Corte Costituzionale, Sentenza n. 95 del 2003 CORTE COSTITUZIONALE Conflitto di attribuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1.1. – La Regione Campania ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione: 1) alla nota del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, prot. 59064 datata 1° agosto 2000, che dispone – sulla base di una dedotta erronea interpretazione, contrastante con la legge della Regione Campania 21 aprile 1997, n. 12 (Rideterminazione dell’organico del ruolo della Giunta Regionale. Norme di adeguamento al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 articoli 30 e 31) – la cessazione del finanziamento statale relativo al trattamento economico del personale già assunto a contratto per le esigenze connesse ai terremoti in Campania ed in Basilicata, del novembre del 1980 e del febbraio del 1981, e immesso in un ruolo speciale ad esaurimento (con onere a carico dello Stato) degli enti presso cui aveva prestato servizio, ai sensi della legge statale 28 ottobre 1986, n. 730 (Disposizioni in materia di calamità naturali), attribuendo, a decorrere dal 6 maggio 1997, a carico del bilancio della Regione Campania il relativo trattamento economico; 2) a tutti i comportamenti – "anche omissivi" – dello stesso Ministero (nonché, occorrendo, alle precedenti note del 22 settembre 1997, del 17 febbraio 1998 e del 9 marzo 1999), ed al parere del Consiglio di Stato, III sezione, in data 9 maggio 2000, prot. 838/2000.

1.2. – In fatto, la ricorrente ricostruisce analiticamente la vicenda normativa che – in attuazione dell’art. 12 della citata legge n. 730 del 1986 ed in conformità alla disciplina dei relativi accessi disposta con ordinanze del Ministero per il coordinamento della protezione civile del 24 novembre 1986 e del 4 luglio 1987 – ha portato essa ricorrente ad approvare, dapprima, la legge regionale 6 febbraio 1990, n. 4 (Istituzione del ruolo speciale ad esaurimento del personale di cui all’articolo 12 della Legge 28 ottobre 1986, n. 730 e successive modificazioni ed integrazioni), con la quale ha istituito presso la Giunta regionale il ruolo speciale ad esaurimento de quo, con la precisazione che agli oneri finanziari si sarebbe provveduto sulla base dei relativi trasferimenti statali, e, successivamente, la citata legge regionale n. 12 del 1997, che ha confermato (all’art. 2, comma 7) l’immissione nel ruolo ad esaurimento del personale in questione, ma che contestualmente ha previsto, all’art. 3, comma 6, l’immissione dello stesso contingente di personale nel ruolo ordinario, qualificando i relativi posti indisponibili e stabilendo che, a seguito della cessazione del servizio di detto personale, il contingente veniva di volta in volta ridotto fino alla soppressione totale.

Osserva, quindi, la Regione Campania che – intercorsa con il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (nota in data 9 marzo 1999) e con quello della funzione pubblica (nota del 7 maggio 1999) una verifica circa il mantenimento a carico del bilancio dello Stato degli oneri relativi a quel personale, anche a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale n. 12 del 1997 –, nonostante la risposta in termini positivi fornita dal dipartimento della funzione pubblica nella citata nota del 7 maggio 1999, veniva trasmessa un’ulteriore nota del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (prot. 59064, datata 1° agosto 2000), la quale, riferendosi ad un orientamento manifestato dal Consiglio di Stato (con il parere del 9 maggio 2000, prot. N. 838/2000), disponeva la cessazione del finanziamento statale e disciplinava le modalità di regolazione dei rapporti economici tra i due enti, fissando, a decorrere dal 6 maggio 1997, il relativo carico al bilancio della Regione Campania.

1.3. – Tanto premesso, la ricorrente sostiene che tale determinazione sarebbe lesiva delle proprie attribuzioni costituzionali, per violazione degli artt. 97, 117, 118, 119 e 121 della Costituzione, del principio della leale cooperazione, della legge n. 730 del 1986, delle ordinanze del Ministero per il coordinamento della protezione civile del 24 novembre 1986 e del 4 luglio 1987, nonché della legge della Regione Campania n. 12 del 1997.

La Regione assume anzitutto che la legge n. 730 del 1986 – cui evidentemente la volontà del Ministero non potrebbe non conformarsi – nel disporre l’imposizione allo Stato dell’onere finanziario non ha previsto "alcuna ipotesi di svincolo dell’obbligo di finanziamento", onde la conseguenza che lo Stato dovrebbe adempierlo sino alla cessazione dei rapporti di lavoro de quibus ovvero alla trasformazione dei rapporti stessi ad opera della Regione (titolare della competenza in materia di ordinamento degli uffici ed organizzazione del personale), mediante il transito nei ruoli ordinari della Regione medesima.

Osserva la Regione che la questione oggetto del conflitto è sorta "non già per la valutazione di una situazione oggettiva, e cioè il concreto inserimento del personale in un determinato ruolo, bensì con riferimento ad una linea interpretativa di una legge regionale", prescindendo "dal profilo dell’esecuzione amministrativa che soltanto la Regione, come unico ente competente, deve dare alle sue leggi attraverso i suoi organi". A livello ministeriale, si è cercata, viceversa, una lettura astratta, del tutto difforme dal profilo applicativo, per poter poi da questa pervenire al venir meno dello stanziamento nel bilancio dello Stato del relativo onere, con un modo di procedere che – a fronte della chiara manifestazione di volontà della regione [esplicitata anche in una nota dell’assessore al personale del 16 novembre 1999, prot. n. 47389] – costituirebbe una indebita interferenza da parte statale in un ambito nel quale v’è competenza piena della Regione. Tanto che "si potrebbe anche del tutto prescindere dall’esaminare se effettivamente dubbio interpretativo sussista sulla legge regionale da applicare e sul modo in cui esso possa essere sciolto", in quanto l’illegittimità dell’operato statale emergerebbe per il sol fatto che il Ministero non avrebbe competenza "a disporre il venir meno del finanziamento statale in ordine al personale di cui trattasi imponendo una certa interpretazione della legge regionale e obliterando il momento applicativo della stessa da parte della Regione e la volontà dell’ente regionale".

1.4. – Tutto ciò, per la ricorrente, costituirebbe violazione dell’art. 119 della Costituzione e dell’autonomia regionale relativa alla organizzazione dei propri uffici, ex art. 117 della stessa Carta, che subirebbe un forte condizionamento per la necessità, in conseguenza di un provvedimento statale, di stornare rilevanti risorse finanziarie regionali per far fronte alla spesa non prevista. Inoltre – anche ove si ritenesse che il Ministero possa interpretare la legge regionale "senza tener conto del dato applicativo e della volontà chiaramente manifestata dalla Regione" – si avrebbe comunque "una illegittima compressione dell’autonomia regionale", determinata dall’erroneità dell’interpretazione accolta, perché "basata su inesatti presupposti di fatto e di diritto". Infine, la mancata considerazione del parere reso dal dipartimento della funzione pubblica del 7 maggio 1999, pure richiesto dallo stesso Ministero del tesoro, e la consultazione del Consiglio di Stato da parte della Ragioneria generale dello Stato, senza alcuna considerazione della volontà manifestata dalla Regione, integrano – secondo la ricorrente – elementi idonei ad evidenziare la violazione del principio di leale collaborazione.

Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso si conclude con la richiesta a questa Corte di "a) accertare e dichiarare che non spetta allo Stato e, per esso, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica – dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, con una per di più errata interpretazione della legge regionale, incidere, prevedendo la cessazione del finanziamento statale, sul modo di esecuzione della legge regionale e disporre in contrasto con la stessa, violando così le competenze costituzionalmente garantite alla Regione Campania, soprattutto in riferimento all’autonomia finanziaria e di bilancio e all’autonomia in materia di organizzazione degli uffici; b) per effetto, annullare gli atti impugnati".

2.1. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità, ovvero per l’infondatezza del conflitto.

2.2. – Eccepita preliminarmente la tardività del ricorso, sull’assunto che la Ragioneria generale dello Stato, sin dal settembre 1997, ha denegato con varie note il sorgere di ulteriori crediti della Regione verso lo Stato in relazione all’onere per il personale de quo, la difesa erariale rileva, altresì, che, nella specie, non sarebbe ravvisabile alcun conflitto di attribuzioni, bensì soltanto una normale controversia di natura "patrimoniale", sottoponibile al giudice "comune", poiché l’impugnata nota recherebbe soltanto "una negatoria di obbligazione dello Stato ed una temporalmente delimitata pretesa per ripetizione di indebito".

2.3. Nel merito – sottolineato che il personale di cui alla legge n. 730 del 1986 è stato immesso a domanda, se in possesso dei requisiti e se superato un concorso riservato, in ruoli speciali ad esaurimento da istituirsi presso gli enti o le amministrazioni ove gli interessati prestano servizio, e che la legge della Regione Campania n. 4 del 1990 ha istituito un ruolo speciale ad esaurimento con dotazione di 950 posti, disponendone la copertura finanziaria a carico del fondo statale per la protezione civile, giusta l’art. 12, comma 5, della citata legge statale – l’Avvocatura rileva: a) che l’art. 3, comma 13, della legge statale 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) aveva disposto l’applicazione a quel personale del procedimento per l’attuazione della mobilità, previsto dall’art. 35 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modificazioni, e, quindi, nel testo sostituito dall’art. 16 del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546 (Ulteriori modifiche al d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, sul pubblico impiego), a richiesta dell’ente presso cui il personale prestava servizio; b) che, non avendo la Regione Campania fatto alcuna richiesta, il personale de quo era rimasto in servizio presso di essa, a spese dello Stato. Ma tale situazione non può più essere protratta dopo che, con l’art. 3, comma 6, della legge regionale n. 12 del 1997, la stessa Regione ha previsto l’immissione del personale nel proprio ruolo ordinario. Pertanto, mentre sarebbe infondato sostenere che l’addossamento dell’onere di copertura debba avvenire con atto regionale (tant’è che il trasferimento dei fondi alle amministrazioni regionali era stato subordinato, per il periodo di permanenza nei ruoli speciali all’invio di apposita certificazione annuale, sottoscritta dal Presidente della Giunta regionale o dal legale rappresentante degli altri enti territoriali beneficiari), viceversa, questa Corte ben potrebbe esaminare se l’inciso dell’art. 2, comma 7, della legge regionale n. 12 del 1997, secondo cui "il trattamento economico è a carico dei Fondi Ministero del Tesoro", sia legittimo in relazione agli artt. 81, 117 e 119 della Costituzione, non essendo consentito al legislatore regionale disporre con una propria legge in ordine all’essere o meno una spesa a carico dello Stato.

3. Nell’imminenza dell’udienza, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative, con le quali hanno sostanzialmente approfondito le considerazioni già svolte nei precedenti atti a sostegno delle rispettive tesi difensive.

Considerato in diritto

1. – Il conflitto di attribuzione, proposto dalla Regione Campania nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, ha per oggetto: a) la nota del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica – dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, prot. 59064, datata 1° agosto 2000, che dispone la cessazione del finanziamento statale relativo al trattamento economico del personale già assunto a contratto per le esigenze connesse ai terremoti in Campania ed in Basilicata, del novembre del 1980 e del febbraio del 1981, e immesso in un ruolo speciale ad esaurimento degli enti presso cui aveva prestato servizio, ai sensi dell’art. 12 della legge statale 28 ottobre 1986, n. 730 (Disposizioni in materia di calamità naturali), attribuendo, a decorrere dal 6 maggio 1997, a carico del bilancio della Regione il trattamento economico del suddetto personale; b) tutti i comportamenti – "anche omissivi" – dello stesso Ministero nella vicenda in esame (e, occorrendo, le precedenti note del 22 settembre 1997, del 17 febbraio 1998 e del 9 marzo 1999), nonché il parere del Consiglio di Stato, III sezione, in data 9 maggio 2000, prot. 838/2000, al quale la nota del 1° agosto 2000 si è conformata.

Secondo la Regione, i provvedimenti ministeriali impugnati avrebbero erroneamente interpretato l’art. 3, comma 6, della legge della Regione Campania 21 aprile 1997, n. 12 (Rideterminazione dell’organico del ruolo della Giunta Regionale. Norme di adeguamento al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 articoli 30 e 31), in quanto la norma non avrebbe affatto inserito nei ruoli regionali ordinari il personale in questione, e quindi non si sarebbe verificato il presupposto per la cessazione del relativo finanziamento statale previsto dal comma 5 del citato art. 12 della legge n. 730 del 1986. Su questa premessa, la ricorrente denuncia, in sintesi, la violazione delle proprie competenze costituzionalmente garantite, soprattutto in riferimento alla sua autonomia finanziaria, di bilancio, ed in materia di organizzazione degli uffici, nonché la lesione del principio di leale collaborazione. E conclude chiedendo a questa Corte di "a) accertare e dichiarare che non spetta allo Stato e, per esso, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica -dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, con una, per di più, errata interpretazione della legge regionale, incidere, prevedendo la cessazione del finanziamento statale, sul modo di esecuzione della legge regionale e disporre in contrasto con la stessa, violando così le competenze costituzionalmente garantite alla Regione Campania, soprattutto in riferimento all’autonomia finanziaria e di bilancio e all’autonomia in materia di organizzazione degli uffici; b) per effetto, annullare gli atti impugnati".

2. – Preliminarmente, l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce l’inammissibilità del conflitto, in ragione della dedotta tardività del ricorso derivante da acquiescenza della ricorrente alle precedenti note (in data 22 settembre 1997, 17 febbraio 1998 e 9 marzo 1999), mediante le quali la stessa Ragioneria generale dello Stato avrebbe reso, in materia, interpretazione analoga a quella portata dalla nota del 1° agosto 2000, denunciata come lesiva delle attribuzioni regionali.

L’eccezione non è fondata, in quanto – a prescindere dall’analisi del contenuto e della specifica valenza delle suddette note – la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente escluso l’applicabilità dell’istituto dell’acquiescenza ai giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, trattandosi di istituto incompatibile con l’indisponibilità delle competenze di cui si controverte nei medesimi giudizi (sentenze n. 389 del 1995, n. 58 del 1993 e n. 278 del 1991).

3. – E’, invece, fondata l’altra eccezione di inammissibilità proposta dall’Avvocatura, secondo cui, nella specie, non sarebbe ravvisabile alcun conflitto di attribuzioni, bensì soltanto una normale controversia di natura "patrimoniale".

3.1. – L’art. 12 della legge n. 730 del 1986 ha disposto che il personale convenzionato da enti, amministrazioni e commissari straordinari di Governo, in relazione alle esigenze connesse ai terremoti del novembre 1980 e febbraio 1981 in Campania e Basilicata, in servizio al 31 marzo 1986, ovvero che abbia prestato servizio per almeno un anno, è immesso, a domanda, in ruoli speciali ad esaurimento, da istituirsi presso gli enti o le amministrazioni ove tale servizio era prestato (comma 1); lo stesso articolo ha posto il relativo onere a carico dello Stato (in particolare del fondo per la protezione civile), determinandone la misura per gli anni 1986-1988 e individuando i criteri di determinazione per gli anni successivi (comma 5).

Disciplinate (con ordinanza del Ministero per il coordinamento della protezione civile del 24 novembre 1986) le modalità e i criteri per lo svolgimento dei concorsi di idoneità necessari all’immissione nei ruoli speciali ad esaurimento, e all’eventuale successivo passaggio da questi a quelli ordinari, e disposto (con ordinanza in data 4 luglio 1987 dello stesso Ministero) il consolidamento delle somme iscritte per l’anno 1988 nello stato di previsione del competente Ministero del tesoro, la Regione Campania, in conformità alla normativa nazionale, ha istituito – con la legge regionale 6 febbraio 1990, n. 4 (Istituzione del ruolo speciale ad esaurimento del personale di cui all’articolo 12 della legge 28 ottobre 1986, n. 730 e successive modificazioni ed integrazioni) – il ruolo speciale ad esaurimento del personale in questione presso la Giunta regionale (art. 1), disponendo che agli oneri finanziari si sarebbe provveduto sulla base dei trasferimenti statali previsti dalla normativa vigente (art. 4). A loro volta, anche le leggi regionali 24 febbraio 1990, n. 8 (Integrazioni del ruolo speciale ad esaurimento del personale di cui all’articolo 12 della legge 28 ottobre 1986, n. 730 e successive modificazioni ed integrazioni), e 15 gennaio 1991, n. 1 (Ulteriore integrazione della legge regionale 6 febbraio 1990, istitutiva del ruolo speciale ad esaurimento del personale di cui all’articolo 12 della legge 28 ottobre 1986, n. 730 e successive modificazioni ed integrazioni) – nell’inquadrare nel ruolo ad esaurimento, rispettivamente, il personale convenzionato e quello comandato e/o distaccato sino alla data di cessazione dei poteri commissariali da parte del Presidente della Giunta regionale (art. 1) – hanno mantenuto fermi i relativi oneri finanziari in capo allo Stato (art. 3).

Successivamente, la legge regionale n. 12 del 1997, nel confermare (all’art. 2, comma 7) l’immissione nel ruolo ad esaurimento di tale personale, ha previsto (all’art. 3, comma 6) che esso "viene immesso nel ruolo ordinario sotto la declaratoria contingente legge 28 ottobre 1986, n. 730 articolo 12 e successive modificazioni ed integrazioni", con la precisazione che "detti posti sono indisponibili ed a seguito della cessazione dal servizio di detto personale il contingente viene di volta in volta ridotto fino alla soppressione totale".

3.2. – Proprio su questa disposizione si fonda l’affermazione della Ragioneria generale dello Stato (nell’impugnata nota del 1° agosto 2002, supportata anche dal richiamo al citato parere del Consiglio di Stato), secondo cui l’avvenuta immissione del personale in esame nel ruolo ordinario della Regione comporta, come conseguenza, che il relativo trattamento economico debba far carico al bilancio regionale a decorrere dall’entrata in vigore della ricordata normativa. A fronte di questa interpretazione, la ricorrente – come chiaramente rivela lo stesso tenore del petitum azionato – si duole essenzialmente dell’erroneità della premessa ermeneutica (che inficerebbe le conclusioni), assumendo che in realtà il citato art. 3, comma 6, non comporterebbe alcuna immissione del personale in oggetto nei ruoli ordinari della Regione.

Ma le affermazioni contenute nella nota della Ragioneria generale dello Stato (come anche nel parere del Consiglio di Stato) costituiscono all’evidenza esercizio di normale attività interpretativa da parte di organi istituzionalmente chiamati a svolgerla; e tale attività – per questi, come per qualsiasi altro interprete – non può essere preclusa, come sostenuto dalla ricorrente, in ragione della natura della fonte, ovvero dell’applicazione che concretamente della legge abbia fatto la Regione, sulla base di espresse o tacite manifestazioni di volontà.

Nella specie, non viene in discussione la titolarità delle competenze: l’assunto dell’intervenuta immissione nel ruolo regionale ordinario non mette minimamente in dubbio che – in tesi – la scelta normativa di conservare o meno l’originario regime lavorativo spetti alla Regione, che sul punto ha effettivamente legiferato, mentre la valutazione delle conseguenze della trasformazione del rapporto di lavoro sulla ripartizione dell’onere del relativo finanziamento deriva dalla premessa interpretativa da cui muove l’organo chiamato a valutare gli effetti dell’eventuale mutamento del rapporto.

Pertanto – corretta o errata che sia – questa operazione ermeneutica (che viene contestata in quanto tale) è di per sé inidonea ad incidere direttamente o indirettamente sull’assetto delle rispettive attribuzioni, provocandone violazione o menomazione (sentenze n. 111 del 1976 e n. 309 del 1993); semmai essa troverà davanti al giudice comune la naturale sede di valutazione (sentenza n. 213 del 2001).

3.3. – In assenza di doglianze specifiche che coinvolgano, seppure in via mediata, l’accertamento del rispetto delle norme attributive delle competenze, il ricorso della Regione Campania non assume il necessario tono costituzionale che caratterizza il "regolamento di competenza", disciplinato dall’art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e si risolve in una vindicatio rei, di contenuto esclusivamente patrimoniale, tutelabile mediante il ricorso agli ordinari rimedi giurisdizionali (sentenza n. 467 del 1997).

Né, per affermare il rango costituzionale della controversia, varrebbe osservare che la mancata erogazione delle somme in esame impedirebbe alla Regione l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, o comunque ne lederebbe la potestà di programmazione della spesa o la capacità di sostentamento del proprio apparato organizzativo (sentenza n. 213 del 2001, citata). Dalla prospettazione del ricorso, infatti, non emerge in alcun modo che la disponibilità dei rimborsi vantati dalla Regione (peraltro neppure quantificati in termini monetari) costituisca presupposto imprescindibile per l’espletamento di determinate competenze, funzioni, o potestà pubbliche spettanti alla medesima Regione.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’inammissibilità del conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Campania nei confronti dello Stato con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2003.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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