Cass. Civ. Sez. Lav. 18.02.2011 n. 4053 – cassa integrazione guadagni L. n. 164/75 art. 5

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Torino, S. V. conveniva in giudizio il datore di lavoro X Auto s.p.a.

e, assumendo l’illegittimità della sua collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria (cigs) per il periodo 9.12.02- 30.11.03, ne chiedeva la condanna al pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di integrazione e quanto spettante a titolo di retribuzione.

2.- Il Tribunale accoglieva la domanda, rilevando che la comunicazione di apertura della procedura sindacale del 31.10.82 era formulata in termini generici ed indeterminati quanto ai criteri da adottare per la scelta dei lavoratori da collocare in cigs, che non erano stati chiariti neppure in corso della procedura poi conclusa dall’accordo 18.3.03. In particolare, il giudice escludeva che l’obbligo del datore di comunicare alle Oo.ss., fin dal momento dell’apertura della procedura, i criteri di individuazione e le modalità di rotazione, previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, fosse venuto meno per l’intervento del D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale.

3.- Proposto appello da X Auto, la Corte d’appello di Torino con sentenza depositata il 24.10.06, quantunque con diversa motivazione, rigettava l’impugnazione.

Affermava la Corte di merito che il D.P.R. n. 218, art. 2, comma 5, ha modificato la procedura di concessione della cigs ed ha sostituito la disciplina della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, facendo venir meno l’obbligo per l’imprenditore di comunicare per iscritto alle Oo.ss., fin dall’inizio della procedura, i criteri di scelta e le ragioni dell’eventuale mancata previsione della rotazione tra i dipendenti e ponendo, carico del datore medesimo solo l’obbligo di indicare al momento del successivo esame congiunto (previsto dalla L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5) le ragioni tecnico-organizzative della eventuale mancata adozione dei meccanismi di rotazione ed i criteri di scelta, onde consentirne l’esame in contraddittorio con le Oo.ss.. Non risultando, tuttavia, dal verbale dell’esame congiunto riferimenti ai criteri di scelta, il giudice traeva la conclusione che nel caso di specie i criteri in questione non avessero costituito oggetto di discussione.

In ogni caso le ragioni ostative al criterio della rotazione, non erano state dal datore rese note alle Oo.ss., secondo quanto richiesto dal D.P.R. n. 218, art. 2, comma 5, atteso che la dichiarazione di non poter ricorrere alla rotazione contenuta nella comunicazione di avvio della procedura del 31.10.02 era sul punto lacunosa e comunque incongrua in relazione tanto alle dimensioni dell’azienda, che avrebbero facilmente consentito la fungibilità delle professionalità omogenee nelle linee di produzione dei diversi modelli, quanto al contenuto dell’accordo raggiunto il 18.3.03 che invece prevedeva criteri di rotazione.

Non assumevano, inoltre, valore sanante della comunicazione iniziale nè il verbale redatto presso il Ministero del Lavoro il 5.12.02, atteso che il dato rilevante è la preventiva indicazione dei criteri in questione, nè lo stesso raggiungimento dell’accordo 18.3.03, che riteneva non validamente raggiunto tra l’azienda e la rappresentanza sindacale unitaria, atteso che la volontà collegiale di quest’ultima non era correttamente formata.

4.- Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione X Group Automobiles s.p.a. (nuova denominazione di X Auto s.p.a.), cui risponde S. con controricorso e ricorso incidentale condizionato, a sua volta contrastato con controricorso dal ricorrente principale.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5.- Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei due ricorsi ex art. 335 c.p.c..

Sempre in via preliminare deve rigettarsi la richiesta, avanzata dalla parte controricorrente nella memoria presentata ex art. 378 c.p.c., di dichiarare inammissibile il ricorso principale per l’intervenuta definizione del procedimento per repressione del comportamento antisindacale, promosso dalle Oo.ss. nei confronti di X, per violazione degli oneri di informazione nell’ambito della procedura collettiva che ha condotto all’applicazione della cigs di cui ora si discute.

La difesa di parte controricorrente ha prodotto le sentenze di questa Corte 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n. 15393 che rigettano il ricorso per cassazione di X avverso la sentenza di appello che riteneva sussistente il comportamento antisindacale e dichiarava l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione in cigs adottati a seguito della procedura avviata con la comunicazione del 31.10.02.

Dalla pronunzia di queste sentenze deriverebbero per la controricorrente le seguenti conseguenze giuridiche:

a) il comportamento antisindacale da luogo ad un comportamento plurioffensivo e la rimozione dei suoi effetti comporta l’adozione di provvedimenti direttamente incidenti sui rapporti di lavoro dei singoli lavoratori;

b) l’obbligo di comunicazione previsto dalla L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, è configurabile come una particolare fattispecie di obbligazione solidale attiva e/o indivisibile, di modo che le pronunzie in questione, intervenute tra X e le Oo.ss., possono essere fatte valere ai sensi dell’art. 1306 c.c. da tutti gli altri creditori (in questo caso i lavoratori) contro il debitore;

c) ai sensi dell’art. 2909 c.c. – ove l’espressione che "il giudicato fa stato tra le parti" dovrebbe essere letta nel senso che "il giudicato fa stato nei confronti delle parti" – gli effetti delle due sentenze potrebbero estendersi all’odierno controricorrente.

Rileva il Collegio che – fermo restando l’ingresso nel giudizio delle due sentenze, in quanto precedenti di questa Corte – con la memoria ex art. 378 c.p.c. possono essere solo illustrate questioni già trattate nel ricorso e nel controricorso e non possono essere dedotte questioni di diritto nuove, seppure sotto forma di eccezione di inammissibilità del ricorso. Conseguentemente, le questioni sub a) e b), del tutto estranee all’odierno giudizio di legittimità non possono essere prese in considerazione.

Con la questione sub c) si deduce, nella sostanza l’esistenza di un giudicato esterno di cui si chiede l’affermazione anche tra le parti.

Il giudicato è, tuttavia, insussistente in quanto le pronunzie invocate dal controricorrente non possono spiegare la stessa autorità in un diverso giudizio, dato che il giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone – a differenza di quanto qui riscontrabile – che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identità di parti, oltre che la petitum e di causa petendi (giurisprudenza consolidata, v. per tutte Cass. 27.01.06 n. 1760).

6.- Con otto motivi di ricorso X deduce, assieme alle altre norme di seguito indicate e sotto molteplici profili, la violazione del D.P.R. n. 218, art. 2, per le erronee conseguenze tratte dal giudice di merito dall’interpretazione della norma quale sostitutiva della disciplina procedurale per la concessione della cigs prevista dalla L. n. 223 del 1991.

Tali profili possono essere riassunti come segue.

6.1.- Primo motivo, violazione del D.P.R. n. 218, art. 2 e degli artt. 1325, 2697 e 2725 c.c., quanto all’affermazione che sarebbe stato onere dell’imprenditore dare prova scritta dell’esito dell’esame congiunto in punto di criteri di scelta dei lavoratori, in quanto la Corte di merito, pur riconoscendo il carattere innovativo del decreto, ne ha poi disatteso la ratio imponendo – in violazione del principio della libertà di forma – l’onere della forma scritta letteralmente non previsto, dato che la norma prevede solo la tempestiva comunicazione alla R.s.u. dell’intenzione di richiedere la cigs ed il successivo esame congiunto di tutti gli aspetti della cassa integrazione che hanno riflessi sul personale (durata, numeri dei dipendenti coinvolti, criteri di scelta e modalità di rotazione), alla presenza degli organi amministrativi. Questa nuova disciplina normativa assegna fondamentale rilievo, invece, alla fase concertativa rispetto all’impostazione precedente, fondata su passaggi burocratici meramente formali destinati a favorire la verifica del controllo giudiziario, senza far venire meno la tutela dei lavoratori, che è demandata all’azione ed alla forza contrattuale delle Oo.ss., nonchè al ruolo di controllo della P.A. 6.2.- Secondo motivo, violazione del D.P.R. n. 218, art. 2 e dell’art. 2697 c.c., con ulteriore denunzia di carenza di motivazione, in quanto il giudice, ritenendone necessaria la verbalizzazione integrale, ha omesso di intraprendere ogni ulteriore attività istruttoria circa il l’esame congiunto, negando l’espletamento della prova testimoniale e non prendendo in esame la documentazione depositata in atti (in particolare il testo della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 5.12.02), la quale ultima aveva un consistente valore indiziario circa l’espletamento dell’esame congiunto. In ogni caso la comunicazione iniziale indicava tutti i possibili profili della procedura (ivi compresi i criteri di scelta e le ragioni di esclusione della rotazione), dal che avrebbe dovuto dedursi che su di essi si sarebbe svolta anche la successiva fase di esame.

6.3.- Terzo motivo, violazione del D.P.R. n. 218, art. 2 e degli artt. 1325 e 2697 c.c., con riferimento all’onere di indicare per iscritto le ragioni ostative alla rotazione, che non è affermato dalla norma, che invece mira solo al risultato sostanziale dell’esame durante il confronto con i sindacati, e non era oggetto di comunicazione scritta neppure nella disciplina della L. n. 223 del 1991, che imponeva di indicare all’inizio della procedura solo le modalità di rotazione e non anche le ragioni ad essa ostative.

6.4.- Quarto motivo, violazione del D.P.R. n. 218, art. 2 e dell’art. 2697 c.c., con ulteriore denunzia di carenza di motivazione, quanto all’indicazione delle ragioni ostative alla rotazione, sottolineandosi nuovamente che il giudice in forza dell’erronea affermazione della necessità della prova scritta, esclusa l’ammissibilità della prova testimoniale, si è sottratto ad ogni istruttoria circa la comunicazione e la discussione intervenuta al riguardo, in particolare ignorando l’accordo raggiunto con la mediazione governativa nel dicembre 2002 e degli impegni conseguenti assunti da X, la quale all’esito dell’esame congiunto aveva mutato la propria linea iniziale intesa a negare disponibilità alla rotazione, accettando di applicarla con le modalità definite nell’accordo 18.3.03.

6.5.- Quinto motivo, violazione del D.P.R. n. 218, art. 2, in relazione all’affermazione che l’indicazione dell’esclusione della rotazione, pur indicata nella comunicazione di avvio della procedura del 31.10.02, era inconsistente, essendo stati invece adottati criteri di rotazione con l’accordo 18.3.03. L’affermazione si basa su una interpretazione statica del D.P.R. n. 218, art. 2, senza tenere conto che la norma consente di dare una diversa valutazione della rotazione in momenti diversi della procedura sindacale, nel senso che per ragioni contingenti e valutazioni di carattere economico l’imprenditore può determinarsi in maniera diversa a quanto sostenuto all’inizio della procedura.

6.6.- Sesto motivo, violazione del D.P.R. n. 218, art. 2 e ulteriore denunzia di carenza di motivazione a proposito della considerazione assegnata al verbale di esame congiunto redatto in sede ministeriale il 5.12.02. Tale atto, attestando all’esito della mediazione governativa il regolare svolgimento della procedura di consultazione, costituiva prova idonea sia dell’esame congiunto dei criteri di scelta sia della comunicazione delle ragioni ostative alla rotazione e non avrebbe dovuto essere ignorato dal giudice di merito sulla base del solo argomento che le ragioni ostative alla rotazione avrebbero dovuto essere indicate necessariamente per iscritto. Ne sarebbe derivata l’illegittima disapplicazione di un atto pubblico a contenuto certificativo, escludendo la possibilità di Fiat di provare di avere di aver ottenuto la concessione del trattamento di cigs in base ad una corretta procedura.

6.7.- Settimo motivo, violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2, e art. 2697 c.c. in relazione alla regolarità della stipulazione degli accordi sindacali 18.3.03 e 22.7.03, nonchè carenza di motivazione, avendo il giudice ritenuta non validamente formata la volontà della Rappresentanza sindacale unitaria stipulante in base ad accertamenti compiuti da altro giudice in una sentenza non passata in giudicato, avente ad oggetto opposizione a decreto emanato ex art. 28 statuto lavoratori a seguito di denunzia di comportamento antisindacale tenuto da FIAT nell’ambito della procedura sindacale preliminare alla dichiarazione dello stato di crisi aziendale.

La Corte di merito avrebbe dovuto, inoltre, tener conto del legittimo affidamento del datore circa la rappresentatività della controparte sindacale, competendo al lavoratore – attore in causa – l’onere di dimostrare i pretesi vizi dell’accordo e la circostanza che X non ignorava la situazione reale. In ogni caso, la stessa Corte avrebbe erroneamente ricostruito le circostanze per le quali poteva sostenersi l’invalidità della volontà delle R.s.u., attribuendo al rappresentante X dichiarazioni in realtà rese a verbale da un rappresentante sindacale.

6.8.- Ottavo motivo, violazione del D.P.R. n. 218, art. 2 e carenza di motivazione, lamentandosi la mancata valutazione in concreto della posizione soggettiva del dipendente in causa, in quanto, ove per la mancanza dell’esame congiunto in punto di criteri di scelta fosse stata dichiarata illegittima tutta procedura, pur tuttavia avrebbe dovuto valutarsi se la scelta di collocare il lavoratore in cigs fosse coerente in relazione ai criteri di scelta concretamente indicati ab initio nella comunicazione di avvio della procedura sindacale.

7.- Con ricorso incidentale condizionato S. deduce violazione della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 20, in relazione alla L. n. 164 del 1975, art. 5, L. n. 223 del 1991, art. 1 e D.P.R. n. 218, art. 2. E’ contestata l’affermazione della Corte di merito secondo la quale il D.P.R. n. 218, art. 2, comma 5, ha modificato la procedura di concessione della cigs ed ha sostituito la disciplina della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, spostando l’obbligo per l’imprenditore di comunicare per iscritto alle oo.ss. i criteri di scelta e le ragioni dell’eventuale mancata previsione della rotazione tra i dipendenti dall’inizio della procedura al momento dell’esame congiunto, sostenendosi che questa interpretazione renderebbe detto art. 2 illegittimo perchè adottato oltre i termini della delega della L. n. 59 del 1997.

In ogni caso, la delegificazione introdotta dal D.P.R. n. 218 deve essere ritenersi limitata al solo procedimento amministrativo e non anche sui diritti soggettivi dei lavoratori interessati alla collocazione in cigs e sui diritti di informativa sindacale non attinenti alla fase amministrativa in senso stretto dell’intera procedura.

8.- L’esame del primo motivo del ricorso principale richiede – per quanto occorre – una breve premessa di carattere legislativo.

8.1.- Sul piano normativo, deve osservarsi che la L. 23 luglio 1991, n. 223 – che introduce una visione organica della cigs, ricollegandone la fruizione a particolari requisiti soggettivi dell’impresa e all’esistenza di uno stato di crisi aziendale, nonchè alla proposizione da parte dell’imprenditore di precisi programmi, limitati nel tempo -prevede che dopo l’accertamento dello stato di crisi e l’approvazione dei programmi di superamento della stessa e per tutta la loro durata, all’esito di una articolata procedura, il Ministero del Lavoro con proprio decreto conceda il trattamento straordinario di integrazione salariale (artt. 1 e 2).

Il datore di lavoro deve scegliere i lavoratori da collocare in cigs adottando meccanismi di rotazione tra i dipendenti che svolgono le stesse mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata. I "criteri di individuazione dei lavoratori" e "le modalità della rotazione" sono oggetto di consultazione sindacale, in forza del dettato normativo, che impone la loro comunicazione alle Oo.ss. e l’esame congiunto di cui alla L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5.

Qualora il datore, per ragioni di carattere tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, non intenda attuare meccanismi di rotazione dovrà indicarne i motivi nel programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale (L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8).

Il Ministro del lavoro, pur approvando il programma e concedendo la cassa integrazione, può ritenere non giustificata la non adozione della rotazione e promuovere un incontro tra le parti sul punto. Ove non si pervenga ad un accordo entro tre mesi dalla data della concessione del trattamento di integrazione il Ministro stesso stabilisce l’adozione di meccanismi di rotazione sulla base delle proposte formulate dalle parti (comma 8, secondo periodo).

8.2.- Su tale assetto normativo intervenne il D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, emanato a seguito della delega conferita dall’art. 20 della legge di semplificazione amministrativa 15.3.97 n. 59, che inserì il procedimento per la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria regolato dalla L. n. 223 del 1991 tra quelli sottoposti a delegificazione mediante regolamento emesso ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 2, (art. 20, comma 8, in relazione al n. 90 dell’allegato 1 alla legge stessa).

Il D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2 regolamenta l’esame congiunto della situazione aziendale e testualmente prevede che:

"1. L’imprenditore che intende richiedere l’intervento straordinario di integrazione salariale, direttamente o tramite l’associazione imprenditoriale cui aderisca o conferisca mandato, ne da tempestiva comunicazione alle rappresentanze sindacali unitarie o, in mancanza di queste, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori comparativamente più rappresentative operanti nella provincia.

2. Entro tre giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 è presentata, dall’imprenditore o dagli organismi rappresentativi dei lavoratori di cui al medesimo comma, domanda di esame congiunto della situazione aziendale.

3. La richiesta di esame congiunto è presentata:

a) al competente ufficio individuato dalla regione nel cui territorio sono ubicate le unità aziendali interessate dall’intervento straordinario di integrazione salariale, qualora l’intervento riguardi unità aziendali ubicate in una sola regione;

b) al Ministero del lavoro e della previdenza sociale – Direzione generale dei rapporti di lavoro, qualora l’intervento riguardi unità aziendali ubicate in più regioni. In tal caso, l’ufficio richiede, comunque, il parere delle regioni interessate.

4. Agli incontri per l’esame congiunto della situazione aziendale in sede regionale partecipano anche funzionali della direzione provinciale del lavoro o della direzione regionale del lavoro, a seconda che l’intervento di integrazione salariale straordinaria riguardi unità produttive ubicate in una sola provincia o in più province della medesima regione.

5. Costituisce oggetto dell’esame congiunto il programma che l’impresa intende attuare, comprensivo della durata e del numero dei lavoratori interessati alla sospensione, nonchè delle misure previste per la gestione di eventuali eccedenze di personale, i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione tra i lavoratori occupati nelle unità produttive interessate dalla sospensione. L’impresa è tenuta ad indicare le ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione di meccanismi di rotazione.

6. L’intera procedura di consultazione, attivata dalla richiesta di esame congiunto, si esaurisce entro i venticinque giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta medesima, ridotti a dieci per le aziende fino a cinquanta dipendenti".

Dalla sovrapposizione di queste due fonti normative (L. n. 223, art. 1 e D.P.R. n. 218, art. 2) nasce il problema del coordinamento della disciplina della fase di avvio della procedura di ammissione alla cigs, sotteso alla presente controversia ed oggetto principale del ricorso in esame.

8.3.- I rapporti tra le due fonti sono stati definiti dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che la disciplina del D.P.R. n. 218 non abroga la L. n. 223 del 1991 e lascia, quindi, intatti gli oneri di comunicazione fissati dall’art. 1 di quest’ultima. Il D.P.R. n. 218 non incide, infatti, sulle disposizioni del combinato disposto della L. n. 164 del 1975, art. 5 e della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7 – riguardanti l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonchè le modalità di rotazione poste da tali disposizioni in capo dell’imprenditore – atteso che la disciplina da esso fissata attiene unicamente alla fase propriamente amministrativa del procedimento di concessione della integrazione salariale (Cass. 28.11.08 n. 28464).

Gli argomenti adottati a sostegno di questa impostazione, secondo cui il D.P.R. n. 218 ha lo scopo di semplificare il procedimento amministrativo che consente l’autorizzazione della cigs e non di alterare il complesso di garanzie assicurato dalla L. n. 223 del 1991 a tutela dei singoli lavoratori e delle organizzazioni sindacali, sono di ordine sistematico e di ordine testuale.

Sul piano sistematico, si osserva che mentre gli organi pubblici (CIPI, Ministero del lavoro) partecipano all’accertamento della crisi ed emanano i conseguenti provvedimenti amministrativi, sono i soggetti privati (datore e organizzazioni sindacali) chiamati a gestire la crisi aziendale, secondo la disciplina della L. n. 223 del 1991, che svolge una funzione garantistica delle posizioni di diritto soggettivo riconosciute ai lavoratori nonchè delle prerogative istituzionali delle Organizzazioni sindacali. Esiste, dunque, distinzione tra procedimento amministrativo volto all’emissione del provvedimento concessorio e la gestione della cassa integrazione ad opera di soggetti che agiscono in regime privatistico, della quale la comunicazione dei criteri di scelta e l’individuazione delle modalità di applicazione di detti criteri costituisce un significativo passaggio.

A riprova viene menzionata la giurisprudenza di legittimità per la quale in materia di integrazione salariale, le posizioni di diritto soggettivo dei privati nascenti dal provvedimento di ammissione dell’impresa alla cassa integrazione degradano ad interesse legittimo ove intervengano atti amministrativi di annullamento o di revoca di tale provvedimento (Cass. S.u. 11.1.07 n. 310; Cass. 27.1.06 n. 1732), mentre all’interesse legittimo si sostituisce la piena posizione di diritto nel rapporto tra imprenditore (o lavoratori) e X nascente dal provvedimento di ammissione (Cass. S.u. 10.8.05 n. 16780).

Quanto ai riferimenti di carattere testuale, si rileva che nel D.P.R. n. 218 la semplificazione è riferita a singoli momenti del procedimento amministrativo, quali gli atti iniziali ("la domanda di intervento straordinario", art. 3), gli accertamenti ispettivi (art. 4), i termini di conclusione del procedimento (art. 8), la validità ed efficacia del provvedimento (art. 9), e mai al complesso delle garanzie apprestato dalla L. n. 223. Inoltre, si rimarca che tra le disposizioni esplicitamente abrogate dal D.P.R. n. 218, art. 13 non è inclusa alcuna disposizione della L. n. 223.

In conclusione, dunque, deve affermarsi con la già richiamata sentenza n. 28464 del 2008 che per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione, la L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, prescrive che il datore di lavoro comunichi alle Organizzazioni sindacali i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, in relazione a quanto previsto dalla L. n. 164 del 1975, art. 5. Tale disposizione tutela, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle Organizzazioni sindacali, anche dopo l’entrata in vigore della disciplina del D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, atteso che tale disciplina non incide con effetto abrogativo o modificativo sulle suddette disposizioni ma è volta unicamente a diversamente regolamentare il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione di integrazione salariale.

Ad analoga conclusione questa Corte è pervenuta per quel che riguarda gli obblighi di rilevanza collettiva del datore di lavoro (L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8), precisando, altresì, che la più volte richiamata normativa regolamentare non ha spostato l’informazione circa i criteri di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione datoriale di avvio della procedura di integrazione salariale a quello, immediatamente successivo, dell’esame congiunto, in quanto, altrimenti, il contenuto della norma di cui al D.P.R. n. 218 cit., art. 2 sarebbe estraneo all’esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo e avrebbe come conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la compressione dei diritti di informazione spettanti al sindacato, dando luogo ad un sistema di consultazione sindacale palesemente inadeguato (Cass. 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n. 15393, entrambe emanate a conclusione del procedimento per condotta antisindacale promosso dalle Oo.ss. nei confronti di Fiat con riferimento alla procedura di cigs ora in esame avviata con la comunicazione del 31.10.02).

Sulla base di queste considerazioni può ritenersi corretto l’assunto del giudice di merito che – pur dopo l’entrata in vigore del D.P.R. n. 218 del 2000 – la comunicazione che il datore, ai sensi della L. n. 164 del 1975, art. 5, è tenuto a dare alle rappresentanze sindacali aziendali debba contenere l’indicazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione, i quali solo successivamente dovranno costituire oggetto del successivo esame congiunto.

9.- Deve essere, dunque, disatteso l’assunto interpretativo da cui è partito il giudice di merito ed in tal senso deve essere corretta la sentenza impugnata quanto ai rapporti tra le due fonti normative.

Consegue il rigetto del primo motivo di ricorso ed il conseguente assorbimento dei motivi da due a sei, che sono tutti diretti a contestare l’impostazione seguita dal giudice di merito nell’ambito del suo (peraltro errato) percorso argomentativo, che pone a carico del datore ulteriori obblighi di carattere formale e procedurale non riscontrabili sul piano legislativo.

10.- Con il settimo motivo parte ricorrente sostiene che erroneamente il giudice di merito avrebbe escluso il carattere sanante degli accordi 18.3.03 e 22.7.03 ritenendoli non riconducibili all’organo sindacale collegiale espresso dalla rappresentanza sindacale unitaria; così facendo cattivo governo dei criteri di ermeneutica e dei principi di affidamento e di buona fede.

Di tale motivo deve qui rilevarsi l’irrilevanza, essendo esso basato sul presupposto che ogni eventuale vizio della procedura (sindacale ed amministrativa) di applicazione della cassa integrazione possa essere sanato da uno o più accordi che, intervenuti a procedura già iniziata, hanno il carattere di gestione dell’applicazione dell’istituto.

La giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2.8.04 n. 14721, 21.8.03 n. 12307 ed altre) si è espressa nel senso invocato dalla ricorrente Fiat nel caso che l’accordo fosse di per sè risolutivo, nel senso che il suo contenuto fosse esaustivo delle esigenze conoscitive e di esternazione imposte dal combinato normativo della L. n. 164, art. 5 e della L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8, in quanto in tal caso avrebbe costituito solo un formalismo inutile imporre al datore di comunicare alle Oo.ss. quei criteri di selezione che proprio con esse ha elaborato (Cass. 3.5.04 n. 8353).

Premessa l’inconferenza del richiamo al secondo accordo – intervenuto a causa già iniziata e, con statuizione non impugnata sul punto, escluso dal giudice di merito da ogni considerazione – con riferimento all’accordo 18.3.03 detta giurisprudenza non è applicabile per una circostanza di fatto ed una di carattere logico.

Sotto il primo punto di vista, infatti, deve rilevarsi che esso – essendo intervenuto a procedura già iniziata e quando molte centinaia di lavoratori erano già stati posti in cassa integrazione – per come sintetizzato nel ricorso e per come interpretato dal giudice di merito, si limita a formulare un generale sistema di rotazione a partire dall’aprile 2003, senza peraltro indicare il procedimento di individuazione dei soggetti interessati, il che esclude il requisito dell’esaustività sopra rilevato.

Inoltre, per il fatto di essere intervenute a procedura già iniziata, le modalità concordate in sede di accordo non possono soddisfare all’essenziale esigenza cui la preventiva comunicazione imposta dalle norme sopra indicate è preposta, e cioè quella di consentire (non solo alle Oo.ss. di confrontarsi sul punto, ma anche) ai lavoratori coinvolti nella procedura – tanto prima che dopo il raggiungimento dell’accordo – di verificare se l’utilizzo della cassa integrazione da parte del datore di lavoro sia coerente al programma di superamento della crisi adottato e, quindi, di consentire la tutela della loro posizione individuale, nella sostanza controllando il potere del datore di collocarli in cassa integrazione (v. anche Cass. 10.5.10 n. 11254).

Tale inidoneità funzionale rende superfluo l’esame del motivo in oggetto.

11.- E’ infondato anche l’ottavo motivo, formulato a contestazione della omessa valutazione l’idoneità dei criteri di scelta comunque fissati dalla comunicazione 31.10.82 di avvio della procedura in relazione alla specifica posizione del lavoratore interessato.

Considerato che la Corte d’appello ha rilevato l’inidoneità dei criteri di rotazione ivi indicati, deve ricordarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha affermato che il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, "sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi", e che tale illegittimità può essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata, (v. S.u. n. 302 del 2000, citata).

Il giudice di merito – seppure nell’ambito di un diverso percorso argomentativo – si è conformato a questo principio, avendo ritenuto la comunicazione 31.10.02 lacunosa ed evanescente e tale da non poter giustificare la scelta di non adottare meccanismi di rotazione.

Trattasi di valutazione di merito congruamente motivata (e come tale non suscettibile di censura in sede di legittimità), che smentisce l’omessa valutazione denunziata con il motivo in esame.

12.- In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato.

Tale rigetto comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e debbono essere distratte a favore del difensore sottoscrittore del controricorso dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, così provvede:

– rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale;

– condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro per esborsi ed in Euro 2.000 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa, con 1 distrazione a favore dell’avv. X

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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