Cassazione, sez. V, 21 giugno 2011, n. 24849 Sono responsabili penalmente le maestre che non avvisano i genitori dell’infortunio occorso alla bimba?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Fatto

Con sentenza in data 21 gennaio 2010 la Corte d’Appello di Caltanissetta, così riformando la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Nicosia, ha assolto M. M. e S. C. dall’imputazione di abbandono di minore in danno di D. A. con la formula "perché il fatto non sussiste".

Secondo il Tribunale le due imputate, maestre nella scuola materna "Montessori" di Agira, avevano lasciato la bambina di cinque anni D. A. in balia di se stessa, dopo che si era infortunata cadendo contro la spalliera scheggiata di una seggiolina; infatti, sebbene la minore avesse riportato una ferita nelle parti intime con perdita copiosa di sangue, avevano omesso di avvertire i genitori e di condurre immediatamente la piccola presso un pronto soccorso o praticarle i necessari interventi infermieristici, essendosi invece limitate a tamponare la perdita di sangue con pezzetti di carta igienica; dopo di che l’avevano abbandonata a se stessa, lasciandola seduta da sola in disparte, dolorante e in stato di shock.

Venendo in contrario avviso, la Corte d’Appello ha ritenuto che non fosse provata la situazione di pericolo per l’integrità fisica della bambina; infatti la diagnosi di "ferita escoriativa interna" non si conciliava in alcun modo con la copiosità delle perdite di sangue accreditata dal primo giudice, né con il grave stato di malessere generale riferito dalla madre della minore. Ciò rendeva ben più attendibile, ad avviso di quel collegio, la versione fornita dalle maestre secondo la quale il sangue versato dalla bambina dopo l’incidente aveva formato soltanto una piccola macchiolina, non esistente all’atto delle prime cure, ma notata soltanto dalla madre quand’era giunta a scuola. Sicché, non ritenendo attendibili le dichiarazioni della teste M. R. O., che aveva descritto le due maestre come autrici di un comportamento di improvvisa e immotivata insensibilità, il giudice di secondo grado ha escluso la sussistenza del fatto-reato.

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, deducendo un solo motivo articolato in più censure. Con esso sottopone a serrata critica i vari passaggi argomentativi della sentenza impugnata, osservando fra l’altro: che nel tipo descrittivo del reato di abbandono di minore il pericolo per la vita o l’integrità fisica della persona può anche essere meramente virtuale; che la motivazione addotta dalla Corte d’Appello è viziata da svariate illogicità e contraddittorietà, particolarmente quando esime dall’obbligo di avvisare i genitori di D. A. le due maestre e non la teste O., addetta a ben diverse mansioni; che nel valutare le condizioni della bambina si sarebbe dovuto tener conto non soltanto dell’entità della ferita, ma anche del turbamento, del senso di paura e insicurezza da lei avvertito, lontana dall’ambiente familiare e senza il conforto delle insegnanti; che il giudizio di inattendibilità della teste O. si è basato su un ingiustificato alone di sospetto e non sulla valutazione di elementi probatori di segno contrario.

Diritto

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Occorre premettere che il delitto di cui all’art.591 c.p., costituente reato di pericolo, richiede per la sua configurabilità l’elemento oggettivo dalla messa – per l’appunto – in pericolo dell’incolumità del minore o dell’incapace. In tal senso si è costantemente espressa la giurisprudenza di legittimità (v. per tutte Cass. 25 febbraio 2010 n. 19476; Cass. 15 gennaio 2009 n.5945), in assonanza del resto con la dottrina citata dal P.G. ricorrente.

Ora, è bensì vero che il pericolo per l’integrità fisica della persona può anche essere virtuale; ma certamente non può identificarsi nel mero senso di turbamento e di disagio avvertito dal minore per un evento che, per quanto fonte di dolore fisico e di inquietudine, non sia tuttavia suscettibile di aggravarsi oltre i limiti circoscritti degli effetti di un’escoriazione.

Questa è la situazione verificatasi nel caso di specie, secondo la ricostruzione fatta propria dalla Corte territoriale. E emerso infatti dalla valutazione del materiale probatorio, cui il giudice di appello si è dedicato, che le conseguenze dell’infortunio subito non erano tali da creare una condizione di pericolo per l’incolumità fisica della piccola D.: infatti, sia la diagnosi del medico che ebbe a visitarla al pronto soccorso ("trauma alla regione vulvare"), sia l’esito della visita ginecologica ("ferita escoriativa interna") davano conto di una lesione di tipo superficiale, non compatibile con la perdita copiosa di sangue sostenuta dall’accusa, ma semmai con la presenza di una semplice macchiolina di sangue sulle mutandine, riscontrata all’arrivo della madre secondo l’assunto dell’imputata C..

Che poi la bambina possa avere vissuto la disavventura con un misto di patema, di ansia e forse anche di vergogna, così da essere portata a isolarsi, è ipotesi certamente plausibile, ma non significativa di una condizione di effettivo pericolo; e d’altra parte – è sempre il giudice di secondo grado a considerarlo – neppure può essere affermato con certezza che essa abbia seguitato a manifestare uno stato di perdurante malessere, deponendo in senso contrario le deposizioni testimoniali dell’insegnante Fallico e del collaboratore scolastico L..

La motivazione della sentenza impugnata si addentra, altresì, in una valutazione delle dichiarazioni rese dalla teste O., escussa a richiesta delle parti civili, esprimendo conclusivamente un motivato giudizio dl sostanziale sua inattendibilità, sul quale pure non mancano di appuntarsi la critiche del P.G. ricorrente. tuttavia, a ben guardare, non soltanto le argomentazioni addotte nel ricorso a confutazione di tale giudizio sconfinano inammissibilmente nel merito, risolvendosi nella prospettazione di una lettura alternativa del materiale probatorio, ma neppure assumono carattere di decisiva rilevanza nel complessivo giudizio sulla vicenda ai fini della responsabilità penale: giacché la condotta attribuita dalla teste alle insegnanti odierne imputate, per quanto connotata da una tale insensibilità da imporsi come inverosimile alla valutazione della Corte d’Appello, quand’anche accertata non varrebbe comunque a integrare l’elemento oggettivo del reato ex art.591 c.p., nella rilevata carenza – che conclusivamente va ribadita – di una condizione di effettivo pericolo per l’integrità fisica della minore.

Il giudizio di insussistenza del fatto-reato resiste, pertanto, alle critiche mossegli, siccome sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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