Cassazione, Sentenza n. 19851 del 2010 Immissioni di rumori e danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con sentenza del 14 aprile 2005 la Corte di appello di Trieste, in parziale accoglimento dell’appello della s.r.l. (XXX), riformava la sentenza di primo grado che l’aveva condannata a chiudere l’esercizio di paninoteca e a far uscire i clienti dopo le ore 23 onde salvaguardare l’esigenza di riposo di B., P., E. G. e D. M, abitanti al piano sovrastante, che avevano agito ai sensi degli artt. 844, 2043, 2058 cod. civ., ravvisando l’eccessività del sacrificio imposto dalle esigenze della produzione della predetta società. Invece era sufficiente, per il risarcimento del danno alla salute degli attori, secondo i sintomi soggettivi dai medesimi rivelati, in mancanza di prova di lesione all’integrità psico-fisica secondo i certificati medici prodotti, la somma che determinava, in via equitativa, per P. G. e M. D. in euro 100 mensili da giugno 1996 a dicembre 1998 – data in cui era stata emessa nei confronti della società (XXX) l’ordinanza ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ. – da confermare – sulle misure da adottare per rendere tollerabili le propagazioni rumorose (silenziatore del macchinario e del banco frigo con migliore collocazione e controllo degli antivibranti mediante installazione di fonoisolamento ed eliminazione di ponti acustici delle tubazioni del fluido refrigerante; obbligo di imporre il silenzio agli avventori e di inibire l’uso di apparecchi tv e hi-fi dopo le ore 23; installazione di un tendone fonoisolante di opportuna densità, e rivestimento con fono assorbente del muro di cinta), e per gli altri danneggiati, in mancanza di idonea documentazione, in via presuntiva euro 50 mensili per 30 mesi.
Ricorrono per cassazione B., P., E. G. e D. M. cui resiste la s.r.l. (XXX).

Motivi della decisione

Con il primo motivo denunciano “violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 115 c.p.c. e 2697 c.c.” per avere la Corte di merito ritenuto il preuso della paninoteca rispetto all’abitazione del piano sovrastante da parte dei ricorrenti utilizzando prove illegittimamente acquisite al termine del giudizio di secondo grado prima dell’udienza collegiale, dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni.
Il motivo è inammissibile per mancanza di decisività della circostanza che i ricorrenti assumono illegittimamente esaminata. Ed infatti la ratio decidendi è il contemperamento degli interessi della produzione e del riposo, mentre il preuso è una considerazione marginale, che non ha influito sul decisum.

Con il secondo motivo deducono: “Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 844 e 2043 c.c.” perché le propagazioni rumorose inevitabili sono sopportabili, nei limiti della normale tollerabilità, per contemperare le esigenze della produzione con quelle della proprietà, ma al di fuori di esse sono illegittime e costituiscono fatto illecito. Nella specie i limiti di tollerabilità di cui al D.P.C.M. del primo marzo 1991 erano abbondantemente superati, con accertamento passato in giudicato, e perciò il preuso era irrilevante.
Il motivo è inammissibile per mancanza di correlazione con la ratio decidendi e carenza di interesse.
I giudici di appello infatti, nel confermare, come evidenziato in narrativa, gli accorgimenti da adottare e nel riconoscere il diritto risarcitorio, hanno ritenuto l’illegittimità delle propagazioni rumorose.

Con il terzo motivo deducono: “Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti” perché i giudici di merito hanno contraddittoriamente affermato che le immissioni sono diminuite dopo l’ordinanza del 1994 ante causam, pur dando atto che non il banco frigo, ma la lavatazzine era stata riparata.
Il motivo, volto ad ottenere una diversa valutazione delle circostanze di fatto, è inammissibile.

Lamentano quindi che erroneamente i danni sono stati considerati di natura soggettiva e morale mentre sono fisici e perciò in relazione ad essi, anche per la quantificazione, era stata chiesta C.T.U., disattesa.

Il motivo è infondato.

I giudici di merito hanno riconosciuto agli attori il danno non patrimoniale conseguito alla lesione dell’inviolabile diritto della persona alla salute, correttamente inquadrato come danno biologico, e lo hanno quindi liquidato in via equitativa, in base all’art. 1226 cod. civ..

Con il quarto motivo deducono: “Art. 360 n. 5 c.p.c. – Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti”, in quanto l’apposizione del telone fonoisolante si era rivelata misura inutile e dannosa, tant’è che il Pretore l’aveva inibita e la relativa ordinanza non era stata esaminata dalla Corte di merito.
La censura è inammissibile perché attiene alle modalità di esecuzione della sentenza impugnata che appartengono al giudice competente, ai sensi dell’art. 612 c.p.c..

Concludendo il ricorso va respinto. Si compensano le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Depositata in Cancelleria il 20.09.2010

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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