Cassazione, sez. VI, 8 giugno 2011, n. 22787 Non prova il dolo la citazione di un prevalente orientamento di legittimità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Rìtenuto in fatto

1. Con sentenza pronunciata il 28 maggio 2005, il Tribunale di Belluno dichiarò T. P. colpevole del reato di maltrattamenti in famiglia verso la sorella e del padre conviventi, nonché del delitto di tentativo di omicidio nei confronti della prima.

2. Su appello dell’imputata e in parziale riforma della sentenza, la Corte d’appello di Venezia ha assolto la P. dal delitto di cui agli artt. 56 e 575 c.p. ritenendo assorbita la connessa aggressione nel delitto di maltrattamenti, per il quale ha ridotto la pena a due anni e sei mesi di reclusione.

3. Ex art. 606 lett. b) ed e) c.p., ricorre per cassazione il difensore dell’imputata, denunciando inosservanza di legge per essere stato ritenuto il delitto di maltrattamenti in famiglia, pur in mancanza dell’abitualità della condotta e in assenza di dolo.

Considerato in diritto

1. Rileva il Collegio che dalle due sentenze di merito, che possono integrarsi tra loro in ordine alla ricostruzione dei fatti contestati ai sensi dell’art. 572 c.p., emerge l’infondatezza delle censure della ricorrente in ordine all’elemento oggettivo del reato, attesa la ricorrenza degli episodi di aggressione morale e fisica in danno dei suoi familiari.

2. Del tutto carente risulta, invece, la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo, apoliticamente affermato con una generica citazione di una massima tratta dalla giurisprudenza di legittimità, senza alcun riferimento allo stato intellettivo e volitivo della P..

3. La sentenza va, perciò, annullata, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Venezia per nuovo giudizio.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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