza della tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui l’immunità diplomatica, riconosciutagli in base al predetto Accordo, comprenderebbe, oltre che gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni, anche i negozi conclusi quale soggetto privato.

Detta opinione, che sostanzialmente ravvisa un rapporto di strumentalità tra l’attività purchessia del funzionario ed i fini dell’Ente di diritto internazionale, prospetta, invero, un concetto di immunità illimitata, contrario non solo alle previsioni delle convenzioni internazionali, ma anche alla specifica disciplina della predetta disposizione 29, lett. (a), dell’Accordo, la cui interpretazione è indubbiamente nel senso che il riconoscimento dell’immunità deve riguarda solo quelle attività che incidono necessariamente sui fini dell’Organizzazione, la cui realizzazione non deve rischiare di essere compromessa con la limitazione del potere di supremazia proprio del soggetto di diritto internazionale.

Ed è indubbio che il rilevare in locazione in Italia un immobile da parte del funzionario F.A.O., per abitarlo o per destinarlo ad altro suo uso diretto, è un fatto che si colloca del tutto al di fuori dell’attività istituzionale e funzionale della F.A.O. stessa, sicchè per le controversie insorgenti dal relativo contratto di diritto privato deve affermarsi la giurisdizione del giudice italiano.

In senso analogo, peraltro, si rinviene già la pronuncia di questo giudice di legittimità (Cass., sez. un., n. 5399/82), che, con riferimento al caso di specie in cui la locazione era stata stipulata dalla F.A.O. per acquisire la disponibilità di ulteriori locali ad uso di ufficio, in aggiunta a quelli della sua sede in Roma, ugualmente ha ritenuto che la controversia sul contratto di diritto privato era da ricomprendere nella giurisdizione del giudice italiano.

Sulla questione di giurisdizione, pertanto, la impugnata sentenza, va tenuta ferma, previa correzione della motivazione nel senso suindicato (art. 384 c.p.c., comma 2).

Resta assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato.

Gli atti vanno rimessi al Primo Presidente per l’assegnazione della causa alla sezione semplice per l’esame degli altri motivi dell’impugnazione principale e di quella condizionata.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, riunisce i ricorsi; rigetta il primo motivo del ricorso principale e dichiara la giurisdizione del giudice italiano; dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; rimette gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione della causa alla sezione semplice per l’esame degli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *