CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – SENTENZA 31 marzo 2011, n.7504 AFFIDAMENTO DEL MINORE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

MOTIVI DELLA DECISIONE

Vanno riuniti i ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.. Va dichiarato inammissibile il ricorso di Ve.An. che non aveva proposto appello (al riguardo, tra le altre, v. Cass. n. 20071/2008).

Con il primo motivo del ricorso principale, V.A. + 6 denunciano violazione della L. n. 184 del 1983, art. 12, e conseguente nullità dell’intero procedimento, non essendo stati mai sentiti il nonno paterno dei minori, Ve.An., e la bisnonna paterna, A.A..

Con il secondo, essi lamentano falsa applicazione della L. n. 184, artt. 1, 8 e 15, nonchè artt. 30, 24 e 111 Cost., sostenendo, da un lato l’insussistenza dell’abbandono, dall’altro una palese violazione del diritto alla difesa, avendo il Giudice ritenuto superflui ulteriori incombenti istruttori, e fondato la sua decisione su relazioni e dati, alla cui formazione il difensore non aveva potuto partecipare; lamentano, infine, che del tutto erroneamente il Giudice a quo aveva ritenuto irrilevante la disponibilità dei parenti ad accogliere i minori. Con il terzo, i ricorrenti lamentano insufficienza e contraddittorietà di motivazione, in quanto la Corte di merito avrebbe dovuto esplicitare le ragioni del rigetto delle istanze istruttorie da loro proposte; con il quarto, mancanza assoluta di motivazione, in ordine al rigetto dell’istanza volta a recuperare il rapporto tra la famiglia di origine e i minori.

Il primo motivo va dichiarato inammissibile, non essendo, al riguardo, autosufficiente il ricorso: si fa riferimento al nonno paterno e alla bisnonna dei minori, affermando che questi avevano "rapporti significativi" con essi e ne avevano richiesto l’affidamento, senza specificazione alcuna circa il contenuto di tali rapporti e l’asserita istanza di affidamento.

Quanto al secondo motivo, non si ravvisa violazione alcuna di legge.

La pronuncia impugnata, con un ampia ed articolata narrativa e con una altrettanto ampia ed approfondita motivazione, evidenzia la sussistenza dell’abbandono, con riferimento alla condizione degradata dei bambini, sporchi, affamati ed infermi, quando si trovavano presso la madre, condizione che aveva inciso in modo gravemente negativo sul loro sviluppo psicofisico; i genitori si palleggiavano le responsabilità: da un lato il padre accusava la madre di essere psichicamente disturbata, dall’altro, questa affermava che il padre era violento sia nei suoi confronti che in quelli dei minori (richiama il Giudice a quo un procedimento penale a carico del padre per violenza sessuale e maltrattamenti dei figli). Esclude la Corte di merito la sussistenza di rapporti significativi della nonna e degli altri parenti. Va del resto osservato che, per giurisprudenza consolidata (per tutte Cass. n. 18219 del 2009), non è sufficiente una mera disponibilità dei parenti (ivi compresi i nonni) a farsi carico dei minori, dovendo comunque sussistere un rapporto sottostante di familiarità ed accudimento, ovvero, al limite, un tentativo di contrastare la condizione di degrado dei minori, con interventi sostitutivi dei genitori od eventualmente con denunce alle autorità di controllo.

Si lamenta altresì violazione della L. n. 184, art. 10, comma 2, non avendo potuto partecipare il difensore all’attività istruttoria espletata. Va al riguardo precisato che l’attività istruttoria del giudizio di primo grado si era svolta quasi interamente nella vigenza della disciplina anteriore, modificata dalla L. n. 149 del 2001 (la norma richiamata, profondamente innovativa rispetto alla lettera originaria, è entrata in vigore nel luglio del 2007).

Il motivo va pertanto rigettato.

Anche il terzo motivo va rigettato, in quanto infondato: non deve il Giudice di merito motivare specificamente sulla reiezione di tutte le istanze istruttorie, deve peraltro giustificare, con motivazione adeguata, la sua valutazione sulla sufficiente istruzione della causa. Nella specie, il Giudice a quo richiama l’ampia istruttoria effettuata: relazione dei servizi, relazioni mediche, consulenze, ecc..

Anche il quarto motivo va rigettato, siccome infondato. Non può affermarsi che, al riguardo, il Giudice a quo non si sia pronunciato:

dal contesto motivazionale emerge, con chiarezza, che appariva palesemente contrario all’interesse dei minori il mantenimento o addirittura l’intensificazione del rapporto del padre, e, più in generale, della famiglia di origine con i minori stessi.

Conclusivamente, va rigettato il ricorso principale.

Con ricorso incidentale, il Curatore dei minori lamenta violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 143, 82 e 133, avendo la Corte di merito liquidato le spese a suo favore nella sentenza e non con decreto separato, con riferimento ai due gradi di giudizio, mentre per il primo già erano state liquidate, e unitamente all’altra parte costituita (la madre dei minori), senza infine rispettare i minimi tariffari.

Il ricorso merita accoglimento.

In effetti, la sentenza impugnata ha omesso di considerare che il Curatore dei minori era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato e che conseguentemente la determinazione e la liquidazione dei diritti spettanti al difensore doveva essere effettuata secondo le modalità e i criteri di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 143 e 82, ove si dispone che, nei giudizi di cui alla L. n. 184 del 1983, i diritti e gli onorari dei difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato sono liquidati dal Giudice del singolo grado di giudizio, con decreto di pagamento a carico dell’amministrazione dello Stato, debbono essere liquidati per ogni singolo difensore, in relazione alla qualità e quantità di attività difensiva da ciascuno svolta, ed in misura non superiore alla media tra massimi e minimi tariffari e comunque non inferiore a tali minimi.

La Corte d’Appello non poteva dunque liquidare le spese processuali a favore del difensore dei minori, con la sentenza, ma con decreto di pagamento; non poteva liquidare le spese del precedente grado, già liquidate dall’autorità giudiziaria competente; non poteva liquidare le spese processuali unitariamente a "favore delle parti costituite", ma avrebbe dovuto condannare gli appellanti soccombenti, con riferimento al curatore dei minori, al pagamento delle spese processuali a favore dello Stato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 133, in relazione agli esborsi effettivamente sostenuti dall’Amministrazione per il giudizio d’appello. Va pertanto cassata in parte qua la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai criteri suindicati, e pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; accoglie quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta; rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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