Cassazione, sez. Unite , 3 marzo 2011, n. 8493 Foto segnaletica, privacy e risarcimento del danno: per le S.U. operano le regole del giudizio di cognizione ordinario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1 – S..M. ricorreva ai sensi dell’art. 152 D. Lgs. n 196 del 2003 al Tribunale di Trento chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito della pubblicazione sul quotidiano L’Adige della propria foto segnaletica in occasione dell’arresto per furto di energia elettrica condominiale, revocato già il giorno successivo per insussistenza delle esigenze cautelari.

2 – Radicatosi il contraddittorio, la S.I.E. – Società Iniziative Editoriali S.p.A. eccepiva l’irritualità della procedura seguita, essendo stato dedotto non il trattamento di un dato personale, ma la violazione di un diritto soggettivo da valutarsi in un ordinario giudizio di cognizione.

3 – Con sentenza in data 6 febbraio 2008 il Tribunale adito, condivisa la tesi della convenuta, dichiarava l’inammissibilità dell’azione come proposta.

4. Il M. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi; con il primo denuncia violazione dell’art. 152, commi 1 e 2 D.Lgs. 196/2003, nullità della sentenza; difetto di motivazione; con il secondo lamenta violazione degli artt. 112 e 427 c.p.c.; nullità della sentenza; contraddittorietà motivazione.

5 – La S.I.E. Società Iniziative Editoriali ha resistito con controricorso, concludendo per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.

6 – La trattazione del ricorso, originariamente assegnato alla terza Sezione, è stata da questa rimessa alle Sezioni Unite sollecitandone una nuova pronuncia in ordine ai limiti della ricorribilità immediata per cassazione avverso le sentenze emesse dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria in tema di trattamento dei dati personali ex art. 152 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Motivi della decisione

1 – Riveste carattere pregiudiziale l’esame di una questione che attiene all’ammissibilità del ricorso e che la Corte può rilevare d’ufficio.

2 – Il Tribunale adito ha affermato che "dalla lettura complessiva dell’atto di citazione deve ritenersi che il ricorrente abbia proposto domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno in quanto la convenuta avrebbe pubblicato sul quotidiano da essa edito una foto che, per la sua caratteristica di foto segnaletica, presentava caratteri offensivi e diffamatori" e ne ha tratto la conseguenza che "la domanda dell’attore si fonda non sul semplice trattamento di un dato personale, ma sulla diffusione di un’immagine del ricorrente che, per la sua peculiare natura, risulta offensiva per l’interessato. La domanda risarcitoria si fonda, quindi, sulla violazione dell’art. 495 (rectius: 595 c.p.) ovvero del combinato disposto dell’art. 2043 c.c. e art. 2 Cost. se si vuole intendere dedotta in giudizio una lesione alla dignità onorabilità dell’interessato".

3 – Il Tribunale ha statuito nell’ambito delle proprie attribuzioni, essendo orientamento consolidato (si veda, ex multis, la sentenza n. 22893 del 9 settembre 2008) che l’interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua e adeguata.

4 – L’interpretazione della domanda del M. da parte della sentenza del Tribunale ha determinato il mezzo di impugnazione conseguentemente esperibile.

Infatti è certo (Cass. Sez. III, a 30201 del 23 dicembre 2008; nello stesso senso la recente Cass. Sez. VI n. 21363 del 15 ottobre 2010) che l’impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice (a prescindere dalla correttezza o meno di tale qualificazione, peraltro nella specie non specificamente censurata), e non come le parti ritengano che debba essere qualificata.

5 – Il Tribunale ha interpretato la domanda come esclusivamente finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo, come tale da far valere ai sensi dell’art. 2043 c.c. e, quindi, attraverso il giudizio di cognizione ordinario.

6 – Pertanto il mezzo d’impugnazione consentito dall’ordinamento era l’appello e non il ricorso immediato per cassazione.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione considerato che la ragione dell’inammissibilità del ricorso è stata rilevata d’ufficio.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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