Cassazione civile anno 2005 n. 1123 Licenziamento

LAVORO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con sentenza non definitiva in data 8.7.1999, n. 126, pronunciata dal Pretore di Venezia, e con sentenza definitiva in data 22.2.2000, n. 817, pronunciata dal Tribunale (organo sostituito al pretore), è stata accolta in parte la domanda proposta da X X nei confronti dell’X, accertando il diritto al riscatto degli anni corrispondenti al corso di laurea in economia e commercio, con accredito di contribuzione figurativa per complessive 194 settimane (in luogo delle 208 richieste) e, determinazione in L. 172.002 dell’onere di pagamento a carico dell’assicurato.
La Corte di appello di Venezia ha accolto l’impugnazione (principale) dell’X, rigettando la domanda e, conseguentemente, l’appello (incidentale) del X. Dei motivi di appello è stato ritenuto fondato quello che riproponeva la questione della preclusione della pretesa derivante da acquiescenza, disattesa il primo grado, con assorbimento degli altri motivi di appello e dell’appello incidentale. Le spese del giudizio di appello sono state compensate, rilevando che la compensazione era stata disposta anche dal primo giudice.
Ha osservato la Corte territoriale che il X aveva presentato domanda di riscatto nel 1973 e l’X assumeva di avere comunicato in data 15 febbraio 1980 l’accoglimento solo parziale, per complessive 142 settimane (periodi 1.11.62-9.1.64; 14.4.1965-31.10.1965;
1.11.1966-31.10.1967), con indicazione della somma da pagare; che il relativo pagamento era stato effettuato senza alcuna riserva dall’interessato; che, pertanto, non era consentito a distanza di 17 anni contestare il provvedimento cui era stata prestata piena e incondizionata adesione. La cassazione della sentenza è domandata da X X con ricorso contenente una pluralità di censure, ulteriormente precisate con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., al quale resiste con controricorso l’X.

Motivi della decisione
1. La Corte deve rilevare, preliminarmente, che, come esposto in narrativa, la statuizione della sentenza impugnata è sorretta da un’unica ratto decidendi, l’intervenuta acquiescenza, ritenuta assorbente di tutte le altre questioni. La declaratoria di assorbimento è conforme a legge, atteso che l’acquiescenza considerata dalla sentenza impugnata altro non è che rinuncia al diritto manifestata mediante comportamenti concludenti. Essa opera perciò sul terreno del diritto sostanziale (non processuale) e, determinando la perdita della situazione giuridica soggettiva di vantaggio, esclude l’operatività di istituti che presuppongono l’esistenza della detta situazione (come, per esempio, la decadenza).
1.1. Ne consegue l’inammissibilità di tutte le censure che concernono le questioni rimaste assorbite, rispetto alle quali non si configura soccombenza in senso tecnico, siccome, in caso di cassazione con rinvio della sentenza, possono essere riproposte nel nuovo giudizio; inammissibile è anche la censura concernente la statuizione di compensazione delle spese, non potendosi riconoscere alcun interesse alla cassazione in capo alla parte interamente soccombente.
2. Tra le censure suscettibili di essere esaminate, è pregiudiziale l’esame di quella contenuta nel primo motivo, che imputa alla sentenza impugnata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., e comunque vizio della motivazione, per aver emesso una statuizione di rigetto della domanda all’esito dell’esame del solo primo motivo di appello dell’X, con il quale venivano sollevate esclusivamente eccezioni processuali (inammissibilità e improponibilità del ricorso del X e delle domande ivi contenute; decadenza dall’azione; acquiescenza).
2.1. La palese infondatezza del motivo discende da quanto precisato in via preliminare circa la natura giuridica dell’acquiescenza (di cui non è discussa la rituale sottoposizione al giudice dell’appello), che, ove ritenuta sussistente, conduce all’esito di rigetto della domanda per inesistenza del diritto fatto valere, risultando l’esame pregiudiziale anche all’improponibilità della domanda per decadenza.
3. Il secondo motivo del ricorso, nelle parti ammissibili alla stregua di quanto precisato al n. 1, denuncia violazioni di norme giuridiche e vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata ritenuto che:
a) era nuova l’affermata ignoranza dei periodi ammessi a riscatto, sebbene la deduzione fosse contenuta nella memoria autorizzata 4.1.1999, cui era seguita nel giudizio di primo grado attività istruttoria finalizzata ad accertare l’avvenuta comunicazione del provvedimento 12.2.1980, senza peraltro raggiungere alcun risultato;
b) risultava provato comunque che l’X aveva reso edotto il richiedente del parziale accoglimento della domanda dell’ottobre 1973, senza considerare che non vi era prova della comunicazione del provvedimento 15.2.1980, il quale, peraltro, pacificamente non recava i motivi di tale determinazione, mentre in realtà era comprovata soltanto la comunicazione dell’importo complessivo del riscatto, importo che era stato versato nel termine di decadenza e naturalmente senza alcuna riserva, in difetto di consapevolezza circa l’accoglimento solo parziale della domanda;
c) doveva attribuirsi rilevanza alla mancata tempestiva proposizione del ricorso amministrativo contro la determinazione parzialmente sfavorevole dell’Istituto, trascurando di rilevare che l’art. 8 della legge n. 533 del 1973 con consente di attribuire carattere perentorio ai termini per ricorrere;
d) parlato di fenomeno negoziale e di accettatone di proposta, laddove si era in presenza di atti e procedimenti amministrativi;
e) affermato, contraddittoriamente, che l’assicurato era stato acquiescente in un contesto che, al contrario, consentiva di ravvisare soltanto una mera inerzia, aggiungendo che fondamento dell’acquiescenza è la certezza dei rapporti giuridici.
3.1. La Corte giudica fondato il motivo nel suo nucleo essenziale.
Riprendendo il discorso preliminare che si è svolto in funzione dell’ammissibilità delle censure proposte dal ricorrente, va precisato che, alla stregua dei principi affermati dalla giurisprudenza della Corte, soprattutto in tema di rinuncia ad impugnare il licenziamento, ovvero di rivendicare comunque la persistenza di un rapporto di lavoro e dei relativi diritti e obblighi (vedi, per tutte, Cass. 4 giugno 2003, n. 8893; 6 novembre 2002, n. 15593; 12 luglio 2002, n. 10199; 3 ottobre 2000, n. 13134), perchè sia configuratale acquiescenza è necessario: a) disponibilità del diritto, non potendo rinunciarsi a diritti dei quali non si può disporre; b) piena conoscenza dell’atto o degli atti lesivi della situazione giuridica soggettiva c) un comportamento di adesione alle altrui determinazioni e proposte che non sia equivoco (es. senza la formulazione di "riserve"); d) la spontaneità, spontaneità che deve escludersi non soltanto in presenza di atto esecutorio, ma anche della necessità di soddisfare bisogni insopprimibili e indifferibili (come, ad esempio, nel caso di riscossione della retribuzione in misura inferiore al dovuto), ovvero di evitare altri pregiudizi.
3.2. Nel caso di specie, sussiste certamente la piena disponibilità del diritto.
In tema di facoltà di riscatto del periodo del corso di laurea dei dipendenti privati, prevista dall’art. 50 della legge n. 153 del 1969, come sostituito dall’art. 2-nonies del d.l. n. 30 del 1974, convertito nella legge n. 114 del 1974, non soltanto è necessaria una specifica domanda dell’interessato al fine di incrementare l’anzianità contributiva, ma anche il pagamento delle somme dovute non è configurato come obbligo, bensì come onere, potendo liberamente l’assicurato impedire il perfezionamento della fattispecie non procedendo al versamento nel termine perentorio (cfr.
Cass. 9 gennaio 2003, n. 137; 15 novembre 2002, n. 16142).
Sussiste anche il comportamento spontaneo di oggettiva adesione piena alle determinazioni dell’X, essendo stato eseguito il pagamento della somma richiesta senza formulare alcuna riserva, ovvero sperimentare il rimedio dei ricorsi amministrativi.
3.3. La sentenza impugnata merita, invece, le censure di illogica ed insufficiente motivazione in ordine all’accertamento dell’elemento della piena conoscenza dell’accoglimento soltanto parziale della domanda di riscatto e, quindi, della lesione del diritto asserito esistente.
Va rilevato preliminarmente che, dedotta dall’X l’acquiescenza, il X aveva opposto, già nel primo grado di giudizio, di aver ricevuto soltanto il "bollettino" con indicazione della somma da versare in L. 469.185. Cosicchè, nessuna questione attinente alla mancata conoscenza dell’accoglimento parziale poteva essere considerata nuova dal giudice di appello.
3.4. Ciò premesso, il vizio di adeguatezza logica del ragionamento del giudice di merito si ravvisa, in primo luogo, nell’affermazione che la decisione dell’X sulla domanda, adottata con atto formale del 15.2.1980, non poteva non essere stata comunicata all’interessato, in ottemperanza alle prescrizioni di legge, sebbene la prova della comunicazione di detta decisione non fosse stata acquisita. La conformità a legge dei comportamenti tenuti da qualunque soggetto dell’ordinamento deve risultare comprovata, sia pure a mezzo di presunzioni, ma non possono fondarsi le presunzioni sulla mera qualità del soggetto. In particolare, la cd. "presunzione di legittimità degli atti amministrativi" costituisce espressione adoperata impropriamente per designare l’efficacia esecutiva delle determinazioni dell’amministrazione, ancorchè non conformi a legge, mentre sicuramente operano dinanzi al giudice le regole ordinarie sul riparto dell’onere della prova (vedi Cass. 12 ottobre 1981, n. 5336;
15 novembre 1979, n. 5941).
In secondo luogo, non è conforme al precetto della logica ritenere che un assicurato, in difetto di altri elementi, quali, ad esempio, il possesso di conoscenze specialistiche, possa desumere dal solo importo complessivo di un versamento la sua imputazione solo a determinati periodi e non a quello complessivo di riferimento.
In terzo luogo, la valutazione del fatto della mancata proposizione del ricorso amministrativo si collegava, evidentemente, al diverso tema di indagine circa la sussistenza del comportamento di adesione, non certo alla contestazione della mancata conoscenza, di cui la successiva inerzia rappresentava uno sviluppo coerente.
3.5. Correlata ai vizi logici riscontrati è il difetto di indagine su elementi decisivi.
Innanzi tutto, è mancata un’approfondita ricognizione circa il contenuto delle comunicazioni, contenute o desumibili, dall’invio dei bollettini di versamento, onde verificare se recassero indicazioni in ordine ai periodi di imputazione dei contributi (che la sentenza ha accertato essere tre, tenuto conto dell’intervallo corrispondente al servizio di leva: 1.11.1962-9.1.1964; 14.4.1965-31.10.1965;
1.11.1966-31.10.1967).
Ed ancora, la presenza di altre circostanze, quali i contenuti della domanda di riscatto, le particolari conoscenze del X (laureato in economia e commercio), atte a fondare una presunzione di consapevolezza dell’accoglimento solo parziale della richiesta di riscatto.
4. Nei limiti precisati il ricorso va accolto e la causa rinviata ad altro giudice, che si designa nella Corte di appello di Trieste, il quale procederà ad un nuovo giudizio sulla questione dell’acquiescenza, ponendo riparo ai vizi logici riscontrati e procedendo alle indagini precisate al punto n. 3.5. Al giudice del rinvio è affidata anche la regolazione delle spese del giudizio di Cassazione (art. 385 cod. proc. civ.).

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione alle ragioni dell’accoglimento e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Trieste.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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