Corte Costituzionale, Sentenza n. 47 del 2005, in tema di procreazione assistita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1.– L’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione ai sensi della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, con ordinanza in data 10 dicembre 2004 ha dichiarato conforme alle disposizioni di legge la richiesta di referendum popolare, presentata il 13 luglio 2004 da quarantuno cittadini, per l’abrogazione parziale della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita).

La richiesta di referendum ha ad oggetto il seguente quesito:

«Volete voi che sia abrogata la legge 19 febbraio 2004, n. 40, avente ad oggetto “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, limitatamente alle seguenti parti:

– articolo 1, comma 1, limitatamente alle parole: “Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana”;

– articolo 1, comma 2: “Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità”;

– articolo 4, comma 1: “Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico”;

– articolo 4, comma 2, lettera a), limitatamente alle parole: “gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della”;

– articolo 5, comma 1, limitatamente alle parole: “Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1,”;

– articolo 6, comma 3, limitatamente alle parole: “fino al momento della fecondazione dell’ovulo”;

– articolo 13, comma 3, lettera b), limitatamente alle parole: “di cui al comma 2 del presente articolo”;

– articolo 14, comma 2, limitatamente alle parole: “ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre”;

– articolo 14, comma 3, limitatamente alle parole: “per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione”, nonché alle parole: “fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile” ?».

2.– Al quesito l’Ufficio centrale ha assegnato il n. 3 e ha attribuito il seguente titolo: «Procreazione medicalmente assistita – norme sui limiti all’accesso – Abrogazione parziale».

3.– Ricevuta comunicazione dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum, il Presidente di questa Corte ha fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio del 10 gennaio 2005, disponendo che ne fosse data comunicazione ai presentatori della richiesta di referendum e al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352.

4.– Nell’imminenza della camera di consiglio il Governo, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato una memoria, deducendo l’inammissibilità, sotto svariati profili, del referendum.

Osserva l’Avvocatura come il quesito referendario tenda, in primo luogo, ad escludere la configurazione della procreazione medicalmente assistita come ultima risorsa per soddisfare l’aspirazione a generare di coppie affette da problemi di sterilità o infertilità. Tale configurazione rappresenterebbe tuttavia «corollario del rispetto dell’essere umano fin dalla fase embrionale» e, in quanto costituzionalmente vincolata ed altresì imposta da norme internazionali (segnatamente la Convenzione di Oviedo), non potrebbe costituire oggetto di referendum abrogativo.

Sotto altro aspetto, l’inammissibilità del quesito discenderebbe dalla eterogeneità delle materie interessate, atteso che il referendum mira: a) ad ampliare le possibilità di ricorso alla procreazione medicalmente assistita; b) ad ampliare la possibilità di revoca del consenso oltre il limite fissato dall’art. 6, comma 3, della legge; c) a permettere la produzione di embrioni in eccedenza rispetto a quelli necessari per un unico e contemporaneo impianto; d) a consentire interventi sull’embrione con finalità diagnostiche e terapeutiche generali. Si tratterebbe – secondo l’Avvocatura – di finalità eterogenee, non riconducibili ad un principio comune.

Un ulteriore profilo di disomogeneità del quesito sarebbe poi rappresentato – quanto, in particolare, alla disciplina della revoca del consenso, quale derivante dalla parziale abrogazione dell’art. 6, comma 3 – dal fatto che «nel comune sentire […] diversa è la situazione della donna, che deve accogliere l’embrione nel proprio corpo, da quella dell’uomo», cosicché «non ha senso attribuire uguale peso alla volontà dell’uomo e della donna».

In ogni caso, la possibilità di revoca del consenso anche dopo la fecondazione si porrebbe in contrasto con il divieto di soppressione degli embrioni, sancito dall’art. 14, comma 1.

Da ultimo, l’abrogazione parziale dell’art. 13, comma 3, lettera b), che consentirebbe interventi sull’embrione a fini diagnostici e terapeutici generali, si porrebbe in contrasto sia con il precedente comma 2, che consente la ricerca sull’embrione solo a fini diagnostici e terapeutici per l’embrione stesso, sia con il comma 1, che vieta la sperimentazione sull’embrione umano.

5.– I promotori del referendum hanno, a loro volta, depositato un “atto di costituzione e memoria illustrativa”, a sostegno della ammissibilità della richiesta referendaria.

Assumono innanzitutto i promotori che le disposizioni oggetto del quesito non solo non possono ritenersi a contenuto costituzionalmente necessario, ma appaiono, al contrario, di dubbia legittimità costituzionale.

In particolare, l’attuale irrevocabilità del consenso dopo la fecondazione sembrerebbe giustificare un inammissibile trasferimento coattivo dell’embrione nell’utero, in violazione sia dell’art. 32, secondo comma, della Costituzione sia dell’art. 5 della Convenzione di Oviedo.

Il divieto di produzione di un numero di embrioni superiore a tre si porrebbe in contrasto con la tutela della salute della donna, costretta a sottoporsi a ripetuti interventi in caso di inidoneità di almeno uno dei tre embrioni all’impianto.

L’esclusione dall’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita per coloro che non siano affetti da sterilità o infecondità ma siano portatori di patologie genetiche trasmissibili al concepito sarebbe infine di difficile compatibilità con il principio di ragionevolezza, con la libertà di autodeterminazione, con il diritto alla salute.

Escludono, sotto altro aspetto, i promotori che le norme in oggetto possano ritenersi imposte da obblighi internazionali (ed in particolare dalla Convenzione di Oviedo) o che comunque la loro abrogazione comporti la violazione di vincoli derivanti dal diritto internazionale.

Quanto, infine, al limite della omogeneità, univocità e non manipolatività della richiesta, sottolineano i medesimi promotori l’esistenza di una matrice razionalmente unitaria, individuabile nella volontà di abrogare alcune prescrizioni dirette a limitare, sotto diversi aspetti, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita ed evidenziano come il quesito non tenda a costruire norme nuove ma solo ad espandere l’operatività di disposizioni già presenti nella legge.

6.– Hanno altresì depositato scritti i seguenti soggetti, tutti sollecitando la declaratoria di inammissibilità del quesito referendario: la “Consulta Nazionale Antiusura”; il “Comitato per la tutela della salute della donna”; il “Comitato per la difesa della Costituzione”; il “Comitato per la difesa dell’art. 75 della Costituzione”; il “Forum delle associazioni familiari”; il “Comitato Umanesimo integrale – Comitato per la difesa dei diritti fondamentali della persona”.

7.– Nella camera di consiglio del 10 gennaio 2005 sono stati sentiti gli avvocati Tommaso Edoardo Frosini e Duccio Traina per i presentatori Lanfranco Turci, Antonio A.M. Del Pennino, Rita Bernardini e Barbara M.S. Pollastrini e l’avvocato dello Stato Francesco Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.

A seguito dell’ordinanza letta in camera di consiglio, sono stati altresì sentiti l’avv. Giovanni Pitruzzella per il “Comitato per la difesa dell’art. 75 della Costituzione”, gli avvocati Isabella Loiodice e Giuseppe Abbamonte per il “Comitato per la tutela della salute della donna”, l’avv. Federico Sorrentino per il “Comitato per la difesa della Costituzione”, gli avvocati Tommaso di Gioia e Raffaele Izzo per la “Consulta nazionale antiusura – ONLUS”, l’avv. Aldo Loiodice per il “Forum delle associazioni familiari”, gli avvocati Luigi Manzi e Andrea Manzi per “Umanesimo integrale – Comitato per la difesa dei diritti fondamentali della persona”.

Considerato in diritto

1.– Va preliminarmente dichiarata, a scioglimento della riserva formulata nella camera di consiglio del 10 gennaio 2005, la ricevibilità degli scritti depositati dai soggetti diversi dai presentatori della richiesta di referendum, per le ragioni esposte nella sentenza n. 45 del 2005, fermi restando i limiti alla possibilità di intervento di tali soggetti nel procedimento e di integrazione orale degli scritti stessi, individuati nella suddetta pronuncia.

2.– La richiesta di referendum sulla cui ammissibilità la Corte è chiamata a pronunciarsi investe alcune parti degli artt. 1, 4, 5, 6, 13 e 14 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita).

La richiesta referendaria mira a consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche per finalità diverse dalla soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o infertilità; ad escludere dai principi che regolano l’applicazione delle relative tecniche quello della gradualità; a consentire la revoca del consenso, da parte dei soggetti che vi accedono, anche dopo la fecondazione dell’ovulo; a consentire interventi sull’embrione aventi finalità diagnostiche e terapeutiche anche diverse da quelle previste dall’art. 13, comma 2, della legge; a consentire la creazione di un numero di embrioni superiore a quello necessario ad un unico e contemporaneo impianto e comunque superiore a tre; a consentire la crioconservazione degli embrioni in ogni caso in cui non risulti possibile il trasferimento degli embrioni stessi nell’utero.

3.– E’ opportuno premettere che il giudizio di ammissibilità che questa Corte è chiamata a svolgere si atteggia, per costante giurisprudenza, «con caratteristiche specifiche ed autonome nei confronti degli altri giudizi riservati a questa Corte, ed in particolare rispetto ai giudizi sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti con forza di legge» (cfr. sentenze n. 16 del 1978 e n. 251 del 1975). Non è quindi in discussione in questa sede la valutazione di eventuali profili di illegittimità costituzionale della legge n. 40 del 2004, né è questa, parimenti, la sede di un giudizio sulla legittimità costituzionale dell’eventuale disciplina di risulta derivante dall’effetto abrogativo del referendum (cfr. sentenze n. 26 del 1987 e n. 24 del 1981).

4.– La richiesta è ammissibile.

4.1.– Essa non ha per oggetto le leggi per le quali l’art. 75, secondo comma, della Costituzione espressamente esclude il referendum ed è, al tempo stesso, rispettosa dei limiti ulteriori che questa Corte, sin dalla sentenza n. 16 del 1978, ha desunto in via interpretativa dal sistema costituzionale.

In particolare, va escluso che le disposizioni di legge oggetto del quesito possano ritenersi a contenuto costituzionalmente vincolato o necessario, così da sottrarsi alla possibilità di abrogazione referendaria. La proposta riguarda, infatti, aspetti specifici della disciplina della procreazione medicalmente assistita che rientrano nell’ambito della discrezionalità legislativa, cosicché la loro abrogazione non comporta il venir meno di una tutela costituzionalmente necessaria.

Analoghe considerazioni valgono ad escludere qualsiasi possibilità di contrasto con i principi posti dalla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, e dal Protocollo addizionale del 12 gennaio 1998, n. 168, sul divieto di clonazione di esseri umani, cui si è data esecuzione con legge 28 marzo 2001, n. 145.

4.2.– Il quesito, pur a contenuto plurimo, presenta, d’altro canto, il necessario carattere di omogeneità.

Le disposizioni di cui si propone l’abrogazione, infatti, sono tra loro intimamente connesse, anche in conseguenza della sostanziale omogeneità dell’intero testo normativo, recante la completa ed esclusiva disciplina della procreazione medicalmente assistita, ed è inoltre individuabile la matrice razionalmente unitaria del quesito stesso, riconducibile alla rimozione di una serie di limiti all’accesso e allo svolgimento delle procedure di procreazione medicalmente assistita.

4.3.– La normativa di risulta non presenta, infine, elementi di contraddittorietà che non siano risolvibili alla stregua dei normali canoni ermeneutici.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione delle seguenti disposizioni della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita):

– articolo 1, comma 1, limitatamente alle parole: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana»;

– articolo 1, comma 2: «Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità»;

– articolo 4, comma 1: «Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico»;

– articolo 4, comma 2, lettera a), limitatamente alle parole: «gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della»;

– articolo 5, comma 1, limitatamente alle parole: «Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, »;

– articolo 6, comma 3, limitatamente alle parole: «fino al momento della fecondazione dell’ovulo»;

– articolo 13, comma 3, lettera b), limitatamente alle parole: «di cui al comma 2 del presente articolo»;

– articolo 14, comma 2, limitatamente alle parole: «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»;

– articolo 14, comma 3, limitatamente alle parole: «per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione», nonché alle parole: «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile»; richiesta dichiarata legittima con ordinanza del 10 dicembre 2004 dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, presso la sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2005.

Valerio ONIDA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2005.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *