Corte Costituzionale, Sentenza n. 213 del 2011

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 31 del 20-7-2011

SENTENZA

nei giudizi di legittimita’ costituzionale dell’articolo 4 della
legge della Regione Marche 11 febbraio 2010, n. 7 (Norme per
l’attuazione delle funzioni amministrative in materia di demanio
marittimo), dell’articolo 5 della legge della Regione Veneto 16
febbraio 2010, n. 13 (Adeguamento della disciplina regionale delle
concessioni demaniali marittime a finalita’ turistico-ricreativa alla
normativa comunitaria. Modifiche alla legge regionale 4 novembre
2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo»
e successive modificazioni) e degli articoli 1 e 2 della legge della
Regione Abruzzo 18 febbraio 2010, n. 3 (Estensione della durata delle
concessioni demaniali per uso turistico-ricreativo), promossi dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorsi notificati il
19-22 aprile 2010, depositati in cancelleria il 28 aprile 2010 ed
iscritti, rispettivamente, ai numeri 66, 67 e 68 del registro ricorsi
2010.
Visti gli atti di costituzione delle Regioni Marche, Veneto ed
Abruzzo;
Udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2011 il Giudice
relatore Alfonso Quaranta;
Uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Stefano Grassi per la Regione
Marche, Luca Antonini per la Regione Veneto e Federico Tedeschini per
la Regione Abruzzo.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 66 del
2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28
aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ha impugnato l’art. 4
della legge della Regione Marche 11 febbraio 2010, n. 7 (Norme per
l’attuazione delle funzioni amministrative in materia di demanio
marittimo), per violazione dell’art. 117, primo e secondo comma,
lettere a) ed e), della Costituzione.
L’art. 4, al comma 1, prevede la possibilita’ di estendere, su
richiesta del concessionario, la durata della concessione demaniale
fino ad un massimo di venti anni, in ragione dell’entita’ e della
rilevanza economica delle opere realizzate e da realizzare sempre nel
rispetto del piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo
vigente.
Il successivo comma 2 dispone, poi, che la Giunta regionale
stabilisce i criteri e le modalita’ per il rilascio ed il rinnovo
delle suddette concessioni.
L’Avvocatura dello Stato osserva che a seguito della procedura di
infrazione n. 2008/4908 da parte della Unione europea sulla
compatibilita’ con il diritto comunitario della normativa italiana in
materia di concessioni del demanio marittimo, il legislatore
nazionale e’ intervenuto con l’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30
dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative), convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio
2010, n. 25.
Per effetto di tale disposizione si e’ provveduto, da un lato, ad
abrogare l’art. 37, secondo comma, del Codice della navigazione,
nella parte in cui, nell’ambito delle procedure di affidamento in
concessione di beni del demanio marittimo con finalita’
turistico-ricreativa, attribuiva preferenza – c.d. diritto di
insistenza – al concessionario uscente, dall’altro, si e’ disposta
una proroga, assentibile per la specificita’ del territorio italiano,
delle concessioni in atto fino al massimo al 2015.
A parere del ricorrente la norma regionale impugnata si pone in
contrasto con la normativa statale sopra indicata, poiche’ il
previsto rinnovo automatico della concessione fino ad un massimo di
vent’anni impedisce l’espletamento di qualsiasi forma di procedura
selettiva volta a individuare nuovi possibili concessionari e,
dunque, pone in essere una situazione di disparita’ di trattamento
tra gli operatori economici.
Cosi’ disponendo, l’art. 4 censurato violerebbe l’art. 117, primo
comma, Cost., «in quanto non coerente con i vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario in tema di liberta’ di stabilimento e
tutela della concorrenza» previsti, rispettivamente, dagli articoli
43 e 81 del Trattato CE.
Altresi’ violato sarebbe l’art. 117, secondo comma, lettera a),
Cost., in relazione ai rapporti con l’Unione europea, in ragione
della situazione derivante dalla pendenza della procedura comunitaria
d’infrazione n. 2008/4908, riguardante la materia nella quale si
inserisce la norma impugnata.
Infine la norma impugnata contrasterebbe anche con l’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
1.1.- Si e’ costituita la Regione Marche chiedendo che la Corte
dichiari la questione inammissibile o non fondata.
In via preliminare, la difesa regionale osserva che il ricorso
contiene argomenti di censura solo con riferimento a quanto previsto
dall’art. 4, comma 1, della citata legge regionale n. 7 del 2010, con
la conseguenza che deve essere dichiarata inammissibile la questione
riferita al successivo comma 2.
Altresi’ inammissibile sarebbe la censura riferita all’art. 117,
secondo comma, lettera a), Cost., in quanto essa si fonda su di un
generico rinvio ad una procedura di infrazione avviata dalla
Commissione europea che rende di fatto impossibile l’esercizio del
diritto di difesa alla Regione.
Infine, sarebbe inammissibile la censura proposta in riferimento
all’art. 117, primo comma, Cost., in quanto le norme comunitarie
interposte, richiamate dal ricorrente, sono state sostituite, a
seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dagli artt.
49 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – TFUE.
Nel merito la Regione Marche ritiene le censure non fondate, in
quanto basate su di un erroneo presupposto interpretativo, frutto di
una incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
In proposito, la Regione rileva che l’art. 01 del decreto-legge 5
ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni
relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con
modificazioni in legge 4 dicembre 1993, n. 494, al comma 2, prevede
che le concessioni dei beni demaniali marittimi hanno durata di sei
anni, e si rinnovano automaticamente alla scadenza per altri sei anni
e cosi’ ad ogni successiva scadenza. Il successivo art. 03, comma
4-bis, stabilisce, poi, che le suddette concessioni possono avere
durata anche superiore a sei anni, ma comunque non superiore a venti
anni. Tale ultima disposizione, inserita dal comma 253 dell’art. 1
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria
2007), a parere della Regione, legittima il rilascio di nuove
concessioni e l’adeguamento di quelle in corso per una durata fino a
venti anni.
Tale ultima norma e’, infatti, rimasta in vigore anche dopo
l’intervento dell’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009,
convertito in legge n. 25 del 2010, il quale, nell’abrogare il
diritto di insistenza nelle concessioni previsto dall’art. 37,
secondo comma, cod. nav., ne ha fatte salve le disposizioni in essa
contenute.
In tale contesto si colloca la norma censurata, la quale si
limita a prevedere quanto gia’ stabilito dall’art. 3, comma 4-bis,
del d.l. n. 400 del 1993. Essa, infatti, diversamente da quanto
ritenuto dal ricorrente, non ha ad oggetto il rinnovo di concessioni
gia’ scadute ma attribuisce ai Comuni il potere discrezionale,
esercitabile solo su richiesta del concessionario e alla presenza dei
presupposti previsti dalla norma statale richiamata, di estendere la
durata di quest’ultime fino al massimo di venti anni.
Non si tratterebbe, dunque, di un rinnovo ma di semplice
modificazione di una concessione in corso, la quale, peraltro, impone
che la durata complessiva di essa non puo’ essere superiore a venti
anni, assumendo a tali fini rilevanza anche il periodo di tempo
trascorso prima di tale modifica.
In ragione della mancata previsione di un rinnovo automatico di
concessioni scadute, poi, la fattispecie in esame sarebbe del tutto
differente da quella gia’ scrutinata dalla Corte con la sentenza n.
180 del 2010.
Quanto all’art. 4, comma 2, della legge n. 7 del 2010, la Regione
osserva che tale disposizione si limita ad affidare alla Giunta
regionale il recepimento dell’intesa Stato-Regioni prevista dall’art.
1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009 per l’individuazione dei
criteri di affidamento dei beni demaniali marittimi, risultando,
quindi, evidente, la sua estraneita’ ai profili di censura avanzati
dal ricorrente.
2.- Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 67 del
2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28
aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 5
della legge della Regione Veneto del 16 febbraio 2010, n. 13
(Adeguamento della disciplina regionale delle concessioni demaniali
marittime a finalita’ turistico-ricreativa alla normativa
comunitaria. Modifiche alla legge regionale 4 novembre 2002, n. 33
«Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» e
successive modificazioni), per violazione dell’art. 117, primo e
secondo comma, lettere a) ed e), Cost.
L’Avvocatura dello Stato rileva che l’art. 5, al comma 1, prevede
che tutte le concessioni demaniali marittime a finalita’
turistico-ricreativa in corso scadranno il 31 dicembre 2015, in
coerenza con quanto stabilito dall’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194
del 2009, come convertito in legge n. 25 del 2010.
Il successivo comma 2 stabilisce che i titolari di concessione in
corso di validita’ che abbiano eseguito o eseguano, durante la
vigenza della concessione, interventi edilizi, ovvero che, oltre ad
essi, abbiano effettuato investimenti mediante l’acquisto di
attrezzature e beni mobili, possano presentare al Comune istanza di
modifica della durata della concessione, in conformita’ a quanto
previsto dalla lettera e)-ter dell’allegato S/3 della legge regionale
4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia
di turismo) e successive modificazioni.
Sempre l’art. 5, al comma 3, dispone poi che il Comune,
verificate le condizioni di cui al comma 2, modifica la durata della
concessione, con decorrenza dalla data del provvedimento di modifica,
sempre in conformita’ a quanto previsto dalla lettera e)-ter
dell’allegato S/3 della legge regionale n. 33 del 2002 e successive
modificazioni.
L’Avvocatura dello Stato rileva che la lettera e)-ter
dell’allegato S/3 della legge regionale n. 33 del 2002, contiene una
tabella che consente la variazione della durata delle concessioni in
relazione agli investimenti effettuati da un minimo di 7 anni ad un
massimo di venti anni, di talche’ le norme impugnate, per effetto del
richiamo ad essa operata, prevedono le condizioni per l’estensione
della durata delle concessioni demaniali marittime a finalita’
turistico-ricreative.
Il ricorso fonda il contrasto dell’art. 5 impugnato con gli
indicati parametri costituzionali sullo stesso iter argomentativo
posto a sostegno del ricorso iscritto al n. 66 del 2010 e, in
particolare, sulla difformita’ esistente tra l’indicata norma
regionale e quella nazionale adottata all’esito della procedura di
infrazione da parte della Comunita’ europea, che ha comportato, tra
l’altro, l’abrogazione dell’art. 37, comma 2, cod. nav.
Anche in questo caso la difesa statale ritiene, infatti, che le
disposizioni impugnate prevedano, in deroga alla normativa statale
sopra riportata, una possibilita’ di rinnovo automatico delle
concessioni fino ad un massimo di vent’anni, determinando cio’ una
disparita’ di trattamento tra gli operatori economici in violazione
della liberta’ di stabilimento di cui all’art. 43 del Trattato.
In particolare, l’art. 5 impugnato violerebbe l’art. 117, primo
comma, Cost. in quanto non sarebbe «coerente con i vincoli derivanti
dall’Ordinamento comunitario in tema di liberta’ di stabilimento e
tutela della concorrenza, violando, rispettivamente gli articoli 43 e
81 del Trattato CE».
Altresi’ violato sarebbe l’art. 117, secondo comma, lettera a),
Cost. in relazione ai rapporti con l’Unione europea, in ragione
dell’esistente procedura d’infrazione pendente su analoga questione,
nonche’ l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di
tutela della concorrenza.
2.1.- Si e’ costituta in giudizio la Regione Veneto chiedendo che
la Corte dichiari non fondata la questione sollevata.
Osserva la difesa regionale che la norma impugnata e’ rispettosa
della normativa comunitaria e, in particolare, della direttiva 12
dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno) che fissa i
principi che ogni Stato deve rispettare nel rilascio di
autorizzazioni, quali l’individuazione del destinatario secondo
regole di trasparenza e imparzialita’, nonche’ la loro limitata
durata nel tempo.
La Regione Veneto rileva che il legislatore statale ha dato
attuazione a tali principi con la disciplina contenuta nell’art. 1,
comma 18, del d.l. n. 194 del 2009, nonche’ con l’art. 03, comma
4-bis, del d.l. n. 400 del 1993, come introdotto dalla legge n. 296
del 2006. In base a tale disciplina viene prevista la proroga delle
concessioni in atto fino al 31 dicembre 2015 e la salvezza di quelle
di durata superiore ai sei anni rilasciate secondo quanto stabilito
dall’indicato art. 3, comma 4-bis.
La Regione Veneto ritiene che l’art. 5 sia conforme alla
disciplina statale, in quanto dispone che le concessioni demaniali
marittime in atto e quelle oggetto di domanda di rinnovo scadano al
31 dicembre 2015. Tale disposizione si applica, dunque, per lo stesso
arco temporale previsto dal legislatore statale, a seguito del quale
si dara’ corso alla procedura comparativa di cui all’art. 3 della
legge regionale impugnata.
In particolare, l’art. 5, comma 1, della legge regionale n. 13
del 2010 si riferisce a tutte le concessioni per le quali e’
applicabile il nuovo termine di legge del 31 dicembre 2015,
prevedendo che i singoli Comuni si limitino ad informare i
concessionari interessati del nuovo termine, al fine di apportare le
necessarie modifiche ai relativi contratti.
L’art. 5, comma 2, prevede, poi, per determinati concessionari,
la possibilita’ di chiedere una modifica della durata della
concessione, condizionata all’esecuzione di opere di rilevante
importo economico che non sarebbero state eseguite qualora il termine
della concessione fosse posto secondo il criterio automatico di cui
al precedente comma 1. Non si tratterebbe di un rinnovo automatico ma
di una proroga in presenza di determinati requisiti che devono essere
oggetto di valutazione da parte dei Comuni (art. 5, comma 3).
Per quanto attiene all’art. 5, comma 4, esso prende in
considerazione l’esecuzione di lavori infrastrutturali di pubblica
utilita’ previsti dal Comune e, in questo caso, il concessionario
puo’ richiedere la modifica della concessione per un periodo da due a
quattro anni.
Tali previsioni, a parere della Regione, sono ispirate agli
stessi principi che hanno portato il legislatore statale a prevedere,
in ragione degli interventi compiuti dal concessionario e, dunque, al
fine di consentirgli di ammortizzare gli investimenti compiuti, che
la durata della concessione potesse arrivare fino a venti anni (art.
3, comma 4-bis, del d.l. n. 400 del 1993 come introdotto dalla legge
n. 296 del 2006).
L’esigenza di tutelare il concessionario e il suo affidamento in
simili situazioni e’, peraltro, contenuta anche nella gia’ citata
direttiva comunitaria n. 2006/123/CE, di talche’ la norma regionale
impugnata non risulterebbe in contrasto con l’art. 117, secondo
comma, lettera a), Cost., in quanto, espressione della competenza
legislativa della Regione in materia di turismo, sarebbe attuativa di
una direttiva comunitaria.
3.- Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 68 del
2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28
aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ha impugnato gli artt. 1
e 2 della legge della Regione Abruzzo del 18 febbraio 2010, n. 3
(Estensione della durata delle concessioni demaniali per uso
turistico-ricreativo), per violazione dell’art. 117, primo e secondo
comma, lettere a) ed e), Cost.
L’art. 1 stabilisce la possibilita’ di estendere, su richiesta
del concessionario, la durata delle concessioni demaniali marittime
per finalita’ turistico-ricreative in essere, fino ad un massimo di
venti anni, in ragione dell’entita’ degli investimenti effettuati.
Il successivo articolo 2 dispone che la prevista estensione della
durata delle concessioni sia applicabile anche alle nuove concessioni
per le quali sia in corso il procedimento di rilascio.
Anche in tale ricorso, come nei precedenti, l’Avvocatura dello
Stato, dopo aver riferito della procedura di infrazione contro
l’Italia e del successivo intervento del legislatore statale, volto a
rispettare gli obblighi comunitari in essa richiamati, osserva che le
norme regionali impugnate, nel prevedere la possibilita’ di rinnovo
automatico della concessione fino ad un massimo di vent’anni, si
pongono in contrasto con le conclusioni della Commissione europea e
con la richiamata normativa statale.
Con le stesse motivazioni indicate nei precedenti ricorsi lo
Stato ritiene che le norme impugnate violino l’art. 117, primo e
secondo comma, lettere a) ed e), della Cost.
3.1.- Si e’ costituita in giudizio la Regione Abruzzo chiedendo
che la Corte dichiari le questioni non fondate, in quanto frutto di
un errato presupposto interpretativo.
La difesa regionale, infatti, rileva che le norme impugnate non
dispongono alcun rinnovo automatico delle concessioni demaniali
marittime in corso.
In particolare, l’art. 1 prevede solo l’estensione del periodo di
validita’ di concessioni in corso al ricorrere di specifiche
condizioni la cui sussistenza e’ oggetto di valutazione da parte
dell’Amministrazione.
Tra i suddetti presupposti assumono rilevanza la sussistenza di
rilevanti investimenti da parte del concessionario e il rispetto dei
criteri e delle modalita’ di attuazione, quali definiti dalla Giunta
regionale ai sensi dell’art. 3 della legge impugnata.
Le norme censurate, dunque, si limitano a stabilire una
disciplina che consente di equilibrare gli investimenti compiuti dal
concessionario con la durata della concessione, cosi’ come peraltro
stabilito dalla stessa normativa statale e, in particolare, dall’art.
1, comma 253, della legge n. 296 del 2006 che ha introdotto l’art. 3,
comma 4-bis, al d.l. n. 400 del 1993, e dall’art. 1, comma 18, del
d.l. n. 194 del 2009.
La Regione ritiene che l’estensione della durata delle
concessioni demaniali in relazione agli investimenti effettuati sia
conforme anche alla direttiva comunitaria n. 123 del 2006, la quale
espressamente prevede che la durata della concessione deve garantire
l’ammortamento degli investimenti compiuti dal privato e la
remunerazione equa dei capitali utilizzati.
Quanto alla censura relativa all’art. 2 della legge regionale n.
3 del 2010, la difesa regionale osserva che l’estensione ivi
contemplata si riferisce anche alle nuove concessioni per le quali,
pero’, gia’ sia in essere il procedimento istruttorio.
Dunque, la cennata estensione non opera nei confronti di rapporti
concessori gia’ scaduti e in corso di rinnovo, ma su licenze in corso
di rilascio e in conformita’ della normativa regionale di
pianificazione turistica.
Quanto alla presunta violazione dell’art. 117, secondo comma,
lettera a), Cost., la difesa regionale, in via preliminare, osserva
che la procedura di infrazione richiamata dal ricorrente riguarda la
conformita’ della legislazione nazionale ai principi comunitari e,
quindi, una fattispecie del tutto diversa da quella in esame. Oltre a
cio’, la Regione Abruzzo ribadisce quanto sopra affermato in ordine
alla piena conformita’ delle norme regionali impugnate con quanto
affermato dalla direttiva n. 123 del 2006, giacche’ ne costituiscono
attuazione nel rispetto delle competenze che la Costituzione assegna
alle Regioni.
Quanto al richiamo fatto dal ricorrente all’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., la relativa censura sarebbe inammissibile
per difetto di motivazione e, nel merito, non fondata in quanto le
norme impugnate non attengono alla materia oggetto della competenza
legislativa invocata dal ricorrente.
4.- In prossimita’ dell’udienza tutte le parti hanno depositato
memorie con le quali hanno ribadito le argomentazioni poste a
fondamento dei propri precedenti atti.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, con tre ricorsi,
iscritti ai numeri 66, 67 e 68 del registro ricorsi 2010, ha proposto
questioni di legittimita’ costituzionale, rispettivamente:
a) dell’art. 4 della legge della Regione Marche 11 febbraio
2010, n. 7 (Norme per l’attuazione delle funzioni amministrative in
materia di demanio marittimo), nella parte in cui prevede, in
presenza di determinati presupposti, la possibilita’ di prorogare le
concessioni demaniali marittime in corso, per asserita violazione
dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere a) ed e), della
Costituzione;
b) dell’art. 5 della legge della Regione Veneto 16 febbraio
2010, n. 13 (Adeguamento della disciplina regionale delle concessioni
demaniali marittime a finalita’ turistico-ricreativa alla normativa
comunitaria. Modifiche alla legge regionale 4 novembre 2002, n. 33
«Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» e
successive modificazioni), nella parte in cui contempla diverse
ipotesi di proroga delle concessioni demaniali marittime in corso,
per asserita violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere
a) ed e), Cost.;
c) degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Abruzzo 18
febbraio 2010, n. 3 (Estensione della durata delle concessioni
demaniali per uso turistico-ricreativo), nella parte in cui prevedono
la proroga automatica delle concessioni di beni demaniali marittimi,
per asserita violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere
a) ed e), Cost.
2.- In ragione dell’omogeneita’ della materia, i predetti ricorsi
devono essere riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.
Il ricorrente – con argomentazioni sostanzialmente identiche –
muove dal presupposto che le norme regionali impugnate, nello
stabilire, ricorrendo determinati presupposti, il rinnovo automatico
delle concessioni demaniali marittime, violerebbero i principi
derivanti dall’ordinamento comunitario e recepiti nell’ordinamento
nazionale in tema di liberta’ di stabilimento e tutela della
concorrenza, che non consentirebbero il suddetto automatismo.
In particolare, i suddetti principi sarebbero desumibili
dall’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194
(Proroga di termini previsti da disposizioni legislative),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25,
con il quale il legislatore nazionale ha adeguato l’ordinamento
interno a quello comunitario in materia di concessioni del demanio
marittimo.
Per effetto di tale disposizione e’ stato abrogato l’art. 37,
secondo comma, del Codice della navigazione, nella parte in cui,
nell’ambito delle procedure di affidamento in concessione di beni del
demanio marittimo con finalita’ turistico-ricreativa, attribuiva
preferenza – cosiddetto diritto di insistenza – al concessionario
uscente.
Lo stesso art. 1 ha stabilito una proroga, fino al 31 dicembre
2015, delle concessioni in corso alla data di entrata in vigore della
indicata legge, dovendosi successivamente a tale data procedere al
loro affidamento mediante gara pubblica.
Le disposizioni impugnate, secondo la difesa statale, si
porrebbero in contrasto con la richiamata normativa, in quanto il
rinnovo automatico delle concessioni in atto impedirebbe
l’espletamento di qualsiasi forma di procedura selettiva volta a
individuare nuovi possibili concessionari.
3.- In via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni
sollevate dalle difese regionali.
3.1.- La Regione Marche ritiene il ricorso proposto nei suoi
riguardi inammissibile, innanzitutto in quanto non conterrebbe alcuna
motivazione a sostegno dell’impugnazione dell’art. 4, comma 2, della
legge regionale n. 7 del 2010, e in secondo luogo perche’, comunque,
le censure riferite all’art. 117, primo e secondo comma, lettera a),
Cost., si fonderebbero sul richiamo di norme comunitarie non piu’
vigenti per effetto dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e
su un generico rinvio ad una procedura di infrazione avviata dalla
Commissione europea, si’ che sarebbe stato reso di fatto impossibile
l’esercizio del diritto di difesa alla Regione.
Tali eccezioni non sono fondate.
Quanto a quella riferita all’art. 4, comma 2, e’ sufficiente
rilevare il rapporto di stretta inscindibilita’ che esiste tra tale
disposizione e quella contenuta nel precedente comma 1, prevedendo la
prima il potere in capo alla Giunta regionale di fissare i criteri
per il rilascio delle concessioni demaniali marittime di cui al comma
1, sicche’ esse realizzano un’unitaria e omogenea disciplina del
procedimento attinente al rilascio delle concessioni.
Quanto alle ulteriori eccezioni, esse non tengono conto degli
argomenti prospettati nel ricorso a sostegno delle censure, dai quali
si evincono gli esatti termini delle questioni sollevate dal
ricorrente, sia quanto alle norme comunitarie effettivamente
pertinenti, sia quanto alla rilevanza della procedura d’infrazione.
3.2.- La Regione Abruzzo ha dedotto l’inammissibilita’ della
censura proposta in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost., per difetto di motivazione.
Anche tale eccezione non e’ fondata, sulla base delle
argomentazioni sopra riportate e, in particolare, della circostanza
che dalle motivazioni contenute nel ricorso si desumono le ragioni
poste a fondamento della asserita lesione, da parte della norma
regionale impugnata, dei principi di libera concorrenza.
4.- Per un corretto inquadramento delle questioni sottoposte
all’esame della Corte, occorre rilevare che la disciplina relativa al
rilascio delle concessioni su beni demaniali marittimi investe
diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale che
regionale, atteso che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle
modalita’ di affidamento di tali concessioni, assumono i principi
della libera concorrenza e della liberta’ di stabilimento, previsti
dalla normativa comunitaria e nazionale.
In proposito, va osservato che il legislatore nazionale ha
stabilito, all’articolo 1, comma 18, del citato decreto-legge n. 194
del 2009, le modalita’ di accesso alle suddette concessioni da parte
degli operatori economici.
Tale intervento normativo ha fatto seguito alla procedura
d’infrazione comunitaria n. 2008/4908, aperta nei confronti dello
Stato italiano per il mancato adeguamento all’articolo 12, comma 2,
della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato
interno), il quale vieta qualsiasi forma di automatismo che, alla
scadenza del rapporto concessorio, possa favorire il precedente
concessionario.
La Commissione europea aveva denunciato il contrasto dell’art. 37
cod. nav. con gli artt. 43 e 81 del Trattato CE (ora artt. 49 e 101
del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea-TFUE) sul
presupposto che, nell’attribuire preferenza al momento della scadenza
della concessione al vecchio concessionario, lo stesso art. 37
costituiva un ostacolo all’accesso al mercato di nuovi operatori
economici del settore.
In ragione di cio’, il legislatore statale e’ intervenuto con
l’art. 1, comma 18, del citato d.l. n. 194 del 2009, con il quale
sono state previste:
la soppressione del secondo comma dell’articolo 37 cod. nav.,
nella parte in cui stabiliva la preferenza accordata al vecchio
concessionario;
la proroga al 31 dicembre 2015 delle concessioni per
finalita’ turistico-ricreative in scadenza prima di tale data e in
atto al 30 dicembre 2009, giorno dell’entrata in vigore dello stesso
decreto-legge;
la conferma delle concessioni ex art. 3, comma 4-bis, del
decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la
determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali
marittime), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre
1993, n. 494, comma aggiunto dall’art. 1, comma 253, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007) e, dunque,
aventi durata tra sei e venti anni, rilasciate per tale periodo di
tempo in ragione dell’entita’ e della rilevanza economica delle opere
realizzate dal concessionario.
L’art. 1, comma 18, sopra citato, ha attribuito a tale disciplina
carattere transitorio, in attesa della revisione della legislazione
in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi
da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalita’ di affidamento,
sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza
Stato-Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di liberta’
di stabilimento, di garanzia dell’esercizio, dello sviluppo, della
valorizzazione delle attivita’ imprenditoriali e di tutela degli
investimenti, nonche’ in funzione del superamento del diritto di
insistenza di cui al citato art. 37, secondo comma, cod. nav.
La finalita’ del legislatore e’ stata, dunque, quella di
rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e
di consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare
l’ammortamento degli investimenti nelle more del riordino della
materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Alla luce di tali premesse, si possono esaminare le singole norme
oggetto di censura.
5.- La questione relativa all’art. 4, comma 1, della legge della
Regione Marche n. 7 del 2010 e’ fondata.
Tale comma stabilisce che ai sensi dell’articolo 03, comma 4-bis,
del d.l. n. 400 del 1993, i Comuni, su richiesta del concessionario,
possono estendere la durata della concessione fino ad un massimo di
venti anni, in ragione dell’entita’ e della rilevanza economica delle
opere realizzate e da realizzare, in conformita’ al piano di
utilizzazione delle aree del demanio marittimo vigente.
Il legislatore regionale, nel sancire la possibilita’ di
estendere la durata delle concessioni demaniali in corso, ha posto
una disciplina che, violando quella introdotta dall’art. 1, comma 18,
del d.l. n. 194 del 2009, eccede dalle sue competenze.
Quest’ultima disposizione, infatti, rende solo possibile – in
ragione dell’entita’ e della rilevanza economica delle opere da
realizzare – il rilascio di nuove concessioni di durata superiore a
sei anni e comunque non superiore a venti anni.
La norma impugnata, diversamente, prevede la possibilita’ di
estendere la durata delle concessioni in atto fino al limite di venti
anni.
Il legislatore regionale attribuisce, dunque, al titolare della
concessione la possibilita’ di ottenerne la proroga (seppure in
presenza dei presupposti indicati dal richiamato art. 3) e, in tal
modo, «viola l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i
vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di
stabilimento e di tutela della concorrenza. Infatti, la norma
regionale prevede un diritto di proroga in favore del soggetto gia’
possessore della concessione, consentendo il rinnovo automatico della
medesima. Detto automatismo determina una disparita’ di trattamento
tra gli operatori economici in violazione dei principi di
concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano
il demanio marittimo non hanno la possibilita’, alla scadenza della
concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso
in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido
programma di investimenti» (sentenza n. 180 del 2010).
Ne’, al fine di escludere l’illegittimita’ della norma impugnata,
valgono gli argomenti utilizzati dalla Regione secondo i quali le
concessioni non sarebbero prorogate automaticamente, ma previa
valutazione caso per caso, in considerazione degli investimenti
effettuati, in quanto tale disciplina, per le ragioni indicate, pone
un ostacolo all’accesso di altri potenziali operatori economici nel
mercato relativo alla gestione di tali concessioni (sentenza n. 340
del 2010).
6.- La questione relativa all’art. 4, comma 2, della medesima
legge regionale n. 7 del 2010 non e’, invece, fondata.
Detto comma prevede che con deliberazione della Giunta regionale,
sulla base dell’intesa Stato-Regioni ai sensi dell’articolo 8, comma
6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento
dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3), sentita la competente Commissione consiliare e
il Consiglio delle autonomie locali, sono stabiliti i criteri per il
rilascio delle concessioni demaniali con finalita’
turistico-ricreative, nonche’ le modalita’ per il loro rinnovo.
La norma in esame non e’ idonea a ledere alcuna competenza
legislativa statale, in quanto essa, per la sua operativita’,
presuppone il rispetto del procedimento previsto dall’art. 1, comma
18, del d.l. n. 194 del 2009.
Il legislatore regionale, infatti, attribuisce ad una delibera
della Giunta regionale il potere sopra indicato, subordinandolo
all’adozione di una previa intesa da raggiungere in sede di
Conferenza Stato-Regioni, volta ad esprimere, secondo quanto previsto
dal citato art. 1, comma 18, i criteri validi per il rilascio delle
concessioni in esame.
7.- La questione relativa all’art. 5 della legge della Regione
Veneto n. 13 del 2010 e’ fondata nei termini di seguito precisati.
L’art. 5, comma 1, prevede che «ai fini dell’applicazione delle
procedure di cui all’articolo 3 e fatto salvo quanto previsto dal
presente articolo, tutte le concessioni demaniali marittime a
finalita’ turistico-ricreativa in essere alla data di entrata in
vigore della presente legge ivi comprese quelle oggetto di domanda di
rinnovo in corso di istruttoria alla stessa data, scadono al 31
dicembre 2015, fatta salva la diversa maggiore durata prevista dal
titolo concessorio».
Il successivo comma 2 stabilisce che «il titolare di concessione
in corso di validita’ all’entrata in vigore della presente legge,
anche per effetto del comma 1, che abbia eseguito o esegua durante la
vigenza della concessione interventi edilizi, come definiti
dall’articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380 (…), ovvero che, oltre agli interventi
edilizi, abbia acquistato attrezzature e beni mobili per un valore
non superiore al venti per cento dell’importo degli interventi
edilizi, puo’ presentare al comune, entro quarantacinque giorni
dall’entrata in vigore della presente legge, una istanza di modifica
della durata della concessione in conformita’ a quanto previsto dalla
lettera e)-ter dell’allegato S/3 della legge regionale 4 novembre
2002, n. 33 e successive modificazioni».
Il successivo comma 3 dispone che «il Comune, verificate le
condizioni di cui al comma 2, modifica la durata della concessione,
con decorrenza dalla data del provvedimento di modifica, in
conformita’ a quanto previsto dalla lettera e)-ter dell’allegato S/3
della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 e successive
modificazioni».
Il comma 4, a sua volta, prevede che «il titolare di concessione
in corso di validita’ all’entrata in vigore della presente legge,
anche per effetto del comma 1, che abbia eseguito o esegua durante la
vigenza della concessione interventi infrastrutturali di pubblica
utilita’ previsti dal comune, non rientranti nelle tipologie di cui
al comma 2, puo’ presentare al comune, entro quarantacinque giorni
dall’entrata in vigore della presente legge, una istanza di modifica
della durata della concessione per un periodo compreso tra due e
quattro anni. Il Comune, valutate le condizioni, puo’ accogliere la
domanda di modifica della durata della concessione, con decorrenza
della durata dalla data del provvedimento di modifica».
7.1.- In via preliminare, va sottolineato che, nonostante il
ricorso non contenga alcuna esplicita motivazione in ordine
all’impugnazione dei commi 1 e 4 dell’art. 5 in esame, occorre
considerare, da un lato, che le argomentazioni che sviluppa appaiono
implicitamente riferibili anche a tali commi e, dall’altro, che la
disciplina introdotta dall’intero art. 5 si caratterizza per la sua
unitarieta’.
Quanto al primo aspetto, si deve rilevare che il presupposto
argomentativo da cui muove il ricorrente e’ che le proroghe (o
rinnovi automatici) delle concessioni demaniali marittime, previste
dal legislatore regionale con l’articolo 5 impugnato, contrastino con
i principi di libera concorrenza e di liberta’ di stabilimento, posti
a fondamento della disciplina relativa al rilascio delle suddette
concessioni.
Quanto al secondo aspetto, e’ sufficiente osservare che i commi
di cui e’ composto l’art. 5, seppure prendano in esame diverse
fattispecie, sono tutti accomunati dal fatto che disciplinano in modo
unitario la proroga o il rinnovo automatico delle concessioni
demaniali marittime in corso di validita’.
Chiarito cio’, deve rilevarsi come la normativa regionale
impugnata regoli talune ipotesi di rilascio di concessione su beni
demaniali marittimi, tutte in contrasto con la disciplina fissata
dall’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009.
La prima ipotesi e’ quella prevista dall’art. 5, comma 1, il
quale dispone che le concessioni in corso al momento dell’entrata in
vigore della legge regionale e quelle che, alla medesima data, sono
oggetto di domanda di rinnovo e in corso di istruttoria, sono
prorogate al 31 dicembre 2015.
Tale disposizione, pur indicando lo stesso termine di scadenza,
disciplina una fattispecie, nel complesso, diversa da quella statale.
Il legislatore regionale, infatti, nel fare uso della proroga ope
legis prevista dalla norma statale (fino al 31 dicembre 2015) la
applica a concessioni diverse da quelle prese in considerazione da
quest’ultima (e cioe’ in corso al 30 dicembre 2009, data di entrata
in vigore del d.l n. 194 del 2009). In sostanza, la disposizione
impugnata prende in considerazione le concessioni in corso e quelle
oggetto di domanda di rinnovo alla data di entrata in vigore della
legge regionale, cioe’ il 19 febbraio 2010 e, dunque, con riguardo ad
un momento temporale diverso e successivo rispetto a quello indicato
dalla norma statale, cosi’ trovando applicazione rispetto a
fattispecie differenti da quelle di cui all’art. 1, comma 18, del
d.l. n. 194 del 2009.
La seconda ipotesi, presa in esame dal legislatore regionale, e’
quella indicata dall’art. 5, commi 2 e 3, in virtu’ dei quali il
titolare di una concessione in corso di validita’ al momento
dell’entrata in vigore della legge regionale, anche se per effetto
del precedente comma 1, che abbia eseguito delle opere edilizie ed
abbia acquistato attrezzature per un determinato importo, puo’
richiedere la modifica della durata della concessione in conformita’
a quanto previsto dall’allegato S/3, lettera e)-ter, dalla legge
regionale n. 4 novembre 2002, n. 33 e cioe’ per un periodo che varia
da sei a venti anni.
La terza ipotesi e’ quella prevista nell’art. 5, comma 4, per
effetto del quale il titolare di una concessione in corso di
validita’ al momento dell’entrata in vigore della legge regionale, se
ha eseguito lavori di pubblica utilita’ previsti dal Comune e non
rientranti in quelli dei precedenti commi, puo’ chiedere la modifica
della durata della concessione per un periodo tra i due e i quattro
anni.
Ebbene, per quanto attiene alle fattispecie di cui all’art. 5,
commi 2 e 3, valgono le considerazioni fatte con riferimento all’art.
4 della legge della Regione Marche n. 7 del 2010, atteso che si
prevedono proroghe delle concessioni demaniali in corso, in
violazione dell’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009 e,
conseguentemente, dell’art. 117, primo comma, Cost.
Alla luce delle considerazioni in precedenza svolte la
declaratoria di illegittimita’ costituzionale delle disposizioni
contenute nell’art. 5, commi 2 e 3, della legge regionale impugnata
si estende, per consequenzialita’ logica, anche a quelle previste nei
commi 1 e 4 del medesimo articolo.
8.- Anche la questione relativa agli artt. 1 e 2 della legge
della Regione Abruzzo n. 3 del 2010 e’ fondata.
L’art. 1 prevede che «i titolari di concessioni demaniali
marittime per finalita’ turistico-ricreative possono richiedere
l’estensione della durata della concessione fino ad un massimo di
venti anni a partire dalla data di rilascio, in ragione dell’entita’
degli investimenti e secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 253,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria
2007)».
Il successivo art. 2 stabilisce che «l’estensione della durata
della concessione e’ applicabile anche alle nuove concessioni, per le
quali, alla data di approvazione della presente legge, sia in corso
il procedimento di rilascio della concessione demaniale».
Quanto all’art. 1, valgono le considerazioni sopra indicate con
riferimento all’art. 4, comma 1, della legge della Regione Marche n.
7 del 2010, avendo il legislatore regionale abruzzese previsto, anche
in questo caso, la possibilita’ di estendere la durata delle
concessioni demaniali in atto, con cio’ attribuendo ai titolari delle
stesse una proroga in violazione dei principi di liberta’ di
stabilimento e di tutela della concorrenza.
Quanto all’art. 2, esso applica l’estensione disciplinata dal
precedente art. 1 alle concessioni il cui procedimento di rilascio
sia in itinere al momento dell’approvazione della legge regionale.
Per effetto del collegamento tra le due norme, e’ evidente che
l’estensione prevista dall’art. 2 e’ subordinata all’entita’ degli
investimenti, secondo quanto stabilito dall’art. 1, comma 253, della
legge n. 296 del 2006, che ha introdotto l’art. 3, comma 4-bis, del
d.l. n. 400 del 1993.
Il fatto che l’art. 2 si riferisca a nuove concessioni e, quindi,
non disponga alcuna proroga o modifica di quelle in corso, non
esclude la sua illegittimita’; cio’ in quanto il rilascio delle
concessioni demaniali marittime e, quindi, le regole che disciplinano
l’accesso ai relativi beni da parte dei potenziali concessionari sono
aspetti che rientrano nella materia della tutela della concorrenza,
attribuita alla competenza esclusiva dello Stato, di cui l’art.1,
comma 18, del d.l. n. 194 del 2009 e’ espressione.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i ricorsi,
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 4, comma 1,
della legge della Regione Marche 11 febbraio 2010, n. 7 (Norme per
l’attuazione delle funzioni amministrative in materia di demanio
marittimo);
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 5 della legge
della Regione Veneto 16 febbraio 2010, n. 13 (Adeguamento della
disciplina regionale delle concessioni demaniali marittime a
finalita’ turistico-ricreativa alla normativa comunitaria. Modifiche
alla legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi
regionali in materia di turismo» e successive modificazioni);
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale degli artt. 1 e 2 della
legge della Regione Abruzzo 18 febbraio 2010, n. 3 (Estensione della
durata delle concessioni demaniali per uso turistico-ricreativo);
Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 4, comma 2, della legge della Regione Marche n. 7 del 2010,
promossa, in riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettere
a) ed e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso n. 66 del 2010, indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011.

Il Presidente e redattore: Quaranta

Il cancelliere: Melatti

Depositato in cancelleria il 18 luglio 2011

Il Direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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