Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione III Sentenza n. 560 del 2006 deposito del 11 gennaio 2006 SICUREZZA PUBBLICA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Motivi della decisione

Con sentenza 4 luglio 2003, il Giudice monocratico del Tribunale di Brindisi ha ritenuto XXX responsabile del reato previsto dall’art.59 c.5 DLvo 152/1999 (perché, quale legale rappresentante della XXX, effettuava lo scarico delle acque reflue uscenti dal depuratore a servizio dello insediamento superando i limiti di accettabilità) e l’ha condannata alla pena di giustizia.

La decisione del Tribunale è stata confermata dalla Corte di Appello di Lecce con la sentenza in epigrafe precisata.

Per giungere alla loro conclusione, i Giudici di merito hanno ritenuto che la violazione per cui è processo dovesse essere addebitata alla Lanzavecchia in assenza di una formale delega di funzioni ad altri soggetti; hanno escluso che la gestione dell’impianto di depurazione fosse stata affidata ad una ditta specializzata per carenza di prove sul punto; hanno reputato circostanza ininfluente l’asserito black aut del depuratore perché l’imprenditore deve predisporre tutti i presidi tecnici per fare fronte a possibili guasti.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputata ricorre in Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge.

Sostiene che le emergenze processuali avevano provato la esistenza di una persona addetta alla cura dello impianto che di fatto si occupava della sua gestione ; in tale contesto, i Giudici non hanno esplicitato la ragione per la quale responsabile del reato è stata ritenuta la rappresentante legale dell’ente.

Le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento.

La ricorrente incentra la sua strategia difensiva facendo leva sulla circostanza della sua estraneità alla conduzione dello impianto di depurazione affidata ad altra persona; tale situazione in fatto, non posta in discussione dalla Corte territoriale, non comporta le conseguenza giuridiche tratte dalla ricorrente in merito alla attribuibilità del reato.

All’interno delle imprese, soprattutto di grandi dimensioni, il soggetto titolare è gravato da numerosi obblighi, la cui inosservanza è sanzionata penalmente, ai quali può non essere in grado di adempiere di persona.

In considerazione di tale realtà, pur in assenza di una specifica previsione normativa, dottrina e giurisprudenza ammettono la trasferibilità di funzioni imprenditoriali, e connesse responsabilità penali, da un soggetto ad un altro a condizione che vi sia una delega dotata di particolari requisiti.

La delega è considerata ammissibile e rilevante alle seguenti condizioni: deve essere puntuale ed espressa senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri discrezionali di tipo decisionale; il soggetto preposto deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; il trasferimento di funzioni deve essere giustificato in base alle esigenze organizzative della impresa; unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i poteri decisionali e di spesa; l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo; la delega non deve riguardare le attività concernenti l’assetto organizzativo della impresa, che fa capo ai vertici della stessa, e non sono trasferibili a soggetti diversi.

Tutti questi requisiti sono stati enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità al fine di trovare un equilibrio tra due esigenze: quella di evitare che gli imprenditori siano chiamati a rispondere penalmente per l’inosservanza di adempimenti ai quali non possono ottemperare e quella di non permettere che il titolare originario di un obbligo, pur potendo adempiere, si liberi dello stesso e delle relative responsabilità trasferendo indebitamente "verso il basso" le sue funzioni ad un collaboratore.

In tale ottica, è necessario precisare che la individuazione in una impresa del soggetto responsabile della ottemperanza alle normt sulla tutela delle acque non può essere effettuata solo in base alle sue funzioni di fatto esercitate in assenza di una valida delega.

Applicando questo principio al caso concreto, si deve rilevare che la imputata aveva affidato la conduzione dello impianto di depurazione ad altro soggetto senza una formale, liberatoria delega di funzioni e, pertanto, non aveva trasferito ad altri i suoi doveri e creato una posizione di garanzia; di conseguenza, era gravata della responsabilità di sorvegliare di persona il funzionamento dello impianto e risponde penalmente per l’inadempimento del suo collaboratore a titolo di culpa in vigilando.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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