Cassazione civile anno 2005 n. 1555 Manutenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con ricorso del 12.8.94 M. M. adì, a tutela del possesso di un immobile sito in Serravalle di Chienti, il Pretore di Camerino al fine di sentir ordinare a M. M., proprietaria di un fondo a confinerà rimozione delle cabine in muratura e dell’impianto di riscaldamento a gas, lamentando che la relativa ubicazione non rispettava le norme civilistiche sulle distanze e le disposizioni ministeriali regolanti siffatte installazioni. La domandarla quale aveva resistito la M., preliminarmente eccependo la decadenza, per tardività, dall’azione di manutenzione, veniva disattesa dal Pretore, con condanna della ricorrente alle spese, con sentenza del 28.11.96, accogliente la menzionata eccezione. Proposto appello dalla M., resistito dalla M., con sentenza del 2.5.2001 l’adito Tribunale di Camerino, pur confermando la reiezione, per tardività, della domanda possessoria, riformava l’impugnata decisione in punto di spese, che dichiarava interamente compensateci pari di quelle del secondo grado.
Avverso quest’ultima decisione la M. ha proposto ricorso principale, affidato a tre motivi. Ha resistito, con controricorso, la M., a sua volta proponendo ricorso incidentale, contenente due motivi.
I ricorsi sono stati riuniti in udienza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Motivi della decisione
La pregiudizialità logico-giuridica dei motivi addotti a sostegno del ricorso incidentale, ne impone l’esame, con precedenza rispetto a quelli contenuti nell’appello principale. Nel controricorso si premette, in via preliminare, che la materia del contendere sarebbe cessata già durante il corso procedimento di secondo grado, per avere la controparte, a seguito di notori eventi sismici, demolito i proprio fabbricato e, con Io stesso, il manufatto lesivo del possesso dell’istante; al riguardo vengono prodotti anche alcuni documenti e rilievi fotografici.
La richiesta si traduce in un vero e proprio motivo di censura, giacchè, deducendo circostanza che si assume avvenuta e non rilevata nel corso del precedente giudizio di merito e chiedendo dichiararsi cessata la materia del contendere, tende alla riforma della reiettiva decisione di merito; essa è manifestamente inammissibile, perchè basata su motivi in fatto e documenti, che non risultano dedotti e prodotti, pur essendovene stata la possibilità, nel corso del procedimento di secondo grado.
Con il primo motivo, di ricorso incidentale, la M. deduce "violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c dell’art. 1168 e 1170 c.c., in relazione alla decorrenza del dies a qua".
L’errore dei giudici di merito sarebbe consistito nel fissare la decorrenza del termine annuale, per la proposizione dell’azione possessoria, dalla ritenuta data del primo atto lesivo posto in essere dalla controparte, senza tener conto che nella fattispecie trattandosi di una serie di azioni in progressione, finalizzate alla realizzazione di un’unica opera, dalla quale solo con l’ultimazione ed il completamento funzionale deriva la violazione dell’altrui possesso, il termine decadenziale avrebbe iniziato a decorrere da tali eventi, tanto più che la giurisprudenza ammetterebbe la proponibilità di azioni possessorie anche, dopo iniziale tolleranza, "in ipotesi di aggravamento della situazione che travalica in un’autentica lesione del possesso".
Conseguentemente si chiede che "applicando il corretto principio di diritto suesposto.."questa "Suprema Corte voglia, in base a valutazione prognostica e probabilistica, ritenere la tempestività dell’azione proposta…" La censura non è meritevole di accoglimento.
Con l’azione, nella specie propostala M. aveva chiaramente denunciato il compimento, da parte della M., di alcuni atti (la realizzazione di cabine in muratura a distanza inferiore a quella legale e l’installazione dell’impianto a gas a distanza inferiore a quella di sicurezza prescritta dalle norme speciali in materia), ciascuno dei quali era di per sè idoneo ad arrecare pregiudizio all’esercizio del proprio possesso dell’immobile. Vertendosi, dunque, in tema di manutenzione, trova applicazione il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo il quali il termine decadenziale per la proposizione del ricorso ex artt. 1170 c.c., 703 c.p.c., decorre dal compimento del primo della serie di atti singolarmente lesivi, omogenei o eterogenei, tra loro collegati, ciascuno costituente turbativa, diversamente dall’ipotesi nella quale l’unica lesione si concreti solo al termine di una serie di atti di carattere preparatorio e strumentale, di per sè ancora inidonei a ledere il possesso (v., tra le altre, Cass. 2^ n. 7865/90, n. 7751/95, n. 2604/96). La tesi della ricorrente incidentale, secondo la quale vi sarebbe stata un’unica progressione, al termine della quale soltanto si sarebbe concretata la turbativa, urta contro il dato di fatto, acclarato dai giudici di merito ed ormai inconfutabile nella presente sede, che non di una sola opera si è trattatola di più opere;d’altra parte gli attentati al possesso, concretatisi nell’ubicazione delle opere a distanze inferiori a quelle prescritti dalla legge o dai regolamenti integrativi, non esigono il completamento "funzionale" dei manufatti, rendendosi ben individuabili allorquando le opere, ancorchè non ultimate, abbiano comunque ciascuna assunto inequivoca fisionomia, tale da farle rientrare nel novero di quelle che alle suddette disposizioni devono conformarsi.
E, sul punto, l’argomentato ed incensurabile giudizio dei giudici di merito, di sostanziale insufficienza di prove in ordine alla tempestività dell’azione manutentiva, derivante dall’obiettivo ed irrisolto contrasto tra le testimonianze hinc et inde addotte, ha dato luogo alla corretta reiezione della domanda, in base ad esatta applicazione dei principi in tema di onere della prova, incombente sulla parte attrice anche in ordine al requisito cronologico di cui all’art. 1170 c.c.(v., tra le altre e più recenti, Cass. 2^ n. 1146/03).
Manifestamente inammissibili, perchè implicanti valutazioni in fatto non consentite in questa sederono poi la tesi che nella specie vi sarebbe stata iniziale tolleranza fronte di comportamenti già obiettivamente molesti della controparte, con conseguente decorrenza del termine per l’azione di manutenzione dal successivo momento in cui il, non ben precisato, limite di tale tolleranza sarebbe stato valicato, la conseguente richiesta di una "valutazione prognostica probabilistica" al riguardo.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale viene dedotta la "violazione" art. 360 n. 3 c.p.c dell’art. 1.12 c.p.c. per avere il giudice di appello omesso di statuire su tutti i restanti motivi d’appello;in subordine, omessa motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. sui medesimi punti". L’omissione avrebbe, in particolare, riguardato la richiesta di esame testimoniale di tal geometra Pupilli e di confronto ex art. 254 dei testi Santoni e Cacciamani. La censura è inammissibile, per genericità, non specificandosi le circostanze sulle quali il teste Pupilli avrebbe dovuto deporre, nè quelle oggetto dell’eventuale contrasto tra le deposizioni degli altri due, dei quali è stato chiesto il confronto, con conseguente impossibilità di questa Corte (tenuto conto del principio di "autosufficienza" dell’impugnazione di legittimità, in virtù del quale non è dato desumere aliunde elementi integrativi della censura) di apprezzare la rilevanza dei non ammessi mezzi di prova, di cui peraltro non vi è menzione nelle conclusioni, trascritte nell’epigrafe della sentenza di secondo grado.
Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta "violazione a falsa applicazione dell’art. 1168 c.c..", deducendosi l’errore valutativo compiuto dai giudici di merito, i quali non avrebbero tenuto conto delle deposizioni di alcuni testi, univoche nel riferire che i due piccoli manufatti furono costruiti nel corso di un solo giorno, tra la fine di giugno e l’inizio di luglio del 1993;sicchè vi sarebbe la sicura prova della tardività del ricorso della M., proposto nell’agosto ’94.
Il motivo è palesemente inammissibile, sotto il duplice profilo:a) dell’attinenza al fatto della doglianza, non correlata ad alcuna censura in ordine alla sufficienza ed adeguatezza logica della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che le controverse risultanze della prova testimoniale non consentivano di dare una sicura collocazione cronologica alla realizzazione dei manufatti; b) della carenza di interesse, considerato che, comunque l’azione possessoria è stata ritenuta tardiva, per inottemperanza della parte attrice all’onere della prova l’ordine alla sua tempestività, sicchè nessuna incidenza agli effetti della decisione, sul punto favorevole alla ricorrente, il dedotto errore valutativo dei giudici di merito avrebbe spiegato.
Neppure può ritenersi, sotto il secondo profilo, la censura rilevante agli effetti del regolamento delle spese considerato che la corte di merito ha giustificato l’operata compensazione ex art. 92 c.p, c, non in considerazione della ravvisata insufficienza di prove in ordine alla tempestività dell’azione possessoria, bensì tenendo conto della sostanziale illiceità, ancorchè non più denunciabile in sede possessoria, dell’operato della M.. Con il secondo motivo del ricorso principale viene dedotta "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione…" per avere il Tribunale, pur dubitando della tempestività della domanda possessoria e confermando il principio dell’incombenza della relativa prova sull’attrice, tuttavia emesso una "sentenza di accoglimento parziale dell’appello", che avrebbe dovuto essere invece respinto.
La censura è palesemente priva di fondamento, considerato che l’accoglimento parziale dell’appello non ha riguardato le statuizioni di merito in ordine alla domanda di manutenzione, bensì il solo regolamento delle speserei quale pure si era doluto l’appellante, che i giudici di secondo grado, nell’esercizio del potere discrezionale di cui all’art, 92 co. 2 c.p.c., hanno ritenuto di dover compensare anche relativamente al precedente giudizio, tenendo conto, come si è già avuto modo di precisare, della sostanziale illegittimità comportamento della resistente, le cui opere, quale che ne fosse la risalenza, erano di fatto risultate ubicate a distanza non legale.
Quanto sopra esposto comporta la reiezione anche del terzo motivo del ricorso principale, con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 co. 2 c.p.c., per essere state le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate, nonostante la soccombenza della parte attrice.
A tal riguardo non possono che ribadirsi i principi, costantemente enunciati nella giurisprudenza di legittimità, secondo i quali, fermo restante il divieto ex art. 91 c.p.c di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa, la compensazione, totale o parziale delle stesse ex art. 92 è incensurabile in sede di legittimità non solo nei casi di reciproca soccombenza, ma anche in quelli in cui giusti motivi abbiano indotto il giudice, a risparmiare in tutto o in poi la condanna al soccombente. L’opportunità di tali motivi è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, che è sindacabile nei soli casi di manifesta illogicità, erroneità o illegittimità(v., ex multis, Cass. sez. 1^ n. 319/00, n. 11597/02, sez. 2^ n. 4347/99, n. 16012/02). Nel caso di specie le suindicate ragioni della compensazione, enunciate dai giudici di appello, di palese natura equitativa, non sono illogiche, nè illegittime e, pertanto, fuggono al sindacato di questa Corte.
Alla reiezione dei reciproci ricorsi, consegue, infine, la totale compensazione delle spese anche di questo grado.

P. Q. M.
Rigetta i riuniti ricorsi e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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