Corte Costituzionale, Sentenza n. 244 del 2011, in materia di rifiuti e ambiente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 32 del 27-7-2011

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 33, comma 2,
della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme
in materia di gestione dei rifiuti), nonche’ del combinato disposto
dei commi 2 e 3 della medesima disposizione legislativa regionale,
promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto nel
procedimento vertente tra la Alles – Azienda Lavori Lagunari Escavo
Smaltimenti s.p.a. ed altra e la Regione Veneto ed altri con
ordinanza del 3 giugno 2010, iscritta al n. 298 del registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visti gli atti di costituzione della Alles – Azienda Lavori
Lagunari Escavo Smaltimenti s.p.a. ed altra, nonche’ l’atto di
intervento della Regione Veneto;
Udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2011 il Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
Uditi gli avvocati Vincenzo Pellegrini per la Alles – Azienda
Lavori Lagunari Escavo Smaltimenti s.p.a. ed altra e Giandomenico
Falcon per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un giudizio avente ad oggetto la impugnazione di
due provvedimenti amministrativi emessi da organi della Regione
Veneto relativamente alla autorizzazione, con la apposizione di
taluni limiti, alla gestione di una discarica di rifiuti speciali non
pericolosi, il Tribunale amministrativo regionale del Veneto, con
ordinanza depositata in data 3 giugno 2010, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 33,
comma 2, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3
(Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), nonche’, in
riferimento agli stessi parametri costituzionali ed all’art. 120
della Costituzione, del combinato disposto dei commi 2 e 3 della
medesima disposizione legislativa regionale.
1.1.- Nel riferire i fatti di causa il rimettente precisa che i
ricorrenti nel giudizio a quo hanno congiuntamente avviato un
procedimento per l’approvazione della realizzazione, in territorio
veneto, di un impianto di smaltimento di rifiuti speciali non
pericolosi. In base agli accordi fra loro intervenuti, la Geo Nova
s.p.a. aveva posto a disposizione della Alles s.p.a. un terreno
affinche’ quest’ultima avviasse le procedure per ottenere
l’approvazione di un impianto per lo smaltimento di rifiuti speciali
non pericolosi che la prima avrebbe progettato, realizzato e gestito.
Infine, la ricettivita’ di tale impianto sarebbe stata riservata,
nella misura del 60% «dei volumi autorizzati», a rifiuti prodotti da
Alles, mentre per il restante 40% potevano essere conferiti rifiuti
prodotti da terzi, eventualmente anche fuori Regione.
Riferisce, altresi’, il rimettente che nel primo dei
provvedimenti impugnati viene precisato che la discarica in questione
deve intendersi «in conto proprio» con possibilita’ di conferimento
di rifiuti in «conto terzi» nei limiti di quanto previsto dall’art.
33, commi 2 e 3, della legge regionale n. 3 del 2000, mentre, nel
secondo di essi, si chiarisce che il quantitativo massimo ammissibile
di rifiuti in «conto terzi» sara’ pari al 25% del quantitativo
complessivamente concesso, conformemente alla previsione dell’art.
33, comma 2, della legge regionale n. 3 del 2000.
1.2.- Dopo avere ampiamente illustrato le posizioni espresse nel
corso del giudizio a quo dalle parti in causa, il rimettente osserva
che i due provvedimenti impugnati risulterebbero essere lesivi della
posizione dei ricorrenti sotto due profili. Secondo il primo, in
quanto e’ in essi prevista la possibilita’ di conferire rifiuti
speciali non pericolosi in conto terzi nella discarica in questione
entro il limite del 25% della sua capacita’ ricettiva (la’ dove le
parti si erano accordate per consentire che il 40% dei rifiuti
conferibili fossero provenienti da terzi); in base al secondo, in
quanto, essendo prevista, fra le limitazioni al conferimento di
rifiuti per conto di terzi, l’osservanza di quanto disposto dal comma
3 del ricordato art. 33 della legge regionale n. 3 del 2000, la
possibilita’ di conferire rifiuti speciali prodotti al di fuori del
territorio regionale era subordinata alla condizione – prevista
appunto dalla disposizione ultima citata – che nella Regione nel cui
territorio essi fossero stati prodotti mancasse un impianto piu’
vicino adeguato alla smaltimento.
Con particolare riferimento a questa disposizione, tuttavia, il
rimettente ritiene doveroso interrogarsi sulla sua perdurante
vigenza, per concludere in senso negativo.
1.2.1.- Osserva, infatti, il rimettente che, per consolidata
giurisprudenza costituzionale, la disciplina dei rifiuti rientra
nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» riservata alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato; che l’art. 1, comma 2,
della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento
dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3), prevede che «le disposizioni normative regionali
vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle
materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano
ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni
statali in materia»; che, successivamente alla approvazione della
legge n. 131 del 2003, e’ entrato in vigore il decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), il quale, in
applicazione della competenza legislativa statale in materia di
tutela dell’ambiente, ha dettato compiutamente la disciplina della
gestione dei rifiuti; che, pertanto, ove una disposizione legislativa
regionale, emanata anteriormente alla entrata in vigore del d.lgs. n.
152 del 2006, fosse incompatibile o contrastante con altra
disposizione contenuta in quest’ultimo, detta normativa regionale
dovrebbe essere ritenuta tacitamente abrogata; che, riguardo al caso
di specie, il comma 3 dell’art. 33 della legge regionale n. 3 del
2000, nel prevedere che lo smaltimento dei rifiuti prodotti al di
fuori della Regione Veneto in impianti situati all’interno della
Regione medesima sia subordinato alla mancanza di altri impianti
idonei piu’ vicini ubicati nella Regione ove essi sono stati
prodotti, confliggerebbe con i principi contenuti nell’art. 182,
comma 3, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006 (nel testo vigente al
momento del deposito della ordinanza di rimessione); che, pertanto,
dovrebbe ritenersi venuta meno, a seguito della entrata in vigore del
d.lgs. n. 152 del 2006, la condizione, che limita la possibilita’ di
smaltire i rifiuti speciali non pericolosi di provenienza
extraregionale nelle discariche ubicate nella Regione Veneto, dettata
dal comma 3 dell’art. 33 della legge regionale n. 3 del 2000.
1.2.2.- Il contrasto di una disposizione avente lo stesso tenore
di quella ora citata coi principi costituzionali dettati in materia
e’ stato affermato, rileva il rimettente, dalla Corte costituzionale
con la sentenza n. 10 del 2009, con la quale e’ stata dichiarata
l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge
della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 (Disciplina per lo
smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi,
prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel
territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti
nella Regione Puglia), che, appunto, limitava lo smaltimento dei
rifiuti speciali extraregionali alla sola ipotesi in cui le strutture
ubicate nella Regione in questione costituissero gli impianti
appropriati piu’ vicini al luogo di produzione dei rifiuti medesimi.
In quel caso, chiarisce il rimettente, la dichiarazione di
illegittimita’ costituzionale si era resa necessaria in quanto,
essendo la disposizione normativa censurata successiva al d.lgs. n.
152 del 2006, non aveva potuto operare (a differenza di quanto,
invece, ritiene essere avvenuto nel caso ora in esame) il meccanismo
della abrogazione tacita di cui all’art. 1, comma 3, della legge n.
131 del 2003. Precisa ancora il rimettente che, la’ dove non avesse
ritenuto operante il meccanismo di abrogazione tacita, avrebbe
sollevato la questione di legittimita’ costituzionale della
disposizione in questione non diversamente da quanto verificatosi
relativamente alla citata disposizione della Regione Puglia.
1.3.- Aggiunge, tuttavia, il rimettente che, pur ritenuta la
abrogazione tacita del comma 3 dell’art. 33 della legge della Regione
Veneto n. 3 del 2000 nella sola parte in cui esso subordina la
possibilita’ di smaltire i rifiuti speciali non pericolosi
provenienti da fuori regione alla condizione che nella regione di
produzione non ci siano impianti idonei piu’ vicini, il predetto
comma 3 permane in vigore nella parte in cui, letto insieme al
precedente comma 2, determina che la quota del 25% della capienza
degli impianti di smaltimento siti nel Veneto riservata al
conferimento di rifiuti speciali «in conto terzi» (cioe’ prodotti da
soggetti diversi da coloro i quali sono stati autorizzati alla
realizzazione della discarica) sia riferibile non solo ai rifiuti
prodotti nella Regione Veneto ma anche a quelli di provenienza
extraregionale.
Aggiunge il giudice a quo che tale combinato disposto si pone,
pero’, in contrasto con l’art. 120 della Costituzione, che, secondo
la lettura datane nella sentenza di questa Corte n. 505 del 2002,
vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che ostacolino la libera
circolazione delle cose anche soltanto limitatamente ad una loro
quantita’, nonche’ con gli artt. 117, secondo comma, lettera s), 3 e
41 della Costituzione.
1.4.- Quanto alla rilevanza della questione, il rimettente
osserva che i provvedimenti impugnati, che si fondano sull’art. 3,
commi 2 e 3, della legge regionale n. 3 del 2000, indicano, in
sostanza, nella misura del 25% della capienza della discarica il
volume dei rifiuti «in conto terzi» che possono essere in essa
conferiti, la’ dove l’accordo intervenuto fra i ricorrenti nel
giudizio a quo prevede che possano essere conferiti rifiuti di terzi
per il 40% della capienza della discarica. E’, pertanto, evidente che
l’eventuale dichiarazione di illegittimita’ costituzionale della
disposizione in questione determinerebbe l’accoglimento del ricorso
di fronte al giudice amministrativo.
1.5.- Passando ad esaminare il solo comma 2 del citato art. 33,
che e’ dal rimettente interpretato nel senso che esso, come tale,
sarebbe riferibile alla sola ipotesi di rifiuti di provenienza
intraregionale, se ne afferma il contrasto con gli artt. 117, secondo
comma, lettera s), 3 e 41 della Costituzione nella parte in cui
limita al 25% della capienza della discarica la quota di rifiuti
conferibili da terzi.
Rileva, infatti, il Tar del Veneto che ne’ dalla disciplina
statale ne’ da quella comunitaria emerge il principio secondo il
quale non e’ ammesso nelle discariche lo smaltimento di rifiuti
speciali non pericolosi conferiti da soggetti «diversi dai
produttori» (recte dai gestori), risultando, anzi, consentito lo
smaltimento «per conto terzi». Il prevedere, viceversa, dei limiti
quantitativi allo smaltimento di rifiuti conferiti da soggetti
diversi dal titolare dell’impianto, «determina la creazione di un
ostacolo allo smaltimento del rifiuto speciale non pericoloso in uno
degli impianti appropriati piu’ vicini», introducendo limitazioni in
funzione del soggetto gestore della discarica e non al fine di
perseguire la razionalizzazione della rete integrata degli impianti
tecnicamente idonei, in tal modo violando l’art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione, in relazione al principio
fondamentale della legislazione statale volto allo smaltimento dei
rifiuti presso gli impianti specializzati piu’ prossimi.
Afferma, infatti, il ricorrente che l’applicazione della
normativa censurata potrebbe portare ad una maggiore movimentazione
dei rifiuti ove l’impianto adeguato piu’ vicino, ancorche’ non
pienamente sfruttato, sia gia’ saturo per la quota nella
disponibilita’ dei terzi.
Ad avviso del Tar del Veneto la disposizione in questione
sarebbe, altresi’, in contrasto con l’art. 41 della Costituzione in
quanto essa pregiudicherebbe sia la posizione dei gestori degli
impianti di smaltimento, penalizzati dalla ingiustificata creazione
di ostacoli alla libera circolazione delle merci, sia quella dei
produttori di rifiuti i quali, in un settore nel quale e’
problematica la programmazione della quantita’ di rifiuti da
smaltire, sono soggetti a vincoli nella circolazione di questi tali
da comportare il sorgere di inefficienze.
1.6.- Precisa, infine, il rimettente che la questione di
legittimita’ costituzionale non concerne anche l’art. 33, comma 1,
della legge regionale n. 3 del 2000, giacche’ nella fattispecie
sottoposta al suo giudizio non e’ in discussione la realizzazione di
nuove discariche ma si controverte intorno ai limiti allo smaltimenti
di «rifiuti esterni».
2.- Si sono costituiti in giudizio i due ricorrenti nel giudizio
principale, svolgendo, sia pure con atti formalmente distinti, le
medesime argomentazioni.
2.1.- Esaminando dapprima il problema relativo alla
conferibilita’ dei rifiuti extraregionali, la difesa privata,
argomentando sia sulla base della previgente normativa regionale, sia
richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 505 del 2002,
con la quale e’ stata dichiarata la illegittimita’ costituzionale di
tale normativa, ritiene che l’art. 33, comma 2, della legge regionale
n. 3 del 2000, nel limitare al 25% della capienza dell’impianto di
smaltimento la possibilita’ di conferire rifiuti «in conto terzi», si
riferisca ai soli rifiuti prodotti nella Regione Veneto, essendo la
disciplina dei rifiuti extraregionali integralmente contenuta nel
successivo comma 3.
Se, invece, si aderisse alla tesi esposta dal rimettente (cioe’
che il limite del 25% si applica a prescindere dalla provenienza del
rifiuto da smaltire), la disposizione dovrebbe ritenersi tacitamente
abrogata, per effetto del meccanismo di cui all’art. 1, comma 2,
della legge n. 131 del 2002, stante il contrasto fra quella ed i
principi contenuti negli artt. 177, 178, 182 e 199 del d.lgs. n. 152
del 2006, adottato in applicazione della competenza legislativa
esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione.
La’ dove, infine, non si dovesse aderire neppure alla tesi della
abrogazione tacita, allora la disposizione in questione dovrebbe
essere dichiara incostituzionale in quanto in contrasto coi ricordati
principi di cui al d.lgs. n. 152 del 2006.
2.2.- Nell’esaminare la tematica relativa ai limiti del
conferimento da parte di terzi di rifiuti prodotti nella Regione
Veneto, le parti private osservano che la disposizione che pone il
limite del 25% della capienza dell’impianto ostacola egualmente la
realizzazione di un sistema integrato che assicuri lo smaltimento dei
rifiuti nell’impianto vicino piu’ adatto. Anche in questo caso,
pertanto, il contrasto coi sopravvenuti principi statali contenuti
nel d.lgs. n. 152 del 2006 dovrebbe condurre alla implicita
abrogazione della norma censurata.
Ove si ritenesse, invece, che la disposizione sia tuttora in
vigore, le parti private sono dell’avviso che la stessa violi gli
artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione ed
aggiungono, al riguardo, che in tal caso la incostituzionalita’
dovrebbe essere estesa anche al comma 1 dell’art. 33 della legge
regionale n. 3 del 2000, in quanto la previsione di rilascio della
autorizzazione per discariche di rifiuti speciali non pericolosi in
conto proprio costituisce il presupposto per la introduzione del
limite quantitativo di cui al successivo comma 2.
3.- E’ intervenuta nel giudizio la Regione Veneto, chiedendo che
la questione sia dichiarata inammissibile o infondata e riservandosi
di argomentare piu’ diffusamente in una successiva memoria.
4.- In prossimita’ dell’udienza sia la difesa della Regione
Veneto che le costituite parti private hanno depositato delle memorie
illustrative.
4.1.- Mentre le parti private si sono riportate sostanzialmente
agli atti di costituzione, la difesa della Regione ha chiesto,
preliminarmente, che gli atti siano restituiti al giudice a quo,
stante il mutamento del complessivo quadro normativo di riferimento,
dovuto alle modificazioni introdotte, attraverso il decreto
legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della
direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19
novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive), a
numerose disposizioni contenute nel d.lgs. n. 152 del 2006, molte
delle quali indicate dallo stesse rimettente a sostegno dei propri
dubbi sulla legittimita’ costituzionale della disposizione censurata.
Riguardo alla impugnazione del comma 3 dell’art. 33 della legge
regionale n. 3 del 2000, la difesa della Regione Veneto sostiene che
la questione sia inammissibile per aberratio ictus in quanto la
disposizione in base alla quale e’ previsto che sia possibile
conferire rifiuti prodotti da chi non sia il titolare della discarica
nella sola misura del 25% della capacita’ ricettiva delle singole
discariche e’ contenuta nel comma 2 della norma censurata.
Passando ad esaminare il merito della questione, l’interveniente
difesa ritiene che, con riferimento alla violazione dell’art. 120
della Costituzione, la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 33, comma 2, della legge regionale n. 3 del 2000 sia
infondata. A suo avviso, infatti, il citato comma 2 «non e’ rivolto a
porre un limite all’ingresso di rifiuti speciali extraregionali, ma
solo a sviluppare il principio di responsabilita’ del produttore
nella gestione dei rifiuti». Poiche’ la ratio dell’art. 120 della
Costituzione e’ di impedire che le Regioni adottino disposizioni
volte ad ostacolare l’ingresso in esse di cose provenienti da altre
Regioni, mentre il comma 2 dell’art. 33 della legge regionale n. 3
del 2000 prende in esame solo il profilo soggettivo di chi conferisce
i rifiuti restando del tutto irrilevante il luogo di provenienza
degli stessi, non risulta limitata, per effetto di tale disposizione,
la libera circolazione delle cose fra le Regioni.
In via subordinata, la Regione osserva che, onde escludere la
violazione dell’art. 120 della Costituzione, basterebbe interpretare
il citato art. 33, comma 2, della legge regionale n. 3 del 2000 nel
senso che esso ha ad oggetto i soli rifiuti speciali prodotti nella
Regione Veneto.
Quanto alla asserita violazione degli artt. 117, secondo comma,
lettera s), 3 e 41 della Costituzione, la difesa regionale osserva
che il sistema veneto di gestione dei rifiuti speciali si fonda sulla
scelta di ridurre lo smaltimento di essi in discarica
responsabilizzando chi li produce; scelta perseguita – nell’esercizio
delle competenze legislative regionali in tema di «governo del
territorio» e di «tutela della salute» – attraverso la riduzione
delle discariche «in conto terzi» e l’incentivazione degli impianti
di stoccaggio.
Precisa la Regione che attraverso il sistema adottato nel Veneto,
volto a privilegiare il meccanismo dell’autosmaltimento dei rifiuti,
non si realizza l’effetto, paventato dal rimettente, della maggiore
movimentazione dei rifiuti, dovuto al fatto che chi li produce, non
essendo titolare di discarica, debba andare in cerca di una discarica
che abbia la quota del 25% della sua capienza ancora disponibile.
Cio’ in quanto il produttore potra’ liberamente conferire i rifiuti
presso un impianto di stoccaggio, ove i medesimi saranno trattati. La
porzione di essi che residuera’ al trattamento potra’, quindi, essere
conferita senza limitazioni dal titolare dell’impianto di stoccaggio
nella propria discarica trattandosi di rifiuti da lui stesso
prodotti.
Parimenti infondata sarebbe la questione con riferimento all’art.
3 della Costituzione, vista la ragionevolezza di un sistema che mira
a ridurre lo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi in
discarica in assenza di un preventivo trattamento degli stessi.
La difesa regionale ritiene infondata anche la questione della
violazione dell’art. 41 della Costituzione, posto che, in una visione
bilanciata con l’utilita’ sociale della liberta’ di iniziativa
economica, non stupisce che i gestori degli impianti di smaltimento
possano ricevere senza limiti i rifiuti solo se essi stessi si
occupino del loro trattamento e recupero. Quanto ai produttori di
rifiuti, essi non sono soggetti ad altro vincolo che non sia volto ad
incentivare il conferimento dei rifiuti negli impianti di trattamento
e recupero.
Infine, la difesa regionale osserva che deve ritenersi
inammissibile e, comunque, infondata, la richiesta di estendere in
via consequenziale la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale
anche al comma 1 dell’art. 33 della legge regionale n. 3 del 2000,
dato che e’ su tale disposizione che si fonda il sistema basato sulla
responsabilita’ del produttore e sull’autosmaltimento. D’altra parte,
se questo e’ il principio su cui il sistema si fonda, esso non puo’
essere illegittimo in via consequenziale: semmai il rimettente
avrebbe dovuto sollevare la questione in via prioritaria su tale
disposizione basilare e, in via consequenziale, sulle altre che ne
derivava.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto, con
ordinanza depositata il 3 giugno 2010, dubita, in riferimento agli
artt. 3, 41, 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione,
della legittimita’ costituzionale del comma 2 dell’art. 33 della
legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norma in
materia di gestione dei rifiuti), nonche’, in riferimento – oltre che
ai medesimi parametri – anche all’art. 120 della Costituzione, della
legittimita’ costituzionale del combinato disposto dei commi 2 e 3
dell’art. 33 della stessa legge regionale.
1.1.- Ritiene, infatti, il rimettente che il predetto comma 2
dell’art. 33 della legge regionale n. 3 del 2000 – nel prevedere che
nelle discariche realizzate al fine di smaltire i rifiuti speciali
sia riservata una quota non superiore al 25% della capacita’
ricettiva allo smaltimento dei rifiuti conferiti da soggetti diversi
da coloro i quali hanno realizzato la discarica stessa – si ponga in
contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, in quanto si tratterebbe di disposizione non coerente
col principio fondamentale della legislazione statale volto allo
smaltimento dei rifiuti speciali presso impianti idonei prossimi al
luogo di produzione dei rifiuti. La stessa disposizione sarebbe,
peraltro, irragionevole, in tal modo violando l’art. 3 della
Costituzione, in quanto dalla sua applicazione deriverebbe
l’incremento della movimentazione sul territorio dei rifiuti speciali
non pericolosi, al fine di consentirne lo smaltimento, posto che,
nell’ipotesi in cui l’impianto idoneo piu’ vicino avesse gia’
esaurito la quota riservata allo smaltimento dei rifiuti speciali non
pericolosi prodotti da soggetti diversi da quanti hanno realizzato
l’impianto in questione, sarebbe necessario conferire siffatti
rifiuti ad altro, piu’ distante, impianto.
Ad avviso del rimettente, la disposizione censurata sarebbe in
contrasto anche con l’art. 41 della Costituzione, espressivo del
principio di libera iniziativa economica, poiche’ essa
pregiudicherebbe sia la posizione di quanti, gestendo impianti per lo
smaltimento dei rifiuti speciali, sarebbero penalizzati in tale
attivita’ dalla creazione di ingiustificati ostacoli alla libera
circolazione delle merci, sia quella di quanti, producendo, s’intende
nello svolgimento di un’attivita’ di carattere imprenditoriale,
rifiuti speciali non pericolosi, sarebbero soggetti a vincoli nella
circolazione di questi ultimi tali da creare, a causa delle
difficolta’ di pianificazione economica, delle inefficienze.
1.2. – Ritiene, altresi’, il Tar del Veneto che il combinato
disposto dei commi 2 e 3 del ricordato art. 33 della legge regionale
n. 3 del 2000 in quanto riferibile – nella parte in cui individua nel
25% della capacita’ ricettiva la quota riservata ai rifiuti speciali
non pericolosi prodotti da soggetti terzi rispetto a chi abbia
realizzato l’impianto di smaltimento – anche ai rifiuti prodotti al
di fuori della Regione Veneto violi, oltre ai gia’ citati parametri
costituzionali, anche l’art. 120 della Costituzione il quale vieta
alle Regioni l’adozione di provvedimenti che ostacolino la libera
circolazione delle cose.
2. – Sono necessarie alcune preliminari osservazioni.
Pur avendo la difesa regionale – nella memoria illustrativa
depositata in prossimita’ della discussione della questione –
dedotto, onde sollecitare la restituzione degli atti al rimettente
affinche’ valuti la perdurante non manifesta infondatezza e rilevanza
della questione di legittimita’ costituzionale, l’avvenuto mutamento,
successivo alla adozione della ordinanza con la quale e’ stata
sollevata la questione di legittimita’ costituzionale, del quadro
normativo di riferimento in conseguenza dell’entrata in vigore del
decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di
attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive), che ha modificato talune disposizione del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),
indicate dallo stesso rimettente come espressive di principi violati
dalle disposizioni censurate, ritiene questa Corte di potere
ugualmente procedere all’esame del prospettato dubbio di
costituzionalita’.
Infatti, se e’ ben vero che, per effetto del comma 1 dell’art. 9
del d.lgs. n. 205 del 2010, e’ stato introdotto nel d.lgs. n. 152 del
2006 l’art. 182-bis, il quale prevede che l’attivita’ di smaltimento
dei rifiuti debba svolgersi «in uno degli impianti idonei piu’ vicini
ai luoghi di produzione o di raccolta, al fine di ridurre i movimenti
dei rifiuti stessi», e’ altrettanto vero che ab origine identico
principio era contenuto nel previgente art. 182, comma 3, lettera b),
del d.lgs. n. 152 del 2006. Sicche’ puo’ certamente escludersi che,
al riguardo, sia intervenuto un mutamento del quadro normativo che
possa giustificare un riesame da parte del giudice a quo della non
manifesta infondatezza e rilevanza della prospettata questione di
legittimita’ costituzionale.
3. – Sempre in via preliminare, ritiene questa Corte di dovere
circoscrivere l’oggetto del suo esame alla sola indagine sulla
legittimita’ costituzionale del comma 2 dell’art. 33 della legge
regionale n. 3 del 2000, esulando, invece, da esso la valutazione
della costituzionalita’ del combinato disposto dei commi 2 e 3 della
medesima norma legislativa.
E’, infatti, viziata da un’evidente aberrazione interpretativa la
tesi assunta dal giudice rimettente secondo la quale la estensione
dell’oggetto della disposizione contenuta nel comma 2 del citato art.
33 della legge regionale n. 3 del 2000 anche ai rifiuti prodotti al
di fuori della Regione Veneto consegua alla applicazione in combinato
disposto anche del comma 3 del ricordato art. 33.
Invero, mentre il comma 2 del citato articolo di legge, nel
fissare la quota di riserva del 25% della capacita’ ricettiva
dell’impianto di smaltimento per i rifiuti conferiti da terzi, non
pare fare alcuna distinzione fra rifiuti endoregionali e
extraregionali, il successivo comma 3 individua solo per questi
ultimi una ulteriore condizione affinche’ essi possano essere
smaltiti nelle discariche ubicate all’interno della Regione Veneto.
Va prioritariamente osservato che la compatibilita’ coi principi
costituzionali della norma che fissa siffatta condizione (cioe’ la
mancanza nella Regione di produzione di un impianto di smaltimento
adeguato piu’ vicino di quello veneto) non e’ oggetto di sindacato da
parte di questa Corte, avendo espressamente escluso il giudice
rimettente – al quale compete, nei giudizi incidentali, di stabilire
il perimetro delle disposizioni legislative da sottoporre al vaglio
di questa Corte – di dovere sollevare la relativa questione di
costituzionalita’, ritenendo la norma in questione in parte qua
tacitamente abrogata – ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge 5
giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) –
dalla normativa statale sopravvenuta.
Tanto considerato, rileva questa Corte che non vi e’ alcun
elemento che giustifichi l’opzione ermeneutica fatta dal rimettente
secondo la quale la disciplina regionale concernente lo smaltimento
dei rifiuti speciali non pericolosi provenienti da territori esterni
alla Regione Veneto sia contenuta nel solo comma 3 del ricordato art.
33. E’, infatti, contraddittoria l’argomentazione del rimettente che,
ritenendo tacitamente abrogate le disposizioni legislative regionali
in contrasto con l’intervenuta legislazione statale nelle materie di
competenza legislativa esclusiva dello Stato, seziona la portata
della disposizione regionale, facendone sopravvivere una parte priva
di contenuto precettivo ed anche essa, per il solo fatto di
presupporre la possibilita’ di discipline diverse a secondo della
provenienza regionale o extraregionale di questo tipo di rifiuti, in
contrasto con quella normativa statale che, sempre secondo il
rimettente, determinerebbe l’abrogazione tacita di quella regionale.
Appare, per converso, uno sviluppo non contraddittorio con
l’argomentazione del Tar l’interpretazione che, invece, assegna al
comma 2 portata generale, riguardando pertanto esso i rifiuti
speciali non pericolosi ovunque prodotti, ed al successivo comma 3
portata limitata ai soli rifiuti extraregionali ma esclusivamente al
fine di dettare per questi ultimi una condizione aggiuntiva (rispetto
a quella gia’ fissata per ogni rifiuto speciale non pericoloso dal
comma 2) alla possibilita’ del loro smaltimento all’interno della
Regione Veneto.
3.1. – La questione di legittimita’ costituzionale del combinato
disposto dei commi 2 e 3 dell’art. 33 della legge regionale n. 3 del
2000 e’ quindi, stante l’erroneita’ interpretativa sul contenuto
delle disposizioni censurate e la contraddittorieta’ delle
argomentazioni sviluppate dal rimettente, inammissibile.
Per esclusiva completezza espositiva, si fa presente che non puo’
essere presa in considerazione la questione relativa al primo comma
del suddetto articolo della legge regionale, dato che ad esso non fa
riferimento il giudice remittente – il quale considera tale
disposizione non rilevante ai fini del giudizio a quo – ma solo la
parte privata.
4. – Cosi’ delimitato l’ambito dell’incidente di
costituzionalita’, ritiene questa Corte che esso sia fondato.
4.1. – In diverse occasioni questa Corte ha avuto modo di
precisare e di ribadire che «la disciplina dei rifiuti si colloca
[…] nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di
competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione, anche se interferisce con altri
interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo
Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero
territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla
cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente
ambientali» (sentenze n. 249 del 2009 e n. 62 del 2008).
E’ agevole osservare che il legislatore veneto, fissando dei
limiti, riferiti al soggetto produttore dei rifiuti speciali non
pericolosi, alla possibilita’ di smaltimento di questi ultimi nelle
discariche ubicate nella Regione ha individuato un autonomo principio
– fondato su quello che la Regione nei suoi scritti difensivi
definisce sistema della responsabilita’ del produttore e
dell’autosmaltimento – estraneo alla legislazione statale in materia
ambientale (la quale esclude, anzi, la sussistenza del principio
dell’autosufficienza locale con riferimento ai rifiuti speciali anche
non pericolosi, come e’ stato affermato da questa Corte con le
sentenze n. 335 del 2001 e n. 10 del 2009). Tale principio, per un
verso, non e’ espressione di alcuna competenza regionale, non
emergendo elementi specifici ed obiettivi in base ai quali ancorare –
come invece sostiene la difesa della Regione – l’intervento
legislativo ne’ alla materia del governo del territorio ne’ a quella
della tutela della salute.
Si rileva anzi che l’istituzione di siffatti limiti soggettivi
(peraltro assai stringenti data la ridotta quota della capacita’
degli impianti riservata allo smaltimento dei rifiuti prodotti da
terzi), col restringere considerevolmente la generale fruibilita’
delle discariche, determina di necessita’ una maggiore movimentazione
dei rifiuti sul territorio, stante la contrazione dell’offerta di
idonei siti disponibili allo smaltimento dei rifiuti speciali non
pericolosi.
In tal modo rimane violato il principio sancito (ora) dall’art.
182-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 (ma gia’ in passato, come dianzi
ricordato, affermato dall’art. 182 del medesimo decreto legislativo
nel testo previgente) in base al quale, tenuto conto del contesto
geografico e della necessita’ di impianti specializzati per
determinati tipi di rifiuti, si deve tendere «al fine di ridurre i
movimenti dei rifiuti stessi».
5. – Va, d’altra parte, considerato che anche la specie rifiuto
non e’ estranea al piu’ ampio genere di bene commercialmente
rilevante, essendo di comune esperienza il fatto che anche le
operazioni di smaltimento dei rifiuti per conto terzi sono
suscettibili di formare oggetto dello svolgimento di attivita’
imprenditoriale. Del resto, gia’ nella sentenza di questa Corte n.
335 del 2001 si e’ affermato che «anche alla luce della normativa
comunitaria il rifiuto e’ pur sempre considerato un prodotto».
In base a tale prospettiva deve affermarsi il contrasto della
disposizione censurata anche con l’art. 41 della Costituzione.
Infatti, attraverso la fissazione, operata dalla disposizione
censurata, di un limite, rapportato alla complessiva capacita’
dell’impianto, alla possibilita’ di ricevere rifiuti speciali non
pericolosi prodotti da soggetti diversi dal gestore della discarica
si determina, in assenza di ragioni di utilita’ sociale ovvero senza
che cio’ valga a prevenire danni alla sicurezza, alla liberta’ ed
alla dignita’ dell’uomo, un ingiustificato vincolo, a carico del
gestore medesimo, alla sua libera facolta’ di svolgere un’iniziativa
economica.
6. – In considerazione della gia’ affermata applicabilita’ della
disposizione dichiarata incostituzionale sia riguardo ai rifiuti
speciali non pericolosi prodotti nella Regione Veneto sia riguardo a
quelli provenienti da altre Regioni, restano assorbiti i restanti
profili di illegittimita’ costituzionale dedotti dal rimettente.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 33, comma 2,
della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme
in materia di gestione dei rifiuti), limitamente alle parole «non
superiore al venticinque per cento della capacita’ ricettiva»;
Dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale del combinato disposto dei commi 2 e 3 del medesimo
art. 33 della legge della Regione Veneto n. 3 del 2000, sollevata, in
riferimento agli artt. 3, 41, 117, secondo comma, lettera s), e 120
della Costituzione, dal Tribunale amministrativo del Veneto con
l’ordinanza in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 luglio 2011.

Il Presidente: Quaranta

Il redattore: Napolitano

Il cancelliere: Melatti

Depositato in cancelleria il 25 luglio 2011

Il direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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