Corte Costituzionale, Sentenza n. 88 del 2005

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso del 3 maggio 2001, depositato nella cancelleria della Corte l’8 ottobre 2001, il Tribunale di Lanciano – investito di un giudizio civile promosso da Nicola Fosco nei confronti del deputato Giovanni Di Fonzo, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, in relazione ad espressioni utilizzate da quest’ultimo nel corso di interviste ad organi di stampa e trasmissioni televisive, ritenute dall’attore offensive – ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata dalla Assemblea il 16 gennaio 2001 (documento IV-quater, n. 164), con la quale è stato dichiarato che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Di Fonzo nell’esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Il Tribunale ricorrente – dopo aver esposto i fatti che hanno dato luogo alla vicenda processuale ed analizzato, in particolare, le dichiarazioni indicate nell’atto di citazione come asseritamente diffamatorie – ritiene che, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la deliberazione di insindacabilità sia frutto «di una erronea e non corretta valutazione dei presupposti fissati dall’art. 68, comma 1, Cost. alla operatività della irresponsabilità dei membri del Parlamento».

In particolare, il ricorrente lamenta la totale assenza di un effettivo collegamento funzionale tra le opinioni espresse e l’esercizio delle attribuzioni proprie del parlamentare: collegamento non integrato né dal mero esercizio di una critica politica, né dalla generica comunanza tematica tra le dichiarazioni rese dal deputato Di Fonzo e l’attività ispettiva svolta da un diverso parlamentare nell’altro ramo del Parlamento; da ciò consegue – conclude il ricorrente – che la delibera della Camera con la quale è stata affermata la insindacabilità è idonea, per la sua illegittimità, a menomare la sfera delle attribuzioni dell’autorità giudiziaria e, pertanto, ne va richiesto l’annullamento.

2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 363 del 18 luglio 2002, con la quale è stata disposta la notifica del ricorso introduttivo del giudizio, unitamente alla predetta ordinanza, alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione.

Ricevuta in data 22 luglio 2002 la comunicazione dell’ordinanza di ammissibilità del conflitto, il Tribunale di Lanciano ne ha notificato copia, unitamente al ricorso introduttivo del giudizio, alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, in data 10 ottobre 2002, depositando, poi, gli atti notificati nella cancelleria della Corte costituzionale il successivo 23 ottobre 2002.

3. – Con atto depositato il 29 ottobre 2002, si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, eccependo, in via preliminare, la inammissibilità ed improcedibilità del conflitto per la tardiva notificazione dell’ordinanza di ammissibilità e del ricorso, sul presupposto della natura perentoria del termine per essa stabilito.

In via subordinata, la difesa della Camera deduce l’inammissibilità del ricorso «per carenza di interesse del tribunale ricorrente»: ciò in quanto, nel ricorso introduttivo, l’organo giurisdizionale avrebbe espressamente riconosciuto la sussumibilità delle manifestazioni del pensiero del deputato Di Fonzo «nell’esercizio del diritto di critica politica»; con la conseguenza che, anche nell’ipotesi di accoglimento del conflitto, continuerebbe pur sempre a spiegare efficacia la generale tutela ex art. 21 della Costituzione, idonea ad escludere l’antigiuridicità dell’ipotetico fatto illecito e tale da rendere del tutto superflua la dimostrazione della riconducibilità o meno delle dichiarazioni medesime alla funzione parlamentare.

Nel merito, la Camera ha chiesto il rigetto del ricorso, ravvisando una «sostanziale corrispondenza dei significati» tra le opinioni ascritte al parlamentare ed i contenuti di un atto ispettivo che, sebbene proveniente da altro parlamentare, risulterebbe comunque sufficiente ad attivare la prerogativa dell’insindacabilità, pena una irragionevole disparità di trattamento dei membri del Parlamento nell’applicazione della garanzia.

In prossimità dell’udienza pubblica, la difesa della Camera dei deputati ha depositato una memoria illustrativa in cui, ribadite le argomentazioni svolte in sede di costituzione in giudizio, ha ulteriormente eccepito l’improcedibilità del conflitto per la tardività della notificazione.
Considerato in diritto

1. – Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sollevato dal Tribunale di Lanciano, investe la deliberazione con cui, il 16 gennaio 2001, la Camera dei deputati ha ritenuto insindacabili – ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione – i fatti per i quali il deputato Giovanni Di Fonzo è stato convenuto in giudizio da Nicola Fosco al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, in quanto concernenti opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari.

Il Tribunale ricorrente assume che le specifiche dichiarazioni oggetto del giudizio risarcitorio non possano qualificarsi tali, stante la inesistenza del necessario e specifico collegamento tra le dichiarazioni in questione e l’esercizio dell’ufficio parlamentare; con la conseguenza che la Camera dei deputati, con la citata deliberazione di insindacabilità, ha illegittimamente esercitato il proprio potere ed in tal modo leso le attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria.

2. – Nel costituirsi in giudizio, la Camera dei deputati ha, preliminarmente, eccepito, tra l’altro, l’improcedibilità del conflitto, stante l’inosservanza, da parte dell’organo ricorrente, del termine perentorio fissato per la notificazione del ricorso e dell’ordinanza di ammissibilità.

3. – L’eccezione è fondata.

La peculiare disciplina dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato contempla l’avvio, rimesso all’iniziativa della parte interessata, di due distinte ed autonome fasi procedurali, destinate a concludersi, la prima, con la preliminare e sommaria delibazione circa l’ammissibilità del conflitto e, la seconda, con la pronuncia sul merito, oltre che con il definitivo giudizio sull’ammissibilità.

È onere del ricorrente, a conclusione della prima fase ed affinché si possa aprire la seconda, provvedere alla notificazione del ricorso e dell’ordinanza di ammissibilità, entro il termine da quest’ultima fissato. In proposito, questa Corte ha già ripetutamente affermato – sussistendo, in generale, «l’esigenza costituzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non rimessi alle parti confliggenti» (cfr. sentenza n. 116 del 2003) – che tale termine «è da osservarsi a pena di decadenza, secondo quanto si rileva dal regolamento di procedura dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (in connessione con l’art. 36 del testo unico delle leggi sul Consiglio stesso, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054), applicabile nei procedimenti davanti alla Corte costituzionale in virtù del richiamo di cui all’art. 22, legge n. 87 del 1953» (cfr. ordinanza n. 386 del 1985 e sentenza n. 200 del 2001).

Nella specie, il ricorso e l’ordinanza risultano notificati in data 10 ottobre 2002 e, quindi, ben oltre la scadenza del termine di sessanta giorni fissato nell’ordinanza medesima. Né varrebbe invocare, in senso contrario, la sospensione del decorso dei termini processuali nel periodo feriale (legge 7 ottobre 1969, n. 742), trattandosi di disciplina inapplicabile ai giudizi davanti a questa Corte (cfr. ordinanza n. 126 del 1997 e sentenze n. 233 del 1993 e n. 35 del 1999).

Non può, pertanto, procedersi allo svolgimento dell’ulteriore fase del giudizio, non essendo stato rispettato il termine perentorio per la notificazione del ricorso e dell’ordinanza di ammissibilità.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Lanciano nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2005.

Depositata in Cancelleria l’8 marzo 2005.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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