Cassazione, Sez. V, 6 dicembre 2010, n. 43340 Bancarotta fraudolenta, è prova l’iscrizione nel libro giornale del debitore dell’avvenuto pagamento?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Osserva

D. F., nella sua qualità di amministratore unico pro tempore sino al 2 ottobre 2002 della O. A. srl dichiarata fallita il 19 marzo 2004, veniva condannato, all’esito del rito abbreviato, alla pena ritenuta di giustizia dal GUP presso il Tribunale di Rimini con sentenza emessa il 27 marzo 2007 per i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione, per essersi impossessato della somma di Euro 15.611,83 versata alla società da una società debitrice, e di bancarotta semplice per non avere annotato nelle scritture contabili tale operazione.

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza emessa in data 17 novembre 2009, dopo avere ritenuta distrattiva la condotta, essendo stato accertato in base alla annotazione contenuta nel libro giornale della società debitrice l’avvenuto pagamento del debito in favore della fallita società e non essendo stata dimostrata dall’imputato una destinazione della somma compatibile con gli scopi sociali, e ritenuta la sussistenza dell’elemento psicologico, confermava l’affermazione di responsabilità e riduceva la pena inflitta in primo grado, considerando che la bancarotta fraudolenta e quella semplice integravano l’aggravante di più fatti di bancarotta di cui all’articolo 219 della legge fallimentare, aggravante ritenuta equivalente alle attenuanti generiche riconosciute in primo grado.

Con il ricorso per cassazione D. F. deduceva:

1) la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione perché la iscrizione nel libro giornale della società debitrice Montechiaro dell’avvenuto pagamento in contanti non può costituire valida prova penale, posto che ai sensi dell’articolo 2710 cc i libri bollati e vidimati, tenuti regolarmente, possono rappresentare fonte di prova esclusivamente tra imprenditori, ma tale regola non è valida nei confronti del curatore, che ha una posizione di terzietà. Siffatta iscrizione, non utilizzabile come prova, ha un valore di mero indizio ed in quanto tale valutabile ai sensi dell’articolo 192 comma II c.p.p.;

2) la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 216 e 217 della legge fallimentare perché la presunta distrazione sarebbe avvenuta quando la società era in bonis e non era possibile rappresentarsi la possibilità di uno stato di insolvenza e del conseguente fallimento.

È fondato il primo motivo posto a sostegno del ricorso proposto da D. F..

Il rappresentante legale della società ., debitrice della O. A. srl della somma che sarebbe stata distratta, sollecitata dalla curatela a versare la somma, produsse il libro giornale dal quale risultava l’avvenuto pagamento della somma in questione.

In base a tale elemento, ritenuto dai giudici di merito prova dell’avvenuto pagamento e, quindi, della entrata nel patrimonio della società fallita della somma predetta, i giudici dei primi due gradi hanno affermato la responsabilità penale del D., che non ha saputo dimostrare l’uso per scopi sociali della somma.

Il D., invece, ha sempre sostenuto che il pagamento non era mai avvenuto e che, pertanto, nessuna distrazione era stata commessa.

Orbene, prescindendo dal valore di prova in sede civile delle annotazioni sui libri della società, anche se non sembra che la disposizione dell’articolo 2710 cc possa essere applicata anche al curatore fallimentare (vedi Cass. Civ., Sez. 1, 26 gennaio 2006, n. 1543), va detto che in sede penale la iscrizione sul libro giornale del debitore può costituire un indizio dell’avvenuto pagamento da valutare secondo i criteri di cui all’articolo 192 comma II cod. proc. pen., ma non può di certo costituire la prova tranquillizzante – al di là di ogni ragionevole dubbio – dell’avvenuto saldo del debito.

Ed, infatti, a parte che nelle scritture contabili della fallita non emergeva nulla in proposito, pur essendo state tenute dette scritture regolarmente per quanto riguarda tutte le altre operazioni – non vi è, invero, nessuna contestazione a parte la pretesa mancata iscrizione del ricevimento della somma in discussione -, va detto che stranamente il pagamento della somma sarebbe avvenuto in contanti, cosa non certo usuale nei rapporti tra società, e senza che venisse rilasciata alcuna quietanza liberatoria, altra circostanza non comune nei rapporti tra società.

Quindi si è in presenza di un solo indizio, che proverebbe non certo la distrazione, ma il presupposto di essa, ovvero la disponibilità della somma in contestazione nelle casse della società fallita, non corroborato da nessun altro elemento, quali la copia del mezzo di pagamento utilizzato – bonifico, assegno ecc. ecc. – o una ricevuta di pagamento.

In siffatta situazione l’indizio della iscrizione della operazione nel libro giornale non appare né grave, né preciso e, quindi, da solo non può dimostrare con la dovuta certezza la presenza della somma di oltre quindicimila Euro nelle casse sociali.

Se non si può essere certi della presenza della somma nelle casse sociali, ovviamente non si può accusare il D. di averla distratta.

In conclusione la sola iscrizione nel libro giornale del debitore dell’avvenuto pagamento non può legittimare l’affermazione di responsabilità del ricorrente, che avrebbe distratto una somma, che non si è certi che sia entrata nel patrimonio della società.

Le conclusioni raggiunte rendono evidentemente superfluo l’esame del secondo motivo di impugnazione.

Per le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste ai sensi del capoverso dell’articolo 530 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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