Corte Costituzionale, Sentenza n. 72 del 2005 IMPOSTE E TASSE Riscossione delle imposte Finanza regionale e locale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 29 marzo 2002 e depositato il 5 aprile 2002, la Regione Siciliana ha sollevato – in riferimento all’art. 36 del proprio statuto, all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria) e al principio costituzionale di leale cooperazione tra Stato e regioni – conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione: a) alla risoluzione dell’Agenzia delle entrate, “Direzione Centrale Gestione Tributi”, n. 29/E del 30 gennaio 2002 (concernente «Istituzione del codice-tributo per il versamento dell’imposta sostitutiva dovuta dai fondi comuni d’investimento immobiliare chiusi. Decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410»); b) alla risoluzione della medesima Agenzia delle entrate, “Direzione Centrale Gestione Tributi”, n. 31/E del 31 gennaio 2002 (concernente «Istituzione dei codici tributo per il versamento delle imposte sostitutive previste dalla finanziaria 2002. Articoli 4, 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448»).

1.1. – La ricorrente premette che l’Agenzia delle entrate: a) con la risoluzione n. 29/E, istituendo un apposito codice-tributo per consentire il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva prevista a carico dei fondi comuni chiusi d’investimento immobiliare dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, ha stabilito che le somme percette «vanno imputate al capo VI ed al capitolo 1054 del bilancio dello Stato»; b) con la risoluzione n. 31/E, istituendo tre codici-tributo per il versamento delle imposte sostitutive previste dagli artt. 4, 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2002), ha disposto che tutte le somme riscosse per tali titoli vanno imputate a specifici «capitoli del bilancio dello Stato».

1.2. – La ricorrente sostiene, in via preliminare, l’ammissibilità del sollevato conflitto, ancorché l’Agenzia delle entrate sia ente dotato di propria personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia regolamentare, amministrativa, contabile e finanziaria, trattandosi di organizzazione creata dallo Stato per l’esercizio di proprie funzioni e potestà.

1.3. – Nel merito, la Regione lamenta la lesione delle proprie attribuzioni e della propria autonomia finanziaria non essendo stato specificato, negli atti oggetto di conflitto, che i proventi delle suddette imposte riscossi in Sicilia debbono essere imputati ai corrispondenti capo e capitolo del bilancio regionale. Infatti, i provvedimenti impugnati, prevedendo l’imputazione delle somme derivanti dalle indicate imposte esclusivamente a capitoli del bilancio dello Stato, sottrarrebbero tali importi alla Regione. Ciò in violazione degli evocati parametri statutari, secondo i quali spettano alla Regione tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’àmbito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato, specificate dalla normativa istitutiva. La ricorrente afferma, al riguardo, che tali imposte, secondo la stessa qualificazione attribuita dalle norme istitutive, avrebbero natura sostitutiva di imposte con gettito già spettante anche alla Regione Siciliana. La disciplina prevista dai provvedimenti normativi presupposti dagli atti impugnati («art. 6 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410»; «artt. 4, 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448») non comporterebbe sottrazione di risorse finanziarie regionali e, quindi, non pregiudicherebbe i rapporti finanziari tra la Regione e lo Stato, perché quest’ultimo, pur essendo libero di imporre od abrogare tributi, anche se spettanti alle Regioni, non può attribuirsi l’intero gettito del tributo sostitutivo, quando il tributo sostituito non sia stato di sua esclusiva spettanza (come precisato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 299 del 1974 e n. 49 del 1972) . Secondo la ricorrente, la lesione della propria sfera di competenza costituzionale non deriverebbe dalle sopra citate previsioni legislative, ma esclusivamente dagli atti impugnati, i quali, in violazione degli evocati parametri, avrebbero disposto in ordine alla ripartizione delle somme in questione senza tenere conto del luogo della riscossione e senza prevedere il versamento nelle casse regionali delle somme di spettanza.

Infine, la Regione deduce la violazione da parte dello Stato del principio costituzionale di leale cooperazione, in particolare sotto i profili del dovere di mutua informazione e della previa intesa, tenuto conto del totale mancato riscontro alle note dell’Assessorato regionale del bilancio e delle finanze in data 13 febbraio 2002 ed 8 marzo 2002, con le quali era stato richiesto ai competenti organi centrali dell’Agenzia delle entrate di provvedere all’imputazione delle somme rivenienti specificamente dall’imposta sostitutiva sui fondi immobiliari chiusi secondo le previsioni dei parametri evocati e, quindi, con attribuzione pro quota al bilancio regionale siciliano.

2. – Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile ovvero infondato.

2.1. – La difesa erariale eccepisce, quanto all’ammissibilità del conflitto: a) che l’Agenzia delle entrate è un ente con propria personalità giuridica, distinta ed autonoma rispetto a quella dello Stato, del quale non può essere considerata “organo” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, sicché gli atti emessi dall’Agenzia non potrebbero essere oggetto di conflitto costituzionale di attribuzione; b) che il ricorso della Regione Siciliana si limiterebbe a prospettare, con pretesa tutelabile avanti al giudice amministrativo, l’illegittimità degli atti impugnati, senza rivendicare il diritto di riscuotere direttamente i tributi né negare la potestà dell’Agenzia delle entrate di provvedere al riguardo, bensì contestando esclusivamente il modo di esercizio di tale potestà nel caso concreto; c) che le impugnate risoluzioni sarebbero semplici istruzioni interne, rivolte agli organi della riscossione per razionalizzarne ed ottimizzarne l’attività e perciò non sindacabili dalla Regione Siciliana.

2.2. – Nel merito, l’Avvocatura generale nega che con le suddette risoluzioni l’Agenzia fiscale abbia sottratto la parte spettante alla Regione Siciliana dei tributi in esse considerati, perché il codice-tributo avrebbe solo lo scopo di identificare la causale del correlativo versamento fiscale e non quello di individuare l’ente cui tale versamento deve essere poi attribuito. La difesa erariale deduce che alla realizzazione di tale ultimo scopo è deputato un meccanismo informatico che determina automaticamente la quota di spettanza regionale, tramite un’apposita tabella di confluenza tra codici-tributo, ente percettore e capitoli-articoli di bilancio, e che, in virtù di tale meccanismo, le somme riscosse per i tributi sostitutivi in questione sono state correttamente imputate sia allo Stato che alla Regione Siciliana, come risulterebbe dal prospetto di imputazione-riparto elaborato dalla SOGEI per l’anno 2002 e prodotto in giudizio.

L’Avvocatura generale contesta, infine, la sussistenza della lamentata violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione, data la mancanza del presupposto di una lesione effettiva di attribuzioni costituzionali.

3. – La Regione Siciliana, con memoria depositata nell’imminenza della pubblica udienza, ha riconosciuto che l’Agenzia delle entrate ha regolarmente e tempestivamente accreditato le somme spettanti alla ricorrente sul gettito dei tributi in questione e, pertanto, ha chiesto che venga dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

Considerato in diritto

1. – La Regione Siciliana ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alle risoluzioni dell’Agenzia delle entrate, “Direzione Centrale Gestione Tributi”, n. 29/E del 30 gennaio 2002 e n. 31/E del 31 gennaio 2002, entrambe concernenti l’istituzione di codici-tributo per il versamento di imposte sostitutive. Asserisce la ricorrente che tali risoluzioni, nel disporre che tutte le somme riscosse per detti titoli vanno imputate a specifici «capitoli del bilancio dello Stato» e non anche ai rispettivi capo e capitolo del bilancio regionale (per la parte di spettanza regionale), violerebbero le prerogative di cui all’art. 36 dello statuto della Regione Siciliana, ed all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), nonché il principio costituzionale di leale cooperazione tra Stato e regioni.

2. – La difesa erariale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del conflitto, perché avente ad oggetto atti non dello Stato, ma dell’Agenzia delle entrate.

L’eccezione è infondata.

Questa Corte ha già ritenuto ammissibile il conflitto costituzionale di attribuzione in relazione ad atti dell’Agenzia delle entrate, sul presupposto della sostanziale riconducibilità di tale ente, ai fini del conflitto, nell’àmbito dell’amministrazione dello Stato (sentenza n. 288 del 2004, riguardante, appunto, un conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Siciliana in relazione ad atti emessi dall’indicata Agenzia). Tale conclusione deve essere qui ribadita. Il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59) affida, infatti, all’Agenzia delle entrate la «gestione» dell’esercizio delle tipiche funzioni statali concernenti «le entrate tributarie erariali» prima attribuite al Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze ed agli uffici connessi e, in particolare, assegna a tale ente la cura del fondamentale interesse statale al perseguimento del «massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali» (artt. 57, comma 1, primo periodo; 61, comma 3; 62, commi 1 e 2). Ai soli fini del conflitto costituzionale di attribuzione tra Regione e Stato, la riconducibilità alla sfera di competenza statale di tali essenziali funzioni – «affidate» all’Agenzia delle entrate nell’àmbito del peculiare modulo organizzatorio disegnato per le agenzie fiscali dal decreto legislativo n. 300 del 1999, con disciplina derogatoria rispetto a quella dettata per le agenzie non fiscali (art. 10 del decreto) – esige di imputare al sistema ordinamentale statale gli atti emessi nell’esercizio delle medesime funzioni.

3. – Il ricorso è invece inammissibile sotto altro profilo.

Per aversi materia di un conflitto di attribuzione tra Regione e Stato, è necessario che l’atto impugnato sia idoneo a ledere la sfera di competenza costituzionale dell’ente confliggente. Gli atti oggetto del conflitto non possiedono questa caratteristica. Essi vanno inquadrati nell’articolato sistema normativo delineato dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), con il quale viene disciplinato, tra l’altro, il versamento delle imposte dai contribuenti allo Stato ed il riversamento del gettito tributario da parte dello Stato agli enti ai quali spetta, in tutto o in parte, quel gettito. Tale sistema prevede, per quanto qui rileva, che le somme dovute agli enti destinatari del gettito, tra cui la Regione Siciliana, vengano ad essi riversate soltanto dopo che un’apposita struttura di gestione centralizzata abbia provveduto ai conteggi ed alle operazioni di propria competenza. Gli atti impugnati si limitano, attraverso l’istituzione di codici-tributo, a fornire istruzioni sulle modalità di versamento delle imposte e, pertanto, inserendosi in una fase procedimentale meramente provvisoria (che precede l’intervento dell’indicata struttura di gestione e non ne condiziona l’operato), non incidono sulla spettanza del gettito e non sono idonei a ledere le prerogative costituzionali della Regione Siciliana in materia finanziaria. Conseguentemente, rimangono impregiudicate le pretese regionali che potrebbero nascere da violazioni di tale sistema normativo (vedi, in termini analoghi, ex plurimis, le sentenze n. 92 e n. 97 del 2003, nonché le ordinanze n. 30 e n. 79 del 2003). Nella specie, del resto, la stessa ricorrente, nella memoria illustrativa e nella pubblica udienza, ha riconosciuto il regolare accreditamento in suo favore delle somme ad essa spettanti sul gettito dei tributi in questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Siciliana nei confronti dello Stato – in relazione alle risoluzioni dell’Agenzia delle entrate, “Direzione Centrale Gestione Tributi”, n. 29/E del 30 gennaio 2002, concernente «Istituzione del codice-tributo per il versamento dell’imposta sostitutiva dovuta dai fondi comuni d’investimento immobiliare chiusi. Decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410», e n. 31/E del 31 gennaio 2002, concernente «Istituzione dei codici tributo per il versamento delle imposte sostitutive previste dalla finanziaria 2002. Articoli 4, 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448» – con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Depositata in Cancelleria l’11 febbraio 2005.

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