Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione II Sentenza n. 2592 del 2006 deposito del 20 gennaio 2006 INFORTUNI SUL LAVORO Responsabilità penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 6.05.03 il Tribunale Monocratico di Termini Imerese dichiarava S? R? colpevole del reato di cui all’art. 633 cod. pen. (per aver arbitrariamente invaso una striscia di terreno di mt. 2,50 x 20) ai danni di C? R? e lo condannava alla pena di euro 200,00 di multa, oltre le spese processuali. Condannava altresì il predetto al risarcimento dei danni alla parte civile, C? R?, danni da liquidarsi in separata sede, nonché alla refusione delle spese di costituzione nella misura di euro 1.500,00.

Con sentenza del 18.2.04, depositata il 27.2.04, la Corte d’Appello di Palermo, Quarta Sezione Penale, confermava la sentenza sopra citata appellata da S? R?, avendo ritenuto la modifica della situazione di fatto per l’apposizione della recinzione in data 17 giugno 1998, recinzione che si diceva prima non esistente, con particolare riferimento alla deposizione geom. Ciaccio), condannando l’imputato al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Con ricorso depositato il 22.4.04 l’Avv. S? Francesco, difensore di fiducia di S? R?, impugnava la pronuncia d’appello svolgendo i motivi di gravame che in seguito saranno esaminati.

All’udienza odierna hanno avuto luogo la relazione della causa e la sua discussione nella quale il P.G. ed il difensore hanno assunto le conclusioni in epigrafe riportate.

Questa Corte ha quindi deliberato la presente sentenza che è stata pubblicata mediante lettura in udienza del solo dispositivo.

Motivi della decisione

Con il ricorso proposto avverso la sentenza di secondo grado il difensore dello S? ha dedotto ex art. 606, comma 1 °, lett. b) ed e) cod. proc. pen. l’erroneità, l’illogicità e comunque l’insufficienza della motivazione della sentenza in ordine all’affermazione della responsabilità del ricorrente in relazione al reato di cui all’art. 633 cod.pen., nonché l’assoluta mancanza di motivazione in ordine alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per maturata prescrizione ai sensi dell’art. 157 n. 4 cod. pen..

Rilevava infatti il difensore che la Corte d’Appello di Palermo avrebbe dovuto dichiarare non doversi procedere in ordine al reato ascritto al ricorrente perché a quella data era già maturata la prescrizione ai sensi dell’art. 157 n. 4 cod. pen. (prescrizione 5 anni reato punito con pena inferiore a 5 anni, nella specie reclusione fino a due anni).

La difesa del ricorrente lamenta poi che la Corte palermitana abbia escluso, con una telegrafica ed infondata asserzione, l’esistenza di una precedente recinzione ed abbia ritenuto che l’imputato avesse apposto la recinzione nel giugno 1998 a delimitazione del confine dividente i fondi finitimi delle parti in causa. Precisava come invece risultasse da documentazione che il confine di fatto fosse stato individuato dal C.T.U. e segnato in loco dal C.T.U. Geom. Giardina in data 25.3.1985 da paletti in ferro.

Con il secondo motivo di ricorso il difensore lamenta che la Corte d’Appello abbia tralasciato, senza alcuna ragione, l’esame della relazione del C.T.U. nominato dal Tribunale di Termini Imerese in sede civile, prodotta dalla parte offesa nel giudizio penale, e che sia precipitosamente giunta alla conclusione di confermare la sentenza impugnata senza addurre una motivazione logico-giuridica a fondamento della decisione.

Il difensore pertanto chiede l’annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.

Deve, innanzitutto, escludersi che il termine di prescrizione si sia già maturato.

Il delitto di invasione di terreni demaniali di cui agli artt. 633 e 639 cod. pen. ha natura permanente, atteso che l’offesa al patrimonio demaniale perdura sino a che continua l’invasione arbitraria del terreno al fine di occuparlo o di trame profitto (Cass. n. 2026 del 26.11/22.1.04, ric. P.M. in proc. Cavallo, Rv. 227949). In ogni caso, seppure si volesse andare di contrario avviso, la tesi accusatoria individua il fatto reato nella collocazione della recinzione in data 17 giugno 1998; onde il termine di prescrizione pari a 7 anni e sei mesi, verrà a maturazione il 17 dicembre 2005 e alla data dell’udienza odierna non si è, quindi, maturato.

Sono, invece, fondate le altre censure svolte dal ricorrente, risultando carente nel caso di specie una corretta applicazione dell’art. 633 cod. pen., con particolare riferimento all’elemento soggettivo del reato.

Infatti, il reato presuppone nell’agente il dolo specifico della occupazione della cosa altrui al fine di trarne profitto e la dimostrazione dell’esistenza dell’elemento soggettivo così connotato non discende in modo automatico dalla consapevolezza che la controparte contesta la legittimità dell’occupazione, come può essere nel caso di specie, ove pendeva una controversia civile per l’accertamento del confine tra la proprietà S? e la proprietà C?.

La consapevolezza di procedere ad attività edilizia su terreno demaniale in base ad un’autorizzazione paesistica illegittima, mentre non esclude la responsabilità penale per la violazione della normativa urbanistica, non implica necessariamente quella per la violazione dell’art. 633 cod. pen. (ed quelli di cui agli artt. 632 e 639, coc. pen., con il primo collegati). Il reato di invasione di terreni ed edifici è connotato da una specifica destinazione alla tutela degli interessi proprietari e presuppone nell’agente il dolo specifico della occupazione della cosa altrui al fine di trarne profitto. La dimostrazione dell’esistenza dell’elemento soggettivo così connotato non discende in modo automatico dalla consapevolezza che l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione, cui corrisponde una volontà effettiva di consentire l’attività edificatoria, è illegittima per violazione di legge.

Va poi considerato che la norma di cui all’art. 633 cod. pen. (invasione di terreni o edifici) intende tutelare non la proprietà in senso giuridico civilistico, bensì la posizione di fatto tra soggetto e bene; tuttavia si impone pur sempre, nel caso della imputazione di cui alla citata nonna, l’indagine sulla coscienza e volontà dello agente di porre in essere un comportamento intimamente connesso alla consapevole appartenenza del bene ad un altro soggetto. Così si è espressa questa Corte anche in altra simile fattispecie (vedi sent. n. 6949, del 17/05/1988 – 09/05/1989 sez. 2 ric. Oliva, Rv. 181298) relativa alla ritenuta insussistenza del reato per esclusione della consapevolezza della altruità del bene, in quanto gli imputati avevano inteso ripristinare un loro diritto, non importa se solo preteso o reale, e pertanto "non intendevano arbitrariamente invadere un terreno altrui".

L’accertata sussistenza nel caso di specie della recinzione mediante rete metallica sembra essere stata semplice sostituzione o completamento di una palificazione già in precedenza attuata, nel corso degli accertamenti della causa civile o comunque della contestazione esistente fra le parti circa gli esatti confini delle rispettive proprietà.

E’ stato affermato, da un’opinione giurisprudenziale che si ritiene di confermare nel presente caso, che la condotta tipica del reato consiste nell’introduzione dall’esterno in un fondo altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione: l’art. 633, infatti, non è posto a tutela di un diritto, ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia già in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato (Cass. 14.1.94, Lazoi).

L’immutazione dello stato dei luoghi cui fa riferimento la giurisprudenza citata dalla sentenza impugnata non può riferirsi di certo alla sostituzione di un manufatto (nella specie la rete) ad altro preesistente (i pali infissi a confine) e svolgente una funzione di delimitazione in tutto simile all’altro.

Del resto, è stato anche affermato da questa sezione della Corte che la sola consapevolezza dell’illegittimità dell’invasione di un altrui bene immobile non vale, di per sé, a rendere configurabile il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all’art. 633 cod.pen, caratterizzato dalla finalità di occupare l’immobile o di trame altrimenti profitto, non potendosi, in particolare confondere – nel caso di beni demaniali – l’elemento soggettivo richiesto per la fattispecie criminosa con quello sufficiente per l’illecito amministrativo dell’omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico (sent. n. 14799 del 24/01/2003 – 28/03/2003, ric. Ruffino, Rv. 226432).

Il comportamento di S? R?, pertanto, per quanto non conforme a diritto risultava mancare di quel dolo specifico necessario alla configurazione della fattispecie criminosa.

Il ricorso risulta pertanto fondato, dovendosi disporre l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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