Cass. pen., sez. III 01-02-2006 (19-12-2005), n. 3945 BELLEZZE NATURALI – Rimessione in pristino spontanea delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Osserva

Con sentenza in data 1 giugno 2004 la Corte di Appello di Ancona confermava la condanna alla pena dell’arresto (convertendola in quella pecuniaria corrispondente) e dell’ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a D. Mauro quale responsabile di avere, senza la prescritta autorizzazione, realizzato, in zona vincolata, un bar costituito da tre strutture di cemento armato, nonché una parere divisoria lunga oltre 10 metri, opere successivamente demolite.

Rilevava la Corte che l’intervenuta demolizione non era idonea a produrre l’effetto estintivo di cui all’articolo 181, comma 1quinquies, del D.Lgs. 42/2004, introdotto dalla legge 308/2004 perché la demolizione era stata effettuata dopo l’ingiunzione a demolire emessa dal Comune di Pedaso in data 16 luglio 2001, e, comunque, oltre il termine prefissato del 26 luglio 2001, essendo stata accertata con verbale dell’8 novembre 2001 l’omessa demolizione.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla negata applicazione della causa estintiva del reato a seguito dell’avvenuta demolizione delle opere perché «non si comprende se la Corte d’Appello abbia considerato ostativa al riconoscimento della speciale causa estintiva l’ordinanza in sé ovvero l’infruttuoso decorso del tempo concesso per l’adempimento della stessa».

Mancando negli atti la relazione di notifica del provvedimento amministrativo, non è possibile stabilire il dies a quo ai fini dell’accertamento dell’inadempimento.

Inoltre, la rimessione in pristino era stata tempestivamente eseguita prima che la Pa l’effettuasse d’ufficio e a proprie spese.

Deduceva, altresì, il ricorrente che la pena inflittagli doveva essere ridotta perché l’eliminazione delle opere aveva sanato ogni danno ambientale.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Con memoria del 30 novembre 2005 il ricorrente eccepiva la prescrizione del reato.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Dispone l’articolo 181 1quinques del D.Lgs. 42/2004 che «la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue Il reato di cui al comma 1».

l’ordine impartito dall’autorità amministrativa è l’intimazione di ripristinare lo stato dei luoghi che è rivolto all’autore dell’abuso e che, ove rimanga inadempiuto, dà luogo ad esecuzione d’ufficio a spese dell’obbligato.

La nuova fattispecie estintiva può configurarsi soltanto se l’autore dell’abuso si attivi spontaneamente alla rimessione in pristino e, quindi, prima che la Pa la disponga perché l’effetto premiale può realizzarsi solo in presenza di una condotta che anticipi l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio.

Non merita, pertanto, adesione l’assunto difensivo secondo cui l’effetto estintivo conseguirebbe anche nel caso in cui l’ordine sia stato disposto d’ufficio e l’imputato abbia effettuato il ripristino anticipando l’esecuzione materiale da parte della Pa.

Nel caso in esame, risulta

che, con provvedimento 16 luglio 2001, l’Ufficio tecnico comunale ha ingiunto all’imputato di procedere, a sua cura e spese, alla demolizione delle opere abusive entro il termine di giorni 90 dalla notifica;

che, con verbale dell’8 novembre 2001, la Polizia municipale ha costatato l’inadempimento;

che la demolizione è stata accertata il 14 maggio 2002.

Essendo la rimessione in pristino avvenuta dopo l’emissione dell’ingiunzione, non ricorrono le condizioni per applicare la causa estintiva.

La determinazione della pena in prossimità del minimo edittale non richiedeva una più diffusa motivazione sul punto.

Il reato non è prescritto perché l’inammissibilità del ricorso, vertente su erronee argomentazioni giuridiche e su questioni in fatto correttamente esaminate in sede di merito, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Cassazione, sezioni unite, 32/2000, De Luca, Rv. 217266).

Grava sul ricorrente l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in euro 500,00.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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