Cassazione civile anno 2005 n. 1804 Rimborso Interessi moratori

IVA; IMPOSTE E TASSE;

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
L’oggetto sostanziale della controversia è costituito da un rimborso IVA per l’importo di L. 71.813.000, richiesto dalla società A. di T. s.a.s., poi posta in liquidazione nelle more del giudizio, a titolo di interessi relativi all’anno 1987 sul capitale già rimborsato.
La società contribuente impugnava in sede giurisdizionale il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso, ed il suo ricorso veniva accolto dalla commissione tributaria di primo grado, confermata, con sentenza n. 54/30/03 in data 9 giugno/2 ottobre 2003, della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
La sentenza di appello respingeva l’appello dell’ufficio secondo cui il rimborso degli interessi maturati sul credito IVA sarebbe stato già prescritto al momento della presentazione della richiesta, e riteneva che quando riconosceva il credito capitale l’ufficio dovesse necessariamente riconoscere anche gli interessi, che nel caso di specie la contribuente si fosse potuta avvedere della mancanza degli interessi solo da quando le era stato corrisposto l’importo capitale, e che da allora decorresse un nuovo periodo di prescrizione.
Avverso la sentenza, notificata il 27 ottobre 2003 all’Agenzia delle Entrate Ufficio di Legnano, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per Cassazione, notificato il 26 novembre 2003.
Resiste la società A. di A. T. e Co. s.a.s. in liquidazione, con controricorso, notificato il 14 maggio 2004, e pertanto tardivo.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione Finanziaria lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 38 bis del D.P.R. n. 633/1972, e 2935, 2944 e 2946 del c.c., nonchè l’incertezza e contraddittorietà della motivazione.
La ricorrente ricorda che il termine di prescrizione degli interessi di mora è di dieci anni; argomenta che quella per il pagamento degli interessi costituisce un’obbligazione autonoma dal debito principale, e come tale indipendente dalla prescrizione di quest’ultimo ed insensibile rispetto alle vicende interruttive che riguardavano esclusivamente tale prescrizione.
La prescrizione degli interessi sarebbe maturata, al massimo, decorso il termine di dieci anni e novanta giorni dalla domanda di rimborso.
Nè, infine, poteva valere a questi fini il momento del rimborso del capitale.
2. Nel controricorso la società precisa in linea di fatto, tra l’altro, di avere ricevuto il rimborso del capitale di L. 120.000.000 il 29 luglio 1995? e che, dato che contestualmente non gli erano stati corrisposti gli interessi, ne aveva fatto espressa richiesta con istanza del 23 luglio 1999.
Eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso perchè promosso limitatamente alla posizione di una non espressamente specificata "Agenzie delle Entrate"; secondo la resistente esistevano, invece, diverse agenzie delle entrate distinte tra loro su base territoriale.
L’ufficio era tenuto, inoltre, a rimborsare contemporaneamente sia il capitale che gli interessi, dato che quella relativa a questi ultimi non costituiva un’obbligazione autonoma rispetto a quella principale Nel caso in cui l’ufficio non avesse provveduto a rimborsare contestualmente sia gli interessi che il capitale, ed avesse emesso un ordinativo relativo soltanto a quest’ultimo, il termine di prescrizione relativo agli interessi decorreva solo da esso.
L’art. 38 bis non impediva, inoltre, l’applicazione delle disposizioni generali in materia di obbligazioni pecuniarie.
La prescrizione decorreva secondo le regole generali e perciò da quando la contribuente era venuta a conoscenza dell’esistenza del suo credito, vale a dire dal momento dell’emissione dell’ordinativo di rimborso dell’IVA, in quanto solo da allora il contribuente era venuto a conoscenza del mancato pagamento degli interessi.
3. Il ricorso è fondato, e merita accoglimento.
Per la verità la sentenza e gli stessi atti delle parti fanno riferimento in maniera generica all’art. 38 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ma non specificano se quello che ha dato luogo alla controversia fosse un rimborso anticipato, oppure un rimborso ordinario.
L’art. 38 bis, anche se più volte rivisitato nel corso degli anni, disciplinava allora (come disciplina oggi) tutte le forme di rimborso, sia quelli accelerati che quelli ordinali.
La sentenza usa, per la verità, l’espressione rimborso tardivo, ma quest’ultima non può considerarsi inequivoca, potendo riferirsi sia ad un rimborso non anticipato, e perciò ordinario, sia invece al semplice fatto oggettivo che quel certo rimborso sia stato effettuato tardivamente.
4. Il fatto che un rimborso IVA sia stato disposto anticipatamente su richiesta del contribuente, oppure sia un normale rimborso ordinario incide inevitabilmente sul regime della prescrizione dei relativi interessi.
Indipendentemente dalle numerose modifiche intervenute nei particolari durante il corso degli anni, nelle linee generali le modalità di applicazione dell’imposta e le procedure di rimborso sono rimaste sostanzialmente invariate.
Dal punto di vista strutturale il meccanismo dell’IVA è sostanzialmente quello stesso del conto corrente.
In sintesi, il meccanismo di imposizione IVA comporta il conteggio di una serie di poste contabili attive e passive a carico ed a favore di ogni singolo contribuente.
Le poste attive si riferiscono all’IVA corrisposta sulle fatture emesse da terzi a carico del contribuente per beni o servizi acquisiti, le poste passive, invece, all’IVA riscossa sulle fatture emesse dal contribuente a carico di terzi per beni venduti o servizi resi.
Al termine di ogni periodo di imposizione si debbono conteggiare le poste contabili attive e passive.
Se l’importo finale sarà passivo il contribuente sarà tenuto a versare, la differenza; se, invece, il risultato del conteggio risulterà attivo, in favore del contribuente, quest’ultimo avrà diritto, in linea di principio, alla restituzione dell’importo corrisposto in sovrappiù;
rispetto a quanto dovuto (oppure a riportarlo a proprio credito in detrazione per l’anno successivo).
L’ufficio dovrà disporre il rimborso ordinario soltanto una volta che siano trascorsi i termini previsti per effettuare gli opportuni accertamenti sull’effettiva sussistenza e sulla corretta imputazione delle poste contabili e procedere alle eventuali rettifiche; è previsto, però, che, prestando idonee garanzie indicate dalla legge, il contribuente abbia diritto ad ottenere subito il rimborso anticipato, prima della scadenza dei termini di rettifica.
Mentre il rimborso ordinario presuppone la sussistenza del credito -, che ormai non può più essere messo in contestazione – il rimborso accelerato è effettuato in via provvisoria, tanto è vero che l’ufficio potrà procedere a rettifica, e chiedere la restituzione di quanto rimborsato (oppure, in mancanza, rivalersi sulla cauzione o escutere i fideiussori).
5. Il rimborso accelerato non presuppone necessariamente l’effettiva esistenza del credito del contribuente, e non implica nessun riconoscimento in questo senso da parte dell’ufficio.
Di conseguenza, nel caso di rimborso accelerato, le due obbligazioni per la restituzione del capitale e per gli interessi, anche se soggette allo i stesso termine di prescrizione, rimangono pienamente autonome.
Come già rilevato da questa Corte (Cass. civ., sez. 5^, 02/04/2004, n. 6538) "ove il contribuente opti per la procedura di rimborso accelerato dell’Iva prevista dall’art. 38-bis, comma 2, del D.P.R, 26 ottobre 1972, n. 633, il diritto al pagamento diviene liquido ed esigibile con il decorso del più breve termine di tre mesi dalla richiesta; e perciò dalla scadenza del terzo mese successivo alla data di presentazione della dichiarazione decorre il termine ordinario decennale di prescrizione, sia per quanto relativo al capitale che per gli interessi".
Ma, proprio perchè non comporta nè la prova dell’effettiva esistenza del credito (tanto è vero che le risultanze della denunzia del contribuente sono soggette alle rettifiche dell’ufficio) nè il riconoscimento del debito da parte dell’ufficio, il rimborso accelerato della sorte capitale non può incidere sulla decorrenza della prescrizione del credito per gli interessi, non è utile per riaprire i termini di questa ultima.
6. A conclusione del tutto diversa deve giungersi quando l’amministrazione proceda ad un rimborso ordinario, perchè in questo caso le risultanze contabili non sono più suscettibili di revisione, ed il credito del contribuente deve ritenersi accertato di massima, anzi, il fatto stesso del pagamento da parte dell’amministrazione implica il riconoscimento dell’esistenza del credito del contribuente.
Questo comporta la parificazione delle varie componenti del credito, in particolare di quella per capitale e di quella per interessi, L’amministrazione dovrebbe perciò procedere contestualmente al pagamento di tutto il credito complessivo del contribuente, sia per la parte che si riferisce al capitale, che per quella relativa agli interessi.
Quando abbia soddisfatto solo il credito per la sorte capitale, il debitore ha adempiuto, in realtà, solo in parte alla propria obbligazione, in particolare non ha adempiuto per la parte corrispondente agli interessi.
L’inadempimento parziale genera allora, in favore del creditore, un diritto ai danni derivanti dall’imperfetto adempimento, e perciò, innanzi tutto (e salvo danni ulteriori, se ed in quanto configurabili ed ammissibili nella materia specifica), ad ottenere l’adempimento delle obbligazioni non adempiute in precedenza; nasce così una nuova obbligazione, derivante dall’inadempimento, e caratterizzata a sua volta da un nuovo termine di prescrizione.
7. Qualora risultasse, perciò, che la fattispecie concreta atteneva ad un rimborso ordinario, il credito della società contribuente non potrebbe considerarsi prescritto; la soluzione adottata dalla commissione tributaria regionale nella sentenza risulterebbe esatta, anche se la motivazione non sarebbe completamente esatta (e dovrebbe perciò da essere integrata quella di questa Corte).
Nel caso, invece, di rimborso accelerato, la sentenza del giudice d’appello risulterebbe errata anche nella soluzione.
Ma, come si è detto, la sentenza non chiarisce se nel caso di specie si fosse trattato di un rimborso ordinario o di un rimborso accelerato.
8. Il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata.
La controversia va rimessa per un nuovo esame del merito, da compiersi alla luce dei principi di diritto e delle soluzioni accolte in questa sentenza, e preliminarmente per verificare se la fattispecie avesse avuto ad oggetto un rimborso ordinario oppure un rimborso accelerato, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvedere anche liquidazione delle spese di questa fase di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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