Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione I Sentenza n. 44368 del 2005 deposito del 05 dicembre 2005

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

Con ordinanza del 17 febbraio 2005, il Tribunale di sorveglianza di Sassari applicava ad A? R? la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale relativamente all’espiazione della pena inflitta con sentenza del Gip del Tribunale di Milano in data 5 maggio 2004, ritenendo sussistenti le condizioni prescritte dall’articolo 47 ordinamento penitenziario. Il Pg di Sassari proponeva ricorso per cassazione denunciando l’erronea applicazione dell’articolo 47 ordinamento penitenziario, sull’assunto che, risultando il condannato sprovvisto di permesso di soggiorno, deve trovare applicazione il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui le misura alternative alla detenzione sono inapplicabili allo straniero extracomunitario che si trovi in condizioni di clandestinità, attesa la radicale incompatibilità delle modalità esecutive di dette misure con le norme che regolano l’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento del territorio dello Stato delle persone appartenenti a paesi estranei all’Unione europea. Il Pg presso questa Corte chiedeva, nella sua requisitoria scritta, l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, deducendo «l’ontologica incompatibilità tra lo status di straniero non regolarmente soggiornante nel nostro Stato e l’applicazione di beneficio alternativo». Il difensore del condannato ha depositato memoria difensiva con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, sostenendo che l’interpretazione accolta nell’ordinanza impugnata corrisponde ad una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario.

Considerato in diritto

Il Collegio è chiamato a stabilire se nei confronti dello straniero extracomunitario privo di permesso di soggiorno l’espiazione della pena possa o non avvenire nelle forme delle misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario. Sulla questione è riscontrabile un contrasto nella recente giurisprudenza di legittimità, nella quale sono state seguite linee interpretative nettamente divergenti, nell’impostazione e nei risultati, in ordine ai rapporti tra le norme dell’ordinamento penitenziario e le disposizioni del Tu sull’immigrazione, approvato con D.Lgs. 286/98, modificato, da ultimo, con legge 189/02 e con Dl 241/04, convertito nella legge 271/04.

Sia nel ricorso che nella requisitoria scritta dal Pg presso questa Corte è stato fatto esplicito riferimento all’indirizzo della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto la condizione di clandestinità dello straniero detenuto di per sé preclusiva all’applicazione di misure alternative. ÿ stato, infatti, stabilito che l’affidamento in prova al servizio sociale e, in genere, tutte le misure extramurarie alternative alla detenzione, non possono essere applicate allo straniero extracomunitario che si trovi in Italia in condizione di clandestinità, atteso che tale condizione rende illegale la sua permanenza nel territorio dello Stato e non può, d’altra parte, ammettersi che l’esecuzione della pena abbia luogo con modalità tali da comportare la violazione o l’elusione delle norme che rendono configurabile detta illegalità (Cassazione, Sezione prima, 20 maggio 2003, Calderon, Rv. 226134). Il medesimo principio, successivamente ribadito anche con riguardo alla misura dell’affidamento terapeutico ex articolo 94 del Dpr 309/90 (Cassazione, Sezione prima, 11 novembre 2004, Pg in proc. Hadir, Rv. 230191), è stato giustificato facendo riferimento al rigore della normativa dettata dal vigente Tu sull’immigrazione, che ? soprattutto a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 189/02 ? in numerose disposizioni (in specie, in quella di cui agli articoli 13,14,15 e 16) non ammette la permanenza in Italia dell’extracomunitario clandestino se non alle condizioni e nelle forme tassativamente stabilite.

Tuttavia, sulla questione in esame si è formato un opposto orientamento favorevole alla concedibilità delle misure alternative alla detenzione, in quanto è stato deciso che la condizione di straniero privo di permesso di soggiorno non è di per sé ostativa alla concessione della semilibertà, atteso che tale misura consente uno spazio di libertà molto ridotto (e quindi controllabile) ed in considerazione del fatto che l’espiazione della pena in regime di semilibertà non comporta alcuna violazione o elusione delle norme in materia di immigrazione clandestina (Cassazione, Sezione prima, 14 dicembre 2004, m Pg in proc. S.). La linea interpretativa è stata ripresa e sviluppata da una successiva sentenza della stessa prima sezione penale, con la quale è stato sottolineato «il preminente valore costituzionale della funzione rieducativi della pena, sotteso ad ogni misura alternativa alla detenzione in carcere» ed è stato precisato che esso «deve costituire la necessaria chiave di lettura delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario, di talché l’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa consente di affermare che l’applicazione di dette misura non può essere, a priori, esclusa nei confronti degli stranieri privi di permesso di soggiorno, destinatari di espulsione amministrativa da eseguire dopo l’espiazione della pena» (Cassazione, Sezione prima, 18 maggio 2005, Ben Dhafer). Dopo avere chiarito che la normativa dell’ordinamento penitenziario e quella del Tu sull’immigrazione, neppure dopo le modifiche introdotte dalla legge 189/02, non contengono alcun divieto, esplicito o implicito, di applicazione delle misure alternative ai condannati stranieri che siano entrati illegalmente in Italia, la stessa decisione da ultima citata ha posto in luce che l’interpretazione ?adeguatrice? imposta dai precetti contenuti negli articoli 27, comma 3, e 3 della Costituzione è rispondente alle posizioni della più risalente giurisprudenza di questa Corte ed è conforme ad una consolidata prassi amministrativa, concludendo che è inaccettabile l’affermazione per cui l’unica condizione possibile per lo straniero sia quella della detenzione in carcere, dato che il provvedimento giurisdizionale che legittima l’espiazione della pena nelle forme delle misura alternative costituisce il titolo della permanenza nel territorio nazionale. Pertanto, in presenza del rilevato contrasto di giurisprudenza, il ricorso deve essere rimesso alle Su a norma dell’articolo 618 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte suprema di Cassazione, prima sezione penale, rimette il ricorso alle Su.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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