Cassazione Civile, Sentenza n. 21060 del 2010 Non può essere espulso un extracomunitario detentore del visto uniforme Schengen

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO

– La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: ”[omissis] proponeva opposizione innanzi al Giudice di pace di Lecce avverso il decreto di espulsione emanato dal Prefetto di detta città in suo danno in data 19.03.2008.

Per quanto qui interessa, il Giudice adito, con provvedimento del 6.06.2008, rigettava l’opposizione, osservando che “pur ammettendo che la ricorrente proveniva dalla Spagna che è nazione aderente al trattato Schengen, non per questo dovrebbe ritenersi esentata dagli adempimenti previsti nell’art. 4 co. 2 del decreto legislativo 286/1998.

Per la cassazione di questo provvedimento ha proposto ricorso [omissis] affidato ad un motivo non ha svolto attività difensiva l’intimato.

– L’unico motivo denuncia omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia, sostenendo che, essendo stata disposta l’espulsione ai sensi dell’art. 13, comma 2 lettera a), d.lgs. n. 286 del 1998, sarebbe erronea l’affermazione della irrilevanza della provenienza dalla c.d, Area Schengen, che non avrebbe consentito l’adozione del provvedimento ai sensi di detta norma. In tal senso è formulato quesito di diritto

Il motivo è manifestamente fondato nei termini di seguito precisati.

Nonostante l’evocazione del vizio di motivazione anche in relazione alla motivazione in diritto (potendo concernere soltanto la ricognizione della fattispecie concreta) e una modalità di formulazione non sempre agevolmente comprensibile, risulta chiara, anche nel quesito, la deduzione dell’erroneità dell’affermazione concernente la irrilevanza del possesso del visto di ingresso in uno dei Paesi dell’area Schengen che avrebbe imposto una motivata e completa ricognizione di siffatto presupposto.

Al riguardo, va ribadito che per il detentore del visto uniforme Schengen non è esigibile altro onere all’atto dell’ingresso che non sia quello del predetto visto di ingresso, potendosi poi fondare su prove documentali ed orali la valutazione della data di ingresso nello Stato ai fini del tempo decorso per la richiesta del titolo del soggiorno (Cass. n. 4155 del 2007).

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 16514 del 2003), in caso di ingresso regolare nel territorio dello Stato, l’art, 7 del regolamento di cui al D.P.R. n. 394 del 1999, di attuazione del T.U. di cui al D. Lgs. n. 286 del 1998, il quale stabilisce (al comma 2) che “è fatto obbligo al personale addetto ai controlli di frontiera di apporre sul passaporto il timbro d’ingresso, con l’indicazione della data”, si riferisce al passaggio delle sole frontiere esterne dell’UE non al passaggio di quelle interne. Infatti, mentre le frontiere esterne possono essere attraversate soltanto ai valichi (art. 3 della Convenzione), quelle interne “possono essere attraversate in qualunque luogo senza che venga effettuato il controllo delle persone” (Cass. n. 11323 del 2005)

– In questi termini è il principio di diritto da affermare in relazione al quesito posto, in applicazione del quale il provvedimento impugnato, tenuto conto che l’espulsione era stata disposta ai sensi dell’art. 13, comma 2, lettera a), d.lgs. n. 286 del 1998, avrebbe dovuto anzitutto accertare se l’opponente fosse in possesso di detto visto, come non è accaduto (al riguardo il giudice del merito si è limitato ad affermare, equivocamente, “pur ammettendo che la ricorrente proveniva dalla Spagna”, quindi, applicare il principio sopra indicato all’esito dell’accertamento in ordine a detta circostanza, esplicitamente invocata dall’opponente, che non avrebbe consentito l’espulsione per l’ipotesi indicata nel decreto.

In accoglimento del motivo il decreto potrà essere cassato e la causa rinviata al Giudice di pace, in persona di diverso magistrato, per il riesame della controversia, attenendosi ai principi sopra enunciati.

Pertanto, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge».

– Il Collegio condivide e fa proprie le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso con conseguente cassazione con rinvio del provvedimento impugnato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità al Giudice di pace di Lecce in persona di diverso magistrato per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Depositata in Cancelleria il 12.10.2010

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