Cass. Civ. Sez. I 14.04.2011 n. 8548 – separazione violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22.05 – 8.05.2006, il Tribunale di Napoli dichiarava la separazione personale dei coniugi S.E. e P.M. ricorrente (ricorso del 25.09.2001), sposatisi il (OMISSIS), addebitandola al marito, affidava alla madre le due figlie della coppia, A., nata il (OMISSIS), e T., nata il (OMISSIS), regolando il diritto di loro frequentazione da parte del S., cui imponeva di corrispondere alla moglie l’importo mensile di complessivi Euro 800,00, annualmente rivalutabile, di cui Euro 200,00 quale assegno per il mantenimento di lei ed Euro 600,00 a titolo di contributo per il mantenimento delle minori. Con sentenza del 10 – 31.01.2007, la Corte di appello di Napoli respingeva l’appello proposto dal S. ed articolato in tre motivi inerenti rispettivamente all’addebito a sè della separazione personale, al diniego di affidamento condiviso delle figlie ed all’assegno impostogli per il mantenimento della moglie, condannandolo al pagamento delle spese processuali anche del gravame.

La Corte territoriale osservava e riteneva per quanto ancora rileva:

che la pronuncia di addebito della separazione al marito era in effetti suffragata dalle risultanze istruttorie emerse in primo grado e segnatamente dalle deposizioni rese dalle testi S. A. e G.G., la prima fidanzata del fratello della ricorrente e la seconda cugina della stessa, dalle cui dichiarazioni emergevano episodi di maltrattamenti in danno della P. e, dunque, un comportamento del S. gravemente lesivo dei doveri nascenti dal matrimonio che non potesse essere accolta la richiesta del S. di affidamento condiviso delle due figlie minorenni della coppia in ragione sia della notevole conflittualità esistente tra i coniugi, destinata a ripercuotersi negativamente sull’equilibrio dalle minori raggiunto dopo la separazione dei genitori, quale risultante dalla relazione in data 25.02.2003, redatta dal SS del Comune di Melito, e sia del comportamento tenuto dal S., che, come emerso dalle raccolta prova testimoniale e dalle relazioni dei servizi sociali, vedeva le figlie solo saltuariamente e non nei giorni stabiliti e per sua stessa ammissione solo da epoca recente (marzo 2005) aveva cominciato a corrispondere regolarmente alla moglie il contributo per il loro mantenimento.

Avverso questa sentenza notificatagli il 18.05.2007, il S. ha proposto ricorso per cassazione notificato alla P. il 16.07.2007, fondato su due motivi. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il S. denunzia:

1. "Motivazione apparente, insufficiente e contraddittoria (art. 360 c.p.c., n. 5)", censurando l’addebito a sè della separazione personale, a suo parere fondato su motivazione inconsistente e non concludente, affidata a due deposizioni solo de relato in ordine alle percosse ed alle violenze da lui inferte alla moglie.

2. "Violazione e falsa applicazione degli artt. 155 e 155 bis c.c. – Art. 360 c.p.c., n. 3; insufficiente e contraddittoria motivazione – art. 360 c.p.c., n. 5" formulando conclusivamente i seguenti quesiti di diritto:

a) "L’affido condiviso, a norma degli artt. 155 e 155 bis c.c., è un diritto dei figli minori e non può essere escluso per la conflittualità dei genitori".

b) "Nella fase preadolescenziale la figura genitoriale maschile è essenziale per il sano sviluppo psicofisico del minore".

Entrambi i motivi sono inammissibili.

Nella parte finale del ricorso il S. si è limitato ad elencare sette affermazioni di principio, espressamente qualificate come quesiti di diritto, delle quali le prime cinque in tema di addebito, percosse e violenze tra coniugi e relativa prova e le ultime due in tema di affido condiviso e rilevanza della figura paterna.

Con riguardo al primo motivo, le censure di apparenza – e, dunque, omessa – insufficienza e contraddittorietà della motivazione avrebbero dovuto contenere, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, un successivo momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) dei rilievi, atto a circoscriverne puntualmente i limiti (cfr Cass. SS.UU. 200720603; 200811652;

200816528). Nella specie, invece, tale momento di sintesi è mancato, non potendosi nemmeno ritenere integrato dalle prime cinque menzionate asserzioni, del tutto generiche ed avulse dalle ragioni dell’avversata statuizione e dalle peculiarità del caso, secondo cui, tra l’altro, la prova dei fatti addebitati al ricorrente è stata ineccepibilmente tratta sia da quanto direttamente percepito da una delle due testi (invettive e gesti del marito) e sia in via indiretta e presuntiva, sulla base del complesso degli elementi acquisiti al processo, ivi compresi i precisi dati oggettivi (rossori e lividi in specifici contesti), concordanti ed univoci, emersi da entrambe le deposizioni testimoniali, al riguardo certo non qualificabili come de relato.

D’altra parte, come noto, in tema di addebitabilità della separazione personale, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili – traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner – essi sono insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo, e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere (cfr cass. 200415101; 200507321; 200605379).

Quanto al secondo motivo d’impugnazione, i due quesiti di diritto che lo concernono, contraddistinti dai nn. 6 e 7, sono inammissibili. Il primo, infatti non si rivela aderente al complesso delle ragioni, in precedenza evidenziato, del diniego di affidamento condiviso delle figlie, non limitate alla emersa conflittualità dei genitori ed ai relativi negativi riflessi sull’equilibrio psico-fisico delle minori, ma comprensive dei reprensibili contegni tenuti dal S. in pregiudizio dell’interesse delle stesse, che ben potevano anch’esse giustificare la deroga all’invocato regime (in tema cfr cass. 200926587). Il secondo quesito, invece, è del tutto generico e non pertinente rispetto al decisum. Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimità, considerato il relativo esito ed il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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