Cassazione, sez. III, 17 maggio 2011, n. 19330 Edilizia, il rischio demolizione persiste anche se le indicazioni ministeriali vengono rispettate?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 9 ottobre 2010, la Corte d’Appello di Salerno rigettava l’istanza presentata nell’interesse di S.M. e finalizzata ad ottenere la revoca o la sospensione del provvedimento con il quale la Procura Generale della Repubblica presso la Corte medesima ingiungeva la demolizione di opere edilizie abusivamente realizzate.

Avverso tale provvedimento la predetta proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo di ricorso deduceva la violazione del D.L. 269/2003, convertito nella legge 326/03, rilevando di aver presentato regolare domanda di condono edilizio per le opere realizzate, ricadenti in zona non sottoposta a vincolo e che la pendenza del relativo procedimento avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale ad accogliere l’istanza che, invece, era stata rigettata sull’erroneo presupposto della non condonabilità delle opere stante la loro natura non residenziale.

Aggiungeva che tale opzione ermeneutica doveva ritenersi errata in quanto la circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 dicembre 2005 n. 2699 espressamente ammetteva la condonabilità degli interventi aventi destinazione non residenziale.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Occorre preliminarmente ricordare che la giurisprudenza di questa Corte è unanime nel ritenere che l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato non possa essere sospeso se non quando sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione (Sez. III n. 16686, 20 aprile 2009; Sez. III n. 42978, 21 novembre 2007; Sez. III n. 23702, 18 giugno 2007 ed altre precedenti conformi).

La giurisprudenza appena richiamata ha altresì evidenziato che al giudice chiamato a pronunciarsi sulla domanda di sospensione dell’esecuzione per intervenuta presentazione di istanza di condono è richiesto di verificare l’esistenza delle seguenti condizioni: riferibilità della domanda di condono edilizio all’immobile di cui in sentenza; proposizione dell’istanza da parte di soggetto legittimato; procedibilità e proponibilità della domanda, con riferimento alla documentazione richiesta; insussistenza di cause di non condonabilità assoluta dell’opera; eventuale avvenuta emissione di una concessione in sanatoria tacita (per congruità dell’oblazione ed assenza di cause ostative); attuale pendenza dell’istanza di condono; non adozione di un provvedimento da parte della P.A. contrastante con l’ordine di demolizione.

Tra le condizioni richieste rientra dunque, come si è appena visto, la sussistenza dei requisiti di condonabilità delle opere tra i quali figura, inequivocabilmente, la destinazione non residenziale dei manufatti.

Anche sul punto questa Corte si è più volte espressa, chiarendo che l’art. 32 del citato D.L. 269/2003 limita l’applicabilità del condono edilizio, con riferimento alle nuove costruzioni, a quelle aventi destinazione residenziale (Sez. III n. 8067, 27 febbraio 2007; Sez. III n. 21679, 7 maggio 2004; Sez. III n. 14436, 24 marzo 2004; Sez. III n. 3358, 29 gennaio 2004) ciò in quanto l’articolo 32, comma 25, ultimo periodo si riferisce espressamente alle nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.

Va inoltre rilevato come nessuna rilevanza possa assumere il contenuto della circolare menzionata in ricorso.

Sulla natura ed efficacia delle circolari va ricordato che si sono già pronunciate le Sezioni Unite Civili di questa Corte evidenziandone, con riferimento a quelle interpretative in materia tributaria, la natura di atti meramente interni alla pubblica amministrazione che esprimono esclusivamente un parere dell’amministrazione medesima non vincolante per il contribuente, per gli uffici, per la stessa autorità che l’ha emanata e per il giudice (SS. UU. civili n. 23031, 2 novembre 2007).

Osservavano, in particolare, sul punto le SSUU civili che "la circolare emanata nella materia tributaria non vincola il contribuente, che resta pienamente libero di non adottare un comportamento ad essa uniforme, in piena coerenza con la regola che in un sistema tributario basato essenzialmente sull’auto tassazione, la soluzione delle questioni interpretative è affidata (almeno in una prima fase, quella, appunto, della determinazione dell’imposta da corrispondere) direttamente al contribuente. La circolare nemmeno vincola, a ben vedere, gli uffici gerarchicamente sottordinati, ai quali non è vietato di disattenderla (evenienza, questa, che, peraltro, è raro che si verifichi nella pratica), senza che per questo il provvedimento concreto adottato dall’ufficio (atto impositivo, diniego di rimborso, ecc.) possa essere ritenuto illegittimo "per violazione della circolare ": infatti, se la (interpretazione contenuta nella) circolare è errata, l’atto emanato sarà legittimo perché conforme alla legge, se, invece, la (interpretazione contenuta nella) circolare è corretta, l’atto emanato sarà illegittimo per violazione di legge. La circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata… La circolare non vincola, infine… il Giudice tributario (e, a maggior ragione, la Corte di Cassazione) dato che per l’annullamento di un atto impositivo emesso sulla base di una interpretazione data dall’amministrazione e ritenuta non conforme alla legge, non dovrà essere disapplicata la circolare, in quanto l’ordinamento affida esclusivamente al Giudice il compito di interpretare la norma (del resto, al Giudice tributario è attribuita, nella materia tributaria, la giurisdizione esclusiva)"

Tale principio, pienamente condiviso dal Collegio, deve pertanto essere ribadito osservando, anche con riferimento alla fattispecie in esame, che la circolare interpretativa è atto interno alla pubblica amministrazione che si risolve in un mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale, ma anche per gli stessi destinatari poiché non può comunque porsi in contrasto con l’evidenza del dato normativo.

Alla luce delle considerazioni in precedenza svolte appare chiaro che il provvedimento impugnato è del tutto conforme a legge e la infondatezza delle censure mosse in ricorso è di macroscopica evidenza in quanto la Corte territoriale ha correttamente considerato come non suscettibili di condono gli interventi realizzati perché rientranti nel novero delle nuove costruzioni a destinazione non residenziale.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *