Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione V Sentenza n. 11154 del 2006 deposito del 30 marzo 2006 INGIURIA E DIFFAMAZIONE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

In fatto

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Cagliari, sezione di Sassari, confermava la sentenza 30/6/2003che aveva assolto A.G. D.L., M.G. M., G. F., A.S., G.R., P.P., P.P., C.M., S.S., F.A. S., M.C., M.A. P., P.O., c.c., G.C., c.c., M.A. P. e F.C. dal reato loro ascritto di diffamazione ai danni di C.L., commesso il 31/8/1998, per aver agito nell’esercizio di un diritto.

Il fatto era costituito dalla presentazione di un esposto al Provveditorato agli Studi di Sassari che L.C., insegnante dell’ITC di Chiesi, sosteneva offensivo della propria reputazione, perché in esso si censurava il suo comportamento professionale affermandosi che nel corso dell’anno scolastico non aveva fornito agli studenti il necessario supporto didattico; che aveva contribuito a creare negli studenti problemi di natura psicologica a causa degli atteggiamenti arroganti tenuti, corredati talvolta da espressioni non proprio civili e alle disparità di trattamento riservate agli alunni, specie di sesso maschile; che nell’esercizio della sua attività aveva omesso le interrogazioni durante l’anno scolastico e le aveva talvolta sostituite con prove scritte, del cui esito gli alunni erano stati informati solo in occasionali colloqui.

Ha proposto ricorso la persona offesa costituita parte civile lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al ritenuto diritto di critica.

La sentenza impugnata sarebbe illogica e contraddittoria ed in assenza della verità oggettiva dei fatti denunciati sarebbe errata l’applicazione della scriminante.

In diritto

Il ricorso è infondato.

l’esposto risulta pacificamente indirizzato al Provveditore agli studi e sollecitava la sua attività di vigilanza e censura sul comportamento professionale della insegnante ricorrente, che secondo gli imputati non era consono alla sua funzione di docente e di educatore.

Precedevano alcuni addebiti specifici, la maggior parte dei quali, e certamente tutti quelli riportati del capo di imputazione, erano stati ovviamente riferiti agli imputati dai figli, alunni della L:

il Tribunale dava atto della copiosa acquisizione probatoria, citando e illustrando nei contenuti le disposizioni di genitori e alunni, degli imputati, del Preside e dell’ex Preside, il verbale di un?assemblea di classe precedente l’esposto, nonché i documenti prodotti dalla persona offesa, giungendo, in fatto, alla conclusione che era indubbiamente emersa una situazione di innegabile tensione fra gli alunni e l’insegnante.

l’insoddisfazione degli alunni e dei loro genitori risultava provata, secondo il Tribunale, non solo dalle dichiarazioni di costoro, quanto soprattutto dai documenti acquisiti e dalle dichiarazioni dell’ex Preside.

Sicché poteva affermarsi che gli imputati avevano redatto l’esposto legittimamente esercitando il loro diritto di critica.

La Corte di appello, investita dall’impugnazione della L., confermava tale valutazione, richiamando in particolare, e riportando, la testimonianza dell’ex Preside e osservando che la critica aveva tratto argomento dall’esperienza personale, per come raccontata dai figli vissuta nelle assemblee di classe, degli imputati ed era stata espressa in termini corretti nell’esposto indirizzato, su consiglio dello stesso Preside, al Provveditore.

l’esposto, peraltro, non aveva neppure vera e propria capacità diffamatoria in quanto, promosso all’interno dell’istituzione scolastica, fu poi inviato, dai soggetti legittimati a farlo, solo ed esclusivamente all’autorità gerarchicamente superiore deputata al dovuto controllo.

Basterebbe tale considerazione sull’assenza di comunicazione a più persone, incontestata e incensurabile in fatto, ad escludere la sussistenza del reato contestato.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, difatti, in tema di diffamazione è da escludere che sussiste il necessario requisito della divulgazione dell’offesa allorché si presenti un reclamo contro una determinata persona, affinché siano presi provvedimenti contro di essa, dirigendolo personalmente al titolare dell’ufficio o al preposto competente, salvo che esso risulti destinato, obiettivamente e nelle intenzioni dei proponenti, ad essere riferito o comunicato ad altri (Sez. 5, sentenza n. 1794 del 5/11/1998; Sez. 5, sentenza n. 31728 del 16/6/2004).

La difesa della ricorrente ha appuntato anche su questo le sue critiche, ma senza ragione, perché, assolti gli imputati per aver agito esercitando un diritto, non ha interesse a dolersi che la Corte di appello motivi anche sull’insussistenza del fatto.

Osserva peraltro il Collegio che se pure si prescinde da tale aspetto e si considera il fatto sotto il profilo dell’esercizio del diritto, il ricorso non può essere accolto.

A base delle doglianze della difesa della ricorrente sta la prospettazione che non può ammettersi legittimo esercizio di critica se manca la prova della verità del fatto criticato.

l’asserzione è in teoria esatta ma presume, per come è argomentata, una distinzione tra proposizioni asseverative e proposizioni valutative che riconduce alla prime solo fatti materiali misurabili; mentre deve ammettersi che esistono giudizi di valore che non possono che essere espressi in base a presupposti indimostrabili in termini, esterni, di realtà (non misurabili: è bello, è brutto, ovvero è bravo o non lo è), dei quali può predicarsi soltanto un controllo di verità, secondo criteri interni, verificando che siano equanimi, non contraddittori, esaustivi (non parziali).

Nel caso in esame l’esposto, o reclamo che dir si voglia, aveva ad oggetto, secondo quanto non implausibilmente ritenuto dai giudici di merito, lo stato di insoddisfazione di alunni e genitori nei confronti dei metodi e dell’atteggiamento dell’insegnante, della quale nella sostanza si dubitava che fosse una brava insegnante e una brava educatrice, invocandosi una verifica del Provveditore sul punto.

Sicché il suo contenuto era certamente composito: affermandosi, da un lato, l’esistenza di fatti quali lo stato di insoddisfazione e di disagio, dimostrati, per quanto si poteva, nell’esposto sulla base del narrato degli alunni e del constatato negli incontri, e provati in giudizio principalmente sulla base dei continui contrasti e delle difficoltà di rapporti raccontati dall’ex Preside; invocandosi, dall’altro, un controllo sulla professionalità dell’insegnante mediante una richiesta al suo superiore che costituiva in se stessa esercizio del diritto ad un?istruzione adeguata, ma che per sortire effetto non poteva non essere corredata dai motivi della lamentela.

Il ricorso deve perciò essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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