Corte Costituzionale, Sentenza n. 232 del 2011, in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 32 del 27-7-2011

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 43 del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,
promosso con ricorso della Regione Puglia notificato il 28 settembre
2010, depositato in cancelleria il 7 ottobre 2010 ed iscritto al n.
107 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2011 il Giudice
relatore Paolo Grossi;
uditi l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Puglia e
l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 28 settembre 2010 e depositato il
successivo 7 ottobre, la Regione Puglia, in persona del Presidente
pro tempore della Giunta regionale, ha impugnato numerose
disposizioni del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti
in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’
economica), come convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122, tra le quali l’articolo 43, che prevede (al comma 1) la
istituzione, «nel Meridione d’Italia», di «zone a burocrazia zero»,
mediante l’emanazione (comma 2) di un «decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e
delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno». La
disposizione in questione stabilisce (sempre al comma 2) che in tali
zone, una volta istituite, le «nuove iniziative produttive» godano di
alcuni vantaggi, prevedendo in particolare (nella lettera a) che «nei
riguardi delle predette nuove iniziative i provvedimenti conclusivi
dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura ed oggetto
avviati su istanza di parte, fatta eccezione per quelli di natura
tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumita’ pubblica, sono
adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo che vi
provvede, ove occorrente, previe apposite conferenze di servizi ai
sensi della legge n. 241 del 1990; i provvedimenti conclusivi di tali
procedimenti si intendono senz’altro positivamente adottati entro 30
giorni dall’avvio del procedimento se un provvedimento espresso non
e’ adottato entro tale termine. Per i procedimenti amministrativi
avviati d’ufficio, fatta eccezione per quelli di natura tributaria,
di pubblica sicurezza e di incolumita’ pubblica, le amministrazioni
che li promuovono e li istruiscono trasmettono, al Commissario di
Governo, i dati e i documenti occorrenti per l’adozione dei relativi
provvedimenti conclusivi. Le disposizioni di cui al presente comma
non si applicano agli atti riguardanti la pubblica sicurezza e
l’incolumita’ pubblica;».
In primo luogo, la Regione rileva che la disposizione impugnata –
avendo un ambito di applicazione generalizzato, non limitato a
particolari settori materiali – appare destinata ad avere vigore in
tutti i procedimenti amministrativi ad istanza di parte concernenti
le «nuove iniziative produttive», a prescindere dalla materia nel cui
contesto incidono tali procedimenti; pertanto, secondo la ricorrente,
nella parte in cui coinvolge anche procedimenti destinati ad
esplicarsi in ambiti materiali di competenza regionale concorrente o
residuale, essa viola rispettivamente i commi terzo e quarto
dell’art. 117 della Costituzione. Escluso che la disciplina in
questione riguardi la materia della determinazione dei livelli
essenziali dei diritti civili e sociali, la Regione Ritiene che essa
rientri piuttosto nel paradigma dell’art. 118, secondo comma, Cost.,
il quale prevede che ad allocare le funzioni amministrative debba
essere il legislatore statale nelle materie di propria competenza, ed
il legislatore regionale nelle altre materie.
E, d’altra parte, la ricorrente – poiche’ lo Stato puo’ allocare
funzioni amministrative nelle materie di cui ai commi terzo e quarto
dell’art. 117 della Costituzione, avocandole a se stesso, in virtu’
dell’art. 118, primo comma, Cost., ma solo ove ricorrano i
presupposti della c.d. «chiamata in sussidiarieta’», nel caso in cui
il livello regionale sia inadeguato allo svolgimento della specifica
funzione amministrativa considerata – rileva che nella specie tale
condizione non ricorre, in quanto la norma prevede una attribuzione
generalizzata ed astratta ad un organo statale di un insieme
indifferenziato di funzioni, individuate in modo del tutto generico e
caratterizzate anche da una notevole eterogeneita’ dell’una rispetto
all’altra. Tale attribuzione, inoltre, prescinde da quella
valutazione di adeguatezza-inadeguatezza del livello territoriale di
governo coinvolto (invece necessaria per verificare l’effettiva
sussistenza in concreto delle esigenze di esercizio unitario), che
giustifica l’avocazione in capo al livello statale e che va condotta
in riferimento alle singole funzioni coinvolte ed alle loro peculiari
caratteristiche.
Pertanto, secondo la ricorrente, la normativa impugnata – nella
parte in cui e’ destinata ad applicarsi anche ai procedimenti
amministrativi che si svolgono entro l’ambito delle materie di
competenza regionale concorrente e residuale – contrasta non solo con
l’art. 117, secondo e terzo [recte: terzo e quarto] comma, Cost., ma
anche con l’art. 118, secondo comma, Cost., il quale vincola la
possibilita’ di allocare funzioni amministrative alla titolarita’
della competenza legislativa nella materia in cui esse sono destinate
a svolgersi.
Ove, peraltro, si ritenesse esistente un titolo di legittimazione
della competenza legislativa statale, per la ricorrente la norma
impugnata sarebbe comunque costituzionalmente illegittima perche’ in
contrasto con i principi di sussidiarieta’, differenziazione ed
adeguatezza, ai quali l’art. 118, primo comma, Cost., impone di
adeguarsi nella allocazione di funzioni amministrative; laddove il
legislatore statale ha compiuto una valutazione di inadeguatezza di
tutti i livelli amministrativi regionali e locali del Meridione
d’Italia del tutto presuntiva e aprioristica, palesemente sganciata
dalla considerazione delle singole funzioni che concretamente vengono
in gioco in relazione alle «nuove iniziative produttive».
In via subordinata, la Regione – rilevato che l’istituzione in
concreto di una «zona a burocrazia zero» potrebbe trovare
legittimazione solo ed esclusivamente nella «chiamata in
sussidiarieta’» di tale funzione al livello statale, con il
necessario coinvolgimento di tipo codecisionale della Regione
territorialmente interessata – impugna il comma 2 dell’art. 43, per
violazione degli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma,
Cost., nella parte in cui, nel disciplinare la procedura di
istituzione delle «zone a burocrazia zero» (affidata ad un semplice
«decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
dell’interno») non prevede l’intesa con la Regione interessata, per
l’ipotesi in cui risultino coinvolti procedimenti amministrativi che
si svolgono nelle materie di competenza regionale concorrente e
residuale.
2. – Si e’ costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
eccependo in termini generali la tardivita’ del ricorso proposto
contro disposizioni del decreto-legge non modificate dalla legge di
conversione, e chiedendo nello specifico la declaratoria di non
fondatezza della proposta questione, poiche’ le censure non tengono
conto del fatto che la norma impugnata e’ diretta ad assicurare
effettivita’ al diritto di liberta’ di iniziativa economica di
rilievo costituzionale (art. 41 Cost.), che giustifica da se’ la
disposta semplificazione procedurale. Secondo l’Avvocatura, la
disposizione in esame attiene ai livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale, ex art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost., attraverso una previsione di semplificazione
amministrativa, rispettosa del principio di sussidiarieta’, che passa
per la conferenza di servizi, la introduzione del silenzio-assenso,
la conclusione da parte di un commissario ad hoc.
Peraltro, l’Avvocatura sostiene che la previsione normativa in
esame rientra nell’ambito dei poteri statali di coordinamento della
finanza pubblica in quanto diretta a favorire la ripresa e lo
sviluppo del sistema produttivo, nell’ottica di una maggiore
competitivita’ delle imprese. E cio’, tanto piu’ in quanto la
disposizione impugnata (al pari delle altre contenute nella legge de
qua) fa parte di una manovra complessiva di riequilibrio e
contenimento finanziario di tutela del bilancio dello Stato e di
supporto all’economia del Paese, nel contesto di una grave situazione
di crisi internazionale, in cui deve riconoscersi allo Stato medesimo
l’esercizio di una potesta’ legislativa primigenia, fondata sui
principi fondamentali di unita’ (art. 5 Cost.), di solidarieta’
politica economica e sociale (art. 2 Cost.) di sussidiarieta’ (art.
118 Cost.) e di responsabilita’ a tutela dell’unita’ economica della
Nazione (art. 120 Cost.).
3. – Nell’imminenza dell’udienza, entrambe le parti hanno
depositato memorie nelle quali ribadiscono le rispettive
argomentazioni e conclusioni. In particolare, la Regione Puglia
deduce l’estraneita’, rispetto alla specifica normativa censurata,
dei titoli di legittimazione esclusiva statale e concorrente evocati
dall’Avvocatura dello Stato a sostegno della non fondatezza della
questione.

Considerato in diritto

1. – La Regione Puglia, con il ricorso in epigrafe, impugna
numerose disposizioni del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’
economica), come convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122.
Tra queste disposizioni, la ricorrente censura l’articolo 43 che
prevede la istituzione, «nel Meridione d’Italia» di «zone a
burocrazia zero» (comma 1), mediante l’emanazione di un «decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
dell’interno» (comma 2); e stabilisce che, in tali zone, una volta
istituite, le «nuove iniziative produttive» godano di alcuni
vantaggi, prevedendo, in particolare, che «nei riguardi delle
predette nuove iniziative i provvedimenti conclusivi dei procedimenti
amministrativi di qualsiasi natura ed oggetto avviati su istanza di
parte, fatta eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica
sicurezza e di incolumita’ pubblica, sono adottati in via esclusiva
da un Commissario di Governo che vi provvede, ove occorrente, previe
apposite conferenze di servizi ai sensi della legge n. 241 del 1990;
i provvedimenti conclusivi di tali procedimenti si intendono
senz’altro positivamente adottati entro 30 giorni dall’avvio del
procedimento se un provvedimento espresso non e’ adottato entro tale
termine. Per i procedimenti amministrativi avviati d’ufficio, fatta
eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di
incolumita’ pubblica, le amministrazioni che li promuovono e li
istruiscono trasmettono, al Commissario di Governo, i dati e i
documenti occorrenti per l’adozione dei relativi provvedimenti
conclusivi. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano
agli atti riguardanti la pubblica sicurezza e l’incolumita’
pubblica;» (lettera a del comma 2).
2. – La trattazione della questione di legittimita’
costituzionale relativa a tale disposizione viene qui separata da
quella delle altre questioni, promosse dalla Regione Puglia con il
medesimo ricorso, per le quali e’ opportuno procedere ad un esame
distinto.
3. – Nell’esordio della memoria di costituzione, l’Avvocatura
generale dello Stato eccepisce, in termini generali e pregiudiziali,
la tardivita’ del ricorso, in quanto proposto avverso norme del
decreto-legge non modificate in sede di conversione e quindi
immediatamente lesive. L’eccezione non puo’ essere condivisa,
giacche’ – indipendentemente dalla circostanza che nella specie la
legge di conversione ha modificato la lettera a) del censurato art.
43, comma 2 -, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte,
la Regione che ritenga lese le proprie competenze da norme contenute
in un decreto-legge puo’ sollevare la relativa questione di
legittimita’ costituzionale anche in relazione a questo atto, con
effetto estensivo alla legge di conversione, ovvero puo’ riservare
l’impugnazione a dopo l’entrata in vigore di quest’ultima (sentenze
n. 430 del 2007, n. 383 e n. 62 del 2005; n. 287 e n. 272 del 2004),
poiche’ «soltanto a partire da tale momento il quadro normativo
assume un connotato di stabilita’ e l’iniziativa d’investire la Corte
non rischia di essere vanificata dall’eventualita’ di una mancata
conversione» (sentenza n. 25 del 1996).
4. – La Regione ricorrente Ritiene che l’impugnata disposizione
si ponga in contrasto con l’articolo 117, secondo e terzo [recte:
terzo e quarto] comma, e con l’art. 118, secondo comma, della
Costituzione (che vincola la possibilita’ di allocare funzioni
amministrative alla titolarita’ della competenza legislativa nella
materia in cui esse sono destinate a svolgersi), nella parte in cui
e’ destinata ad applicarsi anche ai procedimenti amministrativi che
si svolgono entro l’ambito delle materie di competenza regionale
concorrente e residuale; ovvero con l’art. 118, primo comma, Cost.,
perche’ lesiva dei principi di sussidiarieta’, differenziazione ed
adeguatezza, in quanto il legislatore statale ha compiuto una
valutazione di inadeguatezza di tutti i livelli amministrativi
regionali e locali del Meridione d’Italia del tutto presuntiva e
aprioristica, palesemente sganciata dalla considerazione delle
singole funzioni che concretamente vengono in gioco in relazione alle
«nuove iniziative produttive».
In via subordinata, la ricorrente censura l’art. 43, comma 2, del
decreto-legge n. 78 del 2010, come convertito dalla legge n. 122 del
2010, nella parte in cui disciplina il procedimento di istituzione
delle «zone a burocrazia zero», affidandolo ad un «decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
dell’interno», per violazione dell’art. 117, terzo e quarto comma, e
dell’art. 118, primo comma, Cost., in quanto – poiche’ l’istituzione
in concreto di una «zona a burocrazia zero» potrebbe trovare
legittimazione solo ed esclusivamente nella «chiamata in
sussidiarieta’» di tale funzione al livello statale, con il
necessario coinvolgimento di tipo codecisionale della Regione
territorialmente interessata – non prevede l’intesa con la Regione
interessata, per l’ipotesi in cui risultino coinvolti procedimenti
amministrativi che si svolgono nelle materie di competenza regionale
concorrente e residuale.
5.1. – La questione e’ fondata nei termini che seguono.
5.2. – Preliminarmente, non puo’ essere condivisa la tesi
difensiva del Presidente del Consiglio dei ministri che riconduce la
norma censurata (per vero, in modo sommario, generico ed apodittico)
nell’ambito della competenza esclusiva statale in materia di
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale, ovvero – in via subordinata – di quella
concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica.
E’ sufficiente ribadire che il titolo di legittimazione di cui
all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., non puo’ essere
invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la
normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione
(sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei
relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi
diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il
soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla
Costituzione stessa (da ultimo, sentenze n. 92 e n. 8 del 2011).
Poiche’ tale competenza esclusiva, per sua natura trasversale,
consente allo Stato una forte restrizione dell’autonomia legislativa
delle Regioni allo scopo appunto di assicurare un livello uniforme di
godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione
stessa (sentenza n. 387 del 2007), ad essa evidentemente non puo’
farsi riferimento rispetto ad una scelta legislativa che, prevedendo
la possibilita’ di istituzione di zone a burocrazia zero solo in
talune parti del territorio statale (il Meridione d’Italia), tende
viceversa ad avvantaggiare, rispetto alla generalita’ degli utenti
che intendono intraprendere nuove iniziative produttive, quelli che
agiscono nelle suddette zone.
Quanto, invece, al richiamo alla competenza concorrente in
materia di coordinamento della finanza pubblica, ex art. 117, terzo
comma, Cost., e’ chiaro che la disposizione censurata (al di la’ di
una indiretta correlazione con le finalita’ di risanamento economico
che caratterizzano il provvedimento legislativo che la contiene) non
possa, per cio’ solo, essere ascritta a tale competenza, e quindi
qualificarsi come relativo principio fondamentale, poiche’, lungi dal
porre obiettivi di riequilibrio finanziario (sentenze n. 156 del 2010
e n. 297 del 2009), e tantomeno dall’indicare generali strumenti o
modalita’ per il perseguimento di siffatti obiettivi, prescrive una
disciplina di dettaglio in tema di trattazione e definizione di
procedimenti amministrativi, del tutto estranea alla evocata materia.
5.3. – Vero e’, invece, che la disposizione impugnata –
prevedendo una attribuzione generalizzata ed astratta ad un organo
statale di un insieme indifferenziato di funzioni, individuate in
modo generico e caratterizzate anche da una notevole eterogeneita’
quanto alla possibile incidenza sulle specifiche attribuzioni di
competenza – e’ destinata ad avere vigore in tutti i procedimenti
amministrativi ad istanza di parte o avviati d’ufficio concernenti le
«nuove iniziative produttive», a prescindere dalla materia nel cui
contesto hanno rilievo tali procedimenti, i quali possono essere
destinati ad esplicarsi nei piu’ svariati ambiti materiali, sia di
competenza esclusiva statale (ad esempio, in materia di
organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici
nazionali), sia di competenza concorrente ovvero residuale regionale
(ad esempio, in materia di governo del territorio, promozione ed
organizzazione di attivita’ culturali, ovvero di industria,
commercio, agricoltura, artigianato, turismo etc.).
Ed e’, appunto, sulla indefinita molteplicita’ di materie
coinvolte e sull’affidamento del potere decisorio di emettere i
provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi de quibus ad
un unico organo governativo che si incentrano le censure della
Regione Puglia. La quale, da un lato, deduce che la normativa
impugnata – nella parte in cui si applica anche ai procedimenti
amministrativi che si svolgono entro l’ambito delle materie di
competenza regionale concorrente e residuale – contrasterebbe non
solo con l’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., ma anche con l’art.
118, secondo comma, Cost., il quale vincola la possibilita’ di
allocare funzioni amministrative alla titolarita’ della competenza
legislativa nella materia in cui esse sono destinate a svolgersi. E,
dall’altro lato, esclude che nella specie ricorrano i presupposti
della c.d. «chiamata in sussidiarieta’», ai sensi del primo comma
dell’art. 118 Cost., in quanto la previsione normativa censurata
prescinde da qualsiasi valutazione di adeguatezza-inadeguatezza del
livello territoriale di governo coinvolto, che e’ invece necessaria
per verificare l’effettiva sussistenza in concreto delle esigenze di
esercizio unitario, che giustifica l’avocazione in capo al livello
statale, e che va condotta in riferimento alle singole funzioni
coinvolte ed alle loro peculiari caratteristiche.
5.4. – Orbene, l’assunto da cui muove la ricorrente, secondo cui
lo Stato potrebbe allocare funzioni amministrative esclusivamente
nelle materie di sua competenza esclusiva indicate nel secondo comma
dell’art. 117 Cost., non e’ condivisibile.
Invero, questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 278 del 2010, n. 6
del 2004 e n. 303 del 2003) ha ritenuto (fin dalla citata sentenza n.
303 del 2003) che, nell’art. 118, primo comma, Cost., vada rinvenuto
un peculiare elemento di flessibilita’, il quale – nel prevedere che
le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni,
possano essere allocate ad un livello di governo diverso per
assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principi di
sussidiarieta’, differenziazione ed adeguatezza – introduce un
meccanismo dinamico (incidente anche sulla stessa distribuzione delle
competenze legislative) diretto appunto a superare l’equazione tra
titolarita’ delle funzioni legislative e titolarita’ delle funzioni
amministrative.
La Regione ricorrente (trascurando di dare rilievo alla
compresenza, nella specie, di una molteplicita’ di materie che
possono essere incise dalla normativa censurata, le quali ben possono
ripartirsi diversamente lungo l’asse delle competenze normative di
Stato e Regioni) basa invece la sua censura sulla acritica e
categorica affermazione, di ordine generale, della insuperabilita’ di
tale rigida corrispondenza, che questa Corte ha costantemente negato
(fin dalla citata sentenza n. 303 del 2003), ritenendo coerente con
la matrice teorica e con il significato pratico della sussidiarieta’
il fatto che essa agisca come subsidium quando un livello di governo
sia inadeguato alle finalita’ che si intenda raggiungere.
5.5. – D’altro canto, tuttavia, la Regione – pur ammesso che lo
Stato possa allocare funzioni amministrative nelle materie di cui ai
commi terzo e quarto dell’art. 117 della Costituzione, avocandole a
se stesso, in virtu’ dell’art. 118, primo comma, cost. – Osserva che
cio’ puo’ avvenire solo ove ricorrano i presupposti dell’esercizio
unitario delle funzioni amministrative; presupposti che essa esclude
che si riscontrino nelle disposizioni normative impugnate,
derivandone per questo la violazione del medesimo art. 118, primo
comma, Cost.
Tale censura e’ fondata.
Per costante affermazione di questa Corte – poiche’ la
valutazione della necessita’ del conferimento di una funzione
amministrativa ad un livello territoriale superiore rispetto a quello
comunale deve essere effettuata dall’organo legislativo
corrispondente almeno al livello territoriale interessato -, in
relazione al principio di legalita’ sostanziale (per tutte, sentenza
n. 6 del 2004), tale scelta deve giustificarsi in base ai principi di
sussidiarieta’, differenziazione ed adeguatezza (ex plurimis sentenze
n. 278 del 2010, n. 76 del 2009, n. 165 e n. 88 del 2007, n. 214 del
2006, n. 151 del 2005). E, dunque, proprio in ragione della rilevanza
dei valori coinvolti, una deroga al riparto operato dall’art. 117
cost. puo’ essere giustificata solo se la valutazione dell’interesse
unitario sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte
dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da
irragionevolezza e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione
interessata.
Affinche’, dunque, nelle materie di cui all’art. 117, terzo e
quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente
attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo
stesso regolarne l’esercizio, e’ necessario che essa detti una
disciplina logicamente pertinente (dunque idonea alla regolazione
delle suddette funzioni), che risulti limitata a quanto strettamente
indispensabile a tale fine e che sia adottata a seguito di procedure
che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti
attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso
adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle
funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali (da
ultimo, sentenza n. 278 del 2010). Infatti, solo la presenza di tali
presupposti, alla stregua di uno scrutinio stretto di
costituzionalita’, consente di giustificare la scelta statale
dell’esercizio unitario di funzioni, allorquando emerga l’esigenza di
esercizio unitario delle funzioni medesime (ex plurimis, sentenze n.
76 del 2009, n. 339 e n. 88 e del 2007, n. 214 del 2006, n. 242 e n.
151 del 2005).
Condotta alla stregua di siffatto canone ermeneutico, l’analisi
della norma censurata – che, come detto, possiede un campo di
applicazione generalizzato (riferito a tutti i procedimenti
amministrativi in tema di nuove iniziative produttive) e quindi
idoneo a coinvolgere anche procedimenti destinati ad esplicarsi entro
ambiti di competenza regionale concorrente o residuale – conduce a
ritenere fondati i dubbi di legittimita’ costituzionale, in ragione
della assenza nel contesto dispositivo di una qualsiasi
esplicitazione, sia dell’esigenza di assicurare l’esercizio unitario
perseguito attraverso tali funzioni, sia della congruita’, in termini
di proporzionalita’ e ragionevolezza, di detta avocazione rispetto al
fine voluto ed ai mezzi predisposti per raggiungerlo, sia della
impossibilita’ che le funzioni amministrative de quibus possano
essere adeguatamente svolte agli ordinari livelli inferiori. Ne’,
d’altra parte, alle conseguenze derivanti dalla rilevata carenza dei
presupposti sostanziali che, nella specie, giustifichino la chiamata
in sussidiarieta’ delle funzioni amministrative de quibus, puo’
sopperirsi evocando il richiamo, di per se’ neutro, al «rispetto del
principio di sussidiarieta’ e dell’art. 118 della Costituzione»,
contenuto nell’incipit del comma 2 del medesimo art. 43.
Va pertanto dichiarata l’illegittimita’ costituzionale del
censurato art. 43 del decreto-legge n. 78 del 2010, come convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, nella parte in cui e’
destinata ad applicarsi anche ai procedimenti amministrativi che si
svolgono entro l’ambito delle materie di competenza regionale
concorrente e residuale.
6. – Resta, di conseguenza, assorbita l’ulteriore censura
formulata in via subordinata dalla ricorrente avverso il comma 2 del
menzionato art. 43 – per violazione degli artt. 117, terzo e quarto
comma, e 118, primo comma, cost. – in ragione della dedotta mancata
previsione dell’ulteriore presupposto del coinvolgimento della
Regione territorialmente interessata.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni
di legittimita’ costituzionale promosse dalla Regione Puglia con il
ricorso iscritto al n. 107 del registro ricorsi 2010 indicato in
epigrafe,
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 43 del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica), come
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,
nella parte in cui e’ destinata ad applicarsi anche ai procedimenti
amministrativi che si svolgono entro l’ambito delle materie di
competenza regionale concorrente e residuale.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 2011.

Il Presidente: Quaranta

Il redattore: Grossi

Il cancelliere: Melatti

Depositato in cancelleria il 22 luglio 2011

Il direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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