Cass. Civ. Sez. Lav. 06.04.2011 n. 7897 – decadenza diritto soggettivo atto impeditivo requisiti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel corso di un giudizio promosso nel febbraio 1989 avanti al Pretore di Napoli da P.S. e C.P. nei confronti di C.R. e la s.p.a. X dello X, per ottenere la condanna solidale di questi ultimi, ai sensi della L. n. 1369 del 1960, art. 1 o, in subordine, ai sensi dell’art 3 della medesima legge, a pagar loro determinate differenze retributive riferite ad un rapporto di lavoro iniziato nel 1964, i ricorrenti avevano chiamato in causa, con atto notificato il 16 novembre 1989, l’Istituto Nazionale dei X s.p.a. (poi divenuta Itaca s.p.a., oggi incorporata nella F.S. X s.p.a.) estendendo le domande nei confronti a tale società, in via alternativa rispetto alla s.p.a. FF.SS..
Il giudizio si era concluso col rigetto delle domande, confermato in appello, quanto a quelle svolte ai sensi della L. n. 1369 del 1960, art. 1 mentre le domande ai sensi dell’art. 3 della Legge erano state dichiarate inammissibili, in quanto generiche, dal Tribunale di Napoli quale giudice di appello.
Con ricorso notificato nel luglio 1995, quando il rapporto di lavoro con C.R. era già terminato nell’aprile del 1990 e l’appalto di servizi da I.N.T. al C. medesimo era cessato il 31 marzo 1991, i due lavoratori avevano riproposto le domande ai sensi della L. n. 1369 del 1960, art. 3 nei confronti di C. R. e delle due società, ma il Pretore di Napoli aveva dichiarato tale ricorso inammissibile per difetto di procura.
Con un ulteriore ricorso depositato il 12 marzo 1996, P. e C. avevano riproposto la medesima domanda di condanna dei convenuti, in via solidale, a pagar loro la complessiva somma di L. 279.079.976 a titolo di differenze retributive, in relazione al rapporto indicato.
Il Pretore del lavoro di Napoli, con sentenza dell’11.11.98 rigettò le domande, argomentando dalla intervenuta decadenza della L. n. 13 69 del 1960, ex art. 4 e comunque dalla intervenuta prescrizione quinquennale dei diritti azionati.
Infine, con sentenza depositata il 9 febbraio 2006, il Tribunale di Napoli, quale giudice di appello, ha respinto l’appello proposto avverso la sentenza del Pretore dai due originari ricorrenti, dando peraltro atto che questi avevano omesso ogni censura alla decisione del primo giudice relativamente alla posizione della s.p.a. FF.SS..
Avverso tale sentenza propongono ora un unico ricorso per cassazione P.S. e C.P., affidandolo a due motivi.
Ambedue le società intimate resistono alle domande con separati controricorsi.
C.R., ritualmente intimato, non si è costituito nel presente giudizio di cassazione.
I ricorrenti hanno infine depositato una memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente precisato che i ricorrenti hanno dichiarato che la X s.p.a. (oggi succeduta alla FF.SS. s.p.a.) "è effettivamente estranea al processo e viene qui citata avanti alla Corte di cassazione sol perchè è stata parte del processo nei gradi pregressi".
Ne consegue che sul rigetto, confermato in appello, delle domande originariamente svolte da P.S. e da C. P. nei confronti della s.p.a. X si è formato il giudicato e che la controversia è attualmente circoscritta al tema della eventuale decadenza e prescrizione dei crediti azionati nei confronti della F.S. X s.p.a. e di C.R. ai sensi della L. n. 1369 del 1960, art. 3.
1 – In proposito, col primo motivo di ricorso, indicato come di violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 4, artt. 2694, 2966, 2967 e 2969 c.c. nonchè attinente a un vizio di motivazione, vengono formulate due censure:
a) con la prima, la difesa dei ricorrenti rileva che il Tribunale di Napoli non avrebbe confermato la statuizione del Pretore relativamente all’intervenuta prescrizione dei diritti azionati nei confronti della F.S. X e di C.R. e comunque "per mera completezza difensiva" deduce l’infondatezza di tale statuizione del primo giudice.
b) con la seconda, i ricorrenti sostengono che la decadenza della L. n. 1369 del 1960, ex art. 4 sarebbe stata nel caso in esame impedita dalla notifica il 16 novembre 1989 dell’atto di chiamata in giudizio dell’I.N.T., con la conseguente proposizione nei confronti di questa società e di C.R. della domanda ex art. 3 della medesima Legge; che tale impedimento della decadenza non sarebbe pregiudicato dalla successiva dichiarazione di inammissibilità delle relative domande; che una volta impedita, la decadenza non potrebbe successivamente risorgere.
2 – Con secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 342 e 416 c.p.c. e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove il Tribunale non avrebbe rilevato la tardività della produzione da parte della società convenuta del documento dal quale risulterebbe che l’appalto in ordine al quale era stata azionata la responsabilità solidale della L. n. 1369, ex art. 3 era cessato il 31 marzo 1991 (per cui l’anno di decadenza era X fatto decorrere da tale data), nonostante la censura in proposito svolta in appello dagli appellanti.
Con riguardo al primo profilo in cui è articolato il primo motivo, risulta dalla sentenza impugnata che il Tribunale, dopo aver riferito che l’appello riguarda sia il tema della decadenza che quello della prescrizione dei diritti azionati, esamina per primo il tema della decadenza e, avendo valutato che essa sì era verificata, non affronta poi in alcun modo l’argomento della prescrizione, ritenendolo evidentemente assorbito.
Questo essendo il reale contenuto della sentenza impugnata e rilevato che la questione della infondatezza della eccezione di prescrizione viene comunque richiamata in questa sede dai ricorrenti, essa dovrà essere esaminata dal giudice di rinvio, nell’ipotesi in cui il ricorso venga accolto in ordine alla ritenuta decadenza.
Passando a quest’ultimo argomento, si ricorda che la L. n. 1369 del 1960, dopo avere stabilito all’art. 3 la responsabilità solidale del committente per i crediti di lavoro dei dipendenti dell’appaltatore in caso di appalti leciti "endo-aziendali", con riferimento ad un trattamento minimo non inferiore a quello praticato dall’appaltante nei confronti dei propri dipendenti, afferma al successivo art. 4 che "i diritti spettanti ai preXri di lavoro ai sensi dell’articolo precedente potranno essere esercitati nei confronti dell’imprenditore appaltante durante l’esecuzione dell’appalto e fino ad un anno dopo la data di cessazione dell’appalto".
In proposito, va anzitutto confermata, in considerazione delle espressioni usate e dello scopo perseguito con la disposizione, la natura di vera e propria decadenza dell’ipotesi disciplinata dalla L. n. 1369 del 1960, art. 4 (cfr. ad es., Cass. sentt. nn. 996/07 e 8602/92), stabilita infatti nell’interesse superiore della legge a che la situazione di incertezza del committente – estraneo ai rapporti di lavoro facenti capo all’appaltatore, relativamente agli oneri che possano derivargli dal contratto di appalto da eseguirsi all’interno della propria azienda ai sensi dell’art. 3 della Legge medesima, non ecceda l’anno dalla cessazione dell’appalto medesimo, entro il quale l’eventuale diritto derivante da tale norma deve pertanto essere esercitato.
Nel caso in esame, l’appalto tra F.S. X s.p.a. e C. R. essendo in corso da molti anni e fino al 31 marzo 1991, i diritti dei ricorrenti nascenti dal rapporto di lavoro intercorso con C.R. fino all’aprile 1990 avrebbero potuto essere utilmente esercitati solo fino al 31 marzo 1992.
I ricorrenti deducono anzitutto in proposito (col secondo motivo) che il documento attestate la data di cessazione dell’appalto – e con essa quella di decorrenza della decadenza in questione – sarebbe X depositato in giudizio dalla società tardivamente e quindi i giudici, e in particolare il Tribunale in sede di appello, non avrebbe potuto tenerne conto, come sarebbe X ritualmente eccepito dagli appellanti.
Il motivo è infondato, avendo il Tribunale ragionevolmente ritenuto, interpretando l’atto di appello – di cui riproduce sul punto il contenuto, non conteX dai ricorrenti – che l’eccezione non avesse costituito specifico motivo di appello e fosse stata formulata nel relativo giudizio solo in sede di discussione.
La difesa di P.S. e di C.P. sostiene comunque (seconda parte del primo motivo) che questi avrebbero tempestivamente esercitato i diritti in parola nei confronti di C.R. e della s.p.a. F.S. X nel primo dei giudizi dagli stessi istaurati, in particolare con l’estensione della domanda ai sensi dell’art. 3 della legge all’Istituto Nazionale X s.p.a. avvenuta con la notifica del 16 novembre 1989 nell’ambito del giudizio promosso col ricorso del febbraio 1989 e quindi in corso di rapporto; mentre nessuna conseguenza deriverebbe sul piano considerato dal fatto che successivamente tale domanda sia stata dichiarata inammissibile.
Senonchè risulta dalla sentenza impugnata e non è conteX dai ricorrenti che tale domanda era stata dichiarata inammissibile per genericità della stessa in quanto non sarebbero state individuate in maniera sufficientemente chiara la normativa collettiva e le qualifiche contrattuali utili per la determinazione del trattamento retributivo rivendicato.
Da ciò consegue l’infondatezza anche della difesa in esame, dovendosi affermare il principio secondo cui qualora una norma di legge preveda la decadenza da un diritto soggettivo e individui l’atto impeditivo della stessa nell’esercizio del diritto nei confronti del soggetto passivo, l’atto di esercizio, se stragiudiziale, deve contenere con chiarezza e precisione (valutabili soltanto dal giudice di merito) tutti gli estremi della pretesa e, se giudiziale, deve avere un contenuto idoneo all’istaurazione di un valido rapporto processuale.
L’infondatezza del motivo che investe la pronuncia della sentenza impugnata in ordine all’intervenuta decadenza dei diritti azionati determina l’assorbimento di ogni questione in ordine alla prescrizione.
In base alle considerazioni svolte, il ricorso va pertanto respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di giudizio, operato in dispositivo. Nulla per le spese dell’intimato C., non costituito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, a rimborsare alle sole parti costituite le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate per ciascuna di esse in Euro 24,00 per esborsi ed Euro 2.000,00, oltre spese generali, IVA e CPA, per onorari.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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