Cassazione Civile, Sez. Tributaria, Sentenza 21049 el 2010 Il giudicato penale non opera automaticamente nel processo tributario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO

letto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 206/10/07 del 12.12.2007 della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva confermato la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso proposto dalla [omissis] in liquidazione per l’annullamento dell’avviso di accertamento per l’annualità 1994, che le aveva elevato il reddito prodotto, rilevando il giudice di secondo grado che il legale rappresentante della società era stato assolto in sede penale perché il fatto non sussiste.

letto il controricorso della [omissis] in liquidazione;

vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ, dal consigliere delegato dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per la fondatezza del ricorso osservando che:

con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denunzia violazione dell’art. 75 del d.p.r. n. 917 del 1986 e dell’art. 654 cod. proc. pen., lamentando che la Commissione regionale abbia fondato la propria statuizione in forza del mero recepimento della sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice penale, senza per di più considerare che l’Ufficio non aveva partecipato al processo penale che la sentenza era stata emessa a seguito di udienza preliminare e che la pretesa tributaria era fondata su fatti diversi da quelli presi in esame dal giudice penale:

il motivo è fondato per non avere il giudice a quo verificato in primo luogo, se la sentenza penale fosse stata emessa a seguito di dibattimento ovvero all’esito dell ‘udienza preliminare ed alla luce comunque del principio giurisprudenziale secondo cui l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera automaticamente nel processo tributario, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare la pronuncia penale di condanna, sicché nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi, nel separato giudizio tributario, alla sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, con l’ulteriore conseguenza che iI giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc.. civ.) deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare (Cass. n 3724 del 2010: Cass. n. 10495 del 2005);

in particolare, la Commissione tributaria regionale non si è adeguata a tale principio in quanto, pur rilevando che il giudice di primo grado aveva proceduto ad una autonoma valutazione dei fatti, così riconoscendo la necessità di tale operazione, in concreto ha fondato il proprio convincimento unicamente sul rilievo che il legale rappresentante della società contribuente era stato assolto in sede penale perché il fatto non sussiste e per non avere accertato il giudice penale i fatti contestati, senza compiere alcun accertamento o apprezzamento sul contenuto del materiale probatorio.

Gli altri motivi di ricorso vanno dichiarati assorbiti;

rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti:

ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interalmente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte sopra menzionato;

che, pertanto il primo motivo di ricorso va accolto, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, che disporrà sulle spese di lite ed applicherà, nel decidere la causa, il seguente principio di diritto:

l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera automaticamente nel processo tributario, sicché, anche qualora fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, il giudice tributario è tenuto comunque ad accertare la fondatezza della pretesa fiscale nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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