Cass. civ., sez. Lavoro 19-06-2006, n. 14087 LAVORO SUBORDINATO – ESTINZIONE DEL RAPPORTO – LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – IMPUGNAZIONE – DECADENZA – Richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione indirizzata all’Ufficio provinciale del lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato in data 30 settembre 1998, B. G.conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli la Spa F. M., esponendo di avere lavorato alle dipendenze della convenuta dall’1 novembre 1987 al 19 aprile 1998, data nella quale era stato licenziato. l’attore contestava nel merito il licenziamento, intimato a causa del superamento del periodo di comporto per malattia, laddove una parte almeno delle malattie non potevano essere computate, trattandosi di conseguenze di infortunio su lavoro.

2. Si costituiva la società convenuta ed eccepiva, in limine, la decadenza del lavoratore della potestà di impugnare il licenziamento, il quale era stato intimato il 17 aprile 1998 e doveva essere impugnato nel termine di 60 giorni. Soltanto il 22 giugno 1998, cioè dopo oltre 60 giorni, essa società aveva ricevuto la comunicazione da parte della Direzione provinciale del Lavoro della convocazione per il tentativo di conciliazione. Il Tribunale respingeva la domanda attrice.

Proponeva appello il lavoratore. La Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado, così motivando:

– il termine di decadenza di cui all’articolo 6 della legge 604/66è sospeso dalla richiesta del tentativo di conciliazione, per la durata del tentativo stesso e per i venti giorni successivi alla sua conclusine;

– la richiesta di espletamento del tentativo di cui trattasi veniva depositata presso la direzione provinciale del lavoro di Napoli il 27 maggio 1998, ossia nel termine di cui al detto articolo 6, ma comunicata al datore di lavoro il 22 giugno 1998, oltre il ripetuto termine;

– trattasi di atto ricettizio, per cui l’effetto sospensivo della decadenza non può verificarsi prima del suo ricevimento;

– il lavoratore potrà esperire azione risarcitoria con separata domanda.

3. Ha proposto ricorso per Cassazione B.Giovanni, deducendo quattro motivi. Resiste con controricorso la Spa F. M.. Entrambe le parti hanno depositato memoria integrativa.

Motivi della decisione

4. Col primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c., degli articoli 410 c.p.c. nel testo introdotto dall’articolo 36 del D.Lgs. 80/1998, 1344, 1345 Cc, 6 della legge 604/96,12 delle preleggi; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex articolo 360 n. 5 c.p.c.. Secondo il ricorrente, una corretta interpretazione dell’articolo 410 comma 2 c.p.c. ricollega l’effetto sospensivo del termine di decadenza all’inoltro della richiesta di conciliazione da parte del lavoratore e non al ricevimento da parte del datore di lavoro della comunicazione. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c., degli articoli 410 c.p.c. e 5 della legge 108/90.

5. Col terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c., degli articoli 410, 1334, 1335, 2941, 2964 Cc.

6. Col quarto motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c., degli articoli 410 c.p.c., 7 della legge 604/96, 152 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia ex articolo 360 n . 5 c.p.c..

7. I vari motivi, i quali sotto diversi profili pongono la questione dell’effetto interruttivo della decadenza, possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi.

8. Il ricorso è fondato. l’articolo 6 della legge 604/66dispone che il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore. l’articolo 7 della stessa legge prevede che il termine di gg 60 sopra citato è sospeso dal giorno della richiesta, rivolta all’Ufficio provinciale del Lavoro, di tentativo (facoltativo) di conciliazione e fino alla data del deposito del decreto del pretore che convalida il verbale di conciliazione, ovvero fino alla data del verbale di mancata conciliazione. l’articolo 5 della legge 108/90, che ha resto obbligatorio il tentativo di conciliazione, ha previsto che la comunicazione al datore di lavoro della richiesta di espletamento della procedura di conciliazione, avvenuta nel termine di cui all’articolo 6 della legge 604/66, impedisce la decadenza sancita dalla medesima norma. Nel sistema così modificato non più la richiesta del tentativo di conciliazione, ma la sua comunicazione al datore di lavoro impedisce la decadenza.

9. l’articolo 36 del D.Lgs. 80/1998 ha ulteriormente modificato la normativa, con la sostituzione del testo dell’articolo 410 c.p.c.: chi intende proporre una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 stesso codice ? quindi anche l’impugnativa di un licenziamento ? deve promuovere il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione. La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. Il D.Lgs. 387/98 ha modificato l’ultima parte del comma 1 in punto di competenza territoriale della Commissione, facendo riferimento ai criteri di cui all’articolo 413 c.p.c..

10. Si pone al riguardo il problema interpretativo se la comunicazione di cui al comma 2 del detto articolo 410 sia quella inoltrata dal lavoratore all’Ufficio ovvero si identifichi in quella che la commissione di conciliazione inoltra al datore di lavoro.

11. La quaestio iuris da risolvere è la seguente: se alla fattispecie si applica l’articolo 410 comma 2 c.p.c. nel testo innovato col D.Lgs. 80/1998 (il D.Lgs. 387/98 non è certamente applicabile, ratione temporis) o se si applica soltanto l’articolo 5 della legge 108/90, ritenendolo, quale norma speciale per i licenziamenti, prevalente sul citato articolo 410, con esclusione, quindi, di qualsiasi possibilità di sospensione del termine di cui all’articolo 6 della legge 604/66, avendo l’articolo 5 della legge 108/90 superato l’articolo 7 della legge 604 cit..

12. Osserva al riguardo il Collegio che la regola interpretativa secondo cui la norma speciale prevale sulla norma generale, ancorché quest?ultima sia successiva, cede il passo all’altra, secondo cui è la legge generale successiva che deroga alla legge speciale antecedente, quanto la legge generale abbia portata onnicomprensiva, tale cioè da investire tutta la casistica possibile, anche quella in precedenza regolata esclusivamente dalla legge speciale. Ritiene il collegio che tale secondo la regola interprativa invalga nel caso di specie e che, dunque, l’articolo 410 comma 2 c.p.c. trovi applicazione nella presente causa, perché occupandosi ? senza margini di alcun genere ?della decadenza nel diritto del lavoro e della relativa sospensione, deve necessariamente comprendere, nella sua previsione, il termine decadenziale di cui all’articolo 6 della legge 604/66, in quanto figura precipua e fra le più importanti di decadenza nella materia lavoristica, dimodoché non ne è ipotizzabile l’esclusione della norma generale che si appunta, specificamente, sul relativo istituto.

13. Nella vigenza del testo originario dell’articolo 7 della legge 604/66, la giurisprudenza della Corte di cassazione è costante nel ritenere sufficiente la richiesta di intervento dell’organo conciliativo per impedire la decadenza del potere di impugnare il licenziamento: vedi Cassazione 3577/75, 4625/80, 4216/79, 4274/78.

14. A seguito delle modifiche introdotte nel 1990 e 1998, la giurisprudenza è orientata nel senso che «il quarto comma dell’articolo 7 della legge 604/66 è stato sicuramente abrogato a seguito della nuova formulazione dell’articolo 410 c.p.c. come operata coi D.Lgs. 80/1988 e 387/88. In particolare, il secondo comma dell’attuale articolo 410 dispone che la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusine, il decorso di ogni termine di decadenza. Attesa inoltre la natura ricettizia degli atti interrottivi della prescrizione e considerato che illo legislatore parla di interruzione e non di sospensione della prescrizione, deve ritenersi che la comunicazione che interrompe la prescrizione e sospende il decorso di ogni termine di decadenza è quella fatta al datore di lavoro» (Cassazione 20153/05).

15. Ritiene questa Corte che tale orientamento debba essere soggetto a meditato riesame, alla luce dei principi ? in materia di atti processuali ricettivi ? affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza 477/02 e recepiti nell’ordinamento positivo: vedasi in particolare il nuovo testo dall’articolo 149 c.p.c., comma 3.

16. A partire della suddetta pronuncia della Corte costituzionale, può considerarsi principio generale del vigente diritto processuale quello secondo cui, quando si tratta di impedire una decadenza o una preclusione, avviene la scissione degli effetti dell’atto: per la parte attiva, gli effetti si verificano al compimento delle attività richieste dalla legge per impedire la decadenza; per la parte ricevente, gli effetti si verificano al momento della ricezione dell’atto. Il D.Lgs. 80/1998, avendo inserito la materia de qua nel testo del c.p.c., ha processualizzato il meccanismo della sospensione della decadenza anche in materia di licenziamento. Trattasi di un termine processuale (tale essendo la sedes materiae) con riflessi di natura sostanziale. Ne deriva che quando la norma prevede la sospensione del termine di decadenza a partire dalla comunicazione della richiesta di tentativo di conciliazione, null’altro può essere richiesto alla parte interessata, al fine di impedire la decadenza o di sospenderne il decorso, se non compiere l’attività che la compete, rimanendo fuori del suo controllo l’eventuale inerzia o ritardo della Pa, talché l’impedimento al verificarsi della decadenza va ricollegato al compimento dell’atto (richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione mediante comunicazione all’Ufficio del lavoro) e non alla data diversa e successiva, incontrollabile per il lavoratore, alla quale la richiesta sarà trasmessa al datore di lavoro.

17. Trattasi di interpretazione costituzionalmente orientata, quale quella compiuta, sia pure ad altri fini, da Cassazione Su 21292/05 e 458/05. La comunicazione che sospende la decadenza non risulta, quindi, quella compiuta al datore di lavoro, ma quella che il lavoratore inoltra alla Commissione di conciliazione. Assodato che la comunicazione all’ufficio pubblico sospende il termine di decadenza, ne deriva che nel caso di specie la decadenza, prima che impedita, è stata sospesa con il deposito della richiesta presso l’Ufficio del lavoro, ai sensi dell’articolo 410 comma 2 c.p.c.. In altri termini, dovendosi al caso di specie applicare l’articolo 410 comma 2 c.p.c. ed essendo la comunicazione della richiesta di tentativo di conciliazione pervenuta al datore di lavoro 64 giorni dopo il licenziamento, il termine decadenziale di cui all’articolo 6 della legge 604/66, astrattamente scaduto, è stato sospeso per il periodo imposto dal ripetuto articolo 410 con esclusione quindi del verificarsi della decadenza stessa, come invece ritenuto dalla Corte di appello.

18. Tale interpretazione della norma, costituzionalmente orientata, corrisponde del resto a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale nella sentenza 276/00; la Corte, investita della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 410 c.p.c. sotto diversi profili (eccesso di delega, inutilità del tentativo di conciliazione, aggravio di adempimenti con effetti meramente dilatori per il lavoratore, violazione del diritto di difesa) ha argomentato che «l’espletamento del tentativo di conciliazione deve avvenire nel termine di 60 giorni trascorso il quale esso si considera comunque esperito e cessa l’impedimento all’esercizio dell’azione. Il tempo di 60 giorni durante il quale perdura l’impedimento è obiettivamente limitato e non irragionevole, anche considerando: a) che la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione produce sostanzialmente gli effetti della domanda giudiziale, comportando la sospensione del decorso di ogni termine di prescrizione e di decadenza». l’interpretazione che ricollega la sospensione del termine di decadenza alla richiesta di intervento rivolta alla Commissione di conciliazione e non anche al datore di lavoro corrisponde a quella adottata dalla Corte costituzionale per salvare da sospetto di incostituzionalità la normativa considerata.

19. Stati le considerazioni che precedono, diviene irrilevante la questione di costituzionalità sollevata dal Pg. Occorre piuttosto farsi carico di una osservazione formulata dalla difesa della società convenuta nel controricorso e sviluppata nella memoria integrativa: il datore di lavoro non può rimanere esposto per mesi all’inerzia della Pa (la quale potrebbe comunicare con notevole ritardo la richiesta di conciliazione proposta dal lavoratore) onde conoscere se il licenziamento sia divenuto inoppugnabile, e viene privato dello ius poentiendi ovvero di revocare il licenziamento o formulare una proposta transattiva.

20. Il rilievo appare infondato, dato che il datore di lavoro è sempre libero di revocare il licenziamento e di formulare una proposta transattivi, anche se il licenziamento è divenuto non più impugnabile e rimane esperibile la sola azione risarcitoria. d’altra parte, non è dato vedere alcuna ragione per cui l’inerzia o il ritardo della Pa nella convocazione delle parti dinanzi alla Commissione per la conciliazione dovrebbe essere posto a carico (ed a rischio) del lavoratore: il che esporrebbe la normativa de qua a sospetto di incostituzionalità.

21. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata ed il processo va rinviato alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per le statuizioni circa le spese, affinché la causa sia decisa uniformemente ai principi di cui ai par. 16,17 e 18 che precedono.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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