Cass. pen., sez. V 26-06-2006 (06-06-2006), n. 22353 MISURE CAUTELARI – REALI – SEQUESTRO CONSERVATIVO – CONDIZIONI DI APPLICABILITÀ – Pericolo rilevante ai fini dell’adozione del sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Motivi della decisione

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Milano ha confermato quale giudice dell’appello ex articolo 322 bis c.p.p. il rigetto della richiesta di revoca del sequestro preventivo di azioni ordinarie Antonveneta Spa disposto a carico di D? C?, persona sottoposta a indagini per il delitto di manipolazione del mercato degli strumenti finanziari, previsto dall’articolo 185 del D.Lgs. 58/1998, così come modificato dall’articolo 9 comma 2 della legge 62/2005.

Ricorre per cassazione D? C? e propone quattro motivi d’impugnazione, illustrati anche da una successiva memoria.

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 589 c.p.p., lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente riconosciuto ai propri difensori, benché non muniti di procura speciale, il potere di rinunciare al motivo di appello proposto per contestare il presupposto probatorio della misura cautelare reale.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 181 D.Lgs. 58/1998, nel testo vigente prima del 12 maggio 2005, e dell’articolo 185 del D.Lgs. 58/1998, così come modificato dall’articolo 9 comma 2 della legge 62/2005, in relazione all’articolo 2 Cp, lamentando che i giudici del merito abbiano omesso di motivare sulla dedotta inapplicabilità della norma sopravvenuta ai fatti commessi prima del 12 maggio 2005.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 322 bis c.p.p. e lamenta che i giudici del merito abbiano arbitrariamente ritenuto di potere d’ufficio considerare il sequestro come relativo a beni destinati a confisca obbligatoria, indipendentemente da quanto enunciato nella stessa ordinanza applicativa della misura e da quanto dedotto nell’appello, cosi integrando estensivamente un provvedimento che neppure era in discussione, atteso che l’appello aveva a oggetto l’ordinanza di rigetto di una richiesta di revoca della misura. Aggiunge che la supposta destinazione a confisca obbligatoria delle azioni sequestrate è stata negata dallo stesso pubblico ministero, allorché ha disposto la revoca del sequestro limitatamente alle azioni Antonveneta di proprietà della Banca popolare Italiana.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 240 comma 1 Cp e dell’articolo 187 D.Lgs. 58/1998, cosi come modificato dall’articolo 9 comma 2 della legge 62/2005, circa la qualificazione delle azioni sequestrate come beni soggetti a confisca obbligatoria in quanto strumentali ai fini della consumazione del reato, lamentando l’illogicità di tale qualificazione e l’illegittima applicazione retroattiva di una norma non ancora vigente al momento del fatto contestato. Contesta in particolare la possibilità di considerare profitto illecito la plusvalenza incorporata nelle azioni per effetto del delitto contestato, rilevando che l’aumento di valore delle azioni Antonveneta non sia conseguenza di una libera negoziazione borsistica, bensì di contrattazioni concluse fuori borsa dalla Abn Amro, autorizzata all’OPA sulle azioni Antonveneta, e come la ipotizzata plusvalenza possa trasformarsi in una minusvalenza, vale a dire in una perdita, se il prezzo delle azioni dovesse scendere. Aggiunge che comunque il suo gruppo sarebbe disposto a corrispondere il valore di tale plusvalenza, attualmente calcolabile in poco più di cinque milioni di euro.

2. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato.

Infatti, come lo stesso ricorrente riconosce, i giudici del merito, pur interpretando come rinuncia le conclusioni dei difensori, non hanno dichiarato inammissibile il motivo d’impugnazione relativo al presupposto probatorio della misura, ma lo hanno rigettato nel merito, richiamando la motivazione dell’ordinanza di convalida del sequestro. Sicché palesemente la dedotta violazione dell’articolo 589 c.p.p. non sussiste affatto. Né la censura potrebbe essere reinterpretata come riferibile a una mancanza o inadeguatezza della motivazione sul presupposto probatorio della misura, conseguente alla ipotizzata rinuncia al relativo motivo d’impugnazione. Infatti i giudici del merito non si sono limitati a richiamare l’ordinanza di convalida del sequestro, ma hanno esibito un?ampia motivazione anche sul presupposto probatorio della misura, argomentando circa le prove dell’accordo cui D? C? partecipò per provocare una sensibile alterazione del prezzo delle azioni Antonveneta allo scopo di ostacolare l’OPA di Abn Amro e di realizzare ingenti plusvalenze e con il sostegno finanziario della Banca popolare italiana illecitamente gestita da G? F?. Sicché anche cosi corretto il primo motivo del ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza.

3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo del ricorso, con il quale il ricorrente pone una questione di diritto intertemporale, lamentando che i giudici del merito abbiano omesso di motivare sulla dedotta inapplicabilità dell’articolo 185 del D.Lgs. 58/1998, così come modificato dall’articolo 9 comma 2 della legge 62/2005, ai fatti commessi prima del 12 maggio 2005. Premesso che, contrariamente a quanto il ricorrente sembra ritenere, non è deducibile per cassazione un vizio di motivazione in diritto (Cassazione, Sezione prima, 5 giugno 1986, Valanzano, m. 173007), va rilevato che, secondo quanto si desume dalla stessa ordinanza impugnata, il provvedimento di sequestro fu disposto in via d’urgenza dalla Procura della Repubblica di Milano in data 25 luglio 2005 e con riferimento a reati che si contestavano come commessi ?in Milano dal dicembre 2004 sino ad oggi?. Sicché, stando alla contestazione che qui esclusivamente rileva (Cassazione, Su, 23 febbraio 2000, Mariano, m. 215840, Cassazione, Su, 25 marzo 1993, Gifuni, m. 193117193118; Cassazione, Sezione sesta, 2 dicembre 1993, Ferrante, m. 196630 – 196636; Corte costituzionale, 48/1994; Corte costituzionale 176/94; Corte costituzionale 229/94), la legge 62/2005 è applicabile almeno a una parte della condotta contestata. d’altro canto le condotte contestate appaiono certamente riconducibili anche alla fattispecie criminosa prevista dal previgente testo dell’articolo 181 D.Lgs. 58/1998. Questa norma puniva infatti la condotta di ?chiunque divulga notizie false, esagerate o tendenziose, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari?, con una previsione analoga a quella del sopravvenuto nuovo testo dell’articolo 185, che oggi punisce la condotta di ?chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari?. Sicché non rileva, ai fini della legittimità del sequestro in esame, quale delle due norme risulterà in concreto applicabile.

4. Il terzo e il quarto motivo del ricorso, che vanno esaminati congiuntamente, investono due delle tre rationes decidendi esibite dal tribunale a proposito del presupposto cautelare della misura. Il tribunale infatti ha ritenuto che il sequestro preventivo si giustifichi innanzitutto per impedire che il reato sia portato a ulteriori conseguenze. con la realizzazione della plusvalenza perseguita mediante la già conseguita alterazione del prezzo di mercato delle azioni Antonveneta; si giustifichi in secondo luogo perché le azioni sequestrate sono soggette a confisca obbligatoria in quanto beni strumentali utilizzati per la consumazione del delitto contestato; si giustifichi infine in quanto le azioni sono confiscabili come profitto del reato. Il ricorrente si duole, anche sul piano processuale, della qualificazione delle azioni come beni soggetti a confisca obbligatoria e contesta che possano essere considerate profitto del reato. Ma nulla oppone alla prima ratio decidendi. Sennonché la prima delle tre motivazioni esibite dai giudici del merito è da sola sufficiente a giustificare il sequestro controverso, perché, secondo la giurisprudenza di questa corte, il pericolo rilevante ai fini dell’adozione del sequestro va inteso in senso oggettivo, come probabilità di danno futuro, connessa all’effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa o al suo uso e deve essere concreto e attuale (Cassazione, Sezione seconda, 17 maggio 1996, De Luca, m. 205874) ; sicché ?per ?cose pertinenti al reato?, sulle quali può cadere il sequestro preventivo previsto dall’articolo 321 c.p.p., debbono intendersi non solo quelle caratterizzate da un?intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso ed a quelli futuri di cui si paventa la commissione, ma anche quelle che, come specificato nella Relazione al progetto preliminare del vigente codice di procedura penale, risultino indirettamente legate al reato per cui si procede, sempre che la libera disponibilità di esse possa dar luogo al pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze di detto reato ovvero all’agevolazione alla commissione di altri? (Cassazione, Sezione terza, 20 maggio 1997, m. 208304). Ne consegue che entrambi i motivi sono inammissibili per carenza di interesse (articolo 568 comma 4 c.p.p.). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, ?quando un provvedimento giurisdizionale risulti motivato in base ad una pluralità di argomentazioni autonome, ciascuna delle quali sia sufficiente, da sola, a giustificarne compiutamente il dispositivo, il ricorso per cassazione proposto contro di esso, per essere ammissibile sotto il profilo dell’interesse all’impugnazione, deve investirle tutte con censure specifiche, giacché, diversamente, il ricorrente, pur se le censure dedotte contro una od alcune di tali argomentazioni dovessero ritenersi fondate, non potrebbe conseguire alcun risultato pratico dalla sua impugnazione, restando il provvedimento impugnato autonomamente giustificato dall’altra o dalle altre argomentazioni non censurate? (Cassazione, Sezione prima penale, 12 febbraio 1988, Morgese, m. 177600, Cassazione, Sezione prima penale, 19 dicembre 1986, Biordi, m. 174679).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di ? 500 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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