Corte Costituzionale sentenza n. 123 SENTENZA 04 – 11 aprile 2011 . Corte Costituzionale, Sentenza n. 123/2011, In materia di manovra di finanza regionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 16 del 13-4-2011

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 32, 38,
commi 1 e 2, 43, comma 2, e 46 della legge della Regione Calabria 26
febbraio 2010, n. 8 (Provvedimento generale recante norme di tipo
ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di finanza
regionale per l’anno 2010, art. 3, comma 4, della legge regionale n.
8 del 2002), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con
ricorso notificato il 21-26 aprile 2010, depositato in cancelleria il
28 aprile 2010 ed iscritto al n. 65 del registro ricorsi 2010.
Udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2011 il Giudice relatore
Alfonso Quaranta;
udito l’avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 21-26 aprile 2010, depositato
presso la cancelleria della Corte il successivo 28 aprile (ric. n. 65
del 2010), il Presidente del Consiglio dei ministri – nell’ambito di
una piu’ ampia impugnativa della legge regionale di seguito indicata
– ha promosso questione di legittimita’ costituzionale, tra gli
altri, degli articoli 32, 38, commi 1 e 2, 43, comma 2, e 46 della
legge della Regione Calabria 26 febbraio 2010, n. 8 (Provvedimento
generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario –
collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2010, art. 3,
comma 4, della legge regionale n. 8 del 2002), per violazione, nel
complesso, degli articoli 3, 97 e 117, commi primo, secondo, lettera
e), e terzo, della Costituzione.
1.1. – Quanto, in particolare, alla dedotta illegittimita’
costituzionale degli impugnati artt. 32 e 38, il ricorrente premette
che – ai sensi dell’art. 22, comma 4, del decreto-legge 1° luglio
2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 – si
e’ fatto carico alla Regione Calabria, ravvisata la «straordinaria
necessita’ ed urgenza di tutelare l’erogazione delle prestazioni
sanitarie comprese nei LEA e di assicurare il risanamento, il
riequilibrio economico-finanziario e la riorganizzazione del servizio
sanitario regionale», di predisporre un piano di rientro dal deficit
sanitario, piano «definitivamente approvato con la sottoscrizione
dell’Accordo tra il Presidente della Regione e i Ministri della
salute e dell’economia e delle finanze, in data 17 dicembre 2009»,
che contempla «le azioni che la Regione deve attuare per rendere
efficienti i diversi fattori produttivi».
1.1.1. – Tanto premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri
sottolinea che l’impugnato art. 32 – ai commi 1 e 2 – ha modificato,
rispettivamente, gli artt. 17 e 18 della legge regionale 5 ottobre
2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e
finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di
previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge
regionale 4 febbraio 2002, n. 8), salvo poi abrogare, a partire
dall’anno 2010, i predetti artt. 17 e 18 (in tal senso ha disposto il
comma 3 del medesimo art. 32).
In particolare, il comma 1 del suddetto art. 32 – nel modificare,
come detto, l’art. 17 della legge regionale n. 22 del 2007, che a
propria volta aveva integrato il testo dell’art. 7, comma 2, lettera
g), della legge regionale 5 dicembre 2003, n. 23, recante
«Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
nella Regione Calabria (in attuazione della legge n. 328 del 2000)»,
norma che individua i livelli essenziali delle prestazioni sociali
previste a favore di anziani e disabili – ha posto integralmente a
carico del fondo sanitario regionale (e dunque nella misura del 100
per cento, anziche’ in quella del 70 per cento inizialmente
prevista), i costi relativi alle prestazioni di riabilitazione a
ciclo diurno destinate a tali soggetti.
Analogamente, il successivo comma 2 dello stesso art. 32 –
intervenendo sul testo dell’art. 18 della legge regionale n. 22 del
2007, che aveva parzialmente sostituito il punto 6, lettera c),
dell’allegato alla legge regionale 19 marzo 2004, n. 11 (Piano
regionale per la salute 2004/2006), relativo all’assistenza sanitaria
residenziale – ha posto, anch’esso, interamente a carico del fondo
sanitario regionale (in luogo della misura del 70 per cento in
origine prevista) i costi per gli interventi di riabilitazione a
ciclo diurno e di riabilitazione residenziale.
Orbene, cosi’ disponendo, il legislatore regionale – a dire del
ricorrente – avrebbe disatteso gli impegni assunti dalla Regione in
sede di accordo concluso con il Presidente del Consiglio dei ministri
per il rientro dal disavanzo sanitario, violando i principi di buon
andamento e imparzialita’ della pubblica amministrazione di cui agli
artt. 3 e 97 della Costituzione, nonche’ l’art. 117, terzo comma,
della Costituzione in materia di coordinamento di finanza pubblica.
1.1.2. – L’impugnativa statale investe anche l’art. 38 della
medesima legge regionale n. 8 del 2010.
Detta norma stabilisce al comma 1 – nel modificare l’art. 6 della
legge regionale 15 gennaio 2009, n. 1 (Ulteriori disposizioni in
materia sanitaria) – che le ASL, previo superamento da parte degli
interessati di apposita procedura selettiva, procedono ad assunzione
a tempo indeterminato del personale attualmente in servizio e che
abbia stipulato contratti di lavoro, anche con tipologia di
collaborazione coordinata e continuativa, in data anteriore al 28
settembre 2007. Il successivo comma 2 dispone, testualmente, che la
Regione «riconosce l’esercizio professionale dei laureati in scienze
delle attivita’ motorie e sportive nelle strutture sanitarie e
sociosanitarie pubbliche e private, sia ai fini del mantenimento
della migliore efficienza fisica nelle differenti fasce d’eta’ e nei
confronti delle diverse abilita’, sia ai fini di socializzazione e di
prevenzione».
Tale articolo, secondo il ricorrente, oltre a contrastare con il
piano di rientro, sarebbe in contraddizione anche con i principi
generali della materia, recati dall’art. 1, commi da 513 a 543 e
comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2007), nonche’ dall’art. 3, comma 94, della legge 24
dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), «che
hanno escluso dalle procedure di stabilizzazione il personale
co.co.co. e dirigente».
Nella stessa prospettiva, si deduce che l’art. 2, comma 74, della
legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010),
nel richiamare le previsioni di cui ai commi 10 e 13 dell’art. 17 del
gia’ citato decreto-legge n. 78 del 2009, stabilisce nuove modalita’
di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita dal
personale non dirigente attraverso l’espletamento di concorsi
pubblici con parziale riserva dei posti. Dette norme – nota sempre il
ricorrente – fanno esclusivo riferimento al personale precario non
dirigenziale delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), tra cui sono ricompresi anche gli enti del Servizio
sanitario nazionale.
Su tali basi si assume la violazione dei principi di buon
andamento e imparzialita’ della pubblica amministrazione di cui agli
artt. 3 e 97 della Costituzione, nonche’ dell’art. 117, terzo comma,
della Costituzione in materia di coordinamento di finanza pubblica.
1.2. – E’ dedotta l’illegittimita’ costituzionale anche dell’art.
43, comma 2, che dispone la proroga dei contratti di servizio
pubblico, relativi ai servizi di trasporto pubblico locale, al 31
dicembre 2010, con eventuali rinnovi annuali entro il termine finale
previsto dal Regolamento CE del 23 ottobre 2007, n. 1370/2007
(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai
servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia
e che abroga i regolamenti del Consiglio CEE n. 1191/69 e CEE n.
1107/70), articolo 8, comma 2, ovvero il 3 dicembre 2019.
Sarebbe, in questo modo, disatteso l’art. 23-bis del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il
quale prevede le modalita’ ordinarie di affidamento dei servizi
pubblici locali (compresi i servizi di trasporto pubblico locale) e,
in ogni caso, un regime transitorio per l’affidamento, difforme da
quello previsto della normativa regionale in questione.
Sussisterebbe, inoltre, un contrasto con l’art. 18 del decreto
legislativo del 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni
ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto
pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15
marzo 1997, n. 59) che, nell’individuare il termine ultimo entro cui
le Regioni possono mantenere gli affidamenti agli attuali
concessionari di servizi di trasporto pubblico locale, pone tuttavia
«l’obbligo», per tale periodo transitorio, «di affidamento di quote
di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali»,
procedure da utilizzare in via esclusiva alla scadenza del periodo
transitorio.
Su tali basi, quindi, viene ipotizzata la violazione dell’art.
117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, avendo la
giurisprudenza costituzionale piu’ volte affermato che la
«configurazione della tutela della concorrenza ha una portata cosi’
ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a promuovere,
sia a proteggere l’assetto concorrenziale del mercato» (sentenze n.
320 del 2008, n. 80 del 2006, n. 272 del 2004).
Inoltre, il medesimo art. 42, comma 2, «alterando il regime del
libero mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli
obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei
servizi pubblici, derivanti dal Regolamento CEE n.1370/2007 nonche’
degli artt. 49 e seguenti del Trattato CEE» (recte: artt. 56 e
seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), si pone
in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost.
1.3. – Infine, l’impugnativa statale investe l’art. 46 della
legge regionale n. 8 del 2010, secondo cui i componenti del CORECOM
Calabria sono rieleggibili per una sola volta.
La norma in esame violerebbe i principi fondamentali di cui alla
legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorita’ per le
garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle
telecomunicazioni e radiotelevisivo) e l’art. 1, paragrafo A, numero
5), della delibera di tale Autorita’, che dispongono il divieto
assoluto di rieleggibilita’ del CORECOM.
Di qui l’ipotizzato contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost.,
in materia di ordinamento delle comunicazioni.
2. – Con memoria il 1° marzo 2011, il Presidente del Consiglio
dei ministri insiste per la declaratoria di illegittimita’
costituzionale delle norme impugnate.
Preliminarmente, peraltro, il ricorrente sottolinea la natura
provvedimentale della legge della Regione Calabria n. 8 del 2010,
giacche’ la lettura di alcune delle sue norme – quali, ad esempio,
gli artt. 13 e 17 – rivelerebbe la volonta’ del legislatore di
«disciplinare e regolare casi specifici e concreti riguardanti un
numero determinato di soggetti ovvero determinati enti o
istituzioni», nonche’ quella «di attribuire a ben precisi soggetti
collettivi sovvenzioni in danaro per iniziative e progetti».
Ribadisce, per il resto, le censure gia’ proposte avverso gli
artt. 32 e 38, commi 1 e 2, della legge impugnata, sottolineando come
gli stessi – oltre a contrastare con gli artt. 3 e 97 Cost. – violino
la competenza statale concorrente in materia di coordinamento della
finanza pubblica, da intendere, piu’ che come una materia in senso
stretto, come «una funzione che, a livello nazionale e quanto alla
finanza pubblica spetta allo Stato» (sono citate le sentenze della
Corte costituzionale n. 17 e n. 4 del 2004).
Quanto, invece, all’art. 43, comma 2, il ricorrente – nel
confermare che esso si pone in contrasto con l’art. 23-bis del
decreto-legge n. 112 del 2008 – insiste nel sottolinearne la
illegittimita’ rispetto all’art. 117, commi primo e secondo, lettera
e), Cost.
Atteso, infatti, che la potesta’ esclusiva statale in materia di
tutela della concorrenza sarebbe da intendere, secondo la
giurisprudenza costituzionale, «in senso finalistico» (sono
richiamate, sul punto, le sentenze n. 320 del 2008, n. 80 del 2006 e
nn. 272 e 14 del 2004), il Presidente del Consiglio dei ministri
sottolinea come tale esclusivita’ si traduca «nella legittima
adozione, da parte del legislatore statale, di una disciplina
integrale e dettagliata» mediante disposizioni, non solo «idonee ad
incidere, nei limiti della loro specificita’ e dei contenuti
normativi che di esse sono propri, sulla totalita’ degli ambiti
materiali entro i quali si applicano» (sono citate le sentenze n. 430
e n. 401 del 2007), ma anche in grado di assurgere al rango di norme
parametro negli eventuali giudizi di legittimita’ costituzionale di
leggi regionali invasive delle competenze statali.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri – nell’ambito di
una piu’ ampia impugnativa della legge regionale di seguito indicata
– ha promosso questione di legittimita’ costituzionale, tra gli
altri, degli articoli 32, 38, commi 1 e 2, 43, comma 2, e 46 della
legge della Regione Calabria 26 febbraio 2010, n. 8 (Provvedimento
generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario –
collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2010, art. 3,
comma 4, della legge regionale n. 8 del 2002), per violazione, nel
complesso, degli articoli 3, 97 e 117, commi primo, secondo, lettera
e), e terzo, della Costituzione.
1.1. – Rinviata a separata pronuncia la trattazione delle altre
questioni di legittimita’ costituzionale prospettate con il ricorso
introduttivo, si deve osservare che l’impugnazione delle disposizioni
contenute negli artt. 32, 38, commi 1 e 2, e 46 della citata legge
regionale poggia essenzialmente sulla deduzione della violazione, da
parte della Regione, di principi fondamentali della materia del
coordinamento della finanza pubblica (nonche’ dei principi di buon
andamento della pubblica amministrazione, almeno per quanto concerne
i primi due articoli), mentre per l’art. 43, comma 2, viene dedotta
la violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di
tutela della concorrenza.
2. – Non si e’ costituita in giudizio la Regione Calabria.
3. – Deve essere preliminarmente chiarito che i commi 1 e 2
dell’art. 32 della legge regionale n. 8 del 2010, oggetto di
impugnazione da parte dello Stato, hanno disposto la modificazione
degli articoli 17 e 18 della legge regionale 5 ottobre 2007, n. 22
(Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario
collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per
l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4
febbraio 2002, n. 8), elevando dal 70 al 100 per cento il costo, a
carico del «Fondo sanitario regionale», delle prestazioni
riabilitative a favore di anziani e disabili. Contestualmente, il
comma 3 del medesimo art. 32 ha abrogato, a decorrere dal 2010, gli
stessi articoli 17 e 18 della citata legge regionale n. 22 del 2007.
Alla luce delle suindicate disposizioni, questa Corte e’
chiamata, innanzitutto, a valutare le possibili conseguenze destinate
ad interessare il thema decidendum, derivanti, in primo luogo, dalla
intervenuta abrogazione dei suindicati articoli 17 e 18 (cioe’
proprio i due articoli contestualmente modificati), nonche’, in
secondo luogo, dalle ulteriori sopravvenienze normative che hanno
investito sia l’art. 32, sia il successivo articolo 38 della medesima
legge regionale n. 8 del 2010.
3.1. – Quanto alla suddetta abrogazione, si deve osservare che
essa non assume rilievo con riferimento alla questione di
legittimita’ costituzionale delle norme sottoposte allo scrutinio di
questa Corte.
L’abrogazione – operata dall’art. 32, comma 3, della legge
regionale impugnata – delle disposizioni contenute nei citati
articoli 17 e 18 trova la sua spiegazione, sul piano logico, nella
circostanza che il legislatore regionale ha evidentemente inteso dare
copertura normativa alla nuova ripartizione dei costi delle
prestazioni riabilitative effettuate, a favore degli anziani e dei
disabili per il periodo intercorrente tra le due leggi del 2007 e del
2010, in modo non conforme a quanto stabilito dagli stessi articoli
17 e 18 nel loro testo originario.
Solo cosi’ si comprende il motivo per il quale il legislatore
regionale ha modificato il criterio di riparto di tali costi,
incidendo sulle disposizioni prima citate, e contestualmente le ha
abrogate a decorrere dall’anno 2010, dopo averle modificate nel senso
dell’aumento del costo, a carico del fondo sanitario regionale, delle
prestazioni riabilitative in questione.
Sotto un secondo aspetto, deve osservarsi che l’abrogazione di
tali articoli non da’ luogo ad alcun vuoto normativo, dal momento che
il predetto comma 3 – nello stabilire, contestualmente alla
eliminazione dei suddetti articoli, che (tutti) gli «oneri per le
strutture socio-sanitarie, a partire dall’anno corrente (2010), sono
interamente a carico del fondo sanitario regionale» – deve essere
interpretato nel senso che esso mira a conferire, pro futuro, portata
generale a quella scelta che, con riferimento agli esercizi
pregressi, i riformulati artt. 17 e 18 della legge regionale n. 22
del 2007 hanno dettato unicamente per i costi relativi a tutte le
prestazioni di riabilitazione a ciclo diurno destinate a favore di
anziani e disabili.
3.2. – Del pari, anche se per ragioni differenti, risultano prive
di influenza, rispetto all’oggetto del presente giudizio, tanto la
ulteriore abrogazione degli articoli 32 e 38 della legge regionale n.
8 del 2010, disposta dall’art. 3 del decreto del Presidente della
Giunta regionale 24 agosto 2010, n. 4, recante «Disposizioni in
materia sanitaria relative alla delibera del Consiglio dei Ministri
del 30 luglio 2010 di cui al comma a) punto 9 e comma b)», quanto la
successiva sospensione dei loro effetti ad opera dell’art. 3, comma
1, terzo alinea, del decreto del Presidente della Giunta regionale 9
settembre 2010, n. 9, recante «Disposizioni in materia sanitaria
relative alla delibera del Consiglio dei Ministri del 30 luglio 2010
di cui al comma a) punto 4 e comma b) – Parziale rettifica».
Entrambi i citati decreti debbono, infatti, ritenersi, per la
parte qui in esame, tamquam non essent, dal momento che sono stati
adottati dal Presidente della Giunta regionale nella qualita’ di
commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai
disavanzi nel settore sanitario. Sul punto, e’ sufficiente richiamare
quanto di recente affermato da questa Corte, con la sentenza n. 361
del 2010, secondo cui «la disciplina contenuta nel secondo comma
dell’art. 120 Cost. non puo’ essere interpretata come implicitamente
legittimante il conferimento di poteri di tipo legislativo ad un
soggetto che sia stato nominato Commissario del Governo». Da cio’
consegue la inesistenza, per la parte in cui incidono su atti
legislativi, dei suddetti decreti adottati dal Presidente della
Regione Calabria in veste di commissario ad acta.
4. – Tanto premesso, ancora in via preliminare, occorre prendere
atto della rinuncia all’impugnazione effettuata dal Presidente del
Consiglio dei ministri, nella parte in cui essa investe l’art. 46
della medesima legge regionale.
Detta rinuncia, unitamente alla mancata costituzione della
Regione Calabria, comporta l’estinzione parziale del giudizio.
5. – Cosi’ delimitato il thema decidendum, devono essere, innanzi
tutto, esaminate nel merito le questioni di legittimita’
costituzionale degli artt. 32 e 38, commi 1 e 2, per violazione di un
principio fondamentale della legislazione statale nella materia
concorrente del coordinamento della finanza pubblica ex art. 117,
terzo comma, Cost.
6. – La questione avente ad oggetto l’art. 32 e’ fondata.
6.1. – La scelta compiuta da tale norma – nel modificare gli
artt. 17 e 18 della legge regionale n. 22 del 2007 – di porre
integralmente a carico del «Fondo sanitario regionale» (in luogo
della misura del 70 per cento originariamente prevista) i costi
relativi tanto alle prestazioni di riabilitazione a ciclo diurno
destinate a favore di anziani e disabili, quanto alle prestazioni di
riabilitazione a ciclo diurno e di riabilitazione residenziale, si
pone in contrasto con la necessita’ di contenere le spese sanitarie,
nella prospettiva della riduzione del disavanzo da cui anche la
Regione Calabria risulta gravata.
Sotto questo profilo, la violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost., risulta evidente, avendo la Regione contravvenuto all’accordo
assunto – in persona del suo Presidente – con il Governo, in ordine
all’individuazione delle misure piu’ opportune per conseguire
l’obiettivo della riduzione del disavanzo sanitario.
In questa prospettiva, deve osservarsi che la norma di cui
all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n.
296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007» considera
espressamente vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti,
«gli interventi individuati dai programmi operativi di
riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio
sanitario regionale, necessari per il perseguimento dell’equilibrio
economico» oggetto degli accordi per la riduzione dei disavanzi.
Essa, pertanto, secondo un’ormai costante giurisprudenza di questa
Corte, «puo’ essere qualificata come espressione di un principio
fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria
e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento
della finanza pubblica» (sentenza n. 141 del 2010; analogamente, gia’
la sentenza n. 2 del 2010, nonche’, da ultimo, la sentenza n. 77 del
2011).
Ricorre, dunque, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.,
con assorbimento delle altre censure formulate.
7. – Del pari e’ fondata la questione – prospettata con
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost. – avente ad
oggetto l’art. 38 della medesima legge n. 8 del 2010.
7.1. – Quest’ultimo, infatti, stabilisce, al comma 1, che le
aziende sanitarie locali della Regione Calabria, previo superamento
da parte degli interessati di apposita procedura selettiva,
provvedono alla «assunzione a tempo indeterminato del personale
attualmente in servizio e che abbia stipulato contratti di lavoro,
anche con tipologia di collaborazione coordinata e continuativa, in
data anteriore al 28 settembre 2007».
La piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, nel vagliare la
legittimita’ costituzionale di norme di leggi regionali che, al pari
di quella in esame, hanno disposto la stabilizzazione di personale
precario, ha ripetutamente affermato che «la natura comparativa e
aperta della procedura e’ elemento essenziale del concorso pubblico,
sicche’ procedure selettive riservate, che escludano o riducano
irragionevolmente la possibilita’ di accesso dall’esterno, violano il
carattere pubblico del concorso». Da cio’ consegue che, «quando, come
nell’ipotesi in esame, sia riscontrabile una riserva integrale di
posti al personale interno, deve ritenersi violata quella natura
"aperta" della procedura, che costituisce elemento essenziale del
concorso pubblico» (da ultimo, sentenza n. 7 del 2011).
Del resto, questa stessa Corte, in un caso sostanzialmente
analogo, ha gia’ dichiarato costituzionalmente illegittima –
ritenendo «violato il principio del buon andamento della pubblica
amministrazione sancito dall’art. 97 della Costituzione» – una
precedente norma di legge della Regione Calabria, la quale aveva
stabilito «l’indiscriminata trasformazione dei rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa in rapporti di lavoro a
tempo determinato». Al riguardo, con la sentenza n. 179 del 2010, si
e’ precisato che la scelta in tal senso operata dal legislatore
regionale non risulta conforme all’art. 97 Cost., giacche’ «non
richiede che sussistano esigenze organizzative e di fabbisogno di
personale, ne’ fissa alcun limite numerico ai contratti da
trasformare, ne’ infine, prevede alcuna forma di selezione»,
omettendo, cosi’, le indicazioni necessarie «a cagione della
differente natura giuridica delle prestazioni lavorative rese in
regime di contratti di collaborazione coordinata e continuativa
(aventi natura autonoma) e di quelle eseguite in virtu’ di contratti
di lavoro a termine (aventi natura subordinata)». Ne’, d’altra parte,
la previsione di non meglio precisate "procedure selettive"
(contenuta nella norma oggetto del presente scrutinio) puo’ ritenersi
sufficiente a superare i dubbi di legittimita’ costituzionale
prospettati ai sensi dell’art. 97 Cost., giacche’ esso impone il
ricorso a procedure comparative che siano aperte, cioe’ pubbliche.
Infine, la norma impugnata, nel porsi in controtendenza rispetto
all’obiettivo del contenimento della spesa sanitaria regionale, viola
anche – per le ragioni gia’ sopra evidenziate – l’art. 117, terzo
comma, Cost.
7.2. – Anche il comma 2 del medesimo art. 38 partecipa degli
stessi vizi che inficiano il comma precedente.
Tale disposizione – secondo cui la Regione «riconosce l’esercizio
professionale dei laureati in scienze delle attivita’ motorie e
sportive nelle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e
private, sia ai fini del mantenimento della migliore efficienza
fisica nelle differenti fasce d’eta’ e nei confronti delle diverse
abilita’, sia ai fini di socializzazione e di prevenzione» – deve
essere interpretata, anche in ragione della sua collocazione
sistematica, in stretta correlazione con quanto stabilito al comma
precedente. Essa, in altri termini, e’ finalizzata ad attribuire
rilievo a pregresse esperienze lavorative, maturate a titolo precario
presso strutture sanitarie (sia pubbliche che private), da soggetti
laureati in scienze delle attivita’ motorie e sportive, sempre nella
prospettiva della stabilizzazione del loro rapporto di lavoro presso
le Aziende sanitarie locali della Regione Calabria.
8. – E’ fondata anche la questione che investe – in riferimento
all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost. – l’art. 43,
comma 2.
8.1. – Tale comma – nel disporre la proroga dei contratti di
servizio pubblico, relativi ai servizi di trasporto pubblico locale,
al 31 dicembre 2010, con eventuali rinnovi annuali entro il termine
finale previsto dal Regolamento CE del 23 ottobre 2007, n. 1370/2007
(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai
servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia
e che abroga i regolamenti del Consiglio CEE n. 1191/69 e CEE n.
1107/70), all’articolo 8, comma 2 (ovvero il 3 dicembre 2019) – si
pone in contrasto con quanto stabilito dall’art. 23-bis del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che
delinea un regime transitorio per l’affidamento del servizio difforme
da quello previsto dalla disposizione impugnata.
Sul punto, deve essere richiamato quanto di recente affermato da
questa Corte, la quale – nel ribadire come la disciplina concernente
le modalita’ dell’affidamento della gestione dei servizi pubblici
locali di rilevanza economica debba essere ricondotta alla materia,
di competenza legislativa esclusiva dello Stato, della tutela della
concorrenza, tenuto conto della sua diretta incidenza sul mercato –
ha ravvisato una violazione dell’art. 117, commi primo e secondo,
lettera e), Cost., proprio in presenza di una norma di legge
regionale che, in materia di servizi pubblici locali, «determina un
regime transitorio per la cessazione degli affidamenti diretti gia’
in essere», che «si pone in evidente contrasto con il regime
transitorio disciplinato dall’art. 23-bis del decreto-legge n. 112
del 2008» (sentenza n. 325 del 2010).
Nella specie, ricorrendo un’evenienza analoga, deve essere
dichiarata l’illegittimita’ costituzionale della norma impugnata.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separati giudizi la decisione delle questioni di
legittimita’ costituzionale delle altre norme della legge regionale
impugnata,
dichiara estinto il giudizio, limitatamente all’impugnazione
dell’articolo 46 della legge della Regione Calabria 26 febbraio 2010,
n. 8 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e
finanziario – collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno
2010, art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8 del 2002), proposta
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara l’illegittimita’ costituzionale degli articoli 32, 38,
commi 1 e 2, e 43, comma 2, della medesima legge della Regione
Calabria n. 8 del 2010.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Quaranta

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria l’11 aprile 2011.

Il direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *