Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione III Sentenza n. 8192 del 2006 deposito del 08 marzo 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Considerato in fatto e diritto

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Trento, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal G.I.P. del tribunale di Trento in data 4.10.2005, di un’area adibita a pista da sci, per esser stati eseguiti nel corso della esecuzione dei lavori di sistemazione della predetta pista interventi in violazione della normativa paesaggistica, ma ha limitato l’area sottoposta a sequestro alla zona ritenuta oggetto degli interventi abusivi. L’ordinanza ha osservato che rientra tra i poteri del giudice penale sindacare la legittimità dei provvedimenti amministrativi che consentono l’esercizio di attività sottoposte a comminatoria di sanzione penale e che, nel caso in esame, l’autorità amministrativa, nel rilasciare le autorizzazioni che hanno consentito l’esecuzione dei lavori, ha del tutto ignorato la problematica derivante dalla esistenza della grotta interessata dai lavori di sistemazione della pista, mentre si palesa indubbio che la cosiddetta legge Galasso si applica anche al territorio del trentino.

L’ordinanza ha osservato, altresì, che la cessazione della esecuzione dei lavori non fa venir meno le esigenze di prevenzione che la misura cautelare è destinata a soddisfare, quale il protrarsi della offesa al bene protetto dalla norma.

Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso i difensori degli indagati, T? D? e F? G?, che la denunciano con due motivi di gravame.

I ricorrenti premettono in punto di fatto che la società Paganella 2001, proprietaria della pista da sci "Dosso Larici", previa attivazione del complesso iter amministrativo previsto dalla legge, aveva ottenuto dalla Giunta provinciale di Trento il provvedimento autorizzatorio richiesto (cosiddetta v.i.a.) e successivamente, in data 30.12.2003, la concessione edilizia n. 937/02 dal Comune di Fai della Paganella per la esecuzione di lavori di sistemazione ed ampliamento della pista da sci; che con esposto inviato il 23.7.2004 alla Procura della Repubblica di Trento la società speleologica italiana aveva reso noto che, secondo quanto appreso dalla stampa trentina, una grotta naturale denominata "bus del giaz" era stata interessata dai lavori di allargamento e sistemazione della pista da sci; che a seguito delle indagini di polizia giudiziaria disposte dalla Procura della Repubblica, dalle quali era emerso che i lavori di sistemazione della pista da sci erano conclusi da tempo, il P.M. aveva chiesto ed il g.i.p. disposto il sequestro preventivo dell’intera pista da sci, sequestro poi limitato dal tribunale del riesame ad un’area di piì ridotte dimensioni. Tanto premesso, si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 321 c.p.p., nonché la carenza assoluta di motivazione dell’ordinanza in punto di sussistenza del fumus del reato oggetto di indagine.

Si osserva che i ricorrenti sono indagati per i reati di cui all’art. 181 del D. L.vo n. 42/04 e 734 c.p. per avere eseguito lavori su beni sottoposti a vincolo paesaggistico in difetto della legittima autorizzazione e distrutto la grotta speleologica denominata "bus del giaz", ma che nel caso in esame non potevano ritenersi sussistenti gli estremi dei reati oggetto di indagine, in quanto i lavori sono stati eseguiti in conformità delle prescritte autorizzazioni urbanistiche e paesaggistiche; che, inoltre, il reato di cui all’art. 734 c.p. non può ritenersi sussistente nell’ipotesi di interventi assentiti da un’autorizzazione rilasciata regolarmente, sicché non potevano ritenersi sussistenti non solo l’elemento psicologico del reati, ma la stessa antigiuridicità del fatto.

Si osserva, poi, che i giudici del riesame per ritenere configurabili i reati oggetto di indagini hanno sostanzialmente disapplicato i provvedimenti amministrativi che avevano autorizzato l’esecuzione dei lavori, pur non risultando che gli stessi fossero conseguenza di un’attività illecita dei privati o frutto della collusione di questi ultimi con la pubblica amministrazione; che, peraltro, contrariamente a quanto affermato nella ordinanza impugnata, la Provincia Autonoma di Trento ha piena autonomia normativa in materia di paesaggio, ai sensi dell’art 8 dello Statuto Speciale per il Trentino Alto Adige di cui al D.F.R. 31.8.1972 n. 670; autonomia che è stata esercitata mediante la Legge provinciale 5.9.1991 n. 22, il cui art. 14 prevede l’adozione di un Piano Urbanistico Provinciale nel quale vengono individuate le zone di interesse ambientale naturalistico da sottoporre a tutela del paesaggio; che, ai sensi della disposizione citata, inoltre, devono essere sottoposte a tutela le montagne per la parte eccedente i 1600 metri sul livello del mare, nonché, in base all’ultimo Piano Urbanistico Provinciale approvato con L.F. 7.8.2003 n. 7, alcune grotte esistenti nel territorio interessato dai lavori, tra le quali non è compresa la cavità denominata "bus del giaz", sicché quest’ultima non è stata ritenuta meritevole di tutela dall’autorità competente.

Con il secondo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione dell’art. 321 c.p.p., nonché la carenza assoluta di motivazione dell’ordinanza in punto di sussistenza del periculum.

Premesso che al momento del sequestro i lavori di allargamento della pista erano ultimati da oltre un anno, si deduce che il sequestro preventivo di un’opera ultimata deve essere fondato sullo accertamento della esistenza di un pericolo concreto ed attuale che la libera disponibilità dell’opera, ritenuta abusiva, possa aggravare le conseguenze antigiuridiche del reato già consumato; che, nella specie, il tribunale del riesame si è limitato ad affermare il principio di diritto concernente la possibilità di sottoporre a sequestro delle opere ultimate, omettendo qualsiasi motivazione in ordine alla concreta sussistenza del pericolo che dovrebbe rendere legittimo il sequestro.

II ricorso è fondato.

Il principio di diritto cui si riferiscono i giudici del riesame, secondo il quale in materia di interventi edilizi rientra tra i compiti del giudice non solo quello di accertare la regolarità formale dell’attività edilizia, per la presenza del corrispondente permesso di costruire, ma altresì sostanziale, mediante il riferimento ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia, presuppone che il controllo di legalità venga effettuato alla luce della puntuale indicazione degli elementi normativi o degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi, con i quali l’attività di trasformazione del territorio, malgrado l’autorizzazione ottenuta dall’indagato, risulti in contrasto (cfr. sez. un. 199311635, P.M. in proc. Borgia ed altri, riv. 195359 e di recente sez. III, 200304877, Tarini, riv. 223533).

Orbene, l’ordinanza impugnata non contiene alcuna indicazione in ordine agli specifici vincoli di ordine legislativo o afferenti alla regolamentazione locale che, sia pure nella prospettazione accusatoria, sarebbero stati violati dagli indagati, ed in contrasto con i quali sarebbe stata ottenuta da questi ultimi l’autorizzazione rilasciata dalla competente autorità amministrativa, salvo il generico riferimento alla cosiddetta legge Galasso, dalla cui applicazione deriva solo l’esistenza, peraltro incontroversa, del vincolo paesaggistico.

La illegittimità del provvedimento autorizzatorio viene, invece, desunta dai giudici del riesame, dalla omessa considerazione da parte dell’autorità amministrativa della esistenza della grotta di cui si tratta, senza alcun riferimento all’eventuale strumento paesaggistico locale che la individui, vietandone la modificazione.

In proposito, come rilevato nella narrativa che precede, i ricorrenti contestano che il Piano Urbanistico Provinciale individui la cavità denominata "bus del giaz" tra i siti specificamente ritenuti meritevoli di tutela.

Sul punto deve essere, quindi, affermato, quale principio di diritto, che non rientra tra i poteri dell’autorità giudiziaria ordinaria sindacare nel merito le valutazioni della pubblica amministrazione competente per la individuazione delle zone soggette a vincolo paesaggistico al di fuori delle ipotesi normativamente stabilite.

La ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto dei rilievi che precedono.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame del secondo in punto di esigenze cautelari, su cui dovrà comunque pronunciarsi il giudice di merito.

P.Q.M.

La Corte annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Trento per un nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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