Cass. pen., sez. II 30-01-2006 (19-01-2006), n. 3626 REATI CONTRO IL PATRIMONIO – CONTRAVVENZIONI – POSSESSO INGIUSTIFICATO DI CHIAVI ALTERATE O DI GRIMALDELLI – Concorso di persone nel reato – Ammissibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Osserva

Il difensore di c.c. e L.M.C. propone ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Matera il 28 settembre 2005, con la quale è stata respinta la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio effettuato a carico di entrambi gli indagati in ordine a vari oggetti atti allo scasso rinvenuti sulle loro persone in sede di perquisizione personale. Nel primo motivo viene dedotta la nullità del decreto di perquisizione e del pedissequo sequestro in quanto la perquisizione degli indagati sarebbe stata originata da una telefonata anonima che non poteva costituire legittima notitia criminis; la nullità della perquisizione si riverbererebbe, pertanto, anche sul sequestro. Si lamenta, poi, assenza di fumus in ordine al reato di cui all’art. 707 cod. pen. nei confronti della L. M., in quanto, contrariamente a quanto riferito dalla polizia giudiziaria, la stessa sarebbe incensurata. Si lamenta, infine, vizio di motivazione rilevante nella specie anche sul piano della violazione di legge, unico vizio deducibile in sede di ricorso in tema di cautele reati, attesa la radicale mancanza di motivazione in ordine alla necessità di apprendere il corpus delicti ai fini dell’accertamento del reato.

Il ricorso non è fondato. A proposito del primo motivo di ricorso, infatti, nel quale il ricorrente, sul presupposto della illegittimità della perquisizione, in quando disposta sulla base diuna notizia anonima, pretende desumerne un automatico effetto caducatorio anche in ordine al provvedimento di sequestro del corpo di reato – rispetto al quale è nella specie obbligatoria la confisca a norma dell’art. 240 cpv. cod. pen., n. 2), trattandosi di cose la detenzione delle quali costituisce reato (Cass., Sez. 5^, 27 marzo 1996, Berlingieri) – può osservarsi che la cosidetta teoria dei "frutti dell’albero avvelenato", fortemente resistita da autorevole dottrina, e rievocata, anche in tempi recenti, sotto il profilo della inutilizzabilità della prova incostituzionale, ha rinvenuto significative smentite da parte della giurisprudenza di questa Corte, più volte chiamata a pronunciarsi sul tema. Si è infatti in varie occasioni affermato, proprio in tema di sequestro, che l’accertata illegittimità della perquisizione non produce alcun rilievo preclusivo, qualora vengano acquisite cose costituenti corpo di reatoo a questo pertinenti, dovendosi considerare che il potere di sequestro, in quanto riferito a cose obiettivamente sequestrabili, non dipende dalle modalità con le quali queste sono state reperite, me è condizionato unicamente dalla acquisibilità del bene e dalla insussistenza di divieti probatori espliciti o univocamente enucleabili dal sistema; sottolineandosi, al riguardo, che le cose sequestrate nel corso di una perquisizione illegittima, devono comunque considerarsi apprese in forza del potere-dovere attribuito alla polizia giudiziaria dall’art. 354 cod. proc. pen., comma 2.

D’altra parte, la autonomia strutturale e funzionale che contraddistingue i presupposti e le forme della attività di ricerca della res, da un lato, e quella di apprensione ed assicurazione della cosa reperita, dall’altro, giustifica – sul piano della stessacoerenza sistematica – una valutazione differenziata tra la "perquisibilità" e la "sequestrabilità" che impedisce agli eventuali vizi della prima di infirmare, per "contaminazione", la validità e l’efficacia della seconda, anche per ciò che attiene ai profili di utilizzazione processuale. Le stesse Sezioni unite di questa Corte, infatti, hanno a tal proposito avuto modo di sottolineare – pronunciandosi, proprio, in una fattispecie relativa a perquisizione illegittima ed a successivo sequestro di cose pertinenti a reato, ritenuto atto dovuto – che l’inosservanza delle formalità prescritte dalla legge ai fini della legittima acquisizione della prova nel processo non è, di per sè, sufficiente a rendere quest’ultima inutilizzabile, per effetto di quanto disposto dal primo comma dell’art. 191 cod. pen. Ed invero, quest’ultimanorma, se ha previsto l’inutilizzabilità come sanziona di carattere generale, applicabile alle prove acquisite in violazione ai divieti probatori, non ha, per questo, eliminato lo strumento della nullità, in quanto le categorie della nullità e della inutilizzabilità, pur operando nell’area della patologia della prova, restano distinte e autonome, siccome correlate a diversi presupposti: la prima, attenendo sempre e soltanto all’inosservanza di alcune formalità di assunzione della prova – vizio che non pone il procedimento formativo o acquisitivo completamente al di fuori del parametro normativo di riferimento, ma questo non rispetta in alcuni dei suoi peculiari presupposti – la seconda, presupponendo, invece, la presenza di una prova "vietata" per la sua intrinseca illegittimità oggettiva, ovvero per effetto del procedimento acquisitivo, la cui manifesta illegittimità lo pone certamente al di fuori del sistema processuale (Cass., Sez. un., 27 marzo 1996, Sala; v., anche, Cass., Sez. 6^, 9gennaio 2004, Scollo). Ma ancor più dirimente, agli effetti dell’odierno sindacato, è rilevare che, nella specie, appare destituita di qualsiasi fondamento la stessa premessa da cui ha tratto origine la riferita doglianza e, financo, la sua stessa ammissibilità. ÿ del tutto evidente, infatti, che l’eventuale questione di nullità della perquisizione perchè scaturita da fonte anonima, evocando, per di più, un accertamento di fatto, si sarebbe potuta (e dovuta) proporre nella conferente sede del gravame di merito; circostanza, questa, che non risulta essersi realizzata.

Ma v’è di più. Dalla stessa ordinanza impugnata, invero, emerge che la perquisizione degli indagati non si fondò affatto soltanto sulla segnalazione anonima pervenuta alle forze dell’ordine, giacchè, a seguito di quella segnalazione, la polizia giudiziaria individuò l’auto segnalata con a bordo gli indagati, la cui condotta successiva fu tale da ingenerare quegli elementi di convincimento e di sospettosulla cui base fu effettuata la perquisizione: dunque, fattori indizianti autonomamente acquisiti e tali da legittimare la successiva attività di perquisizione.

ÿ infondato anche il secondo motivo di ricorso, nel quale si sottolinea la mancanza, in capo alla indagata L.M., della qualità di già condannato, che costituisce presupposto del reato di cui all’art. 707 cod. pen., con il conseguente venire meno del relativo fumus ai fini del disposto sequestro. Si trascura, infatti, la circostanza che – attese le modalità dei fatti – l’ipotesi di accusa sia di tipo concorsuale, con le ovvie conseguenze che da ciò scaturiscono. Benchè, infatti, l’art. 707 cod. pen. contempli un reato a soggetto attivo qualificato – giacchè la norma, stando alsuo tenore letterale, è applicabile solo a chi, essendo stato condannato per motivi di lucro, o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, è colto nel possesso ingiustificato degli oggetti o strumenti previsti nello stesso articolo – non per questo è da escludersi la possibilità del concorso ad opera di chi non versi nelle condizioni soggettive e oggettive richieste dalla norma stessa; con la conseguenza che concorre nel reato chi, pure immune da precedenti penali, si accompagna a persona che sa essere stata già condannata per uno dei reati previsti dallo stesso art. 707 cod. pen. ed è consapevole degli oggetti o strumenti da essa detenuti per la possibilità che ha di servirsi di detti strumenti o, per precedenti intese, di aiutare il compagno a servirsene. Pertanto, in tema di possesso ingiustificato di chiavi alterate e grimaldelli, è sufficiente, ai fini della configurabilità del concorso nel reato, anche da parte di incensurati, la consapevole disponibilità concreta ed immediata, da parte di più persone, degli arnesi predetti, mentre si appalesa del tutto irrilevante che tali oggetti appartengano originariamente ad uno soltanto dei correi, giacchè occorre dare rilievo alla possibilità di questi di servirsene ovvero di aiutare il proprietario a servirsene (Cass., Sez. 1^, 21 maggio 1977, Sardisco; Cass., Sez. 2^, 2 maggio 1983, Pastorboni; Cass., Sez. 2^, 16 aprile 1999, Dellerba).

Ugualmente destituito di fondamento è anche l’ultimo motivo di ricorso, in quanto, come adeguatamente puntualizzato nella ordinanza impugnata, il provvedimento di sequestro ha congruamente dato atto delle esigenze e della destinazione probatoria del sequestro stesso ai fini delle indagini, attraverso il chiaro riferimento alla necessità di svolgere i doverosi sviluppi investigativi allo scopo di accertare caratteristiche, provenienza e titolo di detenzione degli oggetti sottoposti al vincolo cautelare.

Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

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