Corte Costituzionale sentenza n. 153 SENTENZA 18 – 21 aprile 2011 . In materia di spettacolo e attività culturali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 18 del 27-4-2011

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 1 e 4 del
decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (Disposizioni urgenti in materia
di spettacolo e attivita’ culturali), promosso dalla Regione Toscana
con ricorso notificato il 28 giugno 2010, depositato in cancelleria
il 1° luglio 2010 ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione di Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2011 il giudice relatore
Luigi Mazzella;
Uditi gli avvocati Marcello Cecchetti per la Regione Toscana e
l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 28 giugno 2010, depositato il 1°
luglio 2010 ed iscritto al n. 84 del ruolo ricorsi dell’anno 2010, la
Regione Toscana, rappresentata e difesa dalla propria Avvocatura, ha
promosso, in riferimento agli artt. 117, commi terzo e sesto, 118,
primo comma, e 120 della Costituzione, nonche’ al principio di leale
collaborazione, questioni di legittimita’ costituzionale degli artt.
1 e 4 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (Disposizioni urgenti
in materia di spettacolo e attivita’ culturali).
1.1. – In particolare: l’art. 1 stabilisce che, entro dodici mesi
dall’entrata in vigore del decreto-legge, il Governo, su proposta del
Ministro per i beni e le attivita’ culturali, adotta uno o piu’
regolamenti per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale e
organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto
legislativo 29 giugno 1996, n. 367 (Disposizioni per la
trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in
fondazioni di diritto privato), e successive modificazioni, e di cui
alla legge 11 novembre 2003, n. 310 (Costituzione della «Fondazione
lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari», con sede in Bari,
nonche’ disposizioni in materia di pubblici spettacoli, fondazioni
lirico-sinfoniche e attivita’ culturali), anche modificando le
disposizioni legislative vigenti, attenendosi ai criteri ivi
prescritti. E’, inoltre, previsto che sullo schema di regolamento e’
acquisito il parere, tra gli altri, della Conferenza unificata di cui
all’art. 8 della legge – rectius decreto legislativo – 28 agosto
1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie
ed i compiti di interesse comune delle Regioni, delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali), parere
che dev’essere espresso entro il termine di trenta giorni dalla
ricezione del predetto schema, decorso il quale il regolamento e’
comunque emanato; l’art. 4 dispone che il Ministro per i beni e le
attivita’ culturali ridetermina, entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto-legge, i criteri per l’erogazione dei
contributi allo spettacolo dal vivo, nonche’ le modalita’ per la loro
liquidazione e anticipazione, secondo quanto previsto dall’art. 1,
comma 3, della legge 15 novembre 2005, n. 239 (Disposizioni in
materia di spettacolo), e con effetto a decorrere dal 1° gennaio
2011. I criteri di assegnazione tengono conto dei livelli
quantitativi e della importanza culturale della produzione svolta,
della regolarita’ gestionale degli organismi, nonche’ degli indici di
affluenza del pubblico e sono riferiti ad attivita’ gia’ svolte e
rendicontate. E’, inoltre, previsto che dall’anno 2010 il Ministero
per i beni e le attivita’ culturali puo’ liquidare anticipazioni sui
contributi ancora da erogare, fino all’ottanta per cento dell’ultimo
contributo assegnato, secondo i criteri e le modalita’ previsti dai
decreti ministeriali vigenti in tale ambito.
1.2. – La ricorrente, premesso che le succitate disposizioni
contengono norme in materia di spettacolo, richiama, anzitutto,
l’orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
285 del 2005, secondo cui la materia dello spettacolo e’ sicuramente
riconducibile alla «promozione e organizzazione di attivita’
culturali» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., che riguarda
«tutte le attivita’ riconducibili alla elaborazione e diffusione
della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne
singole partizioni come lo spettacolo» (in tal senso, anche la
sentenza n. 255 del 2004). Cosicche’, trattandosi di materia di
competenza legislativa ripartita fra Stato e Regione, «di norma la
legislazione statale dovrebbe limitarsi a definire i soli principi
fondamentali della materia, mentre le funzioni amministrative
dovrebbero essere attribuite normalmente ai livelli di governo
sub-statali in base ai principi di sussidiarieta’, differenziazione
ed adeguatezza indicati nell’art. 118 Cost. La disciplina in esame
(rectius d.lgs. n. 28 del 2004), invece, appare essenzialmente
caratterizzata, sul piano legislativo, da una normativa completa ed
autoapplicativa, senza distinzione fra principi e dettagli, e, sul
piano amministrativo, da un modello di gestione accentuatamente
statalistico ed essenzialmente fondato su poteri ministeriali, con
una presenza del tutto marginale di rappresentanti delle autonomie
territoriali. Tutto cio’ parrebbe contrastante non solo con l’art.
117, terzo comma, Cost. ma anche con il primo comma dell’art. 118
Cost., dal momento che, ove si fosse voluto intervenire in questa
particolare materia mediante una "chiamata in sussidiarieta’" delle
funzioni amministrative da parte dello Stato, cio’ avrebbe richiesto,
ormai per consolidata giurisprudenza di questa Corte, quanto meno
"una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto
risalto le attivita’ concertative e di coordinamento orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio
di lealta’" (sentenza n. 303 del 2003; ma analogamente cfr. anche
sentenze n. 242 del 2005, n. 255 e n. 6 del 2004)».
Di conseguenza, la Corte costituzionale ha ritenuto
indispensabile ricondurre ai moduli della concertazione necessaria e
paritaria fra organi statali e Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano
(di seguito: Conferenza Stato-Regioni), tutti quei numerosi poteri di
tipo normativo o programmatorio, caratteristici del nuovo sistema di
sostegno ed agevolazione delle attivita’ cinematografiche, che nel
decreto legislativo impugnato erano invece riservati solo ad organi
statali, cosi’ da recuperare alle regioni (in materie che sarebbero
di loro competenza) quantomeno un potere di codecisione nelle fasi
delle specificazioni normative o programmatorie.
La ricorrente osserva che le norme impugnate non risultano
conformi all’orientamento espresso dalla Corte costituzionale con la
pronuncia sopra menzionata e sarebbero, quindi, lesive delle
competenze regionali.
1.3. – L’art. 1 del decreto-legge n. 64 del 2010 riguarda la
disciplina in materia di riordino del settore lirico-sinfonico. In
particolare, come visto, la norma prevede l’emanazione di uno o piu’
regolamenti ministeriali per la revisione dell’assetto ordinamentale
e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui al d.lgs.
n. 367 del 1996 e alla legge n. 310 del 2003. Si tratta di quegli
enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale
per i quali, in base alle su citate normative, e’ stata prevista la
trasformazione in fondazioni di diritto privato.
L’art. 1 del decreto-legge in esame prevede che i suddetti
regolamenti siano adottati, solo, previa acquisizione del parere
della Conferenza unificata.
Inoltre, ai sensi della disposizione in esame, i regolamenti
dovranno seguire i criteri ivi stabiliti, ossia: «a)
razionalizzazione dell’organizzazione e del funzionamento sulla base
dei principi di efficienza, corretta gestione, economicita’ ed
imprenditorialita’, anche al fine di favorire l’intervento di
soggetti pubblici e privati nelle fondazioni; b) individuazione degli
indirizzi ai quali dovranno informarsi le decisioni attribuite alla
autonomia statutaria di ciascuna fondazione, con particolare
riferimento alla composizione degli organi, alla gestione e al
controllo dell’attivita’, nonche’ alla partecipazione di privati
finanziatori nel rispetto dell’autonomia e delle finalita’ culturali
della fondazione; lo statuto di ciascuna fondazione e le relative
modificazioni sono approvati dal Ministro per i beni e le attivita’
culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
c) previsione di forme adeguate di vigilanza sulla gestione
economico-finanziaria della fondazione; d) incentivazione del
miglioramento dei risultati della gestione attraverso la
rideterminazione dei criteri di ripartizione del contributo statale;
e) disciplina organica del sistema di contrattazione collettiva; f)
eventuale previsione di forme organizzative speciali per le
fondazioni lirico-sinfoniche in relazione alla loro peculiarita’,
alla loro assoluta rilevanza internazionale, alle loro eccezionali
capacita’ produttive, per rilevanti ricavi propri o per il
significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati,
con attribuzione al Ministro per i beni e le attivita’ culturali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del potere di
approvazione dello statuto e delle relative modifiche. Lo statuto di
ciascuna delle predette fondazioni prevede, tra l’altro, che i
componenti del consiglio di amministrazione siano, di regola,
nominati in proporzione al finanziamento alla gestione e che
l’erogazione del contributo statale avvenga sulla base di programmi
di attivita’ triennali in ragione di una percentuale minima
prestabilita a valere sul Fondo unico dello spettacolo di cui alla
legge 30 aprile 1985, n. 163, con verifica successiva dei programmi
da parte del Ministero per i beni e le attivita’ culturali. Il
Ministero dell’economia e delle finanze e’ sentito per le materie di
sua specifica competenza».
Ad avviso della Regione Toscana, la materia disciplinata dalla
disposizione in esame incide prevalentemente sulla materia dello
spettacolo, la quale – secondo la richiamata pronuncia della Corte
costituzionale n. 285 del 2005 – dev’essere ricondotta alla materia
«promozione e organizzazione di attivita’ culturali», oggetto di
potesta’ legislativa concorrente delle regioni ex art. 117, terzo
comma, Cost. Per contro, a seguito del d.lgs. n. 367 del 1996, gli
enti lirico sinfonici non potrebbero essere piu’ qualificati come
enti nazionali, avendo assunto la veste giuridica formale delle
fondazioni di diritto privato e restando cosi’ sottratti alla
disciplina relativa all’«ordinamento e organizzazione amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali», di competenza esclusiva
statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera g), Cost.
Neppure potrebbe venire in rilievo, ai fini in esame, la
competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, in
quanto, alla luce della giurisprudenza amministrativa formatasi in
materia, le fondazioni liriche, seppur trasformate in fondazioni di
diritto privato, rientrerebbero a pieno titolo fra gli organismi di
diritto pubblico, essendo «[…] sottoposti al controllo della Corte
dei conti, finanziati in massima parte con risorse pubbliche e quindi
assoggettate ad una normativa speciale di gran lunga piu’ penetrante
di quella stabilita in via generale dell’art. 25 del codice civile. I
fondatori necessari dei teatri, del resto, sono lo Stato, le Regioni
ed i comuni e i presidenti degli stessi sono i sindaci delle citta’
ospitanti, tenuti a rimettere anche al Ministero dell’economia e
delle finanze le risultanze del proprio operato» (cfr. T.A.R.
Liguria, sez. II, 18 febbraio 2009, n. 230; nello stesso senso T.A.R.
Sicilia, sez. II, 16 maggio 2002, n. 1281). Inoltre, in merito alla
natura e alla collocazione sistematica della Fondazione Teatro Lirico
di Cagliari, costituita a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs.
n. 367 del 1996, il disegno del legislatore sarebbe stato quello di
operare una peculiare privatizzazione del settore, trasformando in
fondazioni gli enti in precedenza deputati alla cura degli interessi
propri della musica, ma senza privarli di tutte le preesistenti
funzioni di carattere pubblicistico, tenuto conto delle indubbie
ricadute di carattere pubblicistico degli specifici interessi
affidati alle loro cure. La scelta del legislatore, insomma, sarebbe
stata quella di «modificare i preesistenti moduli operativi, seppur
sostituendo ai soggetti gestori di tipo tradizionale (enti pubblici
in senso stretto) fondazioni di diritto privato […] espressione
della tendenza, da tempo emersa nella prassi legislativa, ad una
spiccata eterogeneita’ dei moduli organizzativi e di azione della
pubblica amministrazione, che in dottrina e giurisprudenza ha persino
dato vita ad una nuova ed aperta nozione di "ente pubblico", capace
di comprendere anche figure soggettive formalmente privatistiche.
[…] infatti, la fondazione gestisce interessi pubblici o, comunque,
di pubblica rilevanza, se ad essa partecipano necessariamente (anche
mediante rilevanti contributi di carattere finanziario) enti pubblici
(tra i quali la Regione)» (cfr. T.A.R. Cagliari, sez. II, 23 maggio
2008, n. 1051).
Pertanto, la disciplina dettata dalla norma impugnata esulerebbe
dalla materia dell’ordinamento civile, perche’ le fondazioni in
esame, organismi di diritto pubblico con organi gestionali
caratterizzati dalla compresenza delle Regioni, opererebbero in una
materia – «promozione ed organizzazione di attivita’ culturali» –
affidata alla potesta’ legislativa concorrente, da esercitare
nell’ambito dei principi dettati dallo Stato.
Inoltre, la ricorrente denuncia il contrasto dell’art. 1 del
decreto-legge n. 64 del 2010 con l’affermazione – contenuta nella
sentenza della Corte costituzionale n. 255 del 2004 – secondo cui le
attivita’ culturali di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
riguardano tutte le attivita’ riconducibili alla elaborazione e
diffusione della cultura, in quanto la norma impugnata non si limita
a dettare principi al legislatore regionale, ma stabilisce la
revisione della normativa in base a precisi criteri direttivi. Il
legislatore statale sarebbe, quindi, intervenuto, del tutto
illegittimamente, con una normativa puntuale, di dettaglio,
esaustiva, senza lasciare alcuno spazio al legislatore regionale,
cio’ in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Sarebbe leso, altresi’, l’art. 117, sesto comma, Cost., ai sensi
del quale il regolamento statale e’ ammesso esclusivamente nelle
materie in cui lo Stato ha potesta’ legislativa esclusiva.
Diversamente, nel caso in esame, verrebbe in questione la materia
«promozione e organizzazione di attivita’ culturali», affidata alla
potesta’ concorrente regionale. Ne discenderebbe l’inammissibilita’
del ricorso alla fonte regolamentare statale.
In ogni caso, la norma violerebbe l’art. 118 Cost. ed il
principio della leale cooperazione tra Stato e Regione, prevedendo
che il regolamento sia adottato solo previo parere della Conferenza
unificata e che questo possa essere superato ove non intervenga entro
trenta giorni dal ricevimento dello schema di regolamento. Secondo
quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella gia’ citata
sentenza n. 285 del 2005, l’interferenza della normativa in esame con
le competenze regionali in materia di promozione e organizzazione di
attivita’ culturali, a potesta’ legislativa concorrente ex art. 117,
terzo comma, Cost., avrebbe, invece, imposto l’intesa con la
Conferenza medesima, in luogo del parere da rilasciare, oltre tutto,
in un termine palesemente insufficiente.
La norma impugnata, in conclusione, sarebbe illegittima per
contrasto con gli artt. 117, commi terzo e sesto, e 118 Cost.,
nonche’ per violazione del principio della leale collaborazione tra
Stato e Regioni.
1.4. – L’art. 4 del decreto-legge n. 64 del 2010 prevede che il
Ministro per i beni e le attivita’ culturali ridetermini i criteri
per l’erogazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal
vivo. A tal fine, la norma richiama le procedure previste dall’art.
1, comma 3, della legge n. 239 del 2005, la quale stabilisce, per
quanto qui rileva, che i decreti ministeriali concernenti i criteri e
le modalita’ di erogazione dei contributi alle attivita’ dello
spettacolo dal vivo vengano si’ adottati d’intesa con la Conferenza
unificata, ma che, tuttavia, in caso di mancato raggiungimento
dell’intesa (entro sessanta giorni dalla data della loro trasmissione
alla Conferenza unificata da parte del Ministro), tali decreti
possano essere adottati comunque.
Secondo la Regione Toscana, tale intesa non puo’ essere
considerata effettiva, in quanto superabile in mancanza di
codecisione entro il termine di sessanta giorni, cio’, peraltro,
senza neppure distinguere tra inerzia della Conferenza unificata e
dissenso espresso. Sarebbe, cosi’, violato il principio, piu’ volte
affermato dalla Corte costituzionale, per cui, quando lo Stato decide
di allocare al livello centrale la titolarita’ di funzioni, dettando
quindi anche la relativa disciplina legislativa incidente in ambiti
rientranti nella competenza regionale, dev’essere prevista l’intesa
con la Conferenza unificata e/o con le Regioni, a salvaguardia delle
loro attribuzioni costituzionalmente previste (in tal senso, sentenze
n. 303 del 2003, n. 6 del 2004 e n. 383 del 2005). Principio
ulteriormente ribadito anche con specifico riferimento alla materia
dello spettacolo (sentenza n. 285 del 2005).
Dunque, la norma in esame, con la prevista attivazione del potere
sostitutivo al mancato raggiungimento dell’intesa, e cosi’ con la
conclusione unilaterale del procedimento da parte dello Stato, si
porrebbe in netto contrasto con il suddetto orientamento della Corte
costituzionale, violando gli artt. 117 e 118 Cost., perche’ le
competenze regionali non troverebbero espressione in quel punto di
equilibrio rappresentato dall’intesa forte.
Inoltre, l’attivazione di tale potere sostitutivo,
indifferentemente a fronte sia dell’inerzia, sia del mancato
raggiungimento dell’intesa per espresso articolato dissenso,
declasserebbe l’intesa stessa in un parere non vincolante, non
compatibile con l’assetto costituzionale delle competenze e con il
principio di leale collaborazione, come chiarito dalla giurisprudenza
costituzionale (sentenze n. 303 del 2003 e n. 285 del 2005).
In ultima analisi, la ricorrente stigmatizza che il legislatore
statale non abbia previsto criteri direttivi volti a garantire il
carattere «forte» dell’intesa, necessario per il rispetto delle
competenze costituzionali di tutti gli enti di governo coinvolti. Con
specifico riferimento alla rilevata violazione dell’art. 120 Cost.,
evidenzia ulteriormente doversi escludere che, ai fini del
perfezionamento dell’intesa, la volonta’ della Regione interessata
possa essere sostituita da una determinazione dello Stato, il quale
diverrebbe in tal modo l’unico attore di una fattispecie che,
viceversa, non potrebbe mai strutturalmente ridursi ad esercizio di
un potere unilaterale.
In definitiva, la disposizione di cui all’art. 4 del
decreto-legge n. 64 del 2010 sarebbe illegittima per contrasto con
gli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 Cost., anche per la lesione del
principio della leale collaborazione.
La Regione Toscana confida, quindi, che la Corte costituzionale
dichiari l’illegittimita’ costituzionale degli artt. 1 e 4 del
decreto-legge n. 64 del 2010, per violazione degli artt. 117, 118 e
120 Cost., anche sotto il profilo della violazione del principio
della leale cooperazione.
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri si e’ costituito
nel giudizio di legittimita’ costituzionale ed ha chiesto che le
questioni promosse con il ricorso della Regione Toscana siano
dichiarate inammissibili o infondate.
Premette la difesa dello Stato che con il decreto-legge n. 64 del
2010 il Governo ha avuto come obiettivo primario quello di porre in
essere un primo, immediato ed urgente, rimedio all’attuale stato di
crisi in cui versano molte delle quattordici fondazioni
lirico-sinfoniche del nostro Paese (Teatro Comunale di Bologna,
Teatro Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Carlo Felice di Genova,
Teatro alla Scala di Milano, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro
Massimo di Palermo, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Regio di
Torino, Teatro Lirico G. Verdi di Trieste, Teatro La Fenice di
Venezia, Arena di Verona, Accademia Nazionale di Santa Cecilia di
Roma, Teatro Lirico di Cagliari ed infine il Teatro Petruzzelli di
Bari). Tutto cio’ al fine di coniugare, principalmente, due esigenze:
da un lato, consentire ai predetti enti lirici, operanti a livello
nazionale, di poter realizzare economie di spesa, con una piu’
razionale allocazione delle risorse disponibili; dall’altro,
valorizzare la professionalita’ del personale dipendente, mantenendo
elevato il livello delle produzioni offerte al pubblico sia in Italia
sia all’estero.
La difficile situazione economico-gestionale dovrebbe essere
fatta risalire in gran parte alle consistenti spese di mantenimento
di tali enti e, segnatamente, alle ingenti spese sostenute per il
personale dipendente, di valore economico di fatto superiore
all’ammontare complessivo del finanziamento statale.
2.1. – Al primo motivo di censura, proposto contro l’art. 1 del
decreto-legge n. 64 del 2010 nella parte in cui non prevede che gli
atti (regolamentari) ivi indicati siano adottati previa intesa con la
Conferenza Stato-Regioni, la difesa dello Stato oppone che le
fondazioni lirico-sinfoniche interessate dall’intervento normativo in
oggetto derivano dalla trasformazione in soggetti di diritto privato
– avvenuta con il decreto-legge 24 novembre 2000, n. 345
(Disposizioni urgenti in tema di fondazioni lirico-sinfoniche),
convertito dalla legge 26 gennaio 2001, n. 6 -, degli enti di
prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale
previsti e disciplinati dalla legge 14 agosto 1967, n. 800 (Nuovo
ordinamento degli enti lirici e delle attivita’ musicali); legge
tuttora vigente.
Queste fondazioni, nonostante la privatizzazione, sarebbero ancor
oggi, a tutti gli effetti, organismi a rilevanza pubblica, come
dimostrato dai seguenti indici di pubblicita’ delle loro funzioni: a)
persistente perseguimento di una funzione pubblicistica d’interesse
nazionale in campo musicale; b) finanziamento in misura quasi
totalitaria da parte dello Stato; c) sottoposizione al controllo
sulla gestione finanziaria della Corte dei conti; d) vincolativita’
nei loro confronti della normativa comunitaria in materia di appalti
pubblici.
In tal senso, la disposizione normativa oggetto di censura,
concernente le modalita’ di adozione dei regolamenti di
delegificazione destinati a riformare l’assetto ordinamentale e
organizzativo delle fondazioni liriche, troverebbe copertura
costituzionale nell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che
riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di
ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti pubblici
nazionali, tenuto conto della percorribilita’ di un’interpretazione
adeguata al dettato costituzionale «in relazione anche […] alla
evoluzione subita […] dalla stessa nozione di ente pubblico»
(sentenza della Corte costituzionale n. 466 del 1993) e della natura
speciale di tali soggetti desumibile sia dalla costituzione, sia
dalla struttura e dalla gestione, con previsione di norme
particolari, differenziate da quelle proprie del regime tipico dei
soggetti privati (sentenze n. 29 del 2006 e n. 59 del 2000).
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, il regime
giuridico speciale ascrivibile alle fondazioni liriche privatizzate
risulta, anzitutto, dal fatto di essere state costituite ex lege,
senza alcun atto di disposizione personale; in secondo luogo, dalla
loro sottoposizione al controllo della Corte dei conti; infine,
dall’equiparazione delle stesse, anche per l’applicazione della
normativa in materia di appalti, ai soggetti pubblici, ai sensi del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).
In subordine, qualora si volesse rimanere alla veste formale di
soggetti privati assunta da tali enti, l’ordinamento civile – ai
sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. – rientrerebbe,
in ogni caso, nell’ambito della potesta’ legislativa esclusiva dello
Stato.
Cosi’ ricondotta la materia oggetto del decreto-legge in
argomento nella sfera della competenza esclusiva dello Stato, la
difesa di questo rimarca essere state comunque tenute in
considerazione dal legislatore nazionale le istanze di
partecipazione, sia regionali che locali (Regioni e Comuni essendo
soci fondatori di tali fondazioni), ai fini del procedimento di
rideterminazione del quadro normativo di riferimento.
Da un lato, in ragione della disposizione di cui all’art. 1,
comma 2, del decreto-legge n. 64 del 2010, che prevede l’acquisizione
del parere della Conferenza unificata; dall’altro, in forza della
disposizione di cui all’art.1-bis) del decreto-legge citato,
introdotto dalla legge di conversione n. 100 del 2010, ove si prevede
espressamente che, ai fini della riorganizzazione e della revisione
dell’assetto delle fondazioni lirico-sinfoniche, i regolamenti di
delegificazione siano adottati solo a seguito dell’attivazione di un
percorso «che coinvolga tutti i soggetti interessati, quali le
Regioni, i comuni, i sovrintendenti delle fondazioni, le
organizzazioni sindacali rappresentative».
In tal modo, il legislatore avrebbe assicurato, in ambito
ricadente nella competenza legislativa esclusiva dello Stato e
secondo una logica di leale collaborazione, l’adeguata partecipazione
delle autonomie regionali e locali alla fase di successiva
definizione del quadro normativo di riferimento degli enti lirici.
2.2. – Quanto, poi, all’ulteriore motivo di censura, secondo cui
l’art. 4 del decreto-legge n. 64 del 2010 sarebbe lesivo degli artt.
117, commi terzo e sesto, e 118 Cost., come pure del principio di
leale collaborazione, osserva la difesa dello Stato che la presunta
illegittimita’ costituzionale lamentata dalla ricorrente non avrebbe
piu’ ragion d’essere, in quanto, in sede di conversione in legge, la
disposizione contenuta nell’art. 4 del decreto-legge citato sarebbe
stata totalmente riformulata. In particolare, la rideterminazione dei
criteri di erogazione dei contributi statali da parte del Ministro
per i beni e le attivita’ culturali (peraltro d’intesa con la
Conferenza unificata) sarebbe stata eliminata, con conseguente
sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere da parte della Regione
Toscana e, in ogni caso, con cessazione della materia del contendere,
«tenuto conto del fatto che i criteri di erogazione dei contributi
agli organismi operanti nel settore dello spettacolo dal vivo restano
quelli previsti e disciplinati dai decreti ministeriali attualmente
vigenti (risalenti al 2007) ed adottati d’intesa con la Conferenza
Unificata».
2.3. – Con memoria depositata il 24 febbraio 2011 il Presidente
del Consiglio dei ministri ha sottolineato che il ricorso della
Regione Toscana era stato proposto prima della conversione in legge
del decreto-legge n. 64 del 2010, intervenuta con legge 29 giugno
2010, n. 100, e non ha potuto tenere conto delle modifiche apportate
dalla legge, in particolare del comma 1-bis dell’art. 1 e del nuovo
art. 4.
Secondo la difesa dello Stato, le nuove disposizioni comportano
la cessazione della materia del contendere sulle questioni di
legittimita’ costituzionale sollevate dalla Regione o, comunque, la
necessita’ di una loro riproposizione in termini adeguati alle
modifiche apportate all’originario impianto del decreto-legge, cio’
che la Regione Toscana non avrebbe fatto.
In particolare, con il comma 1-bis, l’art. 1 del decreto-legge n.
64 del 2010 si e’ arricchito di una previsione importante in punto di
coinvolgimento degli enti locali nell’attuazione della riforma delle
fondazioni musicali.
Secondo il predetto comma, gli emanandi regolamenti di
riorganizzazione e revisione delle fondazioni dovranno: «a) prevedere
l’attivazione di un percorso che coinvolga tutti i soggetti
interessati, quali le Regioni, i comuni, i sovrintendenti delle
fondazioni, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
[…]». Cio’ manifesterebbe chiaramente l’intento del legislatore
statale di coinvolgere realmente gli enti locali interessati nella
gestione delle fondazioni musicali, anche al di la’ delle
prescrizioni formali dettate dal successivo comma 2; come pure di
escludere che eventuali dissensi degli enti locali rispetto agli
indirizzi dettati dal legislatore statale possano essere disattesi,
imponendo, piuttosto, che siano affrontati e risolti in sede di
confronto fra le parti.
La disposizione del secondo comma dell’art. 1, oggetto della
prima censura della Regione Toscana dovrebbe, di conseguenza, essere
interpretata nel senso che soltanto l’omessa adozione del parere da
parte della Conferenza unificata nel termine previsto possa
legittimare l’adozione del regolamento attuativo.
Ad ogni modo, la difesa dello Stato ribadisce che il parametro di
costituzionalita’ evocato dalla Regione in relazione all’art. 117,
terzo comma, Cost. non sarebbe pertinente.
Invece che di attivita’ qualificabile come «promozione e
organizzazione di attivita’ culturali», verrebbe in rilievo la
riforma generale dell’assetto organizzativo e gestionale delle
Fondazioni musicali istituite con il d.lgs. n. 367 del 1996.
Con il suddetto decreto legislativo (e con la successiva legge n.
6 del 2001), gli enti lirici di cui alla legge n. 800 del 1967 sono
stati trasformati in fondazioni di diritto privato.
Nondimeno, gli enti lirici di prioritario interesse nazionale
individuati dalla legge n. 800 del 1967, come integrata dalla legge
n. 310 del 2003, avrebbero conservato la loro struttura essenziale e
la loro finalita’, le fonti di finanziamento pubblico e le
caratteristiche dell’attivita’, pur con la mutata veste privatistica
della soggettivita’ formale, tanto da mantenere la qualificazione di
organismo di diritto pubblico.
Sicche’, la struttura formalmente privata delle fondazioni
musicali non varrebbe a spostare il profilo costituzionale di
riferimento dall’art. 117, secondo comma, lettera g), all’art. 117,
terzo comma, Cost.
Evidenzia, ancora, la difesa dello Stato che il finanziamento
statale e’ attualmente, non solo per il Teatro Maggio Musicale
Fiorentino, ma anche per tutte le altre fondazioni lirico-sinfoniche,
di gran lunga superiore a quello delle Regioni, e che lo stesso
impegno dell’amministrazione comunale, anche in considerazione del
suo obbligo di fornire la sede del teatro, e’ maggiore rispetto a
quello della Regione Toscana.
Sarebbe, dunque, illogico il tentativo della Regione di sottrarre
al maggior finanziatore delle fondazioni musicali la potesta’ di
organizzarle in modo da conseguire economie di sistema e
razionalizzazioni di produzione, come auspicato dal legislatore con
l’adozione del decreto-legge n. 64 del 2010 (a partire dall’art. 1).
In buona sostanza, le disposizioni dettate dal decreto-legge n.
64 del 2010 sarebbero volte a realizzare economie nella gestione di
enti gravanti sul sistema generale della finanza pubblica (sia per la
parte concernente le erogazioni a carico dello Stato, sia per quella
relativa alle erogazioni regionali), di guisa che, anche sotto questo
profilo, la competenza del legislatore statale non potrebbe essere
negata.
Ne’, d’altro canto, potrebbe contraddittoriamente sostenersi che
la materia non sia di esclusiva competenza statale in quanto non di
ordinamento civile. Al contrario, se la materia de qua non inerisse
all’organizzazione dei soggetti che perseguono pubblici interessi, ai
sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., essa non
potrebbe che rifluire nella materia dell’ordinamento civile, ai sensi
e per gli effetti di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost.
In ogni caso, il legislatore statale avrebbe inteso coinvolgere
gli enti territoriali e locali nella riorganizzazione delle
fondazioni in termini ben piu’ pregnanti di quelli cui sarebbe stato
obbligato dalla sua potesta’ legislativa esclusiva. Lo stesso comma 2
dell’art. 1 (l’unico che potrebbe astrattamente ledere le prerogative
regionali invocate) confermerebbe tale intendimento del legislatore,
laddove prevede l’acquisizione del parere della Conferenza unificata
sugli schemi di regolamento e, solo in caso di silenzio (non gia’ di
dissenso formalizzato), l’emanazione, comunque, del regolamento, onde
evitare la paralisi di ogni attivita’ di riforma di interesse
nazionale.
Peraltro, la denuncia del vizio d’illegittimita’ costituzionale
sollevata in riferimento all’intero art. 1, ma, in realta’, formulata
solo con riguardo al suo comma 2 in quanto invasivo della presunta
competenza concorrente della Regione, sarebbe inammissibile, sia
perche’ la questione sarebbe stata riferita genericamente all’intero
art. 1 e non alla sua parte (comma 2) oggetto, invero esclusivo, di
censura, sia perche’ la ricorrente non avrebbe formulato motivi
specifici d’impugnazione avverso le altre parti dell’articolo, pur
avendo chiesto di annullarlo in toto.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha dunque insistito
perche’ la questione in oggetto sia dichiarata inammissibile e,
comunque, infondata.
Quanto, infine, alle questioni relative all’art. 4, ribadisce la
difesa dello Stato che, con la nuova formulazione della predetta
disposizione, la determinazione dei criteri per l’erogazione dei
contributi allo spettacolo dal vivo, cosi’ come originariamente
stabilita, e’ stata espunta dal testo di legge e sostituita da una
diversa previsione. Dal diverso contenuto del nuovo testo normativo
deriverebbe la sopravvenuta cessazione della materia del contendere
sul punto, ovvero la sopravvenuta inammissibilita’ del ricorso in
parte qua, per non avere la Regione riformulato la sua censura.

Considerato in diritto

1. – Con ricorso notificato il 28 giugno 2010 la Regione Toscana
ha promosso questioni di legittimita’ costituzionale degli artt. 1 e
4 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (Disposizioni urgenti in
materia di spettacolo e attivita’ culturali).
1.1. – L’art. 1 dispone, innanzitutto, che con uno o piu’
regolamenti, da adottarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le
attivita’ culturali, il Governo provveda alla revisione dell’attuale
assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni
lirico-sinfoniche, di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n.
367 (Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel
settore musicale in fondazioni di diritto privato), e successive
modificazioni, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310
(Costituzione della «Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri
di Bari», con sede in Bari, nonche’ disposizioni in materia di
pubblici spettacoli, fondazioni lirico-sinfoniche e attivita’
culturali), anche con modifiche delle disposizioni legislative
vigenti, in conformita’ ad una serie di precisi criteri direttivi.
La norma impugnata, inoltre, prevede che sullo schema di
regolamento di cui al comma 1 sia acquisito il parere della
Conferenza unificata di cui all’art. 8 della legge 28 agosto 1997, n.
281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti di interesse comune delle Regioni, delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali), del
Consiglio di Stato e delle competenti commissioni parlamentari; che i
pareri siano espressi entro trenta giorni dalla ricezione; che,
decorso tale termine, il regolamento sia comunque emanato.
Ad avviso della ricorrente, la disciplina di cui al citato art. 1
ha prevalentemente ad oggetto la materia dello spettacolo, sicche’ ne
denuncia, in primo luogo, il contrasto con l’art. 117, terzo comma,
della Costituzione, in quanto con la disposizione impugnata il
legislatore statale sarebbe intervenuto, del tutto illegittimamente,
con una normativa puntuale, di dettaglio, esaustiva, senza lasciare
alcuno spazio al legislatore regionale.
Sarebbe leso, altresi’, l’art. 117, sesto comma, Cost., ai sensi
del quale il regolamento statale e’ ammesso esclusivamente nelle
materie in cui lo Stato ha potesta’ legislativa esclusiva.
Diversamente, nel caso in esame verrebbe in questione la materia
«promozione e organizzazione di attivita’ culturali», affidata alla
potesta’ concorrente regionale.
In ogni caso, la norma violerebbe l’art. 118 Cost. ed il
principio della leale cooperazione tra Stato e Regione, prevedendo
che il regolamento sia adottato solo previo parere della Conferenza
unificata e che questo possa essere superato ove non intervenga entro
trenta giorni dal ricevimento dello schema di regolamento. Versandosi
nella specie in materia di legislazione concorrente, sarebbe occorsa,
invece, l’intesa con la Conferenza medesima.
1.2. – Secondo il dettato dell’art. 4 del decreto-legge n. 64 del
2010 il Ministro per i beni e le attivita’ culturali ridetermina con
effetto dal 1° gennaio 2011 i criteri per l’erogazione e la
liquidazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, seguendo le
procedure previste dall’art. 1, comma 3, della legge 15 novembre
2005, n. 239 (Disposizioni in materia di spettacolo). Alla stregua di
tale ultimo articolo, i decreti ministeriali concernenti i criteri e
le modalita’ di erogazione dei contributi alle attivita’ dello
spettacolo dal vivo sono adottati d’intesa con la Conferenza
unificata, ma tuttavia, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa
nel termine prefissato di sessanta giorni, possono essere adottati
comunque.
La Regione Toscana sostiene che anche tale disposizione sarebbe
in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 Cost., e
altresi’ con il principio della leale collaborazione.
In particolare, l’intesa ivi prefigurata non potrebbe essere
considerata effettiva, in quanto superabile in mancanza di
codecisione entro il termine di sessanta giorni, cio’, peraltro,
senza neppure distinguere tra inerzia della Conferenza unificata e
dissenso espresso.
3. – Preliminarmente deve essere dichiarata la cessazione della
materia del contendere limitatamente alle questioni relative all’art.
4 del decreto-legge n. 64 del 2010.
Infatti, con la conversione del suddetto decreto nella legge 29
giugno 2010, n. 100, la norma impugnata e’ stata espunta dal testo
dell’art. 4, il quale ora coincide con il secondo periodo di quello
originario: «Dall’anno 2010 il Ministero per i beni e le attivita’
culturali puo’ liquidare anticipazioni sui contributi ancora da
erogare, fino all’80 per cento dell’ultimo contributo assegnato,
secondo i criteri e le modalita’ previsti dai decreti ministeriali
vigenti in tale ambito».
Cio’ significa che la rideterminazione dei criteri di erogazione
dei contributi statali da parte del Ministro per i beni e le
attivita’ culturali e’ stata eliminata e che, come esattamente ha
evidenziato la difesa dello Stato, «[…] i criteri di erogazione dei
contributi agli organismi operanti nel settore dello spettacolo dal
vivo restano quelli previsti e disciplinati dai decreti ministeriali
attualmente vigenti (risalenti al 2007) ed adottati d’intesa con la
Conferenza Unificata».
La modificazione apportata in sede di conversione, in mancanza di
attuazione medio tempore della norma contenuta nel decreto-legge (che
avrebbe avuto effetto solamente a decorrere dal 1° gennaio 2011),
risulta, dunque, pienamente satisfattiva delle pretese della
ricorrente.
Ne consegue, sul punto, la cessazione della materia del
contendere, sulla quale, del resto, la stessa difesa della Regione
Toscana ha espressamente concordato in sede di discussione orale.
4. – Non altrettanto puo’ dirsi delle questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 1 del decreto-legge n. 64 del 2010.
Vero e’ che la legge di conversione n. 100 del 2010 ha emendato
significativamente anche il tenore del suddetto articolo. In primo
luogo, con l’aggiunta del comma 1-bis, secondo cui gli emanandi
regolamenti di riorganizzazione e revisione delle fondazioni
dovranno: «a) prevedere l’attivazione di un percorso che coinvolga
tutti i soggetti interessati, quali le Regioni, i comuni, i
sovrintendenti delle fondazioni, le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative […] »; in secondo luogo, portando da
trenta a sessanta giorni il termine previsto per il rilascio del
parere da parte della Conferenza unificata.
Tali modifiche, pero’, – come rilevato dalla difesa regionale
nella discussione orale – non soddisfano integralmente le pretese
della ricorrente, atteso che, diversamente da quanto opinato
dall’Avvocatura generale dello Stato, la Regione non censura
solamente la mancata previsione dell’intesa con la Conferenza
unificata, ma anche il carattere di dettaglio della norma impugnata,
ascritta ad un ambito di legislazione concorrente («promozione ed
organizzazione di attivita’ culturali»), nonche’ l’adozione in tale
materia di un ampio potere regolamentare del Governo.
Le questioni promosse nei confronti del testo originario
dell’art. 1 del decreto-legge n. 64 del 2010, dunque, possono essere
agevolmente trasferite sul corrispondente testo risultante dalla
legge di conversione (sentenza n. 298 del 2009), senza che la materia
del contendere possa ritenersi al riguardo cessata, poiche’ le
innovazioni introdotte sono inidonee a risolvere tutti i punti
d’interesse (sentenza n. 430 del 2007).
4.1. – Anche l’eccezione d’inammissibilita’ proposta dalla difesa
dello Stato dev’essere disattesa, poiche’ la Regione non impugna
soltanto il comma 2 dell’art. 1 (che prevede il parere, peraltro non
obbligatorio, anziche’ l’intesa), ma altresi’ il comma 1, sia perche’
la revisione dell’assetto ordinamentale ed organizzativo delle
fondazioni lirico-sinfoniche non lascerebbe alcuno spazio alla
potesta’ legislativa regionale in una materia di legislazione
concorrente, sia perche’ lo Stato avrebbe "abusato" del potere
regolamentare utilizzandolo al di fuori della sfera della sua
competenza esclusiva. Sicche’, anche ammettendo che la nuova
formulazione della disposizione censurata assicura il rispetto delle
istanze partecipative fatte valere dalla Regione Toscana,
rimarrebbero insoluti i nodi sottesi all’invasione delle competenze
regionali, per di piu’ con prescrizioni particolareggiate, denunciata
dalla ricorrente.
5. – Nel merito, le questioni non sono fondate.
Occorre, innanzitutto, procedere all’individuazione dell’ambito
materiale sul quale e’ intervenuto l’art. 1 del decreto-legge n. 64
del 2010, nel contesto del riparto di competenze, stabilito dal
Titolo V della seconda parte della Costituzione. Secondo la
ricorrente, la disciplina, dettata dalla disposizione in esame,
avrebbe prevalentemente ad oggetto la materia dello spettacolo e
dovrebbe, pertanto, essere ricondotta alla materia «promozione e
organizzazione di attivita’ culturali», attribuita alla potesta’
legislativa concorrente delle Regioni, ex art. 117, terzo comma,
Cost. Secondo la difesa dello Stato, invece, la normativa in esame
dovrebbe essere ricondotta al titolo di legittimazione della potesta’
legislativa statale costituito dall’art. 117, secondo comma, lettera
g), Cost. («ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e
degli enti pubblici nazionali»).
5.1. – Una breve premessa sulla storia della disciplina degli
enti autonomi lirici (e istituzioni concertistiche assimilate) e’
indispensabile.
Tali enti hanno ricevuto una prima regolazione dalla legge 14
agosto 1967, n. 800 (Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle
attivita’ musicali), che ha attribuito agli stessi, nominativamente
individuati sub art. 6, la personalita’ giuridica di diritto pubblico
e li ha sottoposti alla vigilanza dell’autorita’ di Governo
competente (all’epoca, il Ministro del turismo e dello spettacolo).
Ha dichiarato, inoltre, «di rilevante interesse generale» l’attivita’
lirica e concertistica, «in quanto intesa a favorire la formazione
musicale, culturale e sociale della collettivita’ nazionale» (art.
1). Il conferimento della personalita’ giuridica di diritto pubblico
e la sottoposizione alla vigilanza ministeriale sono stati ritenuti
dalla legge istitutiva i necessari presupposti, non solo per la
realizzazione di spettacoli di alto livello, ma anche per la
diffusione dell’arte musicale, per la cura della formazione
professionale degli artisti e per lo sviluppo dell’educazione
musicale della collettivita’ (art. 5).
Dalle strutture (di numero chiuso), come sopra individuate, il
legislatore del 1967 ha distinto i «teatri di tradizione» e le
istituzioni concertistico-orchestrali, incaricati di «promuovere,
agevolare e coordinare attivita’ musicali […] nel territorio delle
rispettive Province», nonche’ di dare impulso alle locali tradizioni
artistiche e musicali, con il riconoscimento di un’ampia autonomia
organizzativa (art. 28).
In coerenza con la distinzione richiamata, la successiva
legislazione statale si e’ interessata esclusivamente dell’assetto
organizzativo e delle regole di funzionamento dei soggetti lirici e
concertistici ritenuti "nazionali".
Il decreto legislativo n. 367 del 1996 ha previsto la
trasformazione dei medesimi enti, qualificati «di prioritario
interesse nazionale […] nel settore musicale» (art. 2), in
fondazioni di diritto privato. E cio’ al fine dichiarato di eliminare
rigidita’ organizzative e di attrarre conseguentemente finanziamenti
privati. Nel testo risultante dalle numerose novelle via via
intervenute, il d.lgs. n. 367 del 1996: a) individua le finalita’
delle fondazioni nel perseguimento senza scopo di lucro della
diffusione dell’arte musicale, della formazione professionale dei
quadri artistici e dell’educazione musicale della collettivita’ (art.
3); b) stabilisce che le fondazioni hanno personalita’ giuridica di
diritto privato e sono disciplinate, per quanto non espressamente
previsto dallo stesso d.lgs., dal codice civile e dalle relative
norme di attuazione (art. 4); c) detta norme generali sul contenuto
indispensabile degli statuti, prevedendo in una percentuale
minoritaria l’apporto complessivo dei privati al patrimonio e
subordinando la possibilita’ di nomina dei consiglieri di
amministrazione, da parte dei privati, all’erogazione di un apporto
annuo non inferiore all’8% del totale dei finanziamenti statali (art.
10); d) disciplina gli organi di gestione e le loro funzioni: il
presidente-sindaco, il consiglio di amministrazione, il
sovrintendente ed il collegio dei revisori, dettando la composizione
numerica degli organi collegiali ed imponendo la presenza di membri
in rappresentanza dell’autorita’ di Governo e della Regione
interessata, i primi in maggioranza nel collegio dei revisori (artt.
11-14); e) mantiene la sottoposizione delle fondazioni
lirico-sinfoniche al controllo della Corte dei conti sulla gestione
finanziaria ed alla vigilanza dell’autorita’ di Governo competente in
materia di spettacolo; f) demanda i criteri di riparto della quota
del Fondo unico per lo spettacolo da destinare alle medesime
fondazioni ad un decreto del Ministro per i beni e le attivita’
culturali in relazione alla quantita’ e qualita’ della produzione
offerta ed agli interventi posti in essere per la riduzione della
spesa (art. 24).
Il procedimento di trasformazione, che era stato soltanto
delineato dagli artt. 5 ss. del d.lgs. n. 367 del 1996, e’ stato
realizzato successivamente con il d.lgs. 23 aprile 1998, n. 134
(Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni
concertistiche assimilate, a norma dell’art. 11, comma 1, lettera b,
della legge 15 marzo 1997, n. 59). Con esso il Governo ha abrogato,
sul punto, il precedente provvedimento legislativo e ha disposto
direttamente per legge la trasformazione in oggetto, ritenendo che la
veste giuridica privata consentisse ai suddetti enti di svolgere piu’
proficuamente la propria attivita’. La Corte costituzionale ha,
tuttavia, dichiarato l’illegittimita’ del d.lgs. da ultimo citato per
eccesso di delega (sentenza n. 503 del 2008). In seguito, pero’,
l’art. 1 del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 345 (Disposizioni
urgenti in tema di fondazioni lirico-sinfoniche), convertito in
legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 26 gennaio 2001, n.
6, ha nuovamente disposto la trasformazione in fondazioni di diritto
privato degli enti lirici, con decorrenza dal 23 maggio 1998. E cio’
al fine di salvaguardare con effetto ex tunc l’uniformita’ e la
continuita’ degli assetti istituzionali gia’ riformati dal d.lgs. n.
134 del 1998.
E’ in tale contesto che si inserisce il decreto-legge n. 64 del
2010, emanato con l’obiettivo primario di incidere
sull’organizzazione e sul funzionamento delle fondazioni
lirico-sinfoniche con «un primo, immediato e urgente intervento volto
a riformare, negli assetti fondamentali, un settore in profonda crisi
come quello […] lirico-sinfonico […] al fine di razionalizzare le
spese degli enti lirici [per il solo personale di entita’ superiore
al valore economico del finanziamento statale] e nel contempo
implementare, oltre alla produttivita’ del settore, i livelli di
qualita’ delle produzioni offerte» (cosi’ la relazione al disegno di
legge di conversione presentato al Senato della Repubblica il 30
aprile 2010).
L’art. 1, specificamente impugnato in questa sede, introduce una
serie di disposizioni, demandandone al Governo la prescrizione in
termini analitici «con uno o piu’ regolamenti», per il sistematico
riordino del settore lirico-sinfonico, in ossequio ai principi di
efficienza, correttezza, economicita’ ed imprenditorialita’, di
autonomia nei limiti stabiliti dagli indirizzi dell’autorita’
ministeriale, culminanti nel potere di approvazione dello statuto, di
adeguata vigilanza sulla gestione economico-finanziaria, di
disciplina organica della contrattazione collettiva, di eventuale
previsione di forme organizzative speciali per le fondazioni liriche
in relazione «alle loro peculiarita’, alla loro assoluta rilevanza
internazionale, alle loro eccezionali capacita’».
5.2. – Cosi’ ricostruito il quadro normativo su cui il
legislatore statale e’ ora intervenuto con il decreto-legge
censurato, la Corte ritiene che la norma impugnata, diretta a
revisionare organicamente il settore lirico-sinfonico, prendendo le
mosse dalla riorganizzazione delle fondazioni ad esso preposte,
afferisce alla materia «ordinamento e organizzazione amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali», contemplata nella
richiamata lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost.
Sulla qualificazione in senso pubblicistico degli enti lirici,
ancorche’ privatizzati, si registra anche una sostanziale convergenza
delle parti, nel solco peraltro di una giurisprudenza prevalente
(Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 2637 del
2006; T.A.R. Liguria, sez. II, sentenza n. 230 del 2009; T.A.R.
Sardegna, sez. II, sentenza n. 1051 del 2008). Si ritiene, infatti,
concordemente che, nonostante l’acquisizione della veste giuridica
formale di «fondazioni di diritto privato», tali soggetti conservino,
pur dopo la loro trasformazione, una marcata impronta pubblicistica.
Anche questa Corte, in un altro caso in cui, analogamente, le
attivita’ dell’ente eccedevano la dimensione regionale o locale, ha
rilevato – sia pure sotto la vigenza del precedente art. 117 Cost. –
che la "Societa’ di cultura La Biennale di Venezia", dopo la
privatizzazione, aveva mantenuto «la funzione di promuovere attivita’
permanenti e di organizzare manifestazioni internazionali inerenti la
documentazione nel campo delle arti» e continuava ad assolvere, pur
nella nuova forma privata assunta, compiti di interesse nazionale
(sentenza n. 59 del 2000).
Gli indici della connotazione pubblica degli enti lirici sono,
peraltro, molteplici e ravvisabili nella preminente rilevanza dello
Stato nei finanziamenti, nel conseguente assoggettamento al controllo
della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 15, comma 5, del d.lgs. n.
367 del 1996, nel patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, confermato
dall’art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 345 del 2000,
nell’inclusione nel novero degli organismi di diritto pubblico
soggetti al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). In particolare, il tenore della
citata disciplina sugli appalti pubblici, di derivazione comunitaria,
appare molto eloquente, perche’ riconosce a livello legislativo la
compatibilita’ della nozione di organismo di diritto pubblico con la
forma giuridica privata dell’ente («anche in forma societaria»),
purche’ l’ente stesso risulti, come nella specie, istituito per
soddisfare esigenze d’interesse generale, dotato di personalita’
giuridica e finanziato in modo maggioritario dallo Stato o da altri
enti pubblici (art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006).
Alla natura pubblica di tali enti – non controversa – la Corte
ritiene che si accompagni il carattere nazionale dei medesimi. E cio’
non tanto perche’ suggerito dall’indicazione del loro rilievo
nazionale, costantemente presente in tutta la normativa di
riferimento come attributo qualificante di essi, ma soprattutto
perche’ le finalita’ delle anzidette fondazioni, ossia la diffusione
dell’arte musicale, la formazione professionale dei quadri artistici
e l’educazione musicale della collettivita’ (art. 3 del d.lgs. n. 367
del 1996, che ripete la formulazione dell’art. 5 della legge n. 800
del 1967), travalicano largamente i confini regionali e si proiettano
in una dimensione estesa a tutto il territorio nazionale. Sono
significativi, d’altronde, del fatto che non si tratta di attivita’
di spettacolo di interesse locale gli ingenti flussi di denaro con
cui lo Stato ha sovvenzionato e continua a sovvenzionare tali
soggetti.
Anche il confronto con i teatri di tradizione e le altre
istituzioni concertistico-orchestrali, protagonisti – essi si’ –
della programmazione di attivita’ musicali in ambito ben circoscritto
(art. 28 della legge n. 800 del 1967), evidenzia chiaramente la
vocazione, per contro, spiccatamente nazionale di quel gruppo di enti
lirici di eccellenza (che, non a caso, si e’ ritenuto di ampliare con
legge dello Stato, includendovi la «Fondazione lirico-sinfonica
Petruzzelli e Teatri di Bari» costituita ex art. 1 della legge n. 310
del 2003), la rilevanza generale delle finalita’ perseguite e
l’ampiezza delle attivita’ svolte.
Da quanto precede risulta chiaro che interventi di riassetto
ordinamentale ed organizzativo del tipo di quello prefigurato dal
censurato art. 1 – incidendo profondamente in un settore dominato da
soggetti che realizzano finalita’ dello Stato – devono essere
ascritti alla materia «ordinamento e organizzazione amministrativa
[…] degli enti pubblici nazionali», di competenza esclusiva statale
ex art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.
D’altro canto, l’assoggettamento – «per quanto non espressamente
previsto dal presente decreto» (art. 4 del d.lgs. n. 367 del 1996) –
alla disciplina del codice civile e delle disposizioni di attuazione
del medesimo, colloca per questo aspetto residuo le fondazioni in
esame, munite di personalita’ giuridica di diritto privato pur
svolgendo funzioni di sicuro rilevo pubblicistico, all’interno
dell’ordinamento civile, materia, anche questa, rientrante nella
competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost.
5.3. – La legittimazione dello Stato a doppio titolo (art. 117,
secondo comma, lettere g e l, Cost.) nel disciplinare il riordino del
settore lirico-sinfonico ed il riassetto degli enti pubblici ivi
impegnati, e’ coerente, oltre che con l’esigenza gia’ ricordata di
tutelare direttamente ed efficacemente i valori unitari e fondanti
della diffusione dell’arte musicale, della formazione degli artisti e
dell’educazione musicale della collettivita’ (art. 3 del d.lgs. n.
367 del 1996), segnatamente dei giovani, anche con lo scopo
dichiarato dalla legge di trasmettere i valori civili fondamentali
tradizionalmente coltivati dalle piu’ nobili istituzioni teatrali e
culturali della Nazione (art. 1, comma 1-bis, lettera g, del
decreto-legge n. 64 del 2010, aggiunto dalla legge di conversione n.
100 del 2010).
Tali obiettivi costituiscono, infatti, esplicazione dei principi
fondamentali dello sviluppo della cultura e della tutela del
patrimonio storico e artistico della Nazione, di cui all’art. 9,
primo e secondo comma, Cost., che solo una normativa di sistema degli
enti strumentali dettata dallo Stato puo’ contribuire a realizzare
adeguatamente. Ne’ e’ un fuor d’opera, da questo punto di vista,
richiamare, altresi’, il modello delle istituzioni di alta cultura,
che autorizza lo Stato a limitare, con una propria disciplina,
l’autonomia ordinamentale ad esse riconosciuta (art. 33, sesto comma,
Cost.).
In tale ultima prospettiva, questa Corte ha gia’ affermato che lo
sviluppo della cultura (art. 9 Cost.) giustifica un intervento dello
Stato «anche al di la’ del riparto di competenze per materia tra
Stato e Regioni di cui all’art. 117 Cost.» (sentenza n. 307 del 2004)
e che un valore costituzionalmente protetto come la ricerca
scientifica (artt. 9 e 33 Cost.), «in quanto tale in grado di
rilevare a prescindere da ambiti di competenze rigorosamente
delimitati», rende ammissibile un intervento "autonomo" statale, non
solo in relazione alla disciplina delle «istituzioni di alta cultura,
universita’ ed accademie», ma anche se si riflette, al di fuori di
detta sfera, su una materia di competenza concorrente, come, appunto,
l’attivita’ di ricerca scientifica (sentenza n. 31 del 2005).
E cio’ a prescindere da ogni richiamo, pure ipotizzabile,
all’area della tutela "conservativa" dei beni culturali, anch’essa
appannaggio della sola competenza legislativa dello Stato (art. 117,
secondo comma, lettera s, Cost.).
5.4. – In conclusione, la dimensione unitaria dell’interesse
pubblico perseguito, nonche’ il riconoscimento della "missione" di
tutela dei valori costituzionalmente protetti dello sviluppo della
cultura e della salvaguardia del patrimonio storico e artistico
italiano, confermano, sul versante operativo, che le attivita’ svolte
dalle fondazioni lirico-sinfoniche sono riferibili allo Stato ed
impongono, dunque, che sia il legislatore statale, legittimato dalla
lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost., a ridisegnarne il
quadro ordinamentale e l’impianto organizzativo.
Le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte per
l’affermazione di una competenza esclusiva dello Stato ricorrono
quindi tutte (sentenze n. 405 e n. 270 del 2005).
5.5. – La riconduzione dell’ambito materiale regolato dalla norma
impugnata a sfere di competenza esclusiva dello Stato destituisce di
fondamento anche gli ulteriori motivi di censura proposti dalla
ricorrente.
Nelle materie di cui all’art. 117, secondo comma, Cost., la
potesta’ regolamentare spetta, salvo delega, proprio allo Stato (art.
117, sesto comma, Cost.).
Neppure ha rilievo la mancata previsione dell’intesa con la
Conferenza unificata, perche’ nei settori di esclusiva competenza
statale e’ sufficiente il parere (sentenze n. 142 e n. 133 del 2008),
peraltro ritenuto adeguato persino in ipotesi d’incidenza
dell’intervento legislativo dello Stato su plurime competenze
correlate (sentenza n. 51 del 2005). E cio’ senza tralasciare di
osservare che il legislatore statale ha avuto cura di inserire – sub
comma 1-bis dell’impugnato art. 1, aggiunto dalla legge di
conversione n. 100 del 2010 – l’ulteriore criterio direttivo di «a)
prevedere l’attivazione di un percorso che coinvolga tutti i soggetti
interessati, quali le Regioni, i comuni, i sovrintendenti delle
fondazioni, le organizzazioni sindacali rappresentative», che viene
pienamente incontro alle istanze partecipative di tutti i soggetti a
vario titolo coinvolti nel processo di riforma del settore
lirico-sinfonico, attribuendo anche alle Regioni il potere
d’interloquire al riguardo.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine
alle questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 4 del
decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (Disposizioni urgenti in materia
di spettacolo e attivita’ culturali), come convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, promosse, in
riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 della
Costituzione, nonche’ al principio di leale collaborazione, dalla
Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe;
Dichiara non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale
dell’art. 1 del decreto-legge n. 64 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 100 del 2010, promosse, in riferimento
agli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118 Cost., nonche’ al
principio di leale collaborazione, dalla Regione Toscana con il
ricorso indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2011.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Mazzella

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria il 21 aprile 2011.

Il direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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