Cassazione civile anno 2005 n. 1253 Indennità o rendita Contributi

ASSENZA E MORTE PRESUNTA
INFORTUNI SUL LAVORO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con sentenza del 30 gennaio 2002 la Corte d’appello di Lecce, riformando la statuizione emessa dal Tribunale di Brindisi del 3 maggio 2001, rigettava la domanda proposta dalla signora X X nei confronti dell’X, per ottenere – nella qualità di curatrice dei beni del marito X X, scomparso sin dal 30 luglio 1996 – i ratei della rendita vitalizia a questi spettanti a decorrere dal giugno 1997, data della sospensione. I Giudici di merito rilevavano che con la nomina di un curatore per lo scomparso si tutela il patrimonio anche per i presunti successori; inoltre l’obbligo di pagamento della rendita vitalizia, presupponendo necessariamente l’esistenza in vita del titolare, deve restare sospeso fino a che non si accerti definitivamente la vita o la morte dello scomparso; infatti, diversamente opinando, conseguirebbe che possano anticipatamente pervenire, nel patrimonio del futuro erede, crediti non spettanti a titolo successorio perchè di natura strettamente personale, come il diritto alla rendita vitalizia. La Corte territoriale condannava quindi la signora X alla restituzione all’X dei ratei percepiti dalla data della scomparsa del coniuge, detratte le somme spettanti alla medesima iure proprio a titolo di assegno continuativo, diritto già riconosciuto con la sentenza di primo grado che non era stata appellata sul punto.
Avverso detta sentenza la soccombente propone ricorso affidato a due morivi. Resiste l’X con controricorso.

Motivi della decisione
Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 48 cod. civ., dell’art. 55 n. 5 della legge 88/89 in relazione agli artt. 112 e 113 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., nonchè difetto di motivazione, perchè, contrariamente a quanto si afferma nella sentenza impugnata, la scomparsa non determina il subentro, neppure in via anticipata, dell’erede nel patrimonio dello scomparso. Inoltre mancherebbe nell’ordinamento una disposizione che, derogando ai principi generali sugli effetti della scomparsa, attribuisca all’X la facoltà di sospendere il pagamento della rendita vitalizia sul solo presupposto della scomparsa. Inoltre il diritto a rendita si perde solo con la morte e non già con la scomparsa, di talchè, permanendo il diritto, l’autotutela posta in essere dall’Istituto si configurerebbe come inadempimento colpevole.
Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dei principi e della vigente normativa in tema di ripetizione dell’indebito ed in particolare dell’art. 2003 cod. civ., dell’art. 55 della legge n. 88 del 1989, dell’art. 13 della legge 412/91, dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996 e del DPR n. 38 del 2000. Il provvedimento di sospensione, avendo natura temporanea, non potrebbe creare alcun indebito, giacchè l’obbligazione continuerebbe a permanere, ancorchè quiescente. Si invoca altresì l’applicazione dell’art. 1 comma 260 della legge 662/96.
Il primo motivo va accolto con conseguente assorbimento del secondo che verte sulla questione della ripetibilità o no dell’indebito.
Le disposizioni di codice civile, dall’art. 48 all’art. 68, configurano fattispecie diverse tutte connotate dalla sparizione della persona, la quale assume però, in ciascun caso, una differente gravita: la scomparsa (art. 48 c.c.), che viene dichiarata dal Tribunale qualora la persona non sia più comparsa nel luogo dell’ultimo domicilio o della sua ultima residenza e non se ne abbiano più notizie; l’assenza (art. 49 c.c.) che viene dichiarata su istanza dei presunti successori legittimi ove siano trascorsi due anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia; ed infine la morte presunta (art. 58 c.c.) che viene dichiarata quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia dell’assente.
A ciascuna fattispecie corrisponde un assetto diverso sia per quanto riguarda il patrimonio della persona sparita, sia per quanto riguarda il trattamento dei presunti successori, sia per quanto riguarda i debitori.
La scomparsa determina solo la quiescenza dei rapporti giuridici facenti capo allo scomparso, e la necessità di conservazione del suo patrimonio, a cui provvede il curatore all’uopo nominato. Non vi è alcuna immissione neppure temporanea degli eredi nel possesso dei beni, come si prevede invece per il caso di assenza (art. 50 secondo comma c.c.), e non vi è alcuna liberazione nè sospensione dell’obbligazione assunta verso lo scomparso, al contrario di quanto si prevede per il caso di assenza, in cui (art. 50 quarto comma) coloro che per effetto della morte dell’assente sarebbero liberati dall’obbligazione, possono essere temporaneamente esonerati dall’adempimento.
Ne consegue che l’X non poteva procedere alla sospensione della rendita vitalizia spettante al X, ossia non poteva essere temporaneamente esonerato da detto adempimento (neppure con provvedimento del Tribunale), perchè questa possibilità non viene concessa al debitore nel caso di scomparsa del creditore, ma solo nel caso di assenza, e cioè quando, con il passaggio del tempo, si fa probabile l’evenienza che il creditore non faccia più ritorno.
Erra quindi la Corte territoriale nell’affermare che l’obbligo di pagamento della rendita vitalizia, presupponendo necessariamente l’esistenza in vita del titolare, deve restare sospeso fino a che non si accerti definitivamente la vita o la morte dello scomparso. Ed infatti, come già detto, con la mera dichiarazione di scomparsa e la nomina di un curatore, si presume che l’interessato sia ancora in vita, il suo patrimonio deve essere conservato e restano ferme le obbligazioni, anche strettamente personali, assunte dai terzi nei suoi confronti, mentre non assume alcuna rilevanza, in questa fase, la questione della trasmissibilità del diritto agli eredi.
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata.
Non essendovi da compiere accertamenti in fatto all’esito dei principi enunciati – essendo pacifico che la ricorrente ha chiesto i ratei della rendita vitalizia spettanti al marito X X dal giorno della sospensione, ossia dal giugno 1997, al 30 luglio 1998, data della sentenza che dichiara l’assenza – la causa va decisa nel merito con l’accoglimento della domanda.
Spese come in dispositivo.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna l’X a pagare alla ricorrente la rendita spettante a X X dal giugno 1997 al 30 luglio 1998, detratti i ratei già percepiti, con gli interessi di legge dalla maturazione dei singoli ratei. Condanna l’X al pagamento delle spese, liquidate, quanto al primo grado, nella misura già liquidata dal Tribunale; quanto al secondo grado in duemila euro, di cui milletrecento per onorari, seicento per diritti e cento per spese;
quanto al presente giudizio in euro milleottocento per onorari, oltre euro 13,00 per spese.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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