Cassazione civile anno 2005 n. 1148 Genitori, tutori, precettori e maestri d’arte Minori

RESPONSABILITA’ CIVILE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
I genitori del minore X X, signori X X e X X, in proprio e nell’interesse del minore, con citazione del 29 novembre 1995 convennero dinanzi al tribunale di Lanciano i genitori del minore X X, signori X X e X X, ed agirono per il risarcimento dei danni causati dal piccolo X al compagno di giochi X, colpito all’occhio sinistro con un ceppo di legno. Il piccolo X aveva subito ripetute operazioni con esiti negativi, perdendo l’uso dell’occhio (riduzione del visus a 1/12 con lenti corneali).
I convenuti si costituivano contestando il fondamento delle pretese e chiedevano la chiamata in causa dei genitori di un terzo infante, presente ai giochi, tale X X, i cui genitori erano indicati in X X e X X. I chiamati in lite si costituivano, contestando la ammissibilità della chiamata e nel merito ogni responsabilità in ordine all’accaduto. La lite era istruita con prove orali, documentali, interpello e documentazione medica.
Con sentenza del 10 maggio 1997 il Tribunale di Lanciano accertata che la responsabilità dell’accaduto era riferibile alla condotta del minore X X, mentre il terzo minore era del tutto estraneo ai fatti lesivi; condannava conseguentemente i genitori del X al risarcimento dei danni, biologico, patrimoniali e morali, per 185 milioni di lire, oltre rivalutazione ed interessi e al pagamento delle spese processuali. Era invece rigettata la domanda relativa alla chiamata in lite dei genitori di X X. La decisione era appellata:
a. con appello principale dai genitori di X, in proprio e in rappresentanza del minore;
b. a tale appello hanno resistito i genitori di X X, proponendo appello incidentale;
c. si sono costituiti, quali appellati, i genitori di X, rilevando che la estromissione dalla lite derivava, oltre che dalla mancanza di responsabilità, dal fatto che nessuna domanda risarcitoria era stata proposta dai genitori di X nei loro confronti.
Con sentenza del 8 giugno 2000 la Corte di appello dell’Aquila così decideva:
rigetta l’appello principale ed accoglie per quanto di ragione l’appello incidentale, rigettando la domanda risarcitoria proposta dai genitori di X X nei confronti di X X e X X, compensando tra le parti le spese del doppio grado del giudizio; condanna i X e X in solido alla rifusione delle spese del grado in favore dei coniugi X. Contro la decisione ricorrono i genitori di X X, in proprio e nella qualità, deducendo due motivi di censura; resistono i coniugi X con contro ricorso, le parti hanno prodotto memorie.

Motivi della decisione
Il ricorso merita accoglimento in relazione al primo motivo, risultando infondato il secondo motivo, per le seguenti considerazioni.
Nel primo motivo si deduce l’error in iudicando in relazione alla violazione degli artt. 2047 e 2048 del codice civile, sistematicamente coordinati, ed il vizio della motivazione in relazione al punto decisivo relativo allo affidamento del minore X alla sfera di custodia dei genitori di X. La tesi (sostenuta dai genitori del piccolo X, danneggiato) è che nel caso di specie i genitori del piccolo X (danneggiante) non hanno esercitato sul piccolo X alcun tipo di sorveglianza, e che tale omissione non era giustificata da alcun legittimo impedimento. Si aggiunge che la decisione della Corte di appello di considerare raggiunta la prova liberatoria appare illegittima in quanto in contrasto con un rigoroso orientamento giurisprudenziale in ordine al punto relativo all’affidamento.
Così riassunto il motivo, occorre precisare che la Corte di appello, nell’esaminare gli appelli principale e incidentale, ha corretto la qualificazione giuridica dell’azione di danno, riconducendola nell’ambito dell’art. 2047 del codice civile, essendo il fatto eziologicamente riferibile alla condotta di un bambino di sette anni compiuti è cioè, secondo le circostanze accertate, incapace di intendere e volere.
Tale norma prevede la responsabilità diretta del soggetto tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto.
Orbene, poichè nessuno contesta il punto della accertata incapacità del minore (come si desume dal tenore del ricorso) la fattispecie appare esattamente inquadrata nello ambito dell’art. 2047 del codice civile, che ha una propria autonomia rispetto al successivo art. 2048 (Cfr. Cass. 24 maggio 1997 n. 4633).
Ma la censura appare fondata sul punto relativo al c.d. affidamento, come fatto traslativo della vigilanza.
Sul punto così motiva la Corte di appello (ff 13 della sentenza).
"La presenza del X, padre di X, evidenziata dal primo giudice in riguardo alla condivisibile esclusione della culpa in vigilando della madre del X (incapace e danneggiante) vale altresì ad impedire che nella specie possa assegnarsi fondamento critico alla censura che detto minore fosse abbandonato a sè stesso nella fase successiva del gioco, vero essendo al contrario che tale sorveglianza, nella consapevolezza materna della presenza di un adulto qualificato, che assisteva al gioco e della iniziale diversità ed innocuità dello stesso, non poteva che ritenersi tacitamente delegata a costui in virtù dell’id quod plerumque accidit, secondo i principi di civile convivenza".
Questo ragionamento è giuridicamente errato proprio in relazione alla fattispecie normativa sotto cui sussumere il fatto storico lesivo, posto che la prova della traslazione della vigilanza incombeva al genitore dell’incapace danneggiante, ed è una prova particolarmente rigorosa, poichè la legge esige la dimostrazione di un fatto impeditivo assoluto (il non poter impedire un fatto, ad esempio perchè determinato da forza maggiore o dal fortuito o dal fatto del terzo) mentre la Corte si affida ad una mera congettura di presunzione semplice (la normalità degli eventi tra persone dotate di buona educazione.) (cfr. Cass. 24 maggio 1997 n. 4633).
Deve pertanto accogliersi il primo motivo di censura, sia sotto il profilo dell’error iuris che sotto quello della insufficienza della motivazione.
Infondata è invece la seconda censura in cui si richiede la applicazione in via equitativa della indennità – di cui al secondo comma dell’art. 2047, sotto un duplice profilo: vuoi perchè tale domanda non è stata mai proposta neppure in via implicita nella fase del merito, sia perchè con l’accoglimento del primo motivo il danneggiato è posto in grado di ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza.
All’accoglimento del primo motivo segue la cassazione con rinvio dinanzi alla Corte di appello di Roma, che provvedere, attenendosi al principio di diritto come sopra indicato, anche in ordine alle spese di questo giudizio di Cassazione.

P. Q. M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo, cassa in relazione e rinvia alla Corte di appello di Roma anche per le spese di questo giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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