Cass. civ., sez. V 12-12-2005, n. 27343 TRIBUTI- CONTENZIOSO TRIBUTARIO – PROCEDIMENTO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. La società XXX, ricorre contro il Ministero delle Finanze (oggi Ministero dell’Economia e delle Finanze) per ottenere la cassazione della sentenza specificata in epigrafe. La parte intimata resiste con controricorso. La parte ricorrente ha depositato anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

1.2. La società ricorrente ha impugnato il silenzio-rifiuto formatosi dopo che la stessa aveva presentato istanza di rimborso di somme versate in eccedenza, a titolo di IRPEG ed ILOR, per il 1994, se fosse risultata fondata la pretesa erariale, secondo la quale, invece, quelle somme avrebbero dovuto essere versate con riferimento all’anno di competenza 1992. In fatto, è accaduto che, mentre ancora era pendente il termine per richiedere il rimborso dei versamenti diretti riferiti all’esercizio 1994 (non è contestata la tempestività della richiesta), funzionar della competente Direzione Regionale delle Entrate hanno redatto processo verbale di constatazione, a carico della società, recuperando a tassazione, per l’anno di competenza 1992, a titolo di sopravvenienze attive, gli interessi attivi maturati su contributi erogati dallo Stato (ai sensi del L. 219 del 1981, artt. 21 e 32). La società ha eccepito che l’importo degli interessi in questione era stato correttamente imputato a titolo di sopravvenienza attiva soltanto nel conto economico dell’esercizio 1994, per effetto della definitiv aattribuzione del contributo, dopo l’esito positivo del prescritto collaudo, intervenuto appunto nell’anno 1994. Cautelativamente, poi, la società, prima ancora che il rilievo venisse formalizzato in un atto di accertamento tributario, per non incorrere nella decadenza dal diritto di chiedere il rimborso (con il rischio di restare inciso due volte sulla base del medesimo presupposto, sol perchè riferito ad esercizi differenti), ha inoltrato l’istanza, rimasta senza risposta, che è all’origine dell’odierno contenzioso.

Successivamente, l’ufficio ha notificato l’avviso di accertamento, ritualmente impugnato dalla società, oggetto di altro contenzioso.

A sostegno dell’originario ricorso, proposto contro il silenzio rifiuto, formatosi sulla istanza di rimborso, la società lamentava che il mancato rimborso la esponeva al rischio di una doppia imposizione, nel caso in cui fosse divenuto definitivo l’accertamento riferito all’anno 1992. L’Ufficio replicava eccependo che il dirittoal rimborso non era attuale, ma era subordinato alla definizione dell’accertamento relativo all’anno 1992. Il giudizio di merito si è concluso, in entrambi i gradi, con il rigetto del ricorso della società.

1.3. A sostegno dell’odierno ricorso, la società denuncia:

a) carenze e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata e violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, nella parte in cui il giudice a quo ha ritenuto che la decisione della controversia relativa al rimborso di quanto pagato dalla società, in relazione all’anno 1994, dipende dall’esito del contenzioso relativo all’accertamento per il 1992, senza trarne le dovute conseguenze in termini di riunione dei procedimenti o di sospensione del giudizio dipendente, in attesa dell’esito del giudizio pregiudiziale e, comunque, senza assumere alcuna decisione di merito (omessa pronuncia);

b) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 38, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, art. 112 c.p.c. e art. 24 Cost., in forza dei quali la società ha dovuto necessariamente richiedere il rimborso entro il termine perentorio stabilito dal citato art. 38, senza potere attendere l’esito del giudizio relativo all’accertamento per il 1992, e poi ha dovuto proseguire la propria azione giudiziaria, secondo le scansioni temporali fissate dal D.Lgs. n. 546del 1992, pena la decadenza da ogni possibile iniziativa difensiva;

c) Omessa motivazione (rectius: omessa pronuncia) e violazione di legge in riferimento alla questione di merito, relativa alla corretta imputazione all’esercizio di competenza delle sopravvenienze attive in contestazione.

Motivi della decisione

2.1. Il ricorso appare fondato in relazione al primo motivo.

2.2. La Commissione Tributaria Regionale ha respinto il primo motivo di appello, formulato dalla società contribuente, relativo alla richiesta di riunione dei giudizi aventi ad oggetto le annualità 1992 e 1994, sulla base di una motivazione contraddittoria, insufficiente e giuridicamente errata.

2.3. Infatti, i giudici di appello scrivono che "Non sussistono?, i presupposti della riunione sia per la diversità dei soggetti sia in quanto è necessario, ?, che la sentenza emessa in relazione all’accertamento per il 1992 passi in cosa giudicata?".

L’affermazione che non sussistono i presupposti per la riunione, per la diversità dei soggetti, appare carente ed errata. Per un verso, non spiega perchè i soggetti sarebbero diversi (dalla narrativa sembra di capire che, in entrambi i giudizi, le parti siano la società XXX contro l’amministrazione finanziaria dello Stato), per altro verso ignora che, in ipotesi (v. D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29) la riunione dei procedimenti può essere disposta per ragioni di connessione oggettiva (si pensi al caso della tassazione degli utili societari distribuiti ai soci, quando l’oggetto del contenzioso sia costituito dall’ammontare complessivo degli utili distribuiti).

Inoltre, nella parte in cui i giudici di appello scrivono che "non sussistono?, i presupposti della riunione?in quanto è necessario?, che la sentenza emessa in relazione all’accertamento per il 1992 passi in cosa giudicato" è contraddittoria, perchè riconosce il vincolo della connessione o pregiudizialità tra le due cause e, poi, proprio per questa ragione (!), viene esclusa la possibilità della riunione. In altri termini, secondo i giudici del merito, non v’è alcun dubbio che ci troviamo in presenza di cause connesse, tanto che dall’esito di una di queste dipende l’esito dell’altra, ma proprio questa connessione è la ragione per la quale non si deve far luogo alla riunione dei procedimenti. La conclusione è evidentemente errata, e non tiene conto della esigenza primaria di ogni sistema processuale di prevenire, per quanto possibile, il conflitto di giudicati.

2.4. In definitiva, nella specie, i giudici di merito hanno riconosciuto la sussistenza del vincolo della connessione, quanto meno, oggettiva, senza peraltro spiegare perchè non vi sarebbero anche i presupposti della connessione soggettiva (vale a dire della identità delle cause). In presenza di questa situazione processuale acclarata, l’unica decisione che non doveva essere adottata, era proprio quella di lasciare che i due procedimenti procedessero ciascuno per la sua strada, con il rischio che potessero giungere a decisioni contraddittorie.

Come è noto, accanto ai rimedi per eliminare le situazioni di patologia processuale di contrasto di giudicati (art. 395 c.p.c., n. 5), l’ordinamento prevede rimedi preventivi che, ricorrendone i presupposti di legge, devono essere adottati. Non basta dire, come invece si legge nella sentenza impugnata, che, ad esempio, "la riunione dei procedimenti costituisce esercizio di facoltà discrezionale, la cui omissione non determina nullità". Tale affermazione, di per sè, confonde il concetto della discrezionalità con quello dell’arbitrio, ignora il diritto delle parti alla motivazione e l’obbligo del giudice di rispettare le regole del processo anche quando non siano previste a pena di nullità.

In definitiva, sussistendo il vincolo della connessione tra i due procedimenti tributari, il giudice del merito aveva le seguenti alternative:

a) decidere incidenter tantum sulla eventuale questione pregiudiziale, in forza di quanto dispone il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, art. 7, comma 5;

b) disporre la riunione dei procedimenti, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29;

c) disporre la sospensione del processo dipendente.

Il giudice di appello, invece, ha escluso di poter decidere il merito della corretta appostazione delle sopravvenienze attive secondo i criteri della competenza, in quanto è materia del ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno 1992 (riconoscendo, quindi, ancora una volta la connessione, se non l’identità, delle due regiudicande). Se ne può trarre la conclusione che i giudici di merito hanno escluso, in punto di fatto, di trovasi in presenza di una semplice questione incidentale, che poteva essere definita appunto incidenter tantum. D’altra parte, nel processo tributario, intanto si può parlare di "questione incidentale pregiudiziale", in quanto la questione "pregiudiziale" pendente dinanzi ad altro giudice tributario abbia il carattere della"incidentalità" necessaria nell’ambito del giudizio principale. Se invece la "questione" è oggetto diretto del petitum nell’ambito di entrambi i due diversi procedimenti, allora la fattispecie si risolve, a seconda dei casi, in un’ipotesi di "litispendenza" o di "continenza", e come tale deve essere disciplinata", se poi, "non si renda possibile l’applicazione dello strumento della "reductio ad unum" dei due procedimenti previa riunione degli stessi, per il fatto che essi risultino pendenti in gradi diversi, allora il rapporto di incidentalità-connessione "diviene presupposto per l’applicazione in via estensiva dell’art. 295 cod. proc. civ.. Ad un tal riguardo, ad una tale applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ. nel processo tributario non si pone di ostacolo la formulazione limitativa di cuial D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 (Cass. 1059/2002; conf.14281/2000; v. anche 17937/2004, 11140/2005).

Avendo escluso che la questione oggetto del contenzioso relativo all’esercizio 1992, potesse essere risolta in via incidentale, non perchè non incidesse sulla definizione del contenzioso relativo all’esercizio 1994, ma perchè si trattava della medesima controversia, la Commissione Regionale avrebbe dovuto verificare se sussistevano i presupposti per procedere alla riunione dei processi o alla sospensione di uno dei due, cosa che non ha fatto e che invece deve fare, per evitare il rischio che si concludano in maniera difforme.

2.5. Conseguentemente, il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

P.Q.M..

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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