Corte Costituzionale, Sentenza n. 339 del 2004, In tema di edilizia residenziale pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1. — Nel corso di un giudizio promosso da un privato nei confronti del Comune di Pisa – avverso il provvedimento del Sindaco della medesima città col quale era stata dichiarata, nei suoi confronti, la decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica – la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 1, lettera d), e 38, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 4 maggio 1989, n. 25 (Disciplina per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione del canone sociale).

Premette la Corte di cassazione che nel giudizio in corso un privato, assegnatario di un alloggio sociale dal 1972, era stato dichiarato decaduto dall’assegnazione a seguito dell’acquisto, da parte del coniuge, di un appartamento di 78 metri quadrati. Impugnato il relativo provvedimento, il Pretore ed il Tribunale avevano rigettato l’opposizione. Nel proporre ricorso avverso la sentenza d’appello, la parte privata aveva ribadito l’eccezione di legittimità costituzionale delle norme in questione già avanzata nel giudizio davanti al Tribunale di Pisa, eccezione che la Corte remittente ritiene fondata.

Osserva in punto di diritto il giudice a quo che le norme impugnate appaiono in contrasto con l’art. 3 Cost. sotto il profilo dell’irragionevole scelta del criterio di ragguaglio del valore locativo dell’immobile assunto a confronto, criterio che le norme stesse individuano negli indici di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392, sul c.d. equo canone, ormai superati dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431.

La questione appare rilevante perché la legge regionale impugnata, benché successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio, deve ritenersi comunque applicabile al contratto in quanto il legislatore è legittimamente intervenuto a tutela del bene pubblico, regolando in tal modo le condizioni di permanenza nell’alloggio medesimo, senza modificare l’atto di assegnazione. Allo stesso modo appaiono ininfluenti alla Corte remittente, ratione temporis, le successive vicende normative che hanno interessato la materia: prima la legge della Regione Toscana 20 dicembre 1996, n. 96, il cui art. 40 ha disposto l’integrale abrogazione della legge della Regione Toscana n. 25 del 1989, e poi la sentenza della Corte costituzionale n. 299 del 2000 che in parte qua ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle corrispondenti norme della legge della Regione Toscana n. 96 del 1996. Il venir meno delle condizioni per l’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, infatti, era precedente allo stesso provvedimento di decadenza, che è del 20 dicembre 1995, sicché la norma da applicare appare alla Corte di cassazione quella della legge regionale impugnata.

Passando al merito della questione, il giudice a quo osserva che, mentre appare legittimo che il legislatore regionale abbia dato rilievo, ai fini della decadenza dall’assegnazione, alla disponibilità di immobili da parte del coniuge dell’assegnatario, è invece in contrasto con l’art. 3 Cost., alla luce delle sentenze costituzionali n. 176 e n. 299 del 2000, che le norme impugnate facciano ancora riferimento al “valore locativo” dell’immobile desunto dai parametri di cui alla legge sull’equo canone, posto che la citata legge n. 431 del 1998 ha ormai liberalizzato il canone di locazione degli immobili ad uso di abitazione. D’altra parte la legge della Regione Toscana n. 96 del 1996, del tutto identica, sul punto, a quella oggi in esame, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 299 del 2000, e ciò è l’ulteriore conferma che le norme impugnate debbono essere dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui – prevedendo come causa di decadenza dall’assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica la titolarità, da parte dell’assegnatario o del coniuge, di diritti reali su immobili il cui valore locativo sia almeno pari a quello di alloggio adeguato sito nell’ambito territoriale in cui si trova l’alloggio assegnato – fanno rinvio, a tal fine, al valore locativo di cui alla legge n. 392 del 1978.

2. — E’ intervenuta in giudizio la Regione Toscana, rilevando di aver adeguato la propria normativa a quanto disposto dalla sentenza n. 299 del 2000 di questa Corte.

3. — Nel corso di un giudizio, analogo al precedente, di impugnazione del provvedimento del Sindaco del Comune di Grosseto in data 6 ottobre 1995 col quale era stata disposta la decadenza, nei confronti di un privato, dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., una questione di legittimità costituzionale in tutto identica a quella sollevata dalla Corte di cassazione.

Premette in punto di fatto il TAR che il ricorrente era stato dichiarato decaduto dall’assegnazione in quanto proprietario, assieme alla moglie, di un appartamento sito in provincia di Cagliari. Nell’esaminare i vari motivi di ricorso contro il provvedimento di decadenza, il giudice a quo rileva che i medesimi appaiono tutti privi di fondamento, il che dovrebbe comportare il rigetto del ricorso medesimo.

Tuttavia, ripercorrendo le tappe dell’evoluzione del sistema in detta materia, il TAR della Toscana ricorda che la legge della Regione Toscana n. 96 del 1996 – il cui art. 40 ha abrogato la legge della Regione Toscana n. 25 del 1989 – ha lasciato sostanzialmente immutati i criteri di decadenza dalla assegnazione degli alloggi di edilizia sovvenzionata; la successiva entrata in vigore della legge n. 431 del 1998, eliminando il concetto di “equo canone” per gli immobili adibiti ad uso abitativo, ha reso non più attuale il riferimento ai parametri di determinazione di tale canone nelle norme della legge della Regione Toscana n. 96 del 1996, tanto che questa Corte ha provveduto a dichiararne l’illegittimità costituzionale in parte qua con la sentenza n. 299 del 2000. Le norme colpite dalla sentenza ora citata avevano un contenuto identico a quelle degli artt. 5, comma 1, lettera d), e 38, comma 1, lettera d) della legge della Regione Toscana n. 25 del 1989, il che dimostra, secondo il remittente, la non manifesta infondatezza della presente questione sulla base degli invocati parametri, essendo il valore locativo di cui alla legge n. 392 del 1978 inidoneo a costruire un ragionevole ed oggettivo parametro di valutazione.

Non assumerebbe importanza, secondo il giudice a quo, il fatto che norme in tutto identiche a quelle impugnate, contenute in una diversa legge regionale, siano state già dichiarate costituzionalmente illegittime, perché nel nostro ordinamento non è consentito al giudice di disapplicare una norma in vigore, così come non esistono dichiarazioni di illegittimità costituzionale implicite; da tanto consegue che le norme denunciate dovrebbero essere applicate alle fattispecie, come quella in esame, risalenti all’epoca in cui tali norme erano in vigore, il che imporrebbe a questa Corte una nuova sentenza di illegittimità costituzionale, negli stessi termini invocati dalla Corte di cassazione nella precedente ordinanza.

Considerato in diritto

1.— La Corte di cassazione ed il TAR Toscana hanno sollevato, la prima in riferimento al solo art. 3 Cost., il secondo in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 1, lettera d), e 38, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 4 maggio 1989, n. 25 (Disciplina per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione del canone sociale), nelle parti in cui individuano il reddito immobiliare, rilevante ai fini rispettivamente dell’assegnazione dell’alloggio e della dichiarazione di decadenza, commisurandolo al canone di locazione determinato ai sensi della legge n. 392 del 1978.

Poiché le due ordinanze pongono la stessa questione, i relativi giudizi vanno riuniti per essere congiuntamente decisi.

Entrambi i remittenti – davanti ai quali pendono controversie aventi ad oggetto la decadenza dall’assegnazione di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica per disponibilità da parte di uno dei componenti del nucleo familiare di altro alloggio avente il valore locativo previsto e determinato secondo i criteri di valutazione suindicati – motivano la rilevanza della questione adducendo la circostanza che le fattispecie oggetto dei giudizi di merito si sono perfezionate in epoca antecedente l’abrogazione, ad opera della legge regionale n. 96 del 1996, dell’intera legge della Regione Toscana contenente le disposizioni censurate. I remittenti affermano inoltre che la sentenza di questa Corte n. 299 del 2000 nulla toglie alla rilevanza della questione. Con essa, infatti, fu dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, dell’art. 35, comma 1, lettera d) e dell’allegato A), lettera d), della legge della Regione Toscana n. 96 del 1996, limitatamente alle parti in cui individuavano il reddito immobiliare, rilevante ai fini rispettivamente dell’assegnazione dell’alloggio e della dichiarazione di decadenza, commisurandolo al canone di locazione determinato ai sensi della legge n. 392 del 1978. Tuttavia, ancorché le disposizioni scrutinate contenessero norme analoghe a quelle ora impugnate, la dichiarazione di illegittimità non è stata estesa anche a queste ultime, sicché esse continuano ad essere applicabili – nelle fattispecie che, come quelle esaminate, sono tuttora da esse disciplinate – nel loro testo originario.

2.— La questione è ammissibile, perché i remittenti hanno fornito motivazione non implausibile della sua rilevanza.

Nel merito la questione è fondata.

Questa Corte ha più volte rilevato la irragionevolezza di disposizioni le quali, per la determinazione del valore di un immobile proprio ai fini dell’applicazione di norme sulle assegnazioni di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica, facevano riferimento alla legge n. 392 del 1978 dopo che questa, in particolare nella parte che interessa, era stata modificata o abrogata, sicché appariva espressione di «una impostazione di fondo ormai superata» e ne ha fatto derivare la dichiarazione della loro illegittimità costituzionale (sentenza n. 299 del 2000, ma cfr. anche sentenze n. 176 del 2000 e n. 135 del 2004).

Tale orientamento, per l’identità dei presupposti e della ratio, deve essere nella specie ribadito con analoga conseguenza dell’illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 5, comma 1, lettera d), e 38, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 4 maggio 1989, n. 25 (Disciplina per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione del canone sociale), nelle parti in cui individuano il reddito immobiliare, rilevante ai fini rispettivamente dell’assegnazione dell’alloggio e della dichiarazione di decadenza, commisurandolo al canone di locazione determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 2004.

Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2004.

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