Corte Costituzionale, Sentenza n. 227 del 19 – 22 luglio 2011

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 32 del 27-7-2011

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 108, comma
1, 113, 115, commi 1, 2 e 3, 145, comma 11, punto c) e 151 della
legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 21 ottobre 2010, n. 17
(Legge di manutenzione dell’ordinamento regionale 2010), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 22-27
dicembre 2010, depositato in cancelleria il 28 dicembre 2010 ed
iscritto al n. 121 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2011 il Giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la
Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso
notificato il 22-27 dicembre 2010 e depositato il 28 dicembre, ha
proposto questione di legittimita’ costituzionale in via principale
degli articoli 108, comma 1, 113, 115, commi 1, 2 e 3, 145, comma 11,
punto c) e 151 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 21
ottobre 2010, n. 17 (Legge di manutenzione dell’ordinamento regionale
2010), in riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettera
s), della Costituzione; agli artt. 4, 5 e 6 dello Statuto della
Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia); alle direttive 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli
selvatici), 2001/42/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati
piani e programmi sull’ambiente) e 85/337/CEE (Direttiva del
Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati); agli artt. da 13 a 18 e 23,
commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), agli artt. 1, comma 7-bis, 7, 10, 12, 18, comma
4, e 19-bis, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio) e all’art. 2 della legge 6 febbraio 2006, n. 66 (Adesione
della Repubblica italiana all’Accordo sulla conservazione degli
uccelli acquatici migratori dell’Africa – EURASIA).
1.1. – Il ricorrente censura in primo luogo l’art. 108, comma 1,
della leg. reg. n. 17 del 2010, in relazione agli artt. 4, 5 e 6
dello Statuto regionale; all’art. 117, primo e secondo comma, lettera
s), Cost. ed alle direttive 2001/42/CE del 27 giugno 2001 e
85/337/CEE del 27 giugno 1985 e successive modificazioni.
La norma censurata inserisce nella legge regionale 7 settembre
1990, n. 43 (Ordinamento nella Regione Friuli-Venezia Giulia della
valutazione di impatto ambientale), l’art. 5-ter, disponendo che le
domande di concessioni idrauliche di piccola derivazione per la
produzione di energia idroelettrica di potenza media installata fino
a 500 Kw medi, non ricadenti in area SIC e in zone parco, «presentate
antecedentemente al 31 dicembre 1995 e il cui procedimento di
rilascio si sia concluso ovvero sia tuttora pendente, possono essere
reiterate dai richiedenti senza che le stesse siano assoggettate alla
procedura di VIA di cui alla presente legge», alle seguenti
condizioni: «a) compatibilita’ con le previsioni dei vigenti
strumenti urbanistici dei Comuni interessati; b) espletamento
dell’attivita’ istruttoria da parte dei competenti uffici regionali;
c) mantenimento del minimo deflusso vitale di cui al decreto
legislativo n. 152 del 2006».
A giudizio del ricorrente tale previsione si porrebbe in
contrasto con quanto previsto dal d.lgs. n. 152 del 2006, che
nell’allegato IV alla parte II del codice dell’ambiente, al punto 2,
lettera m), prevede espressamente che devono essere sottoposti alla
verifica di assoggettabilita’ anche i progetti relativi ad impianti
di competenza regionale con potenza superiore a 100 KW. La previsione
censurata, invece, integrerebbe un’arbitraria ed ingiustificata
esclusione di tali opere dalla verifica di assoggettabilita’,
sottraendole al giudizio tecnico circa la sussistenza di
significativi impatti ambientali di cui agli artt. da 13 a 18 del
citato d.lgs., integrando quindi un’arbitraria diminuzione di tutela.
Non solo, ma tale disposizione violerebbe la normativa
comunitaria ed in particolare l’art. 3, comma 2, lettera a), della
direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE, e l’allegato II, punto 3
della direttiva 85/337/CEE e successive modificazioni, che
imporrebbero di sottoporre a valutazione ambientale tutti i progetti
del settore energetico, salvo quelli relativi a piccole aree,
compresi gli impianti industriali per la produzione di energia
elettrica.
1.2. – Viene, poi, censurato l’art. 113 della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2010, in riferimento agli artt. 4, 5,
6 dello Statuto regionale, all’art. 117, primo e secondo comma,
lettera s), Cost. ed agli artt. 3, 4 e 5 della direttiva europea
2001/42/CE.
La norma impugnata, nel sostituire l’art. 10 della legge della
Regione Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1990, n. 43 del 1990,
relativo alla presentazione del progetto e dello studio di impatto
ambientale, non prevedrebbe piu’ che al progetto proposto per la
realizzazione di un’opera o di un intervento – da sottoporre a VIA ai
sensi dell’art. 5, comma 2, della legge regionale medesima – sia
allegato anche «l’elenco delle autorizzazioni intese, concessioni,
licenze, pareri, n.o. ed assensi comunque denominati, gia’ acquisiti
o da acquisire ai fini della realizzazione e dell’esercizio
dell’opera o intervento», come invece prescritto dall’art. 23, comma
2, del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione anche agli obblighi di
cui al precedente art. 12.
Tale disciplina comporterebbe un’arbitraria diminuzione di
tutela, per impianti industriali di significativo impatto ambientale,
in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che
riserva allo Stato la tutela dell’ambiente, nonche’ con l’art. 117,
primo comma, Cost. che impone il rispetto della normativa
comunitaria, la quale, con la direttiva 2001/42/CE, demanda agli
Stati l’obbligo di accertare preventivamente se i piani e progetti
del settore energetico possano avere effetti significativi
sull’ambiente (art. 3, commi 2 e 5; art. 4, comma 1; art. 5),
prescrivendo all’uopo precisi «criteri per la determinazione dei
possibili effetti significativi», che necessitano dunque di una
conoscenza di quegli elementi, eliminati nella disposizione impugnata
(all. II della direttiva).
1.3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri censura, ancora,
l’art. 115, commi 1, 2 e 3, della leg. reg. n. 17 del 2010, in
relazione agli artt. 4, 5, 6 dello Statuto regionale; all’art. 117,
primo e secondo comma, lettera s), Cost. ed agli artt. 3, 4 e 5 della
direttiva europea 2001/42/CE.
La norma, sostituendo l’art. 14 della citata leg. reg. n. 43 del
1990, relativo alla pubblicita’ del progetto e dello studio di
impatto ambientale, dispone, fra l’altro, che le pubblicazioni sulla
stampa imposte al soggetto proponente siano effettuate «entro cinque
giorni dal ricevimento della comunicazione di cui all’articolo 10,
comma 2» e che il medesimo soggetto dia notizia dell’avvenuta
pubblicazione alla struttura regionale competente e alle autorita’
interessate. Siffatta disciplina differirebbe da quanto prescritto
dall’art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale,
diversamente dalla normativa impugnata, prevede che la pubblicazione
degli avvisi-stampa avvenga contestualmente alla presentazione
dell’istanza, cui deve essere allegata copia, e non successivamente
entro 5 giorni, e che tutti i termini per l’informazione, la
partecipazione, la valutazione e la decisione decorrano dalla data di
presentazione e non invece da quella di pubblicazione. Una simile
"discrasia temporale", ritardando la partecipazione e decisione
informata del procedimento, renderebbe meno efficiente la tutela
dell’ambiente, in violazione dunque sia degli artt. 4, 5 e 6 dello
Statuto regionale, che non consentirebbero di discostarsi in peius
dalla normativa statale ambientale, sia dell’art. 117, primo e
secondo comma, lettera s), Cost., sia con la piu’ rigorosa normativa
comunitaria, dettata dalla direttiva 2001/42/CE, ritardando una
partecipazione e decisione informata da parte delle Amministrazioni e
dei controinteressati.
1.4. – Il ricorrente assume, inoltre, che l’art. 145, comma 11,
lettera c), della legge regionale in esame, aggiungendo all’art. 3
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6
(Disposizioni per la programmazione faunistica e per l’esercizio
dell’attivita’ venatoria), l’art. 3-bis e disponendo con esso che «le
annotazioni sul tesserino regionale di caccia relative ai capi
abbattuti devono essere compilate al termine della giornata
venatoria», non terrebbe conto della necessita’ di adeguare la
normativa regionale alla legge n. 66 del 2006, finalizzata alla
conservazione degli uccelli acquatici migratori.
Tale accordo, imporrebbe agli Stati contraenti una raccolta di
informazioni sui carnieri effettuati, nel mentre la prevista
annotazione al termine della giornata di caccia comprometterebbe la
possibilita’ di realizzare forme di controllo efficaci da parte degli
organi di vigilanza, in relazione a tutte le specie, anche quelle
stanziali, per le quali esiste un contingentamento giornaliero
stagionale.
La disposizione censurata violerebbe, quindi l’art. 4, primo
comma, dello Statuto, l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e
gli artt. 18, comma 4, 19, comma 2, e 19-bis, comma 3, della legge n.
157 del 1992, che prevedono l’indicazione nel calendario regionale
«del numero massimo dei capi da abbattere in ciascuna giornata di
attivita’ venatoria», da qualificare norme fondamentali delle riforme
economico sociali, oltre che gli obblighi internazionali gia’ citati,
fra i quali la Convenzione di Berna, resa esecutiva in Italia con
legge 5 agosto 1981, n. 503 (Ratifica ed esecuzione della convenzione
relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente
naturale in Europa, con allegati, adottata a Berna il 19 settembre
1979), e comunitari, di cui alle direttive 2009/147/CE del 30
novembre 2009 e 79/409/CEE del 2 aprile 1979 (Direttiva del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici) ed alla Guida
alla disciplina della caccia, redatta dalla Commissione europea nel
2004 e aggiornata nel 2008 (punto 2.4.16).
1.5. – Infine il ricorrente dubita della legittimita’
costituzionale dell’art. 151 della leg. reg. n. 17 del 2010, in
riferimento all’art. 4 dello Statuto regionale; all’art. 117, primo e
secondo comma, Cost.; agli artt. 19 e 19-bis, comma 3, della legge n.
157 del 1992 ed alla normativa comunitaria (art. 9 dir. n.
2009/147/CE e Guida alla disciplina della caccia della Commissione
Europea).
La norma aggiunge, al comma 1-ter dell’articolo 11 della legge
regionale 14 giugno 2007, n. 14 (Legge comunitaria 2006), la seguente
disposizione: «L’Amministrazione regionale, in relazione alla
salvaguardia di urgenti interessi unitari di carattere
sovraprovinciale, puo’ rilasciare direttamente i provvedimenti di
deroga relativi a tali specie per le finalita’ di cui all’articolo 5,
comma 1, lettere a), b), d) ed e), sentite le Province interessate
che forniscono l’assistenza e la collaborazione necessarie».
Siffatta disciplina, escludendo l’obbligo di acquisire il
preventivo parere dell’ISPRA, obbligatoriamente previsto dagli artt.
19, comma 2, e 19-bis, comma 3, della legge n. 157 del 1992, oltre
che dall’art. 9, comma 2, lettera d), della direttiva n. 2009/147/CE
(e della precedente n. 409/1979/CEE) avrebbe violato i limiti posti
dall’art. 4, primo comma, dello Statuto alla competenza legislativa
della Regione in materia di caccia, invadendo la competenza statale
in materia di tutela dell’ambiente, riservata allo Stato dall’art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. e la disciplina comunitaria, il
cui rispetto e’ imposto dall’art. 117, primo comma, Cost.
2. – Si e’ costituita nel giudizio la Regione Friuli-Venezia
Giulia, con atto depositato il 4 febbraio 2011, eccependo per alcune
censure l’inammissibilita’ e deducendo l’infondatezza di altre.
2.1. – Con riferimento all’art. 108, la resistente in primo luogo
assume che la censura sarebbe inammissibile, in quanto la violazione
degli artt. da 13 a 18 del codice dell’ambiente e delle direttive non
risulterebbe indicata nella delibera del Consiglio dei ministri che
ha deciso l’impugnazione.
Ulteriore motivo di inammissibilita’ deriverebbe, poi,
dall’inconferenza del parametro evocato, dal momento che il ricorso
richiama norme sulla verifica di assoggettabilita’, laddove la
disposizione censurata riguarderebbe la VIA.
Analogamente, il richiamo all’art. 3 della direttiva 2001/421CE
non sarebbe pertinente, poiche’ essa sarebbe attinente alla VAS.
Nel merito, poi, la difesa regionale assume che la disciplina
impugnata sarebbe coerente con il codice dell’ambiente di cui al
citato d.lgs. n. 152 del 2006, sia quanto alla verifica di
assoggettabilita’, sia quanto alla VIA poiche’ le condizioni alle
quali e’ subordinata la conclusione senza VIA di procedimenti
risalenti nel tempo «assicurano la compatibilita’ ambientale
dell’intervento, e danno luogo in sostanza ad una valutazione
preventiva operata dallo stesso legislatore».
2.2. – Con riguardo all’art. 113, la censura sarebbe del tutto
infondata per inidoneita’ delle norme statali invocate a fungere da
parametro di legittimita’. In base all’art. 7, comma 7, del d.lgs. n.
152 del 2006, sarebbero infatti le regioni a disciplinare «con
proprie leggi e regolamenti… e) le regole procedurali per il
rilascio dei provvedimenti di VIA ed AlA e dei pareri motivati in
sede di VAS», esercitando la propria competenza nel rispetto dei
principi fondamentali dettati.
A giudizio della resistente, invece, l’art. 23, comma 2, del
citato codice sarebbe «una norma di dettaglio, auto applicativa» ed
esso non potrebbe quindi «fungere da parametro interposto nel
presente giudizio».
Nel merito, poi, la Regione ritiene che le censure mosse
sarebbero il frutto di «una mera interpretazione», in quanto la
mancata riproduzione della norma statale non implicherebbe affatto la
volonta’ di escluderne l’applicazione, che dovrebbe invece ritenersi
dovuta ove la disposizione esprimesse un principio vincolante nei
confronti della Regione.
Inammissibili sarebbero, poi, le altre censure avanzate nel
presente motivo, in quanto fondate su parametri non richiamati nella
delibera del Consiglio dei ministri o su norme non pertinenti, quali
l’art. 12 e l’allegato I del codice dell’ambiente e la direttiva
2001/42/CE, che riguardano la disciplina della VAS.
2.3. – Anche quanto all’art. 115, commi 1, 2 e 3, la Regione
assume in primo luogo che la censura fondata sulla direttiva
2001/42/CE sarebbe inammissibile in quanto essa, oltre ad essere
generica e non richiamata nella delibera del Consiglio dei ministri,
riguarderebbe la VAS e non la VIA.
Nel merito, parimenti si sostiene che gli artt. 23, comma 1, e
24, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, non costituirebbero
espressione di un principio fondamentale invocabile quale parametro
di legittimita’. Il principio espresso dal legislatore statale
consisterebbe piuttosto nella necessita’ di una «pubblicizzazione del
progetto, per consentire la presentazione di osservazioni» e la legge
regionale rispetterebbe un simile principio, differenziandosi da
quella statale solo perche’, in modo del tutto ragionevole,
prevedrebbe una verifica di completezza della documentazione prima
della pubblicazione, evitando adempimenti inutili, possibile fonte di
confusione.
2.4. – Quanto all’art. 145, comma 1, lettera c), la resistente ne
deduce l’inammissibilita’, poiche’ il ricorrente non avrebbe indicato
quale specifica disposizione dell’Accordo sarebbe violata.
Sarebbe poi del tutto arbitrario il richiamo a specifiche
disposizioni della legge statale n. 157 del 1992 sulla caccia (art.
18, comma 4; art. 19, comma 2, e art. 19-bis, comma 3), in quanto
tali norme non si occuperebbero affatto di disciplinare le modalita’
di compilazione del tesserino di caccia. Tale assunto sarebbe del
resto confermato dalla sentenza di questa Corte n. 332 del 2006 che,
in un caso analogo, definisce questi aspetti della materia, come
«strettamente attinenti all’attivita’ venatoria, espressione della
potesta’ legislativa residuale della regione».
Inoltre, sarebbero del tutto inammissibili le censure relative a
presunte violazioni di obblighi internazionali e comunitari in quanto
prive di supporto argomentativo.
2.5. – Infine, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con riferimento
alla censura relativa all’art. 151 ed alla mancata previsione del
preventivo parere dell’ISPRA, assume che essa sarebbe frutto di un
equivoco. Il ricorrente, infatti, interpreterebbe tale norma come
elusiva del prescritto parere, laddove sarebbe pacifico che anche
nell’ipotesi di cui alla disposizione censurata troverebbe piena
applicazione l’art. 6, comma 7, della medesima leg. reg. n. 14 del
2007 il quale – nel disciplinare la procedura di deroga – prevede che
«l’Amministrazione regionale verifica l’esistenza delle condizioni
generali per l’esercizio delle deroghe e rilascia i provvedimenti di
deroga, previo parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica
(INFS)».
La disposizione censurata non disciplinerebbe il procedimento, ma
si limiterebbe piuttosto ad attribuire la competenza al livello
regionale anziche’ a quello provinciale. Tale intervento, del resto,
sarebbe stato stimolato da un’epidemia di rabbia che ha interessato
il territorio regionale a partire dall’anno 2009, e sarebbe stato
finalizzato ad evitare, come accaduto in passato, che plurimi
provvedimenti di deroga adottati su base provinciale potessero
generare «un imperfetto coordinamento dei tempi e modi di
effettuazione dei prelievi in deroga fra le varie Province».
3. – In data 31 maggio 2011 l’Avvocatura dello Stato ha
depositato una memoria, nella quale ha in primo luogo contestato le
eccezioni di inammissibilita’ della difesa regionale, sostenendo che
quanto affermato in via preliminare nel ricorso circa la competenza
statale in materia di ambiente sarebbe in grado di elidere ogni
dubbio al riguardo.
Sulle singole questioni sono, poi, sviluppate argomentazioni
varie, che in larga parte ripercorrono il tenore del ricorso, sia
quanto alla sottrazione dei rinnovi di piccola derivazione alla
procedura di VIA, sia quanto alla documentazione da allegare alla
presentazione del progetto ed alla pubblicazione degli avvisi stampa.
Inoltre, la difesa dello Stato ribadisce che l’annotazione nel
tesserino venatorio a fine giornata impedirebbe efficaci controlli
sui capi abbattuti, consentendo al cacciatore di eludere gli obblighi
imposti al riguardo. Da ultimo, quanto alla mancata previsione del
parere dell’ISPRA per le deroghe alla disciplina del prelievo
venatorio, l’Avvocatura osserva che la diversa interpretazione
sostenuta dalla Regione necessiterebbe comunque dell’autorevole
avallo della Corte.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della
legittimita’ costituzionale degli articoli 108, comma 1, 113, 115,
commi 1, 2 e 3, 145, comma 11, punto c) e 151 della legge della
Regione Friuli-Venezia Giulia del 21 ottobre 2010, n. 17 (Legge di
manutenzione dell’ordinamento regionale 2010), per contrasto con
l’art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione;
con gli artt. 4, 5 e 6 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia
Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), con le
direttive 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici, 2001/42/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli
effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente e 85/337/CEE
del Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati; con gli artt. da 13 a 18 e
23, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in materia ambientale), con gli artt. 1, comma 7-bis, 7, 10, 12, 18,
comma 4, e 19-bis, comma 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157
(Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio) e l’art. 2 della legge 6 febbraio 2006, n. 66
(Adesione della Repubblica italiana all’Accordo sulla conservazione
degli uccelli acquatici migratori dell’Africa – EURASIA).
2. – In via preliminare, rispetto all’esame nel merito delle
singole censure, occorre ribadire la consolidata giurisprudenza di
questa Corte, secondo la quale la questione di legittimita’
costituzionale e’ inammissibile, allorche’ sia omesso qualsiasi
accenno alla stessa nella delibera di impugnazione e nell’allegata
relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni, dovendo in
questo caso «escludersi la volonta’ dello Stato ricorrente di
promuoverle» (ex pluribus, sentenze n. 365 e n. 275 del 2007).
Nel caso in esame, dalla delibera del Consiglio dei ministri di
autorizzazione all’impugnazione risulta evidente come i motivi di
impugnazione relativi agli artt. 108, comma 1, 113; 115, commi 1, 2 e
3 e 151, della leg. reg. n. 17 del 21 ottobre 2010, siano diretti a
denunziare esclusivamente il contrasto di tali disposizioni con leggi
statali, senza alcun accenno a violazioni di norme comunitarie ovvero
di parametri costituzionali riferibili a queste ultime.
Conseguentemente, devono essere dichiarate inammissibili le
censure sollevate con riferimento a tali disposizioni e, in specie,
con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. ed alle citate
direttive europee n. 2001/42/CE e n. 85/337/CEE.
3. – Cio’ posto, possono essere scrutinate le restanti censure,
secondo l’ordine ad esse attribuito dal ricorrente.
4. – Il Presidente del Consiglio dei ministri assume, in primo
luogo, che l’art. 108, comma 1 della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2010, disponendo che le domande di
concessioni idraulica di piccola derivazione per la produzione di
energia idroelettrica di potenza media installata fino a 500 Kw medi,
non ricadenti in area SIC e in zone parco, «presentate
antecedentemente al 31 dicembre 1995 e il cui procedimento di
rilascio si sia concluso ovvero sia tuttora pendente, possono essere
reiterate dai richiedenti senza che le stesse siano assoggettate alla
procedura di VIA di cui alla presente legge», violerebbe, fra
l’altro, l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e gli artt. 4,
5 e 6 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia. Tale
disciplina si porrebbe in contrasto con quanto previsto dal d.lgs. n.
152 del 2006, che nell’allegato IV alla parte II, al punto 2, lettera
m), prevede espressamente che devono essere sottoposti alla verifica
di assoggettabilita’ i progetti relativi ad impianti di competenza
regionale con potenza superiore a 100 KW, sottraendo tali opere al
giudizio tecnico circa la sussistenza di significativi impatti
ambientali di cui agli artt. da 13 a 18 del citato codice
dell’ambiente.
4.1. – La questione non e’ fondata.
4.2. – La disposizione impugnata consente che le domande di
concessione idraulica di piccola derivazione per la produzione di
energia idroelettrica fino a 500 Kw, presentate antecedentemente al
31 dicembre 1995, possano, alle condizioni indicate, essere reiterate
dai richiedenti senza che le stesse siano assoggettate alla procedura
di VIA.
A giudizio del ricorrente, tuttavia, tale disciplina sarebbe in
contrasto con gli artt. da 13 a 18 del d.lgs. n. 152 del 2006 e con
il punto 2 dell’allegato IV alla parte II, i quali si riferiscono
alla verifica di assoggettabilita’ e alla disciplina della VAS.
Risulta evidente quindi come, sia nell’indicazione dei parametri, sia
nella descrizione della disciplina statale, la difesa dello Stato si
sia riferita al diverso procedimento della VAS e non a quello, che
avrebbe potuto essere coinvolto, della VIA. Del resto, la VIA e’
istituto che si differenzia dalla VAS non solo normativamente, ma
anche concettualmente, avendo ad oggetto, la prima, la valutazione
degli impatti generati da opere specifiche, la seconda, gli effetti
indotti sull’ambiente dall’attuazione delle previsioni contenute in
determinati strumenti di pianificazione e programmazione. A conferma
di tale conclusione, ovvero che la difesa dello Stato abbia inteso
riferirsi proprio alla verifica di assoggettabilita’ a VAS, depone il
fatto che pure la disciplina comunitaria indicata in ricorso
(Direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE), sia pure non evocata dalla
delibera di impugnazione, riguarda anch’essa non la VIA, ma la VAS,
essendo dedicata alla «valutazione degli effetti di determinati piani
e programmi sull’ambiente».
Pertanto e’ palese l’inconferenza delle norme statali evocate,
con conseguente infondatezza delle censure.
5. – Riguardo all’art. 113 della legge regionale n. 17 del 2010,
il ricorrente assume che tale norma, la quale sostituisce l’art. 10
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1990, n.
43 (Ordinamento nella Regione Friuli-Venezia Giulia della valutazione
di impatto ambientale), relativo alla presentazione del progetto e
dello studio di impatto ambientale, non prevedendo che al progetto
proposto per la realizzazione di un’opera o di un intervento – da
sottoporre a VIA ai sensi dell’art. 5, comma 2 della leg. reg. – sia
allegato anche «l’elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni,
licenze, pareri, n.o. ed assensi comunque denominati, gia’ acquisiti
o da acquisire ai fini della realizzazione e dell’esercizio
dell’opera o intervento», violerebbe l’art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost. e gli artt. 4, 5 e 6 dello Statuto della Regione
Friuli-Venezia Giulia, ponendosi in contrasto con quanto previsto dal
d.lgs. n. 152 del 2006, che all’art. 23, comma 2, in relazione anche
agli obblighi di cui al precedente art. 12, prevede che tale
documentazione debba essere allegata.
5.1. – La questione e’ fondata.
5.2. – La disposizione in esame prevede che il soggetto
proponente presenti alla struttura regionale competente in materia di
VIA il progetto definitivo e lo studio di impatto ambientale redatto
conformemente all’art. 11, senza tuttavia prevedere, come imposto
dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, che all’istanza
sia «altresi’ allegato l’elenco delle autorizzazioni, intese,
concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque
denominati, gia’ acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione
e dell’esercizio dell’opera o intervento».
In proposito la Corte ha precisato piu’ volte che la normativa
sulla valutazione d’impatto ambientale attiene a procedure che
accertano in concreto e preventivamente la «sostenibilita’
ambientale» e rientrano nella materia della tutela dell’ambiente,
sicche’, «seppure possono essere presenti ambiti materiali di
spettanza regionale […] deve ritenersi prevalente, in ragione della
precipua funzione cui assolve il procedimento in esame, il citato
titolo di legittimazione statale» (sentenza n. 186 del 2010, n. 234
del 2009). Le Regioni sono dunque tenute, per un verso, a rispettare
i livelli uniformi di tutela apprestati in materia; per l’altro, a
mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati
dal c.d. codice dell’ambiente di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, nella
specie, quanto al procedimento di VIA, con riferimento al citato art.
23, comma 2.
Conseguentemente la disposizione censurata risulta adottata in
violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e dello
Statuto speciale, trattandosi della disciplina di un procedimento che
incide sulla materia «tutela dell’ambiente», di competenza esclusiva
statale, non compresa tra le materie specificamente enumerate dallo
Statuto speciale come di competenza regionale.
6. – Il ricorrente deduce, altresi’, che l’art. 115, commi 1, 2 e
3 della leg. reg. n. 17 del 2010, sostituendo l’art. 14 della leg.
reg. n. 43 del 1990, relativo alla pubblicita’ del progetto e dello
studio di impatto ambientale, disponendo, fra l’altro, che le
pubblicazioni sulla stampa imposte al soggetto proponente siano
effettuate «entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione
di cui all’articolo 10, comma 2» e che il medesimo soggetto dia
notizia dell’avvenuta pubblicazione alla struttura regionale
competente e alle autorita’ interessate, si porrebbe in contrasto con
l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e gli artt. 4, 5 e 6
dello Statuto della Regione, disponendo difformemente da quanto
prescritto dall’art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, il
quale prevede che la pubblicazione degli avvisi stampa avvenga
contestualmente alla presentazione dell’istanza, alla quale deve
essere allegata copia.
6.1. – La questione e’ fondata.
6.2. – La norma censurata dispone che il proponente del progetto
e dello studio di impatto ambientale «entro cinque giorni dal
ricevimento della comunicazione di cui all’articolo 10, comma 2,
….fa[ccia] pubblicare sul quotidiano locale maggiormente diffuso
nell’ambito provinciale interessato, l’annuncio dell’avvenuta
presentazione …»; dia «notizia dell’avvenuta pubblicazione ai sensi
del comma 1 alla struttura regionale competente e alle autorita’
interessate » e che «contestualmente alla pubblicazione di cui al
comma 1, la documentazione presentata [sia] messa a disposizione del
pubblico, anche mediante pubblicazione nel sito web della Regione
…, per un periodo di sessanta giorni, affinche’ chiunque ne possa
prendere visione».
Una simile disciplina e’ difforme da quella stabilita dall’art.
23, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale impone, invece, che
all’istanza presentata sia allegata copia dell’avviso a mezzo stampa.
Tale difformita’, non determinando una miglior tutela ambientale, ed
anzi ritardando la pubblica conoscenza del procedimento iniziato, e’
suscettibile di ritardare per cio’ stesso la possibilita’ di
partecipazione e decisione informata del procedimento medesimo e,
quindi, di tutelare con minore efficacia il bene dell’ecosistema, a
presidio del quale il legislatore statale, nell’ambito della propria
competenza, ha dettato la menzionata disciplina.
7. – Viene poi sottoposto a giudizio di legittimita’
costituzionale l’art. 145, comma 11, lettera c), della piu’ volte
citata leg. reg. n. 17 del 2010, il quale dispone che le annotazioni
sul tesserino regionale di caccia relative ai capi abbattuti debbano
essere compilate «al termine della giornata venatoria». Secondo il
ricorrente, detta disposizione, non consentendo i necessari controlli
«durante l’azione di caccia», violerebbe l’art. 4, primo comma, dello
Statuto e l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ponendosi in
contrasto con gli artt. 18, comma 4, 19, comma 2, e 19-bis, comma 3,
della legge n. 157 del 1992, che prevedono l’indicazione nel
calendario regionale «del numero massimo dei capi da abbattere in
ciascuna giornata di attivita’ venatoria», i quali costituiscono
norme fondamentali delle riforme economico sociali.
7.1. – Inoltre, siffatta norma violerebbe pure l’art. 117, primo
comma, Cost., per difformita’ dalla legge n. 66 del 2006, con la
quale la Repubblica italiana ha formalmente aderito all’accordo
internazionale denominato AEWA (African-Eurasian Waterbird Agreement)
finalizzato alla conservazione degli uccelli acquatici migratori, e
gli obblighi internazionali, fra i quali quelli derivanti dalla
Convenzione di Berna, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503
(Ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla conservazione
della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, con
allegati, adottata a Berna il 19 settembre 1979), e comunitari, di
cui alle direttive 2009/147/CE del 30 novembre 2009 e 79/409/CEE del
2 aprile 1979 (Direttiva del Consiglio concernente la conservazione
degli uccelli selvatici) nonche’ la Guida alla disciplina della
caccia, redatta dalla Commissione europea nel 2004 e aggiornata nel
2008 (punto 2.4.16).
7.2. – La questione non e’ fondata per quanto attiene al primo
profilo.
7.3. – L’argomentazione sottesa alla censura, secondo cui tale
disposizione contrasterebbe con l’obbligo di indicare il numero
massimo dei capi da abbattere e con la necessita’ dei conseguenti
controlli, non evidenzia una difformita’ della disciplina tale da
integrare il vizio prospettato. Infatti, la necessita’ che a fine
giornata il cacciatore debba indicare il numero di capi abbattuti non
puo’ essere ritenuta previsione che impedisca, da un lato, il
rispetto del limite dei capi da abbattere, dall’altro, lo svolgimento
di efficaci controlli. Va in proposito ricordato quanto affermato da
questa Corte, con la sentenza n. 332 del 2006, che cioe’ il
legislatore statale si e’ limitato ad indicare all’art. 12, comma 12,
della legge n. 157 del 1992, la necessita’, ai fini dell’esercizio
dell’attivita’ venatoria, del possesso di un apposito tesserino
rilasciato dalla Regione di residenza, nel quale sono indicate le
specifiche norme inerenti al calendario regionale, nonche’ le forme e
gli ambiti territoriali di caccia ove e’ consentita l’attivita’
venatoria, senza dettare alcuna prescrizione sulle modalita’
dell’annotazione del capo abbattuto. La norma regionale, pertanto, si
limita «a disciplinare aspetti strettamente attinenti all’attivita’
venatoria, espressione della potesta’ legislativa residuale della
regione».
7.4. – La censura riferita all’art. 117, primo comma, Cost., e’
inammissibile.
Il ricorrente, infatti, si limita genericamente ad indicare una
serie di fonti internazionali e comunitarie, senza specificare ne’ le
disposizioni che in particolare sarebbero violate, ne’ in quale modo
la necessita’ di efficaci controlli sul rispetto di esse sarebbe
inficiata dalla disposizione impugnata. Pertanto, poiche’ «nel
giudizio di legittimita’ costituzionale in via principale l’esigenza
di una adeguata motivazione dell’impugnazione si pone in termini
anche piu’ pregnanti che in quello in via incidentale» (ex plurimis:
sentenza n. 88 del 2011), al difetto di una precisa indicazione delle
norme internazionali che si assumono violate, consegue
necessariamente una pronuncia di inammissibilita’ (sentenza n. 32 del
2011, nonche’, sentenze n. 251 del 2009; n. 250 del 2009; n. 232 del
2009; n. 38 del 2007).
8. – Infine, il ricorrente ha censurato l’articolo 151 della
legge regionale in esame, in quanto tale norma, disponendo che
l’Amministrazione regionale, in relazione alla salvaguardia di
urgenti interessi unitari di carattere sovraprovinciale, possa
rilasciare direttamente i provvedimenti di deroga relativi a tali
specie per le finalita’ di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a),
b), d) ed e), ed escludendo l’obbligo di acquisire il preventivo
parere dell’ISPRA, violerebbe l’art. 4, primo comma, dello Statuto e
l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ponendosi in contrasto
con gli artt. 19, comma 2, e 19-bis, comma 3, della legge n. 157 del
1992, che prevedono invece come obbligatorio siffatto parere.
8.1. – La questione non e’ fondata.
8.2. – Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma
in questione, nel disciplinare il procedimento per il rilascio da
parte dell’amministrazione regionale dei provvedimenti di deroga
relativi alla cacciabilita’ di cinghiali, volpi e corvidi compresi
nell’elenco di cui all’art. 3 della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 17 luglio 1996, n. 24 (Norme in materia di
specie cacciabili e periodi di attivita’ venatoria ed ulteriori norme
modificative ed integrative in materia venatoria e di pesca di
mestiere), non prevedrebbe il necessario parere dell’ISPRA.
Tuttavia, la norma in questione, che modifica l’art. 11 della
leg. reg. n. 14 del 2007, si limita a dettare le condizioni in base
alle quali tali provvedimenti possono essere adottati non su base
provinciale, ma su base regionale. Non puo’, infatti, ritenersi che
la disposizione in esame sia sufficiente a sottrarre tale procedura
al rispetto dell’art. 6, comma 7, pure contenuto nella legge
regionale 14 del 2007, che – nel disciplinare la procedura di deroga
– prevede che «l’Amministrazione regionale verifica l’esistenza delle
condizioni generali per l’esercizio delle deroghe e rilascia i
provvedimenti di deroga, previo parere dell’Istituto nazionale per la
fauna selvatica (INFS)» (oggi ISPRA).

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 113 e
dell’articolo 115, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 21 ottobre 2010, n. 17 (Legge di manutenzione
dell’ordinamento regionale 2010);
dichiara inammissibili le questioni di legittimita’
costituzionale degli articoli 108, comma 1, 113; 115, commi 1, 2 e 3
e 151, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 17 del
2010, proposte in relazione all’art. 117, primo comma, della
Costituzione ed alle direttive 2001/42/CE del 27 giugno 2001
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la
valutazione degli effetti di determinati piani e programmi
sull’ambiente) e 85/337/CEE del 27 giugno 1985 (Direttiva del
Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati);
dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 145, comma 11, lettera c), della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2010, proposta in
relazione all’art. 117, primo comma, della Costituzione ed alla
Convenzione di Berna, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503
(Ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla conservazione
della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, con
allegati, adottata a Berna il 19 settembre 1979), nonche’ alle
direttive 2009/147/CE del 30 novembre 2009 (Direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli
selvatici) e 79/409/CEE del 2 aprile 1979 (Direttiva del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici);
dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 145, comma 11, lettera c), della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2010, sollevata in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione ed
all’art. 4, primo comma, dello Statuto della Regione Friuli-Venezia
Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);
dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 151, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n.
17 del 2010, sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione ed all’art. 4, primo comma, dello
Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge
costituzionale n. 1 del 1963.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 2011.

Il Presidente: Quaranta

Il redattore: Tesauro

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria il 22 luglio 2011.

Il direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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