Cass. civ., sez. V 12-04-2006, n. 8583 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI – IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO – Società di capitali – Esclusivo compimento di operazioni passive – Assenza di operazioni attive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Fatto

La Società Sviluppo Metropolitano s.r.l. ha presentato distinti ricorsi contro atti dell’Ufficio IVA di Torino e, in particolare, contro il diniego di rimborso richiesto con dichiarazione IVA 1994, nonchè contro gli avvisi di rettifica relativi agli anni 1991, 1992, 1993 e 1994 con i quali veniva recuperata l’imposta ritenuta indebitamente detratta in quanto la società, stante la mancanza di ricavi, non aveva svolto attività di impresa.

La Commissione Tributaria Provinciale, investita dei vari ricorsi nel quali era evidenziato come la società avesse acquistato un appezzamento di terreno edificabile ma avesse poi dovuto desistere dal progetto di insediamento abitativo in conseguenza della mancata approvazione del medesimo e si fosse quindi dovuta sciogliere per Impossibilità di perseguire l’oggetto sociale, li accoglieva.

Sull’appello dell’ufficio, la Commissione Tributaria Regionale, riuniti i ricorsi, confermava le decisioni impugnate.

Ricorre per cassazione l’Amministrazione con un unico motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudice d’appello ritenuto possibile la detrazione dell’IVA anche in assenza di attività di impresa produttrice di ricavi sul presupposto che, se esiste la soggettività IVA per le operazioni attive, come deve presumersi in virtù del disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4 per le società di capitali, deve esistere altresì la soggettività IVA per le operazioni passive rientranti nell’oggetto sociale. La società intimata non ha svolto attività difensiva, mentre resiste con controricorso la Impresa Gastone Guerrini Costruzioni Generali s.p.a. cessionaria del credito IVA chiesto a rimborso dall’intimata con la dichiarazione IVA 1994 in virtù di cessione avvenuta con rogito Notaio Ghione di 24.3.1995.

Diritto

Il motivo di ricorso dell’Amministrazione è tutto incentrato sulla tesi secondo cui nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, che stabilendo le condizioni per la detrazione dell’IVA prevede che ciò sia possibile in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, è immanente il principio dell’inerenza che presuppone un esercizio concreto e reale e non meramente potenziale dell’attività.

In realtà il ragionamento dell’Amministrazione non coglie appieno quella che è stata la ratio decidendi della sentenza impugnata e che è anche la vera questione posta dalia fattispecie.

Dal testo della decisione della Commissione territoriale emergono quali fatti non contestati, i seguenti: la società Sviluppo Metropolitano acquistava nel 1990 un appezzamento di terreno edificabile in comune di ?, facendo quindi predisporre un progetto per la realizzazione di un insediamento abitativo costituito da un complesso residenziale di 240 alloggi, ottenendo la licenza edilizia in data 24.12.1990; erano in seguito emerse irregolarità nell’iter amministrativo tanto che, a fronte della sopravvenuta impossibilità di procedere ai lavori, la società era stata sciolta; poiché nella fase di predisposizione dell’intervento urbanistico erano state affrontate spese per la progettazione e per altre attività materiali preparatorie con emissione delle relative fatture, nella dichiarazione IVA dell’anno 1991 veniva evidenziato un credito di imposta per lire 22.951.000, salito a lire 30.153.000 nel 1992, che, dopo essere stato trasferito negli anni successivi, veniva chiesto a rimborso nella dichiarazione IVA 1994.

La Commissione Tributarla Regionale, sulla base di tali elementi di fatto, ha ritenuto non fondata le tesi dell’ufficio secondo la quale nel periodo in cui era stata attiva la società non vi era stata alcuna attività di impresa, essendo invece questa da individuarsi nell’attività di progettazione necessaria per ottenere la indispensabile autorizzazione amministrativa.

ÿ ben vero che in motivazione il giudice a quo si spinge anche ad affermare che l’esistenza di una presunzione di attività posta ai fini della soggettività attiva dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, che prevede sempre effettuate nell’esercizio dell’Impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte (tra le altre) dalle società di capitali, comporta che la stessa presunzione deve necessariamente esistere per le operazioni passive e che quindi anche una società senza impresa non può mai essere equiparata al consumatore finale con riferimento alle operazioni passive, ma si tratta di un?ulteriore ratio decidendi su cui non è necessario prendere posizione, essendo certamente esente da censure, per le ragioni, di seguito indicate, la prima.

Questa Corte ha già avuto modo di occuparsi della questione e ha ritenuto, in via generale, che "in tema di i.v.a., la possibilità di portare in detrazione, dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, l’imposta assolta o dovuta dal contribuente e a lui addebitata a titolo di rivalsa, in relazione ai beni e al servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e dir. Cee 17 maggio 1977, n. 388, art. 17, è consentita, per le operazioni passive, soltanto "nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini delle sue operazioni soggette a imposta". In particolare, la possibilità di detrarre l’Imposta inerente a operazioni passive richiede che i beni e i servizi acquisiti siano impiegati nell’ambito di una delle attività economiche indicate nella direttiva e che l’inerenza a tale attività economica sia specificamente provata ogni qual volta essa venga posta in dubbio dall’Amministrazione finanziaria" (Cassazione civile, sez. trib., 4 febbraio 2005, n. 2300; nello stesso senso: Cassazione civile, sez. trib., 14 luglio 2004, n. 13056; Cassazione civile, sez. trib., 9 aprile 2003, n. 5599), con ciò richiedendo un effettivo collegamento strumentale tra le operazioni effettuate soggette ad IVA di cui si chiede il rimborso con quelle oggetto dell’attività di impresa.

Affrontando tuttavia la questione relativa alla posizione del contribuente di cui non sia stata rilevato il compimento di un?attività di impresa la Corte ha anche precisato che "in tema di i.v.a., in base alla disciplina dettata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 2, n. 1 e art. 19 (ed anche alla luce della sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/Cee, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), mentre le cessioni di beni da parte di una società di capitali sono da considerare in ogni caso effettuate nell’esercizio di impresa, in ordine, invece, agli acquisti di beni occorre accertare, ai fini della detraibilità dell’imposta, che dette operazioni passive siano effettivamente inerenti all’esercizio dell’impresa, cioè compiute in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, senza tuttavia che sfa richiesto il concreto esercizio dell’impresa, con la conseguenza che la detrazione dell’imposta spetta, ricorrendo la detta condizione, anche nel caso di assenza di compimento di operazioni attive" (Cassazione civile, sez. trlb., 2 febbraio 2004, n. 1863; conformi: Cassazione civile, sez. trib., 9 aprile 2003, n. 5599; Cassazione civile, sez. trib., 24 febbraio 2001, n. 2729).

Tale orientamento è pienamente condiviso dal Collegio posto che l’inerenza di un?operazione ai fini Iva comporta la necessità che la stessa sia funzionale all’attività imprenditoriale formalizzata nell’oggetto sociale ma tale deve essere definita anche quella finalizzata alla costituzione delle condizioni necessarie perchè l’attività tipica possa concretamente iniziare e quindi anche le attività meramente preparatorie che per definizione vengono poste in essere in una fase in cui non vi è ancora produzione di ricavi.

Nella fattispecie, In cui oggetto dell’attività "a regime" avrebbe dovuto essere la costruzione di un complesso residenziale, non vi è dubbio che abbiano avuto funzione prodromica l’acquisizione del terreno, l’elaborazione dei progetti necessari per l’ottenimento della licenza e le altre attività materiali usualmente necessarie nell’ambito della fase iniziale di simili intraprese cui avrebbero dovuto fare seguito, se non si fossero verificati eventi ostativi, le ulteriori attività volte al raggiungimento delle finalità indicate nell’oggetto sociale e quindi, tendenzialmente, anche operazioni attive.

La sentenza impugnata ha fatto corretto uso del principio enunciato e quindi è esente dalla censura denunciata; il ricorso deve di conseguenza essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna l’Amministrazione alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio che liquida in Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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