Corte Costituzionale, Sentenza n. 171 del 2005, In tema di controlli sull’autorizzazione alla stipula dei contratti collettivi di lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1. ― La Provincia autonoma di Trento, con due distinti ricorsi, notificati, rispettivamente, il 27 luglio ed il 21 settembre 2001, depositati il 4 agosto ed il 28 settembre 2001, propone, in riferimento all’art. 8, numero 1, ed all’art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e relative norme di attuazione, ed in particolare in riferimento all’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento) ed al d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto), come modificato dal d.lgs. 2 ottobre 1997, n. 385 e dal d.lgs. 14 giugno 1999, n. 212, conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione, rispettivamente: a) con il primo ricorso, alla nota 28 maggio 2001, n. prot. 548, della Corte dei conti, sezione di controllo di Trento, avente ad oggetto “Art. 60 della L.P. 7/97: attribuzioni della Corte dei conti circa i contratti collettivi di lavoro dei dipendenti provinciali”, nella parte in cui afferma <>; b) con il secondo ricorso, alla deliberazione 24 luglio 2001, n. 42, della Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, comunicata con nota del Presidente della Corte dei conti 24 luglio 2001, n. 1074, e depositata il 3 agosto 2001, <> su un’ipotesi di accordo di settore per il personale con qualifica di direttore della Provincia autonoma di Trento e dei suoi enti funzionali (periodo 1998-2001), siglata il 6 giugno 2001.

2. — La Provincia, nei due ricorsi, deduce che entrambi gli atti impugnati – nella parte in cui affermano l’obbligo della sottoposizione delle delibere della Giunta provinciale, che autorizzano la sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro del personale delle amministrazioni provinciali, al controllo di legittimità e di compatibilità economico-finanziaria di cui all’art. 51 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) da parte della Corte dei conti, in attuazione dell’art. 60, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 3 aprile 1997, n. 7 (Revisione dell’ordinamento del personale della Provincia autonoma di Trento) – sarebbero lesivi della propria autonomia costituzionale alla luce del quadro normativo di riferimento, quale si è andato delineando nel tempo.

Il controllo di legittimità e di compatibilità economica delle delibere della Giunta provinciale di Trento di autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro dei dipendenti della Provincia, espressamente previsto dal citato art. 60, comma 3, della legge provinciale n. 7 del 1997, che faceva rinvio all’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 18 del d.lgs. n. 470 del 1993, non sarebbe infatti più giustificabile – secondo la ricorrente – a seguito del mutamento del quadro normativo statale di riferimento.

Da un lato, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 385 del 1997 e dal successivo d.lgs. n. 212 del 1999 alle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 305 del 1988, vigenti nel momento dell’entrata in vigore della legge provinciale n. 7 del 1997, avrebbero, infatti, delimitato il controllo preventivo di legittimità degli atti della Provincia ai soli regolamenti ed agli atti che costituiscono adempimento degli obblighi comunitari – fra i quali non rientrerebbe l’autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro del personale provinciale – con conseguente esclusione di altre forme di controllo, ivi compreso quello in esame, in considerazione della competenza separata e riservata delle norme di attuazione dello statuto in tema di controlli statali sugli atti provinciali. Dall’altro lato, l’art. 60, comma 3, della legge provinciale n. 7 del 1997, il quale appunto faceva specifico rinvio all’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, nel testo modificato dall’art. 18 del d.lgs. n. 470 del 1993, sarebbe divenuto inapplicabile a seguito della sostituzione del predetto articolo 51, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993 con un diverso testo, ad opera dell’art. 4 del d.lgs. 4 novembre 1997, n. 396 (Modificazioni al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in materia di contrattazione collettiva e di rappresentatività sindacale nel settore del pubblico impiego, a norma dell’art. 11, commi 4 e 6, della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Né sarebbe, inoltre, possibile – secondo la ricorrente – ritenere che il predetto controllo sia esercitabile sulla base dell’applicazione diretta delle previsioni statali relative al medesimo controllo in quanto “norme fondamentali di riforma economico-sociale”, vincolanti il legislatore provinciale, essendo tale limite (eventualmente) operante nei soli confronti delle materie di competenza legislativa provinciale, fra le quali non rientrerebbe la materia dei controlli statali sugli atti provinciali, riservata al legislatore statale.

La ricorrente, pertanto, chiede che la Corte dichiari che non spetta allo Stato (e per esso alla Corte dei conti) chiedere alla Provincia di sottoporre al controllo della Corte dei conti i contratti collettivi di lavoro dei dipendenti provinciali e, conseguentemente, annulli la nota e le delibere impugnate, asseritamente lesive delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite.

3. — Nell’imminenza dell’udienza pubblica la Provincia di Trento ha depositato memoria, nella quale insiste nelle predette conclusioni, deducendo anche l’impossibilità di una eventuale rinuncia ai ricorsi a causa del mancato riscontro da parte delle sezioni riunite della Corte dei conti alla comunicazione dell’avvenuta abrogazione espressa dell’art. 60, comma 3, della legge provinciale n. 7 del 1997 ad opera dell’art. 3, comma 6, della legge provinciale 19 febbraio 2002, n. 1 (Misure collegate con la manovra di finanza pubblica per l’anno 2002), e del conseguente venir meno delle ragioni dei conflitti.

4. — In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo – negli atti di costituzione e nelle memorie depositate nell’imminenza dell’udienza pubblica – che i ricorsi siano dichiarati inammissibili e comunque infondati.

In via preliminare, la difesa erariale deduce l’inammissibilità dei ricorsi, in quanto la nota della sezione di controllo di Trento, oggetto del primo ricorso, sarebbe un parere che, di per sé, non avrebbe prodotto alcun effetto lesivo delle attribuzioni della Provincia, mentre la delibera delle sezioni riunite della Corte dei conti, oggetto del secondo ricorso, non sarebbe impugnabile in sede di conflitto di attribuzione fra enti, essendo stata la medesima ricorrente a trasmettere – a titolo tuzioristico – alle sezioni riunite la delibera di autorizzazione alla stipulazione di un accordo relativo al personale provinciale.

Quanto al merito, la difesa erariale sostiene che gli atti impugnati non avrebbero prodotto alcuna lesione delle attribuzioni costituzionali della Provincia, in quanto sarebbero stati adottati in attuazione di quanto previsto dall’art. 60, comma 3, della legge provinciale n. 7 del 1997. Quest’ultima disposizione – che avrebbe dato “attuazione diretta ed unilaterale” ad una norma fondamentale di riforma economico-sociale (l’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993) nella materia di competenza provinciale dell’organizzazione amministrativa – al momento dell’adozione degli atti impugnati, sarebbe stata vigente – come sarebbe dimostrato dalla successiva abrogazione espressa della medesima ad opera dell’art. 3, comma 6, della legge provinciale n. 1 del 2002 – ed applicabile, dal momento che le modifiche apportate all’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, ad opera dell’art. 4 del d.lgs. n. 396 del 1997, avrebbero solo precisato la disciplina vigente in tema di controllo sull’autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro.

5. — All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1. — I conflitti di attribuzione sollevati con i ricorsi nn. 25 e 34 del 2001 della Provincia autonoma di Trento nei confronti dello Stato hanno ad oggetto rispettivamente la nota 28 maggio 2001 (n. prot. 548) della sezione di controllo di Trento della Corte dei conti e la deliberazione del 24 luglio 2001, n. 42 delle sezioni riunite in sede di controllo della medesima Corte, in riferimento agli art. 8, numero 1, e art. 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione.

Entrambi gli atti impugnati, che affermano la pretesa della Corte dei conti di sottoporre alla certificazione di compatibilità finanziaria le ipotesi di accordo relative ai contratti collettivi di lavoro dei dipendenti della Provincia, sarebbero, secondo la ricorrente, a prescindere dal loro contenuto decisorio, lesivi della propria autonomia statutaria, in quanto adottati senza uno specifico fondamento legislativo, poiché nell’ordinamento statale o provinciale non si individuerebbero norme idonee ad estendere alla Provincia di Trento il controllo previsto per i contratti collettivi nazionali dall’art. 51, comma 4, del d.lgs. n. 29 del 1993 e successive modifiche. Da un lato, infatti, ad avviso della ricorrente, l’art. 60 della legge provinciale n. 7 del 1997 sarebbe ormai inapplicabile; dall’altro lato, le modifiche delle norme di attuazione dello statuto speciale apportate dal d.lgs. n. 385 del 1997 e dal successivo d.lgs. n. 212 del 1999, stabilendo la precisa tipologia dei controlli della Corte dei conti sugli atti della Provincia di Trento, avrebbero implicitamente escluso altre forme di controllo, come quella pretesa nel caso in esame dalla Corte dei conti.

2. — In via preliminare va disposta la riunione, per connessione soggettiva ed oggettiva, dei due giudizi per conflitto di attribuzione in modo che possano essere decisi con un’unica sentenza.

3. — Ai fini di un adeguato inquadramento della vicenda in esame è necessario tenere conto dell’evoluzione della legislazione sia statale, sia provinciale in tema di controlli sull’autorizzazione alla stipulazione dei contratti collettivi di lavoro.

Prendendo le mosse dalla legge delega 23 ottobre 1992, n. 421, va ricordato che l’art. 2, comma 1, lettera b), disponeva che il Governo era delegato a prevedere che la “legittimità e la compatibilità economica dell’autorizzazione governativa” alla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro fossero sottoposti al controllo della Corte dei conti. In conformità a questa norma, l’art. 51, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, così come sostituito dall’art. 18 del d.lgs. 18 novembre 1993, n. 470, ha previsto il controllo della Corte dei conti di legittimità e di compatibilità economica dell’autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro.

A seguito della legge delega 15 marzo 1997, n. 59, il decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396, all’art. 4 -sostanzialmente confermato dall’art. 47, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165- ha modificato il predetto art. 51, comma 2, eliminando ogni riferimento al previsto controllo di legittimità e stabilendo invece che la <> relativi all’ipotesi di accordo è trasmessa alla Corte dei conti <>; la Corte dei conti nei successivi quindici giorni <>, anche previa acquisizione di elementi istruttori e valutativi. Va altresì tenuto presente che l’art. 9 dello stesso decreto ha eliminato dall’elenco degli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità proprio le autorizzazioni alla sottoscrizione dei contratti collettivi.

Le norme di attuazione in materia dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige contenute nel d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 hanno attribuito alla sezione della Corte dei conti di Trento il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Provincia; controllo che il successivo d.P.R. 2 ottobre 1997, n. 385, ha limitato alla sola categoria dei regolamenti e degli atti attuativi degli obblighi comunitari ed al quale il d.P.R. 14 giugno 1999, n. 212 ha aggiunto quello sulla gestione del bilancio e del patrimonio della Provincia.

In questo quadro legislativo va infine ricordato che, attribuendo lo statuto speciale alla Provincia di Trento competenza primaria in tema di “ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetti”, la legge provinciale 3 aprile 1997, n. 7 (Revisione dell’ordinamento del personale della Provincia autonoma di Trento), all’art. 60, comma 3, ha sottoposto l’autorizzazione giuntale alla sottoscrizione dei contratti collettivi al controllo della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, così come sostituito dall’art. 18 del d.lgs. n. 470 del 1993. Tale norma, peraltro, è stata abrogata dalla legge provinciale 19 febbraio 2002, n. 1.

L’evoluzione legislativa che hanno subìto le disposizioni concernenti le attribuzioni della Corte dei conti in ordine ai contratti collettivi di lavoro è tenuta presente dalla Sezione di controllo di Trento della Corte dei conti nella censurata nota 28 maggio 2001 (prot. n. 548), nella quale appunto basandosi, oltre che sul carattere di norme fondamentali di riforma economico-sociale delle disposizioni del d.lgs. n. 29 del 1993, essenzialmente sull’art. 60, comma 3, della citata legge provinciale n. 7 del 1997 ed interpretando il rinvio all’art. 51, comma 2, come “rinvio dinamico” al testo attualmente vigente dello stesso articolo, si è affermato che permane la competenza in materia della Corte dei conti, esercitabile in concreto, in base alle norme sull’organizzazione delle funzioni di controllo, dalle sezioni riunite.

Lo stesso precipuo riferimento al citato art. 60, comma 3, è stato effettuato anche dalle sezioni riunite della Corte dei conti nell’impugnata delibera del 24 luglio 2001, nella quale, dopo avere riconosciuto che la disciplina provinciale del procedimento di contrattazione è stata disegnata <>, si è tuttavia affermato che ciò <>.

Proprio su questa interpretazione del citato art. 60, comma 3, che la ricorrente contesta essenzialmente in base all’evoluzione del quadro normativo, si fondano le pretese di controllo della Corte dei conti contenute nelle delibere impugnate, che appunto sotto questo profilo arrecherebbero una menomazione alle attribuzioni costituzionali della Provincia di Trento.

4. — I ricorsi sono fondati.

Ai fini dell’estensione alla Provincia di Trento del controllo previsto per i contratti collettivi nazionali dall’art. 51, comma 4, del d.lgs. n. 29 del 1993 e successive modifiche, occorre ribadire -come ammettono le stesse sezioni riunite della Corte dei conti- che non rientra nella competenza legislativa provinciale disciplinare le funzioni di controllo della Corte dei conti, anche se la loro eventuale incidenza su materie di competenza esclusiva provinciale deve essere regolata alla stregua della rispettiva normativa di carattere statutario (cfr. sentenza n. 182 del 1997). I procedimenti di controllo contabile si debbono quindi svolgere secondo la disciplina statale, ma in modo tale che il necessario adeguamento legislativo provinciale li renda compatibili con l’ordinamento di appartenenza, senza che in proposito possano essere invocati eventuali vincoli derivanti da norme fondamentali di riforma economico-sociale, tanto più con riferimento alla Provincia di Trento, alla luce di quanto disposto dall’art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).

Ciò premesso, le sezioni riunite della Corte dei conti, esclusa per le ragioni dette l’applicabilità diretta nell’ordinamento provinciale di una singola norma contenuta in una legge di riforma economico-sociale, sostengono che il necessario adeguamento legislativo nella specie è costituito dall’art. 60, comma 3, della legge provinciale 3 aprile 1997, n. 7. Tale disposizione, nell’ambito del procedimento di contrattazione collettiva, avrebbe configurato un modello di controllo <>, ma che tuttavia non escluderebbe <>. Secondo questa tesi, dunque, il predetto art. 60, comma 3, consentirebbe che il controllo esercitato nelle forme della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio previste dall’art. 47, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 non sia incompatibile, in linea di principio, con il procedimento disciplinato dal vecchio testo del citato art. 51, comma 2. Ma questa impostazione argomentativa non appare condivisibile per una serie di motivi.

Innanzi tutto vale la considerazione che se il citato art. 60, comma 3, costituisce la norma che rende ammissibile il predetto modello di controllo contabile nell’ordinamento provinciale, in base a questa stessa norma non si possono ammettere forme di controllo diverse da quelle configurate dal ricordato art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 29 del 1993, al quale appunto la disposizione provinciale rinvia. Peraltro la sostanziale diversità tra questi due tipi di controllo è confermata dalle stesse sezioni riunite, che sottolineano come il predetto art. 47, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 superi la precedente logica del controllo di legittimità formale previsto dal citato art. 51, comma 2, spingendosi invece verso il controllo effettivo della spesa basato appunto sulle procedure di “certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio”.

In secondo luogo va considerato che le vigenti norme di attuazione statutaria, limitando il controllo della Corte dei conti ad una tipologia puntuale di procedure ed atti, non possono logicamente prevedere tipi di controllo diversi, sotto il profilo formale ed oggettivo (cfr. ordinanza n. 310 del 1998), da quelli espressamente indicati, come è appunto il caso della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio. Il predetto art. 60, comma 3, non può più quindi essere invocato dopo la sostituzione della norma richiamata e l’introduzione di un diverso modello di controllo, che appunto per la sua diversità appare inapplicabile nell’ordinamento provinciale. Né a superare questa obiezione si può interpretare il richiamo operato dalla medesima disposizione provinciale -come invece ritiene la Corte dei conti- come rinvio “dinamico” o “mobile”, giacché quello disposto dal citato art. 60, comma 3, ad uno specifico comma di una specifica disposizione e non già ad una determinata fonte legislativa, non può che qualificarsi come un rinvio “fisso”.

Infine, a sottolineare la diversità del nuovo modello di controllo rispetto al vecchio testo dell’art. 51, comma 2, va ricordato che le stesse sezioni riunite affermano, nel caso in esame, che si <>, dal momento che il nuovo tipo di controllo <>.

E dunque il citato art. 60, comma 3, della legge provinciale n. 7 non è più applicabile (oltre che abrogato dalla legge provinciale 19 febbraio 2002, n. 1) per l’evoluzione del quadro normativo di riferimento e quindi non può costituire la base legale delle delibere censurate. Ne consegue l’illegittimità degli atti impugnati, che proprio su tale norma hanno fondato il rispettivo dispositivo, così arrecando, sotto questo profilo, una menomazione alle attribuzioni costituzionali in materia della Provincia di Trento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara che non spettava allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, sottoporre, sulla base di una disposizione legislativa provinciale non più applicabile, alla certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio l’ipotesi di accordo di settore per il personale con la qualifica di direttore della Provincia autonoma di Trento; di conseguenza annulla la nota 28 maggio 2001 (prot. n. 548) della Corte dei conti, sezione di controllo di Trento, e la delibera 24 luglio 2001 (n. 42/CONTR/CL/01) della Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 2005.

Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2005.

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