Cassazione, Sez. VI, 20 maggio 2010, n. 19090 Lo spacciatore risponde della morte del cliente se il decesso era prevedibile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Osserva

Sull’appello proposto da O.S. e E.H.B. avverso la sentenza del GUP presso il Tribunale di Bologna in data 16-5-2008 che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato i predetti imputati colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti, attinenti numerose cessioni di eroina, in occasione di una di queste (secondo l’accusa al 1° ex art. 586 c.p.) con decesso di L.G., nonché di resistenza a pp.uu., unificati in continuazione i reati rispettivamente contestati, ravvisata per quelli in violazione dell’art. 73 DPR 309/90 l’attenuante di cui al co. 5° di tale art. e le attenuanti generiche al 2°, con la diminuente per il rito, aveva condannato ciascuno alla pena ritenuta di giustizia, con risarcimento danni e spese alle costituite parti civili, la Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 28-4-2009, confermava il giudizio di 1° grado, ribadendo la comprovata responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti e l’adeguata misura del trattamento sanzionatorio relativo.

Avverso detta sentenza gli anzidetti imputati hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo a rispettivi motivi di gravame:

l’O.:

Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione all’accusa sub P) (ex art. 586 cp.) in violazione dell’art. 606 co. 1° lett. b) ed e) cpp., in difetto della comprovata “colpa in concreto” per la morte dell’acquirente della sostanza stupefacente come evento non voluto, con una valutazione ex ante che il giudice di merito è tenuto ad operare, del tutto omessa dalla Corte territoriale bolognese, ancoratasi al solo asserito nesso di causalità tra cessione della droga e morte dell’acquirente e difetto di motivazione in punto di illogicità e contraddittorietà della stessa, quanto al contenuto anche della consulenza fonica disposta dal PM per la compatibilità della voce dell’imputato con quello del soggetto cui era stata ceduta la sostanza;

l’E.H.B.:

Illogicità e carenza di motivazione in punto di misura del trattamento sanzionatorio, con immotivata denegata concessione della pena sospesa; erronea applicazione della legge penale in ordine al denegato riconoscimento della continuazione con altri analoghi fatti già giudicati, solo sulla base del tempo trascorso tra i fatti anzidetti.

I ricorsi sono infondati e vanno rigettati, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Ed invero, quanto al ricorso dell’O., l’impugnata sentenza va immune dai vizi di legittimità denunciati dal predetto ricorrente, avendo offerto corretta e motivata risposta non solo alla ragionevole attribuibilità alla voce dell’imputato secondo l’acquisita perizia fonica in relazione alle cessioni di droga, ma soprattutto alle ragioni della riconducibilità alla consapevole e volontaria condotta del predetto dell’evento morte del L. come contestatogli al capo p) dell’imputazione.

Come già motivatamente dedotto in I grado (cfr. foll. 22/24 sentenza GUP Tribunale di Bologna), non sembra potersi dubitare che la cessione dello stupefacente al L. sia da collegarsi, in ogni caso, al ricorrente, secondo il riferimento, anche logico oltre che modale e temporale, offerto dal contributo del C. e della S., non senza opportunamente segnalare quanto puntualmente rilevato nell’impugnata sentenza (cfr. foll. 4 – 5) in relazione alla consulenza fonica circa l’attribuibilità del ricorrente (conosciuto nell’ambiente dei tossicodipendenti con il nome “Z.”) nel omissis, epoca della morte del L., della cessione al predetto della dose di eroina.

A questo punto giova ribadire la sostanziale correttezza della decisione impugnata nell’attribuire al ricorrente il fatto ex art. 585 cp. Di cui al capo p) dell’imputazione contestatagli, stante l’accertata colpa in concreto riferibile al ricorrente in punto di evidente violazione di regola precauzionale con possibile e ragionevole prevedibilità ed evitabilità dell’evento, tenuto conto delle “circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale” (come richiesto dalla norma nella lettura di questa offerta dalla Corte di legittimità anche a Sez. Unite – cfr. in termini S.U. 22-01-2009 n. 22676, Ronci; da ultimo Sez. VI, 7-7-2009, n. 35099, Cavallero).

Come, infatti, segnalato dalla Corte territoriale bolognese nell’impugnata sentenza (cfr. fol. 5), l’eccessiva purezza della droga (eroina) nella dose ceduta al L., la cui morte è comprivatamente riferibile a questa, non poteva “sfuggire” alla consapevolezza di un soggetto, quale il ricorrente, ben introdotto (da tempo) nell’ambiente degli spacciatori di droga, come tale pienamente consapevole della stessa portata ed efficienza drogante della sostanza di volta in volta ceduta nell’abituale attività di spaccio, avuto riguardo alla fonte di fornitura della sostanza ed alla qualità e quantità di questa in relazione all’importo del suo costo da richiedere ai tossicodipendenti.

In coerenza con quanto innanzi dedotto, va dunque affermato il principio che l’ipotesi di morte verificatasi in conseguenza dell’assunzione di sostanza stupefacente, la responsabilità penale dello spacciatore ai sensi dell’art. 586 cp. per l’evento morte non voluto richiede: a) che sia accertato il nesso tra causalità tra cessione e morte; b) che tale nesso non sia interrotto da cause eccezionali sopravvenute; c) che l’evento morte sia in concreto rimproverabile allo spacciatore, accertando in capo allo stesso la presenza dell’elemento soggettivo della colpa in concreto.

Ciò posto sembra potersi riconoscere, nella specie, fermi i già comprovati e motivati elementi sub a) e b), anche quello sub c), contestato dalla difesa, posto che una evidente regola precauzionale (ancorché diversa dalla norma penale che incrimina il reato base), accompagnata da un coefficiente di prevedibilità ed evitabilità in concreto del rischio per il bene della vita del soggetto che assume la sostanza, avrebbe potuto e dovuto consentire al ricorrente di attenzionarsi prudentemente alla circostanza oggettivamente pericolosa (da lui non potuta né ignorare né sottovalutare per le ragioni oggetti e soggettive innanzi richiamate), astenendosi dal cedere siffatta dose di stupefacente al L., in difetto di comprovati fattori non noti o non rappresentabili al cedente in relazione all’evento morte del soggetto a cui era stata ceduta la droga.

Di qui l’infondatezza del ricorso dell’O. e la ragione del suo conseguente rigetto.

Anche il ricorso dell’E.H. è infondato e va rigettato, posto che, come in equivocamente risulta dal testo dell’impugnata sentenza (cfr. foll. 5 – 6), è stata data corretta e motivata risposta alle ragioni del diniego di concessione dell’invocato beneficio della pena sospesa, in difetto di ragionevole presunzione di astensione da ulteriori reati, in ossequio al combinato disposto di cui agli artt. 133 e 164 cp.

Del pari corretta e motivata la risposta al diniego di applicazione della invocata continuazione con i fatti di cui alla sentenza 11-02-09 del Tribunale bolognese, posto che il dato temporale apprezzabilmente trascorso tra il fatto commesso il omissis ex art. 73 DPR 309/90 e quelli oggi in esame consente di ravvisare la ragionevole insussistenza di quell’identità di un medesimo disegno criminoso, condizione indefettibile per la corretta applicazione dell’ipotesi di cui all’art. 81 cpv. cp.

Del pari motivata e corretta la misura del trattamento sanzionatorio, peraltro, riservato al potere discrezionale del giudice di merito, come tale insindacabile in questa sede di legittimità se, come nella specie, adeguatamente e correttamente motivato.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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