Corte Costituzionale, Sentenza n. 190/2011, in tema di approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2010/2011

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 27 del 22-6-2011

Sentenza

nei giudizi di legittimita’ costituzionale della legge della Regione
Lombardia 21 settembre 2010, n. 16, recante «Approvazione del piano
di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2010/2011 ai
sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla
cattura di richiami vivi)», e dell’art. 2 e allegato A della legge
della Regione Toscana 6 ottobre 2010, n. 50, recante «Disciplina
dell’attivita’ di cattura di uccelli da richiamo appartenenti alle
specie cacciabili per l’anno 2010 ai sensi dell’articolo 4 della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e dell’articolo 34
della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge
11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio")», promossi dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 22-25
novembre 2010 ed il 26 novembre-1° dicembre 2010, depositati in
cancelleria il 30 novembre 2010 ed iscritti ai nn. 116 e 117 del
registro ricorsi 2010.
Visti gli atti di costituzione delle Regioni Lombardia e Toscana;
udito nell’udienza pubblica del 10 maggio 2011 il Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia per il Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Marcello Cardi per la
Regione Lombardia e Lucia Bora per la Regione Toscana.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 22 novembre 2010, il Presidente
del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Regione
Lombardia 21 settembre 2010, n. 16, recante «Approvazione del piano
di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2010/2011 ai
sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla
cattura di richiami vivi)», per contrasto con l’art. 117, primo e
secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.1. – Col primo motivo di ricorso, la legge regionale n. 16 del
2010 e’ censurata per aver autorizzato la gestione degli impianti per
la cattura delle specie indicate nell’Allegato A della legge medesima
«in assenza dei presupposti e delle condizioni poste» dall’art. 9
della direttiva 2 aprile 1979, n. 79/409/CEE (Direttiva del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici), riprodotta,
senza alcuna modificazione sostanziale, nell’art. 9 della direttiva
2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici), ponendosi
cosi’ in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost.
In particolare il ricorrente, dopo aver ricordato che la
direttiva citata subordina la «possibilita’ di autorizzare in deroga
la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantita’ alla
comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di
condizioni rigidamente controllate e all’impiego di modalita’
selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura
in cui siano strettamente necessarie a soddisfare le richieste del
mondo venatorio», lamenta il mancato rispetto di tali condizioni da
parte della legge regionale impugnata; cosa che, sempre ad avviso del
ricorrente, risulterebbe confermata «dal parere negativo dell’ISPRA
formulato con note del 20/7/2010 e del 20/8/2010».
Nel ricorso si osserva, inoltre, che la norma impugnata
costituisce l’esatta riproduzione della legge della Regione Lombardia
6 agosto 2009, n. 19, recante «Approvazione del piano di cattura dei
richiami vivi per la stagione venatoria 2009/2010 ai sensi della
legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei
richiami vivi)», dichiarata incostituzionale con sentenza n. 266 del
2010 per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.
2. – In secondo luogo, sempre ad avviso del ricorrente, la legge
regionale violerebbe il principio stabilito dall’art. 4 della legge
11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), in base al quale la
potesta’ legislativa regionale in ordine alla autorizzazione del
piano di cattura dei richiami vivi dovrebbe essere esercitata in
presenza di un parere favorevole dell’ISPRA, nonche’ la legge
regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura di
richiami vivi), della quale la legge impugnata costituirebbe
«attuazione».
Pertanto, posto che la citata disposizione statale integrerebbe
una «misura minima di tutela e quindi inderogabile per il legislatore
regionale», il mancato rispetto di essa determinerebbe, sempre
secondo il ricorrente, la violazione dell’«esigenza di tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema» di competenza legislativa esclusiva
dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
3. – Il ricorrente formula, altresi’, istanza di sospensione
dell’esecuzione dell’atto impugnato, ritenendo sussistenti i
presupposti per accordare la tutela in via d’urgenza ai sensi degli
artt. 35 e 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).
4. – Si e’ costituita in giudizio la Regione Lombardia chiedendo
che il ricorso sia dichiarato manifestamente inammissibile o,
comunque, infondato.
4.1. – Dopo aver ricostruito il quadro normativo comunitario e
statale di riferimento, la resistente premette che la legge impugnata
ha approvato il piano di cattura dei richiami vivi per la stagione
venatoria 2010/2011 in base all’art. 1 della legge regionale 5
febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura di richiami vivi),
che stabilisce che «la Regione, sentito l’Istituto nazionale per la
fauna selvatica (INFS) […], disciplina con la presente legge […]
la cattura di uccelli da richiamo prevista dall’articolo 4 della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)» (art.1). La
finalita’ della disciplina censurata, precisa ancora la difesa
regionale, e’ «quella di assicurare il rifornimento dei richiami vivi
ai cacciatori che esercitano l’attivita’ venatoria nella forma da
appostamento fisso e temporaneo».
4.2. – Cio’ premesso, in ordine al primo motivo del ricorso, la
difesa regionale deduce che l’art. 9 della direttiva 2009/147/CE
ammette la possibilita’ di derogare al divieto di cattura dei
richiami vivi, «sempre che non vi siano altre soluzioni
soddisfacenti», al fine di consentire «in condizioni rigidamente
controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri
impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantita’» (art.
9, paragrafo 1, lettera c).
Il secondo comma dello stesso art. 9 della direttiva, prosegue la
Regione, dispone che le predette deroghe dovranno menzionare: le
specie coinvolte, i mezzi, gli impianti e i metodi di cattura o di
uccisione autorizzata, le condizioni di rischio e le circostanze di
tempo e di luogo in cui dette deroghe possono essere applicate,
l’autorita’ abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono
soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti e metodi possano
essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone, nonche’,
infine, i controlli che saranno effettuati.
Orbene, la difesa regionale evidenzia che «l’ultima normativa che
si e’ occupata della cattura dei richiami vivi e’ la legge regionale
n. 3/2007 […] che all’art. 1, comma 2, prevede che il Consiglio
regionale approvi con legge, "sentito l’Istituto nazionale per la
fauna selvatica (INFS)" (ora ISPRA), entro il mese di giugno di ogni
anno, il piano con cui e’ individuato il numero massimo di impianti
da abilitare per provincia e il numero massimo dei richiami vivi da
catturare per singola specie consentita e complessivamente per ogni
provincia».
La Regione Lombardia osserva, inoltre, che detto piano e’ stato
adottato – per l’anno 2010/2011 – con la legge impugnata, in
considerazione della comprovata insufficienza (desunta dai dati
forniti dalle singole province) del patrimonio di richiami vivi
appartenenti alle specie in essa individuate in possesso dei
cacciatori lombardi rispetto all’ammontare potenzialmente consentito
in base alle previsioni della legge regionale 16 agosto 1993, n. 26
(Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attivita’ venatoria).
Cosicche’, proprio per colmare tale divario, le singole province
hanno richiesto l’attivazione di 66 impianti di cattura.
La Regione Lombardia deduce, infatti, di non disporre allo stato
di un sistema alternativo alla cattura, nonostante l’amministrazione
regionale, in ottemperanza a quanto previsto dal comma 6 dell’art. 1
della citata legge n. 3 del 2007, abbia da tempo attivato e
finanziato un programma finalizzato all’incremento dell’allevamento
delle specie di uccelli utilizzabili come richiami vivi (cosi’ come
sarebbe stato riconosciuto anche dall’ISPRA nel parere reso in data
20 luglio 2010).
Inoltre, per quanto attiene ai controlli, si osserva che essi
vengono posti in essere da operatori esperti e in possesso
dell’apposito attestato di idoneita’, nel rispetto di un protocollo
intercorrente tra impianto di cattura, Provincia e ISPRA.
Quanto poi all’individuazione delle specie utilizzate quali
richiami vivi, la difesa regionale sottolinea che, in quanto
appartenenti a specie cacciabili, esse sarebbero soggette ad un
prelievo ben piu’ consistente attraverso l’esercizio venatorio,
sicche’, anche sotto tale profilo, non vi sarebbe alcun contrasto
della disciplina impugnata con le esigenze di conservazione delle
diverse specie coinvolte dettate dalla direttiva 2009/147/CE.
4.3. – In riferimento al secondo motivo di ricorso, la resistente
osserva che l’art. 4 della legge n. 157 del 1992 prevedrebbe, in
relazione all’attivita’ di cattura, la necessita’ di acquisire il
parere dal competente Istituto (ISPRA), ma non anche che la potesta’
legislativa regionale risulti vincolata da esso. Ne deriverebbe,
pertanto, secondo la difesa regionale, che, «applicando i principi
generali in materia di rapporto tra provvedimento finale ed attivita’
consultiva a carattere di obbligatorieta’ e non di vincolativita’»,
il parere reso da tale organo sull’approvazione del numero dei
richiami vivi possa essere disatteso dall’Amministrazione regionale.
Pertanto, risulterebbe evidente la «non vincolativita’ del parere
reso dall’ISPRA in data 20 luglio – 20 agosto 2010», con la
conseguenza che non potrebbe rilevarsi alcuna violazione ne’
dell’art. 4, comma 3, della legge n. 157 del 1992, ne’ dell’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost.
4.4. – Con riguardo alla richiesta di sospensiva, la difesa
regionale eccepisce l’assenza di entrambi i presupposti per
l’applicabilita’ del disposto di cui agli artt. 35 e 40 della legge
n. 87 del 1953.
5. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresi’,
impugnato, in riferimento ai medesimi parametri dianzi indicati,
l’art. 2 e l’allegato A da esso richiamato della legge della Regione
Toscana 6 ottobre 2010, n. 50, recante «Disciplina dell’attivita’ di
cattura di uccelli da richiamo appartenenti alle specie cacciabili
per l’anno 2010 ai sensi dell’articolo 4 della legge 11 febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio) e dell’articolo 34 della legge regionale
12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n.
157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio")».
6. – Il ricorrente premette che la legge regionale n. 50 del 2010
ha la finalita’ di disciplinare la cattura di uccelli selvatici da
richiamo per l’anno 2010, e che tale potesta’ deve essere esercitata
nel rispetto del diritto comunitario, secondo quanto disposto
dall’art. 117, primo comma, Cost., nonche’ dai principi generali
previsti dalla legge n. 157 del 1992, quale disciplina «contenente
gli standard minimi ed uniformi di tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale», ai sensi dell’art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.
6.1. – Secondo il ricorrente, l’autorizzazione alla cattura delle
specie indicate nell’Allegato A dell’art. 2 della legge regionale in
epigrafe non rispetterebbe i presupposti e le condizioni poste
dall’art. 9 della direttiva 2009/147/CE, in violazione del vincolo
comunitario, di cui all’art. 117, primo comma, Cost.
Avendo al riguardo il rimettente ribadito le medesime
argomentazioni contenute nel ricorso avverso la legge regionale della
Lombardia n. 16 del 2010, rileva che, anche in questo caso, la norma
impugnata costituirebbe «l’esatta riproposizione della legge
regionale Toscana n. 53 del 2009», gia’ dichiarata costituzionalmente
illegittima con sentenza n. 266 del 2010, per violazione
dell’articolo 117, primo comma, Cost.
7. – In secondo luogo, ad avviso del ricorrente, la normativa
regionale impugnata, «disponendo l’autorizzazione del piano di
cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria in corso in
contrasto con il parere sfavorevole reso dall’ISPRA», violerebbe
l’art. 4, comma 3, della legge n. 157 del 1992, che richiederebbe
«espressamente l’acquisizione del parere favorevole dell’ISPRA».
Conseguentemente, considerato che il citato art. 4
rappresenterebbe «una misura minima di tutela», in quanto tale
«inderogabile per il legislatore regionale», il suo mancato rispetto
farebbe «venir meno quegli standard minimi e uniformi di tutela della
fauna» rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato,
ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Infatti, secondo il ricorrente, la legge regionale censurata
avrebbe disatteso il parere sfavorevole dell’ISPRA (espresso con la
citata nota n. 28164 del 2010) senza fornire alcuna spiegazione delle
ragioni per cui la soluzione alternativa della riproduzione in
cattivita’ prospettata dal suddetto Istituto non potesse essere
soddisfacente.
8. – Il ricorrente formula altresi’ istanza di sospensione
dell’esecuzione dell’atto impugnato, ritenendo sussistenti i
presupposti per accordare la tutela in via d’urgenza ai sensi degli
artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953.
9. – Si e’ costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo
che la questione di legittimita’ costituzionale sia dichiarata
inammissibile o, comunque, infondata.
9.1. – In primo luogo, la resistente osserva che, secondo la
giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunita’ europee, la
possibilita’ di derogare al regime limitativo della caccia prevista
dall’art. 9 della direttiva n. 147/2009/CE risulterebbe ammissibile
al ricorrere di tre condizioni: innanzitutto, che non risulti
percorribile un’altra soluzione soddisfacente; in secondo luogo, che
sussista uno dei motivi tassativamente elencati dal citato art. 9,
paragrafo 1, lettere a), b) e c); in terzo luogo, che la deroga sia
adottata con le prescritte formalita’ indicate al paragrafo 2 del
medesimo articolo.
Quanto al primo requisito, prosegue la Regione Toscana, il
preambolo della legge regionale n. 50 del 2010 – a differenza di
quanto effettuato con la legge regionale 17 settembre 2009, n. 53,
recante «Disciplina dell’attivita’ di cattura degli uccelli selvatici
da richiamo per l’anno 2009 ai sensi dell’articolo 4 della legge 11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio) e dell’articolo 34 della legge
regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio
1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio")» – espliciterebbe dettagliatamente le
ragioni della insussistenza di «altre soluzioni soddisfacenti», fra
cui quella indicata dall’ISPRA concernente l’allevamento delle specie
da richiamo in cattivita’, fornendo elementi «oggettivamente
verificabili» che giustificherebbero il ricorso alla deroga.
In particolare la difesa regionale osserva che la legge regionale
impugnata prevede che «la disponibilita’ degli uccelli da utilizzare
come richiami vivi, risulta essere ancora insufficiente rispetto al
fabbisogno accertato, in rapporto al numero dei cacciatori e al
quantitativo di richiami utilizzabile da ciascuno di essi», e che –
nonostante (dal 1998 ad oggi) il numero degli impianti di cattura sia
in continua diminuzione cosi’ come «il numero degli uccelli
catturabili» -non «esiste al momento altra condizione soddisfacente a
fronte delle richieste pervenute, se non quella del metodo delle
catture» regolate dalla nota dell’ISPRA del 15 aprile 1998 n.
2539/T-A62, «mediante la quale vengono dettate fra l’altro le norme
generali per l’attivazione e la gestione degli impianti di cattura di
uccelli a fini di richiamo».
Alla luce di tali specificazioni, ad avviso della resistente, la
Regione avrebbe evidenziato gli «elementi oggettivamente»
verificabili che giustificherebbero il ricorso alla deroga.
9.2. – Quanto alla seconda condizione dettata dalla normativa
comunitaria, la Regione sottolinea che l’attivita’ di cattura dei
richiami vivi e’ stata qualificata, in sede di accordo tra Governo,
Regioni e Province autonome, quale specifica fattispecie di deroga
riconducibile alla lettera c) dell’art. 9 della citata direttiva e
cio’ in linea con quanto affermato dalla Corte di Giustizia
dell’Unione europea.
Alla luce di tale considerazione, dunque, risulterebbe integrata
anche la seconda condizione prevista dall’art. 9 della direttiva
147/2009/CE.
9.3. – Quanto al terzo requisito, concernente il rispetto delle
prescrizioni formali previste dal paragrafo 2 dell’art. 9 delle
ricordata direttiva 147/2009/CE, la Regione evidenzia che l’art. 2
della legge regionale n. 50 del 2010 conterrebbe tutti gli elementi
ivi prescritti, posto che esso menzionerebbe sia le specie che
formano oggetto della deroga sia le autorita’ abilitate alla gestione
degli impianti di cattura, mentre i controlli e la vigilanza sulle
attivita’ di cattura risulterebbero disciplinati dal successivo art.
3 della medesima legge regionale n. 50 del 2010.
Alla luce di tali considerazioni, il primo motivo di ricorso
dovrebbe essere respinto.
9.4. – Con riferimento al secondo motivo di ricorso, la
resistente osserva che, a seguito della riforma del Titolo V della
Parte II della Costituzione, la materia della caccia rientra tra le
competenze rimesse alla potesta’ legislativa residuale delle Regioni
ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., pur riconoscendo che
essa incontra i limiti derivanti, oltre che dall’ordinamento
comunitario, anche dai principi stabiliti dalla normativa statale in
base all’art.117, secondo comma, lettera s), Cost.
Cio’ premesso, secondo la Regione, l’art. 4 della legge n. 157
del 1992 prevedrebbe, in relazione all’attivita’ di cattura, la
necessita’ di acquisire il parere dal competente Istituto (ISPRA), ma
non anche che la potesta’ legislativa regionale risulti vincolata da
esso.
Conseguentemente, la disposizione impugnata risulterebbe
pienamente legittima, posto che il parere dell’ISPRA sarebbe stato
richiesto, cosi’ come prescritto, e motivatamente disatteso
«ritenendo del tutto insufficiente il ricorso agli allevamenti, cosi’
come illustrato al punto 1, e comunque ritenendo soddisfatti tutti i
requisiti prescritti dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE».
9.5. – Con riferimento, infine, all’istanza di sospensiva
formulata dal ricorrente, la Regione Toscana contesta che ne
ricorrano i presupposti.
10. – In prossimita’ della udienza pubblica la sola difesa della
Regione Lombardia ha depositato una breve memoria illustrativa in
cui, insistendo sulle conclusioni gia’ rassegnate, segnala, quanto
alla pretesa violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., che,
discutendosi della violazione di un parametro interposto costituito
da una disposizione comunitaria, sarebbe necessario sollevare la
pregiudiziale interpretativa di questa di fronte ai competenti organi
di giustizia dell’Unione europea.

Considerato in diritto

1. – Con distinti ricorsi il Presidente del Consiglio dei
ministri ha sollevato, in riferimento all’art. 117, commi primo e
secondo, lettera s), della Costituzione, questione di legittimita’
costituzionale dell’intera legge (peraltro consistente in due soli
articoli ed un allegato) della Regione Lombardia 21 settembre 2010,
n. 16, recante «Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi
per la stagione venatoria 2010/2011, ai sensi della legge regionale 5
febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi)»,
e dell’art. 2 della legge della Regione Toscana 6 ottobre 2010, n.
50, recante «Disciplina dell’attivita’ di cattura di uccelli da
richiamo appartenenti alle specie cacciabili per l’anno 2010 ai sensi
dell’articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio) e dell’articolo 34 della legge regionale 12 gennaio 1994,
n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio")».
1.1. – Il ricorrente dubita sotto due profili della legittimita’
costituzionale delle disposizioni regionali impugnate. In
particolare, quanto al primo profilo, poiche’ esse sarebbero state
adottate in assenza dei presupposti e delle condizioni poste
dall’art. 9 della direttiva 2 aprile 1979, n. 79/409/CEE (Direttiva
del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici),
riprodotta senza alcuna modificazione sostanziale nell’art. 9 della
direttiva 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici).
Quanto al secondo, poiche’ le disposizioni censurate, le quali
disciplinano entrambe la cattura di uccelli da utilizzare quali
richiami vivi nell’esercizio della attivita’ venatoria, sarebbero
state adottate in mancanza del parere favorevole reso dal competente
Istituto superiore per la fauna selvatica (ISPRA), come, invece,
prescriverebbe l’art. 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio).
2. – Preliminarmente, tenuto conto delle evidenti ragioni di
connessione fra i ricorsi, i due giudizi debbono essere riuniti,
cosi’ da essere definiti con un’unica decisione.
3. – Con riguardo alla violazione dell’art. 117, primo comma,
Cost., la questione e’ fondata.
3.1. – Questa Corte, infatti, gia’ con la recente sentenza n. 266
del 2010, e’ stata chiamata a scrutinare delle disposizioni normative
adottate dalla Regione Lombardia e dalla Regione Toscana aventi ad
oggetto la disciplina della cattura dei richiami vivi. In quella
occasione e’ stato precisato che l’art. 9 della direttiva 2009/147/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la
conservazione degli uccelli selvatici) prevede che gli Stati membri,
«sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti», possano
derogare alle misure di protezione poste dalla medesima direttiva per
il conseguimento di una serie di interessi generali tassativamente
indicati fra i quali, per quanto riguarda il presente giudizio,
quello di «consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo
selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di
uccelli in piccole quantita’».
Il carattere eccezionale del potere in questione e’ stato
peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza comunitaria (in
particolare, con riferimento alla previsione, peraltro avente lo
stesso tenore di quella ora richiamata, contenuta nell’art. 9 della
direttiva 79/409/CEE: Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006, causa
C-118/94), secondo la quale l’autorizzazione degli Stati membri a
derogare al divieto generale di cacciare le specie protette e’
subordinata alla adozione di misure di deroga dotate di una
motivazione che faccia riferimento esplicito e adeguatamente
circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte
dall’art. 9, paragrafi 1 e 2.
Detti requisiti, infatti, perseguono il duplice scopo di limitare
le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza degli
organi comunitari a cio’ preposti.
In particolare, il paragrafo 2 dell’art. 9 della citata direttiva
prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie che formano
oggetto delle medesime; b) i mezzi, gli impianti o i metodi di
cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e le
circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d) l’autorita’ abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite
sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono
essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i
controlli che saranno effettuati.
Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo
comunitario derivante dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE (oggi
art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l’osservanza dell’obbligo
della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le
condizioni in esso specificamente indicate, e cio’ a prescindere
dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in
concreto utilizzato per l’introduzione della deroga al divieto di
caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica
stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva.
Chiarito quanto sopra, rileva questa Corte che, per cio’ che
concerne la legge regionale della Lombardia n. 16 del 2010, la quale
riproduce in termini sostanzialmente testuali il contenuto della
legge regionale n. 19 del 2009, valgono le medesime considerazioni
gia’ svolte riguardo a quest’ultima nella citata sentenza n. 266 del
2010; cioe’ che in essa vi e’ la completa omissione di qualsiasi
cenno in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei presupposti
richiesti dalla direttiva.
Quanto all’art. 2 della legge regionale della Toscana n. 50 del
2010, anche se e’ dato riscontrare nel suo preambolo, rispetto a
quanto contenuto in quello della legge regionale n. 53 del 2009, lo
sviluppo di qualche ulteriore linea argomentativa, va tuttavia
evidenziato che, non diversamente che per il passato, e’ fondata su
di una mera petizione di principio la affermazione secondo la quale
«Non esiste al momento altra condizione soddisfacente a fronte delle
richieste pervenute se non quella del metodo delle catture» (punto 11
del preambolo della legge regionale n. 50 del 2010), non essendo
affatto chiarito perche’ una campagna di allevamento in cattivita’,
tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea a fornire il
fabbisogno necessario di richiami vivi, in tal modo costituendo,
secondo le prescrizioni rese in sede consultiva dall’ISPRA, «una
valida alternativa alla cattura» dei medesimi.
L’affermazione della illegittimita’ costituzionale delle norme
censurate per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. assorbe
l’ulteriore profilo di censura sollevato dal Presidente del Consiglio
dei ministri.
Parimenti assorbita viene ad essere la questione della
sospensione dell’efficacia delle disposizioni legislative impugnate
posta nei ricorsi (sentenze n. 326 e n. 10 del 2010).

Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, Dichiara l’illegittimita’ costituzionale della legge della Regione Lombardia 21 settembre 2010, n. 16, recante «Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2010/2011, ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi)»; Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 2 della legge regionale della Toscana 6 ottobre 2010, n. 50, recante «Disciplina dell’attivita’ di cattura di uccelli da richiamo appartenenti alle specie cacciabili per l’anno 2010 ai sensi dell’articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e dell’articolo 34 della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio")». Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 giugno 2011. Il Presidente: Maddalena Il redattore: Napolitano Il cancelliere: Melatti Depositato in cancelleria il 15 giugno 2011 Il direttore della cancelleria: Melatti

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