Cassazione, sez. IV, 22 febbraio 2011, n. 6820 Uomini radar, posizione di garanzia e responsabilità penali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Ritenuto in fatto

1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari, con sentenza in data 17-3-2008 a seguito di rito abbreviato, dichiarava B..S. , Tenente Colonnello dell’Aeronautica militare, e A..C. , Maresciallo dell’Aeronautica militare, entrambi addetti al servizio di controllo di avvicinamento presso l’installazione di (OMISSIS) , colpevoli per i reati di omicidio colposo plurimo e di disastro colposo per avere provocato per colpa, consistita in imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza delle norme di comune esperienza e di quelle specifiche regolanti la materia, l’urto dell’aereo Cessa citation 500 OE-FAN contro lo sperone roccioso di (OMISSIS) , a 3.300 piedi di altezza facente parte del rilievo montuoso dei (OMISSIS) , così disintegrandosi con morte delle sei persone che si trovavano a bordo. Il Giudice, ritenuto il concorso formale tra i due reati, concesse le circostanze attenuanti generiche ad entrambi gli imputati, e con la riduzione di pena per il giudizio abbreviato, condannava ciascuno degli imputati alla pena di anni due di reclusione, con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna; li condannava in solido al risarcimento dei danni in favore delle parti civili P..G. e P..P. , quale tutore della minore A.-.T.D. da liquidarsi in separato giudizio, riconoscendo la provvisionale di Euro 25.000,00 in favore di P..G. ed Euro 50.000,00 per P.P. .

2. In fatto, il (OMISSIS) l’unità operativa di cardiochirurgia dell’Ospedale (OMISSIS) era stata informata della disponibilità di un donatore per un trapianto di cuore presso l’Ospedale (OMISSIS) . Per cui si rendeva necessario il trasferimento di una equipe medica, composta da due medici – il primario dr. A..R. ed il dr. Ca.An. – ed il tecnico perfusionista – Gi..Pi. -, al fine di procedere all’espianto dell’organo presso l’Ospedale di XX ed al suo trasporto presso l’unità di cardiochirurgia dell’Ospedale XX. Il servizio era stato organizzato tramite la Società "Cable TV air-lines s.r.l." che aveva messo a disposizione l’aeromobile Cessa Citation 500 OE-FAN, con equipaggio formato da,i comandanti H..Z. e T..G. nonché il co-pilota D..G. .

L’aeromobile aveva decollato, con la sigla identificativa XX, da (OMISSIS) alle ore 21:22 del (OMISSIS) ed era giunto a XX alle ore 23:02; imbarcata l’equipe medica, il velivolo aveva decollato alle ore 00:01 per giungere all’aeroporto di (OMISSIS) alle ore 00:48. Effettuato l’espianto dell’organo, alle ore 04:00 l’aereo era nuovamente partito alla volta di (OMISSIS) con la nuova sigla XX e qualifica di volo ambulanza; l’arrivo era previsto 50 minuti più tardi, con instradazione per l’aerovia (OMISSIS) e successivamente XX in direzione di XX.

3. Il XX era rimasto in contatto radar con il centro di controllo di XX dalle ore 04,01 sino alle 04,37,41 allorché, dopo essere stato autorizzato alla discesa verso XX sino alla quota di 9.000,00 piedi (livello di volo 90), veniva invitato a cambiare frequenza per contattare il centro di controllo di avvicinamento (OMISSIS) , sito presso la base aerea di (OMISSIS) . Una volta in contatto con (OMISSIS) (ore 04:37:57), il XX aveva ottenuto la conferma di procedere secondo la precedente autorizzazione ed aveva richiesto l’ultimo bollettino meteorologico di (OMISSIS) ; alle ore 4:41:04, il XX era stato autorizzato, raggiunto il punto XX, a continuare la discesa fino a quota 5.000 piedi diretto al (OMISSIS) ed era stato autorizzato alla procedura strumentale ILS PAPA pista 32 a (OMISSIS) . La procedura ILS è un sistema di avvicinamento strumentale di precisione che fornisce ai veivoli sia la guida direzionale che quella di discesa per atterrare su una determinata pista di atterraggio (nel caso, la procedura prevede il passaggio sul (OMISSIS) ad una quota non inferiore a 5.000 piedi per poi scendere a quote inferiori fino ad intercettare il sentiero di discesa dell’ILS ad una quota di 2.700 piedi allineati con l’asse della pista 32 di (OMISSIS) ; dopo (OMISSIS), tutto il percorso si svolge sul mare senza alcun ostacolo).

Peraltro, il XX aveva manifestato l’intenzione, "se in vista del campo", di effettuare un avvicinamento a vista – visual approach -, invece della procedura ILS. Il controllore di (OMISSIS) aveva quindi chiesto a XX di far conoscere, secondo la terminologia corrente, quando "abile ad effettuare un visual approach per pista 32" e, intanto, si era collegato con la torre di controllo di (OMISSIS) informando gli addetti dell’arrivo del volo e che probabilmente sarebbe stato richiesto un visual approach. Alle ore 04:43:15 il XX aveva dichiarato di avere il campo in vista chiedendo formalmente di effettuare un visual approach. Il controllore di (OMISSIS) aveva confermato a (OMISSIS) che il XX aveva chiesto il visual e contemporaneamente aveva richiesto a XX se "abile a mantenere l’appropriata separazione dagli ostacoli effettuando il visual approach per pista 32". Il comandante del velivolo aveva dato risposta positiva, e così il controllore lo aveva autorizzato al visual approach per pista 32 invitando l’aeromobile a richiamare al momento dell’attraversamento della quota di 5.000 piedi. Alle ore 04:46:52, il volo XX aveva comunicato l’attraversamento della quota di 5.000 piedi. Il controllore di (OMISSIS) aveva ordinato al volo di continuare a scendere, ma non al di sotto di 2.500 piedi e, per l’ulteriore discesa (sotto i 2.500 metri) aveva prescritto di contattare (OMISSIS). L’aeromobile aveva confermato di non scendere sotto i 2.500 piedi, comunicando che si sarebbe messo in contatto con (OMISSIS). Alle ore 04:47:26, il XX aveva contattato (OMISSIS) dichiarando di avere lasciato la procedura strumentale per il visual approach per la pista 32; (OMISSIS) aveva disposto che il velivolo richiamasse una volta raggiunta la distanza di circa un miglio dalla testata della pista 32. XX aveva dato conferma chiedendo l’autorizzazione per l’atterraggio. Alle ore 04:48:08 (OMISSIS) aveva autorizzato l’atterraggio. Alle ore 04:50:36 (OMISSIS) aveva domandato al volo XX di indicare la propria distanza dal VOR di XX, ma non vi era stata risposta.

Tra le ore 04:49:18 e le ore 04:50:36 il XX urtava contro uno sperone roccioso del rilievo montuoso dei (OMISSIS) denominato (OMISSIS) (3316 piedi, pari a 1.016 metri sul livello del mare) sito a circa 17 miglia in direzione NE dall’aeroporto di (OMISSIS) , disintegrandosi.

4. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari rilevava che il controllo compiuto dal centro di avvicinamento di (OMISSIS) – era stato eseguito secondo il tipo c.d. procedurale e cioè senza radar primario, ma utilizzando collegamenti con apparecchi ricetrasmittenti sulle frequenze operative VHF UHF, collegamenti telefonici fissi e con rastrelliera porta strips. I controllori avevano a disposizione anche un radar secondario di sorveglianza che forniva dati sotto forma sintetica, provenienti dal sensore di (OMISSIS) , ma che non consentiva un controllo continuativo sotto radar del percorso del velivolo.

Al momento del disastro aereo, erano in servizio presso il centro di controllo di (OMISSIS) (con turno dalle 19,30 alle 7,30 successive) il Ten. Col. B..S. , in qualità di controllore radar di avvicinamento e capo turno, il m.llo C.A. in qualità di controllore di avvicinamento procedurale e il m.llo Pa.An. in qualità di assistente al traffico aereo. Agli atti di causa era stata acquisita la relazione eseguita da quattro esperti nominati dal P.M. i quali, anche a seguito di simulazioni di volo, avevano compiuto accertamenti sulle modalità di controllo eseguite dai controllori della base aerea di (OMISSIS) , sul fatto che i piloti al momento in cui avevano richiesto di essere ammessi al visual approach non avevano alcuna visibilità all’esterno, sulle cause del disastro, sulla condotta dei controllori di volo e di altri soggetti, sull’eventuale concorso di altre cause; inoltre, avevano approfondito la normativa vigente in materia di "visual".

Il Giudice evidenziava che il visual approach è un avvicinamento eseguito a partire da una situazione di volo strumentale in cui la fase della discesa a terra non è completata e così la residua parte dell’avvicinamento del velivolo avviene “a vista" con riferimento visivo al terreno: si tratta di una modalità di atterraggio che evidentemente consente rotte più dirette con risparmio di tempo ed in termini economici. La regolamentazione del visual approach era stabilita innanzitutto dall’ICAO (International Civil Aviation Organization) doc. 4444, parte 4, paragrafo 9, integrato, per quanto riguarda l’Italia, dalla normativa Enav – Aeronautica militare approvata dall’ENAC, pubblicata in AIP (Pubblicazioni di informazioni aeronautiche). In particolare, secondo le disposizioni ICAO, il visual approach era autorizzabile dai controllori se il pilota era in grado di mantenere il riferimento visivo con il terreno, se non sussisteva presenza di traffico aereo conflittuale e non vi erano condizioni di tempo controindicate. D’altro canto, le disposizioni emanate dalla Direzione Generale dell’Aviazione Civile in data 21-6-1991 n. 41/8879 e n. 41/8880 (e fatte proprie con determinazione ENAV n. 264 del 7-11-1996) prevedevano, per l’autorizzazione del "visual" notturno (in principio escluso per il traffico di aviazione generale ed ammesso solo per il traffico commerciale e di lavoro aereo), la ricorrenza di spedali condizioni di capacità ed efficienza del pilota e tra l’altro la conoscenza da parte di questo della orografia della zona circostante l’aeroporto.

5. Il Giudice delle indagini preliminari osservava che il disastro aereo del (OMISSIS) aveva avuto come causa immediata l’errore dei piloti circa l’assenza di ostacoli fissi alla quota in cui il Cessa Citation OE-FAN stava navigando. Sottolineava che l’errore dei piloti era stato provocato in primo luogo dall’omesso studio da parte loro dell’orografia della zona attorno a XX, mentre sussisteva anche una concorrente negligenza a carico dei gestori dell’aereo i quali erano tenuti a dotarlo degli indispensabili strumenti cartortografici. Peraltro, parimenti indubbia era la capacità causale nella determinazione dell’evento delle condotte colpose attribuibili agli imputati S. e C. . Innanzitutto, era ravvisabile la colpa in capo a costoro per la violazione delle prescrizioni imposte dalla nota del 21-6-1991 n. 41/8880 della Direzione Generale dell’Aviazione Civile, consistente nel non avere verificato le conoscenze dell’orografia della zona da parte dei piloti e non avere fornito le opportune informazioni al riguardo. Altro profilo di colpevolezza consisteva nell’avere impartito ai piloti la prescrizione ingannevole concernente la quota minima da mantenere dall’aeromobile pari a 2.500 piedi (circa 750 metri di altezza) ed anzi nell’avere omesso ogni avviso di allarme quando era chiaro che il velivolo stava viaggiando a quote progressivamente discendenti sino ad un livello inferiore a quello delle montagne presenti e da sorvolare (alte oltre 1.000 metri).

6. Avverso la decisione proponevano impugnazione gli imputati tramite l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari.

La Corte d’Appello di Cagliari, con sentenza in data 18-3-2010, confermava la decisione di primo grado.

6.1 Osservava che la difesa degli imputati in modo non corretto aveva contestato la posizione di garanzia, attribuita dall’accusa ai controllori di volo della base di (OMISSIS) , verso il pilota ed i passeggeri dell’aereo Cessa: difatti, nel visual approach sarebbe stato il solo pilota ad assumersi la responsabilità della "separazione del velivolo dal terreno". In altre parole, ad avviso degli appellanti, l’interesse a cui tutela sarebbero preposti i controllori di volo riguarderebbe soltanto l’impatto degli aerei fra di loro e non anche l’urto dell’aereo con un ostacolo fisso quale una montagna presente nel percorso dell’aereo. Per contro, ad avviso della Corte di merito, in relazione alla normativa primaria e secondaria del settore ed alla connessa elaborazione giurisprudenziale, doveva ritenersi che il controllore di volo avesse una funzione di assistenza e di controllo prima e durante il volo e durante la fase di atterraggio onde evitare non solo l’impatto tra velivoli, ma anche qualsiasi danno a piloti e passeggeri connesso al volo. Invero, il controllore di volo era preposto in via generale alla sicurezza del volo e non soltanto alla "separazione degli aerei nell’ambito della regolamentazione del traffico aereo". Aggiungeva in tema che sicuramente la Convenzione relativa all’aviazione civile, conclusa a Chicago il 7 dicembre 1944, in vigore in Italia dal 30 novembre 1947, non aveva inteso limitare la sovranità piena ed esclusiva di ogni Stato sul proprio territorio ma aveva la finalità di impegnare gli Stati contraenti a realizzare "il più alto grado possibile di uniformità nei regolamenti, nei modelli, nelle procedure e nell’organizzazione relativi agli aeromobili, al personale, alle rotte aeree ed ai servizi ausiliari, in tutti i casi in cui tale uniformità faciliti e migliori la navigazione aerea". In specie, la Convenzione non imponeva alcuna norma per quanto atteneva alla funzione di garanzia dei controllori di volo e, comunque, non determinava alcuna modifica immediata della normativa interna primaria e secondaria, bensì solo l’obbligo internazionale per il singolo Stato aderente di uniformarsi alla normativa indicata (gli standard formulati dagli Annessi emanati dall’ICAO) e di segnalare l’eventuale scostamento dalla stessa; il tutto nell’ambito della promozione della sicurezza del volo nella navigazione aerea internazionale.

Tra l’altro, nell’Annesso 11 emanato dall’ICAO veniva menzionato espressamente tra i compiti del sevizio di gestione del traffico aereo quello di impartire avvisi ed informazioni utili per una sicura ed efficiente condotta del volo (lett. d).

6.2 Rilevava, sugli ulteriori motivi di appello, che, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la normativa predisposta dagli Enti nazionali in tema di autorizzazione di volo di avvicinamento a vista notturno doveva ritenersi in vigore all’epoca del fatto e sicuramente applicabile anche ai controllori di volo atteso che dette prescrizioni avevano come destinatari chiaramente tutti gli operatori aeronautici.

6.3 Sottolineava che ricorrevano, oltre a profili di colpa specifica, elementi di colpa generica correttamente contestati nel capo d’imputazione ed in fatto, su cui gli imputati avevano controdedotto e si erano difesi. Al riguardo, era evidenzlabile la imprudente ed imperita autorizzazione alla richiesta di visual approach notturno proveniente dal comandante del XX concessa dai controllori alle ore 04:43:15 allorché l’aeromobile si trovava ancora molto distante dalla pista di atterraggio, 22 nm da (OMISSIS) e 32 nm da XX; ancora, alle ore 04:46:52 in cui (OMISSIS) aveva dato l’ultima prescrizione al XX questo si trovava a circa 26 nm da XX; quando era avvenuto l’impatto tra l’aereo ed il massiccio di (OMISSIS), il velivolo era a 17 nm da XX.

6.4 Affermava il Collegio di Appello che i controllori di (OMISSIS) si erano sicuramente resi conto che il velivolo, che chiedeva l’autorizzazione al visual, era già fuori rotta e cioè fuori dell’aerovia assegnata nel piano di volo XX, prima del raggiungimento del punto di riferimento XX (punto di intersezione della rotta XX con lo spazio aereo di giurisdizione di (OMISSIS) ). In tal senso, deponeva il colloquio intercorso tra (OMISSIS) e XX alle ore 04:46:51, dopo che era già stato trasferito il controllo sull’aereo dal secondo centro al primo; nonché i ripetuti colloqui intercorsi tra (OMISSIS) ed XX dopo che il XX non rispondeva più alle sollecitazioni radio. In tal senso (l’abbandono della rotta assegnata) attestavano pure i segnali sia pure sintetici rilevabili dal radar di sorveglianza, che recepiva i segnali del radar di (OMISSIS) . Di conseguenza, gli imputati, consapevoli che il XX si trovava in mezzo al rilievo montuoso dei (OMISSIS) , avrebbero avuto il dovere di segnalare al pilota l’anomalia del percorso intrapreso, la possibilità, in assenza di segnali visivi nella zona, del verificarsi del c.d. effetto "biade noie" (inganno ottico che potrebbe indurre il pilota a percorrere una traiettoria più inclinata verso il basso di quanto ritenuto).

6.5 Inoltre, sicuramente imprudente e negligente era valutabile, secondo la Corte di Cagliari, la prescrizione impartita dai controllori all’aeromobile di scendere sino ai 2.500 piedi, in un momento in cui il veivolo era molto distante dalla zona di atterraggio e le minime di settore nell’aerea che stava sorvolando erano ben superiori al 2.500 piedi, per la presenza delle montagne dei (OMISSIS) .

In conclusione, vi era stato un evidente errore commesso dal pilota, il quale aveva affermato di avere il "campo in vista", mentre nel punto di localizzazione dell’aereo nel frangente, nella zona dei (OMISSIS) , non era possibile intravedere l’aeroporto (come accertato inequivocabilmente dai consulenti del P.M.). Peraltro, la colpa del pilota non escludeva né il concorso causale né la colpa dei contrai lori di volo che avrebbero potuto impedire l’evento fornendo le informazioni necessarie al pilota.

7. I prevenuti B..S. ed A..C. proponevano ricorso per cassazione personalmente con atti separati, seppure analoghi. Proponeva ricorso, nell’interesse dei predetti, anche l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari.

7.1 S. e C. svolgevano le seguenti censure.

Il compito precipuo ed esclusivo del pilota era quello di evitare ostacoli fissi nel volo, e cioè nella terminologia aeronautica, quello di assicurare la separazione dell’aeromobile dagli ostacoli fissi. Diverso era il compito dei controllori di volo consistente nell’evitare la collisione degli aeromobili, nella terminologia aeronautica quello di assicurare la "separazione del traffico aereo". Alla luce di tale fondamentale distinzione, il controllore non poteva essere tenuto ad informare il comandante dell’aereo circa l’orografia dei luoghi. Lo studio dell’orografia delle località da sorvolare rientrava nella preparazione del volo che era incombente fondamentale e riservato al pilota.

Escludevano che la nota del 21-6-1991 n. 41/8880 della Direzione Generale dell’Aviazione Civile, In tema di regolamentazione dell’avvicinamento a vista notturno, potesse avere come destinatari i controllori di volo; difatti, l’avvenuta pubblicazione di essa nell’AIP non aveva mutato la relativa fonte di produzione che era un ufficio competente in materia di condotta di volo, e non in materia di controllo del traffico aereo. Invece, in Italia come nel resto del mondo, in concreto l’autorizzazione dell’avvicinamento a vista da parte del controllore era subordinata alle sole condizioni stabilite dalla normativa tecnica internazionale della Convenzione di Chicago e quindi del documento 4444. Cioè gli unici due parametri che i controllori di volo erano tenuti a valutare al momento di richiesta di visual approach erano costituiti dalle condizioni metereologiche e dalla situazione del traffico aereo che, se congestionato, non legittimava l’adozione dell’avvicinamento a vista.

7.2 I ricorrenti rilevavano che il pilota era consapevole di potere ricevere dai controllori di volo solo istruzioni, prescrizioni, autorizzazioni concernenti il traffico aereo. Il pilota, in base alle competenze proprie ed a quelle spettanti al controllore di volo, non avrebbe in nessun caso potuto intendere l’indicazione di tenersi a quota non inferiore ai 2.500 piedi, come un’indicazione di quota da osservare per la c.d. "separazione dagli ostacoli fissi". Detta indicazione non poteva avere altro significato se non che entro quella quota l’aeromobile non avrebbe incontrato altro traffico. D’altro canto, risultava fuori luogo ogni contestazione concernente il fatto che i controllori avrebbero autorizzato l’avvicinamento a vista nonostante in quel punto dall’aeromobile non si vedesse alcunché (come poi accertato ex post dai consulenti del P.M.), mentre al riguardo il pilota, espressamente richiesto, aveva affermato il contrario.

Il comportamento tenuto nell’occorso dagli Imputati risultava conforme ed adeguato alla normativa di settore, anche in ordine al trasferimento del controllo sul velivolo da (OMISSIS) a XX, dislocamento che non poteva ritenersi effettuato, come dedotto nella sentenza di 2^ grado, in un momento in cui l’aeroporto si trovava ancora troppo lontano. Chiedevano l’assoluzione con formula piena dall’imputazione ascritta, ovvero il rinvio per nuovo esame ad altra Corte di Appello.

8. L’avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari faceva valere 42 motivi di ricorso che possono essere esaminati per gruppi di questioni omogenee. 8.1 Contestava l’addebito dell’autorizzazione del visual approach a distanza di 26 miglia dall’aeroporto e senza fornire informazioni al comandante dell’aereo sull’orografia della zona.

Al riguardo, osservava che non spettava al controllore del volo fornire informazioni in ordine all’orografia dei luoghi sorvolati dall’aeromobile. Ribadiva che la citata nota del 21-6-1991 n. 41/8880 non riguardava le competenze dei controllori di volo ma era destinata alle Compagnie aeree nazionali. Comunque, ai sensi dell’art. 38 della Convenzione di Chicago, ogni discostamente dalla regolamentazione internazionale uniforme avrebbe dovuto essere notificata all’ICAO, il che non era avvenuto. Evidenziava che, all’epoca dell’occorso (24-2-2010), la nota n. 41/8880 doveva ritenersi abrogata dalla data del recepimento in Italia delle norme tecniche comuni JAR-OPS (Joint Aviation Requirements), elaborate dall’Unione Europea che, in materia di visual approach, si allineavano senza alcuna variazione agli standard ICAO. Il recepimento era avvenuto appunto con decreto del Ministero dei Trasporti n. 38 T del 1997.

Specificava che non ricorrevano controindicazioni né formali né sostanziali in ordine all’autorizzazione del visual manifestata quando l’aereo era localizzato alla distanza di 26 miglia dall’aeroporto di XX.

8.2 Rappresentava l’insussistenza del nesso di causalità tra le concrete modalità di autorizzazione del visual approach ed il sinistro.

Invero, sussistevano diversi elementi di prova attestanti che il comandante dell’aereo era a conoscenza della situazione dei rilievi del territorio attraversato.

8.3 Contestava l’addebito riguardante l’autorizzazione della discesa dell’aereo sino a 2.500 piedi, pur a distanza dall’aeroporto ed in presenza del massiccio dei (OMISSIS).

Sul punto, esponeva che, in base a una disposizione interna, i controllori erano obbligati a fornire l’indicazione di quota e procedere al trasferimento del controllo alla torre di controllo dell’aeroporto XX contemporaneamente alla comunicazione dell’autorizzazione dell’avvicinamento a vista.

Evidenziava che non ricorrevano controindicazioni al trasferimento del controllo aereo da un ente ad un altro anche quando sussisteva ancora una certa distanza tra la posizione dell’aereo e l’area di competenza dell’ultimo centro di controllo.

Aggiungeva, ai fini di comprovare la correttezza dell’operato dei controllori di (OMISSIS) , che era da escludersi l’eventualità che il pilota avesse potuto correttamente interpretare l’indicazione di quota dei 2.500 piedi come una quota di affrancamento dagli ostacoli.

8.4 Rilevava l’erronea applicazione dell’art. 40 cod.pen., mancando il rapporto eziologico tra l’istruzione impartita dai controllori a continuare la discesa sino 0 ai 2.500 piedi ed il sinistro. Sul punto mancava un’adeguata motivazione e, in ogni modo, il pilota era ben a conoscenza che il controllore di volo poteva dare informazioni e prescrizioni solo in tema di traffico aereo.

8.5 Censurava la presa in considerazione da parte dei Giudici di merito di fatti non ritualmente contestati nel capo d’imputazione; in sostanza era stato celebrato un irrituale processo "a tutto campo".

8.6 Contestava che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello, fosse stata effettuata la rituale incolpazione di autonomi profili di colpa generica. In particolare, mancava l’individuazione di una precisa norma cautelare idonea a giustificare l’obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso, una volta esclusa la violazione di specifiche norme aeronautiche.

8.7 Censurava la correttezza delle valutazioni con le quali i Giudici di merito erano andati di contrario avviso rispetto alle conclusioni adottate dai consulenti del P.M., formulate in materia di carattere eminentemente tecnico e settoriale. I consulenti avevano escluso ogni responsabilità per il fatto a carico degli imputati.

8.8 L’Avvocatura Generale dello Stato presentava memoria difensiva contenente la specificazione di ulteriori profili di ricorso in riferimento a quelli già svolti.

In conclusione l’Avvocatura chiedeva la pronuncia di assoluzione dei prevenuti con formula ampiamente liberatoria, ai sensi dell’art. 129 cod.proc.pen., ovvero in via subordinata di annullare la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Cagliari.

Considerato in diritto

1.1 ricorsi debbono essere respinti perché infondati.

Si osserva che i Giudici di merito risultano avere effettuato una corretta ricostruzione in fatto e diritto della vicenda processuale. Essi hanno manifestato un logico, coerente ed adeguato apparato argomentativo con il quale sono stati in modo ampio evidenziati ed esaminati gli elementi di prova a disposizione in riferimento alla normativa in vigore, è stata fornita una corretta e ragionevole interpretazione di questi, sono state indicate le specifiche ragioni che hanno indotto a scegliere alcune conclusioni e non altre, sono state date risposte esaustive alle obiezioni dei difensori. Né appare che il processo formativo del libero convincimento del giudice abbia subito il condizionamento di una ridotta indagine conoscitiva ovvero gli effetti pure negativi di un’imprecisa ricostruzione del contenuto di una prova. Del resto, i motivi esposti dai ricorrenti non si palesano idonei a contrastare l’impostazione prospettata nella sentenza della Corte di Appello sotto il profilo fattuale e giuridico.

2. L’ENAV (Ente Nazionale di Assistenza al Volo), responsabile dei servizi di navigazione aerea per i voli che interessano lo spazio aereo italiano, è stato costituito con Legge 21-12-1996 n. 665 ed è succeduto all’Azienda Autonoma di Assistenza al Volo istituita con D.P.R. 24-3-1981 n. 145. Secondo quanto disposto dagli artt. 691 e 691 bis Cod. Navig., i servizi della navigazione aerea, conformemente alla normativa comunitaria in vigore, si distinguono in: servizi del traffico aereo che includono i servizi di controllo del traffico aereo, comprensivi dei servizi di controllo di area (nel senso di controllo di volo nell’ambito di un determinato spazio aereo), dell’avvicinamento e dell’aeroporto ( nel senso di controllo di voli in arrivo ed in partenza); i servizi di informazione di volo; i servizi consultivi del traffico aereo; i servizi di allarme. I servizi della navigazione aerea sono forniti dall’ENAV, sotto la vigilanza dell’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) preposto quest’ultimo a svolgere funzioni di regolazione, normazione tecnica, certificazione e vigilanza per tutte le attività dell’aviazione civile. In parte, detti servizi sono svolti, come nel caso di specie, anche dall’Aeronautica Militare previa stipulazione di specifici atti d’intesa con l’ENAC. (v. art. 691 bis comma 4 Cod. Navig.).

L’indicata disciplina trova corrispondenza in sede internazionale nell’Annesso 11 alla Convenzione di Chicago (7-12-1944) emesso dall’ICAO (International Civil Aviation Organization), ed oggetto di recepimento ora in Italia in sede di delegificazione ai sensi dell’art. 690 Cod. Navig. In particolare, secondo il citato Allegato tecnico 11, i servizi del traffico aereo sono finalizzati a prevenire: a) le collisioni fra aeromobili; b) le collisioni fra aeromobili e ostacoli sull’aerea di manovra; c) ad accelerare e regolare la circolazione aerea; d) fornire notizie e informazioni utili alla condotta sicura ed efficiente dei voli; e) informare gli enti competenti quando gli aeromobili necessitano di assistenza da parte delle organizzazioni di ricerca e soccorso e prestare a queste la collaborazione richiesta.

La normativa nazionale in materia è stata aggiornata di recente con interventi correttivi ed integrativi, al fine di migliorare il livello di tutela dei diritti del passeggero e di sicurezza del trasporto aereo, nell’ambito delle finalità di adeguamento appunto della disciplina in tema di servizi aerei alla normativa comunitaria ed internazionale. In tal senso, è stata operata la revisione della parte aeronautica del Codice della Navigazione, con l’emanazione della Legge 9-11-2004 n. 265, del D.L.G.S. 9-5-2005 n. 96 e del D.L.G.S. 15-3-2006 n. 151. Peraltro, siffatta normativa non ha comportato ricadute sostanziali ai fini dell’accertamento dei profili in fatto e diritto dell’accadimento in esame.

3. Il controllore del traffico aereo riveste un ruolo di polizia della navigazione che lo pone in posizione di gestore ed amministratore di molteplici utenti dello spazio aereo (i piloti), al quali è tenuto ad imporre, con veri e propri ordini amministrativi (ovvero autorizzazioni), una disciplina per la circolazione ordinata, spedita e sicura a terra ed in aria di tutti gli aeromobili dal medesimo controllati.

L’espressione “polizia della navigazione" deve essere intesa come polizia di sicurezza del volo nella misura in cui tutti gli ordini, le autorizzazioni, i provvedimenti d’urgenza che caratterizzano detta attività, nel normale svolgimento dei compiti assegnati ai controllori, sono finalizzati al conseguimento dell’istanza primaria della sicurezza della navigazione aerea. Al riguardo, è stato correttamente osservato che, anche dopo la privatizzazione dell’ENAV, i controllori civili, pur dipendendo da una società per azioni, hanno mantenuta intatta la loro veste pubblica di polizia della navigazione, in virtù delle funzioni loro assegnate a presidio di interessi pubblici e della pubblica incolumità.

Nel contesto degli addetti al servizio della circolazione aerea (art. 733 Cod. Navig.: personale non di volo) si distinguono gli addetti al servizio pubblico di informazioni al volo (D.P.R. 13-4-2000 n. 222) e gli addetti al controllo del traffico aereo (D.P.R. 10-5-2000 n. 223).

3.1 L’attività di assistenza alla circolazione aerea è stata tradizionalmente inquadrata, come detto, come pubblica funzione; qualificazione che è stata sostituita con quella di servizio pubblico, quantomeno per la parte svolta dai controllori civili alle dipendenze dell’ENAV.

All’uopo, va detto che non è dubbio che i compiti da svolgere dal controllore del traffico aereo (con la prima finalità di impedire la collisione fra gli aerei ed in ogni modo di garantire la sicurezza della navigazione nella partenza, arrivo, avvicinamento degli aerei, nel corso della circolazione) debbono essere eseguiti nell’ambito di criteri di prudenza, perizia, diligenza, emanando le autorizzazioni previste in situazioni di non pericolosità (ovvero, ancor più di sicurezza) secondo quanto a conoscenza del controllore. Questi deve tenere conto di tutti i dati tecnici afferenti una certa situazione di fatto e che possono indurre a rilasciare o meno gli ordini, le autorizzazioni stabiliti, pur a fronte di elementi formalmente ed apparentemente conformi a quelli predeterminati per l’assunzione del provvedimento stesso. In altre parole, gli ordini (ovvero le autorizzazioni) vanno emessi in relazione all’effettiva situazione per cui essi sono contemplati: per esempio, nel caso di richiesta di avvicinamento a vista dell’aeromobile all’aeroporto, presupposto del provvedimento è che l’aereo si trovi in effetti nelle vicinanze della pista e non a distanza rilevante da essa. Si soggiunge che l’autorizzazione non è certamente un atto dovuto, per cui l’atto può essere adottato solo in presenza della finalità essenziale perseguita della sicurezza di volo. L’autorizzazione, dunque, consiste nel consentire una certa attività sulla base di una valutazione discrezionale (ancorata a criteri più o meno elastici) circa la rispondenza delle singole condizioni volute dalla legge a quei particolari interessi collettivi (pubblicistici) a salvaguardia dei quali presiede la potestà autorizzatola.

3.2 Alla luce degli elementi menzionati, non è dubbia la configurabilità di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40 cod.proc.pen., a carico del controllore del traffico aereo, in riferimento ai suoi compiti di istituto, nei confronti del personale di bordo dell’aeromobile e dei passeggeri per garantire la sicurezza e la regolare condotta di volo in sede operativa. La normativa nazionale citata – il Codice della Navigazione – e la normativa internazionale – Annessi ICAO – sono fonte della configurazione del controllore del traffico aereo come titolare di una posizione di garanzia non solo al fine di impedire la collisione tra i veicoli ma in genere per impedire il verificarsi di disastri aerei. Nel senso che, nell’ambito delle proprie competenze indirizzate essenzialmente a gestire il regolare flusso degli aeromobili in partenza, in arrivo ed in volo, il controllore deve ottemperare ai doveri istituzionali connessi all’obbligo di garantire il sicuro svolgimento del volo. In tal senso, si è pronunciata questa Corte di Cassazione-Sez. IV 12-4-1985 – Murru – RV. 169610) che ha ritenuto irrilevante che nel citato Annesso 11 ICAO non fosse compreso tra i compiti di servizio del controllore del traffico aereo l’obbligo di prevenire le collisioni con ostacoli a terra. Difatti, secondo la Corte, tale mancata previsione non escludeva che il controllore dovesse ritenersi responsabile dell’evento unitamente al comandante del velivolo, qualora egli fosse venuto meno ai suoi doveri istituzionali contribuendo causalmente al verificarsi dell’impatto dell’aereo con un ostacolo esterno; entrambi, infatti, dovevano considerarsi garanti verso i passeggeri della sicurezza della navigazione in relazione e nei limiti delle rispettive competenze.

4. La Corte di Appello, in integrazione con le argomentazioni formulate dal Giudice di primo grado, ha correttamente individuato i comportamenti colposi attribuibili agli imputati.

Al riguardo, gli accertamenti compiuti dai consulenti del P.M. hanno individuato in modo preciso la dinamica dell’occorso e le singole fasi della parte terminale del volo compiuto dall’aereo Cessa Citation 500 OE-FAN contrassegnato con la sigla XX.

È emerso che quando il comandante ha chiesto l’autorizzazione al visual approach dichiarando di avere il "campo di atterraggio in vista" (h 04:43:15) l’aeromobile si trovava a circa 45 mn da (OMISSIS) (v. pag. 20 sent. primo grado); I controllori, poi, della base aerea di (OMISSIS) hanno rilasciato l’autorizzazione al visual per atterrare all’aeroporto (OMISSIS) quando l’aeromobile si trovava a distanza di 22 mn dal VOR (stazione radiotrasmittente) di (OMISSIS) (situata nel punto estremo della costa orientale della XX) e a 32 mn dall’aerodromo e ad una altezza di 8.500 piedi pari a circa metri 2.500 (v. sent. primo grado pag.21); nella successiva comunicazione tra i controllori della base di (OMISSIS) ed i piloti del velivolo (h 04:46:52), con la quale veniva ribadita l’autorizzazione all’avvicinamento a vista, l’aereo era localizzato a 26 nm da XX (v. sent. appello pag. 51-52-53-81). All’uopo, è evidente la non correttezza del provvedimento autorizzativo emesso, per di più in relazione ad un volo notturno, a distanza notevole dall’aerodromo quando la discesa immediata per l’atterraggio non era sicuramente ipotizzabile. In tal modo, è configurabile la violazione delle stesse prescrizioni del documento 4444 dell’ICAO sul punto secondo cui il visual approach è autorizzabile dai controllori "se il pilota è in grado di mantenere il riferimento visivo con il terreno, in mancanza di traffico aereo conflittuale e di condizioni di tempo controindicate". D’altro canto, gli imputati erano a conoscenza che l’aereo, nel momento in cui il comandante aveva chiesto di essere ammesso alla procedura di visual era fuori rotta (aerovia XX), essendosi allontanato dal mare ed essendosi introdotto nella terraferma in zona con presenza di rilievi montuosi. In tal senso, depone l’analitica ricostruzione dei colloqui intercorsi tra la torre di controllo di (OMISSIS) con quella di XX e con la torre di (OMISSIS), sia nel periodo in cui il comandante dell’aereo ancora rispondeva alle interlocuzioni dei controllori e sia successivamente alla sua sparizione da ogni controllo (v. sent. appello pag. 81-86-38). Malgrado dette evenienze sicuramente impeditive del rilascio dell’autorizzazione all’avvicinamento a vista, i militari addetti al controllo emettevano egualmente il provvedimento autorizzativo, impartendo altresì l’ordine di per sé gravemente equivoco, in mancanza di altra specificazione, di non scendere sotto la quota di 2.500 piedi (pari a circa 750 metri di altezza): mentre, i rilievi montagnosi presenti (montagna dei (OMISSIS) )superavano l’altezza di 1.000 metri. Per contro, i controllori avrebbero dovuto riportare l’aeromobile alla minima quota di volo stabilita nella zona (5.700 piedi). Nell’occorso, vengono in evidenza profili di colpa commissiva ed omissiva, di carattere specifico e generico. Sotto quest’ultimo aspetto, va detto che nella condotta dei prevenuti è sicuramente ravvisabile la violazione dei compiti ad essi affidati dal Codice della Navigazione, come in precedenza messi in luce, e dagli Annessi ICAO (Allegato tecnico 11 e documento 4444). Parimenti, come congruamente esposto dal Collegio di Appello, sono riscontrabili elementi di negligenza ed imperizia: in tal modo, deve essere qualificata la disaccortezza e disattenzione, nonché il difetto di adeguate capacità professionali manifestati dai ricorrenti, i quali non hanno tempestivamente "focalizzato" l’anomalia e pericolosità della condotta del pilota dell’aeromobile, sottovalutando la ricorrenza di condizioni che potevano configurare come non lineare e corretta la condotta di navigazione del velivolo.

4.1 Si aggiunge che le deduzioni svolte dai consulenti del P.M. in ordine alla responsabilità o meno dei prevenuti per l’evento, con la manifestazione di un giudizio di esclusione di ogni addebito di colpa nei loro confronti, non si palesano idonee a mutare il quadro motivazionale sopra esposto. Invero, i predetti hanno fornito esaustivi elementi tecnici in ordine alla ricostruzione in fatto del disastro aereo ed alla condotta tenuta nelle circostanze dai piloti del velivolo e dai controllori in servizio presso il centro di controllo di (OMISSIS) . Peraltro, le valutazioni formulate da costoro circa aspetti strettamente giuridici non appaiono, invece, decisive a fronte delle argomentazioni adeguatamente espresse in tema dal Giudici di primo e secondo grado.

5. I Giudici di merito hanno correttamente applicato i principi in tema di accertamento del rapporto di causalità, fondato sul criterio della "condicio si ne qua non" integrato con le leggi di copertura, nel caso costituite da leggi scientifiche e da massime di esperienza. Come è noto, la verifica della ricorrenza del nesso di causalità si concretizza in un giudizio di fatto, riservato al Giudice di merito, non censurabile se correttamente e logicamente motivato.

In particolare, i Giudici si sono avvalsi della ricomposizione tecnica dell’evento come prospettata dal Collegio del consulenti nominati dal P.M., per desumere che il fatto dell’impatto dell’aeromobile contro la montagna dei (OMISSIS) era da porsi in rapporto eziologico materiale con l’errore dei piloti, circa l’assenza di ostacoli fissi nella rotta ed alla quota in cui il velivolo Cassa Citation OE-FAN stava navigando, nonché con l’autorizzazione all’avvicinamento a vista espresso dai controllori del centro di (OMISSIS) . D’altro canto, lo sviluppo degli eventi come in concreto verificatisi consentiva di affermare, secondo i criteri di generalizzazione empirica (massime di esperienza), che un diverso comportamento istituzionale dei controllori del traffico aereo avrebbe, con elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica, impedito l’evento.

6. La reiezione dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento ciascuno delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione IV Sezione Penale rigetta i ricorsi e condanna ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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